Verso l’Avvento

di: Sergio Rotasperti / Settimana News

Vangeli dell'infanzia

Come è noto, dei quattro vangeli solo Matteo e Luca riportano il racconto della nascita di Gesù.

La nascita di Gesù in Matteo

La storia della ricezione ci informa che, rispetto a Matteo, i racconti della nascita e dell’infanzia di Gesù nella versione di Luca hanno avuto maggiore eco e risonanza, sia nell’arte che nella tradizione popolare. Tuttavia anche Matteo, come Luca, tesse il racconto perseguendo una finalità ben precisa, che va oltre la narrazione della nascita di Gesù.

Un inizio che è tutto il Vangelo

L’autore dedica i primi due dei 28 capitoli del suo vangelo al racconto dell’evento della nascita di Gesù, inquadrandolo nella storia del popolo eletto. Essi non sono un corpo separato rispetto al resto. Ciò che qui vi è alluso o annunciato è poi ampiamento sviluppato nel resto della sua opera. I racconti dell’infanzia sono come un preludio a tutto il vangelo.

Già l’esordio annuncia tutto ciò: «Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1,1). Il termine greco Βίβλος γενέσεως  tradotto in italiano con “genealogia”  è un esplicito rimando al libro della Genesi, dove è utilizzato lo stesso termine: «Queste sono le origini del cielo e della terra» (Gen 2,4).

Si tratta, dunque, dell’inizio di una nuova creazione, che si costruisce su un lungo arco temporale, il quale prende avvio da Abramo, capostipite del popolo ebraico, prosegue con il re Davide, scelto da Dio per il suo cuore (1Sam 16,7) e termina con la presenza permanente di Gesù nel mondo, come dichiarato al termine del vangelo: «Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

All’esordio seguono tre sezioni letterarie: l’albero genealogico di Gesù (1,2-17), la nascita di Gesù dalla prospettiva di Giuseppe (1,18-25), differenti reazioni alla nascita di Gesù (Mt 2).

Storia di luci e di ombre

Probabilmente il lettore moderno esperimenta un po’ di noia nel leggere una lista di persone, la maggior parte delle quali sconosciute. Nell’albero genealogico che giunge fino a Giuseppe e Gesù (1,2-17) sono da rilevare tre importanti annotazioni. A differenza di Luca, Matteo menziona come origine Abramo. Ciò racchiude un profondo significato teologico, poiché l’evangelista è caparbiamente interessato a mettere in luce l’ebraicità di Gesù: egli appartiene al popolo ebraico. Luca invece fa risalire la genealogia di Gesù ad Adamo, poiché nella costruzione del suo racconto vuole evidenziare come Gesù sia figlio di Dio e figlio dell’uomo, all’interno di un orizzonte più universalistico (Lc 3,38).

Una seconda particolarità è il modo di presentare gli antenati di Gesù: «tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici» (1,17). Vi sono tre cicli temporali che si appoggiano su quattro pilastri: l’epoca dei patriarchi con il capostipite Abramo, quella della monarchia unita sotto il re Davide (attorno al 1000 a.C.), la deportazione babilonese (intorno al 600 a.C.) e, infine, Cristo. Questo arco temporale è suddiviso in 14 generazioni. Vi sono molte interpretazioni rispetto al numero 14. Secondo la tecnica della gematria, il valore numerico corrisponde alle consonanti ebraiche del re Davide. Matteo intenderebbe, dunque, fare risaltare l’origine davidica di Gesù.

Gli studiosi annotano come, eccettuata Maria, la genealogia menzioni solo quattro donne: Tamar, Racab, Rut, Betsabea. Ora, queste donne non appartengono al popolo ebraico e le loro sono storie travagliate contengono violenza, falsità, umiliazione, ma anche coraggio e fiducia. Tamar ha lottato per avere un figlio e l’ha ottenuto con un sotterfugio (cf. Gen 38,14-18); Racab era una prostituta, salvò gli israeliti nascondendoli in casa sua, sposò poi un israelita e divenne la madre di Booz (cf. Gs 2,1.6.17.22-25; Rt 4,21).

Rut era una straniera e divenne la nonna del Re David (cf. 4,13-17), Betsabea – chiamata qui moglie di Uria – fu legata al re Davide nella triste vicenda raccontata in 2Samuele (cf. 2Sam 11,1-27) e divenne la madre di Salomone, successore del re Davide.

In questo modo l’autore non vuole tanto evidenziare l’aspetto morale delle donne, quanto il fatto che esse sono madri e hanno generato in modo inaspettato e inusuale. Dio entra nella storia di uomini e donne, attraverso impensabili vie e storie personali, anche se travagliate e oscure.

Dalla prospettiva di Giuseppe

La nascita di Gesù nel racconto di Luca è molto articolata e dettagliata. Maria è al centro della scena e riveste un ruolo di primo piano. Non così in Matteo. La prospettiva e l’inquadratura scelta dall’evangelista è quella di Giuseppe. La nascita di Gesù è raccontata a partire dal punto di vista del padre di Gesù, non di Maria (Mt 1,18-25).

Anche se solo accennato, pure Matteo menziona il ruolo fondamentale dello Spirito nella nascita di Gesù (1,18). Non vi è l’annuncio dell’angelo a Maria in Nazareth. Vi è sì, un angelo, ma esso appare in sogno a Giuseppe e nel sogno udiamo l’annuncio della nascita di Gesù. Il lettore è qui invitato a identificarsi con Giuseppe, uomo giusto, che dubita ma ascolta la parola, e agisce conseguentemente in modo responsabile. Un invito a non temere e a fidarsi di Dio, come Maria.

Reazioni alla nascita di Gesù

Il secondo capitolo ci informa sulle diverse reazioni suscitate dalla nascita di Gesù.

L’arrivo dei Magi a Gerusalemme segna la prima reazione. Erode e gli stessi abitanti di Gerusalemme sono turbati. Erode si infuria a causa dei Magi (1,16) e, vedendo in Gesù una minaccia al suo regno, decide di massacrare tutti i bambini di Betlemme e dintorni: questa è la reazione politica e militare a Gesù.

I capi dei sacerdoti e gli scribi raccolgono informazioni per Erode. La loro reazione sembra più interessata al potente di turno che a comprendere l’evento e a mettersi in cammino. Indifferenti nei confronti di Gesù, sono premurosi verso chi detiene il potere.

Infine i Magi. Sono uomini in cammino (non sono tre e non sono re), si lasciano guidare dalle Scritture ebraiche, sebbene a loro estranee. Quando trovano Maria e il bimbo, mostrano segni di rispetto (inginocchiarsi) e portano doni, realizzando a loro insaputa ciò che Isaia aveva già profetizzato (Is 2,1-5; 60,1-6) e cioè che tutti i popoli saliranno a Gerusalemme e riconosceranno il Signore della pace e della giustizia.

I tre doni alludono alla comprensione del mistero di Gesù: in lui si realizzano tutte le profezie antiche. Già qui si intravede la missione universale di Gesù che egli stesso consegnerà ai discepoli (Mt 28). Nella persona di Gesù trovano adempimento le promesse fatte ai padri. Ma in lui si supera anche l’esclusivismo giudaico e la sua venuta si apre a tutte le nazioni. Al lettore il compito di comprendere e accogliere la novità dell’ebreo Gesù.