V domenica di Quaresima Anno C. Commento al Vangelo del 17 Febbraio 2013

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(…) Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Una trappola ben congegnata, per porre Gesù o contro Dio o contro l’uomo. Gli scribi e i farisei gli condussero una donna… la posero in mezzo.
Donna senza nome, che per scribi e farisei non è una persona, è una cosa, che si prende, si porta, si conduce, si pone di qua o di là, dove a loro va bene. Che si può mettere a morte. Una donna su cui gli uomini possono fare la massima delle violenze, compiuta per di più dagli uomini del sacro, legittimata da un Dio terribile e oscuro, amante non della vita ma della morte. Una donna ferita nella persona, nella sua dignità, nella sua grandezza e inviolabilità. Contro la quale i difensori di Dio commettono un peccato più grave del peccato che vogliono punire.
Gesù si chinò e scriveva col dito per terra… Davanti a quella donna Gesù china gli occhi a terra, come preso da un pudore santo davanti al mistero di lei. Gli fa male vederlo calpestato in quel modo.
«Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei».Gesù butta all’aria tutto il vecchio ordinamento con una battuta sola, con parole taglienti e così vere che nessuno può ribattere.
Nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno. Ecco la giustizia di Dio: non quella degli uomini ma quella di Gesù, il giusto che giustifica, il santo che rende giusti, venuto a portare non la resa dei conti ma una rivoluzione radicale dei rapporti tra Dio e uomo, e di conseguenza tra uomo e uomo. A raccontare di una mano, di un cuore amorevole che ci prende in braccio e, per la prima volta, ci ama per quello che siamo, perdonando ogni errore, sciogliendo ogni ferita, ogni dolore. Più avanti compirà qualcosa di ancor più radicale: metterà se stesso al posto di quella donna, al posto di tutti i condannati, di tutti i colpevoli, e si lascerà uccidere da quel potere ritenuto di origine divina, spezzando così la catena malefica là dove essa ha origine, in una terribile, terribilmente sbagliata idea di Dio.
Va e d’ora in poi non peccare più: ciò che sta dietro non importa, importa il bene possibile domani. Tante persone vivono come in un ergastolo interiore. Schiacciate da sensi di colpa, da errori passati, e abortiscono l’immagine divina che preme in loro per crescere e venire alla luce. Gesù apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui spesso trasciniamo noi stessi e gli altri. Sa bene che solo uomini e donne liberati e perdonati possono dare ai fratelli libertà e perdono.
Va’, muoviti da qui, vai verso il nuovo, e porta lo stesso amore, lo stesso perdono, a chiunque incontri. Il perdono è il solo dono che non ci farà più vittime e non farà più vittime, né fuori né dentro noi.
(Letture: Isaia 43, 16-21; Salmo 125; Filippesi 3, 8-14; Giovanni 8, 1-11)

di Ermes Ronchi – avvenire.it