È tempo di vendemmia. E anche se la componente umana di questa importante stagione di raccolta è sempre più ridotta (solo il 10% dell’uva in provincia è vendemmiata a mano), resta alta l’attenzione dell’uomo per il vino.
La vendemmia 2024, a Reggio Emilia e provincia, sarà segnata da condizioni climatiche estreme: caldo e siccità alternati a piogge intense. A influire più di tutto sulla maturazione dell’uva è stata però la scarsa escursione termica ovvero la differenza di temperatura tra il giorno e la notte.
Che vino berremo allora il prossimo anno? Guardando alle uve di casa nostra, Lambruschi e Ancellotta, ci sono tutti i presupposti per ipotizzare una “buona annata” in particolare, per i livelli di acidità del mosto di quest’anno che si attestano su valori equilibrati lasciando immaginare vini caratterizzati da una buona espressione aromatica e leggeri.
Nelle cantine in queste settimane viene conferito il frutto del lavoro di migliaia di viticoltori e di operatori di un settore che sta attraversando una difficile congiuntura economica.
Nonostante il Lambrusco sia tra i vini italiani più esportati al mondo, non poche imprese vitivinicole della zona faticano a chiudere i bilanci. Nel 2023 le aziende produttrici di uva con sede nelle province di Reggio Emilia e Modena erano oltre 3.600. Negli ultimi due anni hanno dovuto far fronte ad una crescita dei costi di produzione – tra prodotti fitosanitari sempre più cari e una manodopera sempre più difficile da trovare – a fronte di un calo delle entrate.
Il settore vitivinicolo locale è stretto tra due polarità. Da una parte il mercato mondiale del vino sta attraversando una fase di assestamento con paesi tradizionalmente “bevitori” dai consumi in calo compensati dalle richieste di altri. A dettare le tendenze, in termini di gusto, sono i consumatori trentenni che vengono dalle bibite in lattina e apprezzano prevalentemente vini bianchi e leggeri. Da un altro punto di vista il sistema Lambrusco è in condizioni critiche. Le cantine cooperative lavorano il 94% dell’uva del territorio, ma vendono in bottiglia solo il 45% del vino. È dunque la distribuzione a controllare la leva del prezzo con produttori di uva, vinificatori e imbottigliatori che lamentano prezzi bassi. Livelli di prezzi poco soddisfacenti interessano sia le etichette DOC sia le IGT.
Da un’analisi delle principali referenze di Lambrusco in vendita nella grande distribuzione è emersa una grande variabilità di prezzi con una forchetta che in alcuni casi arriva a 3 euro. L’offerta di Lambrusco inoltre è molto ampia, con poche eccellenze, e comprende vini molto diversi tra loro con conseguenti difficoltà di comunicazione.
In un panorama così ampio e variegato è difficile identificare un’unica soluzione al problema delle basse remunerazioni. Il “Sistema Lambrusco” è una realtà composta da produttori di uva, imprese vinificatrici e imbottigliatori e ogni realtà ha il proprio sguardo sul mercato e la filiera. Tuttavia, molti attori concordano sul fatto che un buon punto di partenza potrebbe essere quello di eliminare il Lambrusco IGT e proporre solo il DOC per poter controllare meglio l’offerta e innalzare la qualità del prodotto.
Il Lambrusco si affaccia alla vendemmia 2024 con la consapevolezza di essere un vino moderno, con un mercato di riferimento molto importante e un territorio in grado di cogliere le opportunità e migliorarsi. Un sicuro punto di forza del “Sistema” è la compattezza: 16 aziende controllano il 95% della produzione di vino, una condizione strategica per prendere impegni precisi. Una possibile via di uscita dalla congiuntura?
laliberta.info