Vaticano, in Albania a settembre proclamati beati i primi martiri del comunismo

Città del Vaticano Papa Bergoglio proclama beati i primi martiri del regime di Henver Hoxa, la dittatura comunista che dal 1945 al 1990 in Albania cercò di mettere al bando Dio dalla società albanese. Nella Costituzione rimasta in vigore fino al 1992 si celebrava il “primo Stato ateo al mondo”. Prigioni, torture, lavori forzati, sevizie, uccisioni. Lo stesso destino toccato ai primi 38 beati che il prossimo 5 settembre, a Scutari, verranno elevati all’onore degli altari dal vescovo locale, su indicazione di Papa Francesco. Ad annunciarlo è stato  Francesco che ha mandato una lettera ai vescovi del Paese, ultima tappa del processo canonico che, dopo un lungo iter, ha riconosciuto la “testimonianza del martirio per la fede e la patria”.

Tra questi martiri emblematica è la vicenda di monsignor Prennushi, nato a Scutari il 4 settembre 1885. Un francescano colto e mite che venne arrestato nel 1947 e condannato a 20 anni di prigione. Morì in carcere a Durazzo, a seguito delle ripetute torture subite poiché non acconsentì alla richiesta del dittatore Hoxha di formare una Chiesa nazionale, fedele al regime comunista e non al Papa. Con questo vescovo, nella stessa prigione  c’erano anche diversi gesuiti, francescani, altri preti diocesani ed anche quattro laici, tre uomini e una donna, di varie nazionalità: due tedeschi, la maggior parte albanesi, un gesuita italiano e alcuni sacerdoti di origine croata.

Durante la dittatura la fede cattolica in Albania fu preservata grazie agli anziani preti torturati e costretti ai lavori forzati nei lager (se ne contavano 31 nel 1991 secondo i rapporti di Amnesty International), alle suore che a rischio della vita battezzavano clandestinamente i bambini e alle anziane nonne che insegnavano le preghiere ai nipoti prima di addormentarsi, nascoste sotto le coperte per non farsi sentire. Davanti alle chiese (che nel frattempo erano state confiscate e trasformate in teatri e centri sportivi) capitava di notare ogni tanto qualche cero lasciato nel buio della notte. A scuola i bambini venivano istigati a denunciare i genitori se si azzardavano a insegnare loro le preghiere; a Pasqua bastava avere l’alito che sapeva di aglio (che gli albanesi usano per festeggiare quel giorno) per rischiare l’arresto.

Il Messaggero