Vecchie e nuove «strade» nella ricerca di Dio

di Vito Magno
avvenire 3 settembre 2010
È  inevitabile quando si parla di desiderio che si finisca con il parlare di Dio, che è la cosa più grande che l’uomo possa desiderare. «Quel Dio – ha detto il cardi­nale Angelo Scola al Meeting di Rimini – che è come un quotidiano ineludibile rumo­re di fondo dentro la natura del cuore». Di Dio si sa poco eppure tut­to. «Poco» perché se il suo a­more e la sua sapienza sono infiniti vuol dire che non ne sapremo mai abbastanza e che quindi la sua conoscen­za procederà per tutta la vita, scoprendo qualcosa di nuovo ogni momento. «Tutto» pe­r­ché sappiamo di Lui che è Padre amorevole, che si è manifestato nel Figlio e dunque abbiamo a di­sposizione il suo «identikit». La Sacra Scrittura testimonia le modalità con cui Dio si è mostrato all’umanità, talvol­ta con il volto dello sposo e dell’amante della vita, tal al­tra con quello della gloria e del liberatore, o più sempli­cemente nel silenzio. Il bisogno di incontrarlo è per tutti un tale desiderio che a chi si mette a cercarlo più vie gli si aprono davanti. Le vite dei santi ne sono un’eccezio­nale testimonianza. Agostino, Francesco, Caterina da Siena, Teresa di Gesù, Giovanni del­la Croce, Padre Pio…. sono tra coloro che in epoche e in cul­ture diverse impazzirono d’a­more per Lui inoltrandosi per strade umanamente impen­sabili. Ma anche senza il do­no della santità, l’interrogar­si su di Lui in maniera forte, ossessiva a volte, ha spinto ar­tisti, anche atei e agnostici, a creare autentici capolavori. Basta guardare al cinema. Re­gisti come Pasolini, Rosselli­ni, Huston, Bresson, Berg­man, Buñuel, Zeffirelli, Scor­sese e molti altri hanno cer­cato, con le loro pellicole, le orme di Dio nel Vecchio e nel Nuovo Testamento. Quando, però, si deve parla­re di Dio affiora oggi un pro­blema: non lo si può fare a prescindere dalle domande della cultura umanistica e scientifica post moderna. L’uomo d’oggi è discepolo dell’apostolo Tommaso, non perché abbia bisogno della «prova», ma perché come lui vuole toccare. Non a caso «la domanda che si pone – ha detto ancora il cardinale Sco­la – non è più se esiste Dio, ma come averne notizia». Re­sta allora imprescindibile il rapporto non solo con la Pa­rola, ma anche con il testi­mone. Un testimonianza ve­race, che faccia vedere la pra­tica di quanto ascoltato. E qui torna in gioco il ruolo degli e­ducatori cristiani, che è ac­compagnare i giovani in una ricerca di Dio che rigetti la tentazione di costruirlo «a propria immagine e somi­glianza ». Un testimone che sappia far percepire la Chie­sa come luogo di familiarità con Dio, come comunità ric­ca di carismi nei quali rico­noscersi sotto l’unica Parola. Difficilmente si può percepi­re Dio e rispondere alle sue chiamate quando si rifiuta il confronto con la Chiesa per timore di cadere in un con­fronto che può anche signifi­care mettere in discussione i propri assunti. «Togliti i san­dali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!» ( Es 3 ,5 ). Non si può in­contrare Dio portandosi die­tro i propri pregiudizi. Tuttavia non sono pochi i gio­vani che riconoscono la fun­zione salvifica e anche voca­zionale della comunità cri­stiana. I gruppi della Parola e quelli di preghiera, gli incon­tri organizzati dai Movimen­ti diventano banco di prova della richiesta di risposte al­te. Ne è prova, per esempio, il successo che sempre incon­trano le Giornate mondiali della gioventù e gli annuali Meeting di Comunione e li­berazione. Resta il fatto che gran parte dei giovani prefe­risce inoltrarsi per sentieri so­litari. Sono tanti quelli che cercano nella Rete un terre­no fecondo d’incontro con Dio e con la Chiesa. «Maestro dove abiti?», cioè dove tro­varti? Così i primi discepoli, così le nuove generazioni. Se san Paolo, ai suoi tempi, il confronto l’ha cercato con l’Agorà, tutto e tutti oggi pas­sano attraverso la Rete. An­che Dio!