Unesco. Otto monasteri benedettini si candidano come patrimonio dell’Umanità: la lista

Cultura, paesaggio e architettura sotto il segno della fede. Una storia di vita che ha segnato nel profondo lo sviluppo dell’Europa e del mondo
Il monastero di Subiaco

Il monastero di Subiaco – Siciliani

Diventare ufficialmente patrimonio dell’umanità, nel segno del riconoscimento Unesco: è il sogno di otto complessi benedettini, sparsi tra Lombardia (San Pietro al Monte), Piemonte (Sacra di San Michele), Lazio (Subiaco, Montecassino e Farfa), Molise (San Vincenzo al Volturno), Campania (Sant’Angelo in Formis) e Marche (San Vittore alle Chiuse).

Forme romaniche, ma non solo: ad accomunarli, c’è anche il fatto che sorgono in contesti paesaggistici di rilievo, “emblema degli eccezionali valori universali espressi dal monachesimo benedettino”. Lo si legge sul depliant dell’iniziativa, che già dalle prime righe fa capire come soggetti della candidatura non siano solo le pietre dei siti medievali, ma anche il contesto naturalistico in cui sorgono.

A tirare le fila del progetto è la Fondazione di comunità del Lecchese, a sua volta sostenuta da Fondazione Cariplo. E la strada è già aperta: dal 2016, dopo i primi tre anni di lavoro, gli otto siti figurano nella “Tentative List” italiana. Poi, un periodo di stasi, complice anche la pandemia. Fino ai giorni scorsi, quando la spedizione di due importanti lettere ha ridato forma al sogno Unesco.

Nella prima, firmata da padre Gregory Poland, abate primate della confederazione benedettina, si legge la “sincera ammirazione” per il progetto, dal momento che “nei luoghi e nei percorsi da voi selezionati” emergono “le testimonianze materiali e viventi di un cammino iniziato con San Benedetto e mai interrotto, cammino che partendo da Norcia ha raggiunto ogni angolo del mondo”.

La seconda, invece, è una missiva congiunta con cui i sindaci dei Comuni sede le abbazie presentano il progetto e chiedono l’aiuto delle proprie Regioni. Parlano di “straordinaria opportunità di valorizzazione dei nostri territori”, auspicano “la partecipazione e collaborazione di tutti gli stakeholders governativi”, e propongono in concreto un incontro online con i sei Governatori, a cui possa partecipare anche il coordinatore nazionale del progetto, Ruggero Longo.

“Ora – commenta Maria Grazia Nasazzi, presidente della Fondazione comunitaria del Lecchese – attendiamo che le Regioni facciano rete per sostenere il percorso. Dal canto nostro, abbiamo già ricevuto la disponibilità dell’assessore alla cultura di Regione Lombardia, Stefano Galli, a incontrare i suoi omologhi delle altre Regioni interessate”. Nel frattempo, aggiunge, “stiamo preparando il piano nazionale di gestione dei monumenti, ultimo atto del nostro percorso. Poi, si tratterà di tenere alta l’aspettativa, e per questo stiamo pensando a diversi eventi”.

Ma la sinergia delle istituzioni non è l’unico movimento virtuoso scaturito dal progetto Unesco. Parallelo al tentativo di veder riconosciuti questi monasteri come patrimonio dell’umanità è sorta anche l’associazione “Alle origini del cammino di San Benedetto”: sta lavorando presso il Consiglio d’Europa, nell’intento di veder ufficialmente elevata la Via Benedicti – il cammino percorso tra Montecassino e Norcia dal padre del monachesimo occidentale – a “Itinerario culturale europeo”. Parla di “cultura che conforma il paesaggio” Emilio Amigoni, segretario della Fondazione di comunità del Lecchese ai tempi dell’esordio del progetto. D’altronde, ed è questa la sintesi di tutto, “i monumenti non sono candidati per sè, ma per il contesto e i valori che essi veicolano”.

Avvenire