VENERDÌ SANTO Papa Francesco in preghiera prostrato ai piedi della Croce

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Nel giorno del Venerdì Santo, durante il quale la Chiesa fa memoria della Passione e morte di Gesù papa Francesco si è tolto la mitria e si è prostrato sul pavimento della Basilica di San Pietro all’inizio del rito dell’adorazione della Croce. Un gesto centrale e ricco di significato: lo stesso che aveva compiuto anche Benedetto XVI nei primi anni del suo Pontificato.

Dopo il racconto della Passione cantato dai tre diaconi, l’omelia che, come tradizione, è stata preparata dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa ha rappresentato il cuore della cerimonia del Venerdì Santo.

Il titolo scelto per la meditazione, pronunciata davanti a papa Francesco e a una Basilica piena di fedeli da ogni parte del mondo desiderosi di stringersi attorno al nuovo vescovo di Roma nel suo primo Triduo pasquale, è stato «Giustificati gratuitamente per mezzo della fede nel sangue di Cristo».

Con l’inizio del Pontificato di papa Francesco, «si apre per la Chiesa un tempo nuovo, pieno di speranza» ha sottolineato il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, nell’omelia della celebrazione della Passione di Cristo, nel Venerdì Santo presieduta nella Basilica di San Pietro dal nuovo Papa. L’auspicio di padre Cantalamessa è che «si ridesti negli uomini che sono alla finestra l’attesa del messaggio e nei messaggeri la volontà di farlo giungere a essi, anche a costo della vita». Tornare alla semplicità nell’annuncio di Cristo, morto e risorto, abbattendo quegli impedimenti che sono di ostacolo all’evangelizzazione: residui di cerimoniali, eccesso di burocrazia, controversie passate. Un’esortazione, «Và, Francesco, ripara la mia Chiesa», che è risuonata nella Basilica vaticana attraverso le parole rivolte al Poverello di Assisi dal Crocifisso della chiesetta di San Damiano. Il predicatore cappuccino ha paragonato la Chiesa di oggi a «certi edifici antichi che nel corso dei secoli, per adattarsi alle esigenze del momento, si sono riempiti di tramezzi, di scalinate, di stanze e stanzette». «Arriva il momento – ha spiegato – quando ci si accorge che tutti questi adattamenti non rispondono più alle esigenze attuali, anzi sono di ostacolo, e allora bisogna avere il coraggio di abbatterli e riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle sue origini».

Padre Cantalamessa ha voluto incoraggiare, con le parole di San Paolo, il Pontefice che vi si accinge. «“Chi mai è all’altezza di questo compito?”, si domandava atterrito l’Apostolo – ha ricordato il predicatore della Casa Pontificia – davanti al compito sovrumano di essere nel mondo “il profumo di Cristo”; ed ecco la sua risposta che vale anche oggi: ‘non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa come se venisse da noi; la nostra capacità viene da Dio. Egli ci ha resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non della lettera, ma dello Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica»

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