Una “Repubblica”… alla Carlona: tre perle!

“Alla carlona”: così a Roma si dicono le cose buttate giù facendo confusione, voluta o meno. Ieri su “Repubblica” tre perle in fila. Sul «Processo al Corvo» due firme a p. 27: intera, salvo pubblicità per una elegante borsa in pelle. La prima ricorda tra altro un delitto «dentro il Vaticano», ma nella evidente fretta fa confusione tra l’ipotetico autore e una vittima del fattaccio. Non bello, ma capita. Il secondo pezzo invece – firma professorale –, con pretese sapienti e storiche vorrebbe raccontare la storia della “giustizia” in 2.000 anni di Chiesa, identificata al solito col Vaticano anche nei secoli in cui il Vaticano non esisteva – ma questo è il minimo – e va per le spicce, sicché a un certo punto salta fuori un nome, «Tommaso», che resta sospeso per aria: non si sa chi sia! Capita per la fretta, si sa. Talora però la confusione è ostentatamente ripetuta e evidentemente voluta, e serve a ingannare il lettore presentandogli falsamente i fatti. Infatti a p. 36 Augias torna su «Le ultime ore del cardinal Martini» e nonostante la chiarissima lettera alla quale risponde (la pubblichiamo in questa stessa pagina) continua a confondere la “sedazione” con il “dare” o “darsi” la morte. Non è così. Qualcuno proverà – qui su “Avvenire” è stato fatto più volte – a spiegare ad Augias che la “sedazione” praticata al cardinale Martini nella immediata prossimità della morte, in accordo tra paziente, famigliari e medici, è esplicitamente ammessa dalla dottrina della Chiesa almeno dai tempi di Pio XII, e nero su bianco nei documenti della Congregazione della Fede e di molti episcopati cattolici? È l’equivalente di una anestesia. Augias pensa davvero che ogni anestesia possa equivalere a «dare la morte»?
avvenire.it