Venezia. Padre Pio difensore dei poveri nel film (che farà discutere) di Abel Ferrara

In anteprima mondiale il film del regista italoamericano sulla figura del Santo di Pietrelcina
Shia LaBeouf in "Padre Pio" di Abel Ferrara

Shia LaBeouf in “Padre Pio” di Abel Ferrara – .

Avvenire

«Allora lei scrive per la stampa cattolica? Le è piaciuto il film?». Diretto e attento il grande regista newyorkese Abel Ferrara, che vive in Italia da anni, fa subito capire quanto ci tiene al suo ultimo film Padre Pio, scritto con Maurizio Braucci, che ieri è stato presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia in concorso alle Giornate degli Autori.

Protagonista la tormentata star di Hollywod Shia LaBeouf, ferma da due anni a causa di una vita turbolenta e guai giudiziari, che pare avere trovato la sua strada nella conversione al cattolicesimo (di nascita è ebreo) proprio interpretando il frate di Pietrelcina.

Il protagonista della saga di Transformers ha raccontato questo percorso di fede, che gli ha salvato la vita dalle tentazioni di suicidio, in una lunga intervista su Youtube al vescovo americano Robert Barron e ieri lo ha ribadito presentandosi alla proiezione ufficiale al Lido.

Padre Pio di Ferrara si focalizza sull’arrivo del giovane frate di Pietrelcina a San Giovanni Rotondo, nel foggiano, terra di povertà e sfruttamento dei lavoratori da parte dei grandi proprietari terrieri e si interseca con la storia dell’eccidio di San Giovanni Rotondo il 14 ottobre del 1920. In paese le elezioni erano state vinte dai socialisti, che al momento di insediarsi nel municipio trovarono la via sbarrata dai carabinieri ai quali era stato ordinato di impedire l’esposizione della bandiera rossa dal balcone comunale.

Nei disordini che ne seguirono rimasero uccisi 13 lavoratori e un carabiniere e oltre 60 persone furono ferite. Fortunatamente Ferrara non dà alcun adito alle calunnie che volevano Padre Pio coinvolto, anzi, punta il dito sugli Arditi d’Italia, un gruppo nato in seno alla sezione Mutilati e Combattenti. «Da qui inizia il fascismo che ha cambiato la storia del mondo – sostiene convinto il cineasta – . Padre Pio è estraneo ad ogni connivenza coi potenti locali ». Però vogliamo essere franchi: la parte dedicata a Padre Pio, con i tormenti spirituali, i dubbi, le visioni, le lotte col demonio, prima di ricevere le stimmate viene basata su una accurata ricerca e sulle lettere del frate, ed è intensa, profonda e a tratti affascinante.

Specie nella convinta interpretazione del bravissimo LaBeouf che vediamo nei panni di Padre Pio dire messa, confidarsi con i suoi confratelli (sono tutti frati veri in scena) confessare, operare un primo miracolo e soffrire per le ingiustizie dei suoi poveri.

Mentre ci lascia un po’ spiazzati la preponderanza della parte sociopolitica che tenta la carta pasoliniana, ma risulta avere il passo della fiction televisiva all’italiana (il cast è in maggior parte nostrano), non senza scivolare in alcuni luoghi comuni. Il parroco del paese che intasca soldi dai nobili e addirittura benedice con l’acqua santa i fucili e le pistole dei carabinieri che spareranno sulla folla induce all’equivoco mostrando una Chiesa incapace di stare al fianco dei più deboli. Soprattutto ci si trova di fronte a due film i cui filoni narrativi fanno fatica a intrecciarsi.

Il punto di incontro per il regista è l’apparizione delle stimmate di Padre Pio proprio allora. «Padre Pio ha vissuto con quella gente, le sue stimmate sono emerse allora per la sua passione per gli ultimi, sono una risposta alla realtà». La forza spirituale del santo canonizzato nel 2002 da Giovanni Paolo II, trascende comunque nel film anche lo scetticismo sui miracoli del buddista Ferrara. Nel lavoro sono stati coinvolti, fra gli altri, i frati cappuccini della provincia di Foggia, la Comunità monastica dell’Abbazia di Santa Maria di Pulsano, il Santuario di San Michele Arcangelo, Padre Pio Tv, il Convento dei frati minori ex Abbazia Santa Maria di Giosafat, la Biblioteca provinciale Francescana “P. Antonio Fania”.

Ed ora la produzione sta cercando di organizzare una proiezione in Vaticano e di incontrare papa Francesco. «Quando Shia ha iniziato a lavorare al film si è chiuso in un monastero cappuccino in California dove è rimasto due mesi vestendo il saio. Quando l’ho incontrato a Fiumicino è sceso dall’aereo vestito così… Shia crede davvero, nel film non recita, non potrebbe farlo. I frati hanno accettato lui, hanno abbracciato me e il film dove sono protagonisti».

La lotta fra il bene e il male, che da sempre affascina il regista americano, arriva da esperienze personali profonde. «La grande connessione tra Shia LaBoeuf e me è che ambedue abbiamo usato alcol e droghe, abbiamo dovuto affrontare questa dipendenza. Si era creato un muro tra noi e la spiritualità, ma c’è il perdono nel viaggio dal buio alla luce. Io sono buddista, sono cresciuto cattolico. Mio nonno è nato lo stesso anno di Padre Pio, un campano anche lui, di Sarno, poco distante da Pietrelcina – conclude Ferrara – . Siamo andati nei suoi luoghi ed abbiamo parlato con i testimoni diretti. E così è venuto fuori questo mio film in cui ho voluto che Padre Pio venisse visto come un uomo, non come un santo, specie nel periodo in cui era giovane e stava lottando con la sua fede». Comunque, alla fine della proiezione lunghi applausi per LaBoeuf.

Film che farà discutere quello del regista italoamericano sulla figura del Santo di Pietrelcina: