Un reticolato di solidarietà

Marc Chagall, «La violinista» (1910)

PUNTI DI RESISTENZA
«La geografia della speranza»

Osservatore Romano

Basta unire i puntini a volte. Come in quei giochi dove ci viene chiesto, ad esempio, di unire i puntini da 1 a 20 per scoprire cosa viene fuori e vedere poi una figura che prende corpo sulla pagina bianca, e ci sorprende. Così accade in questo racconto, dove i punti da unire sono 15 ma potrebbero essere anche molti di più e il disegno che tracciano è quello di un percorso sfaccettato le cui tappe sono animate dalla speranza. E dalla fiducia nel futuro. Anche se il presente è tragico, e proprio perché lo è.

Disuguaglianza. Per Martina Di Pirro, autrice di questo libro il cui titolo è un manifesto, un disegno che svela tante facce belle e anonime del nostro Paese, La geografia della speranza. Viaggio nell’Italia che resiste (Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2020, pagine 176, euro 14)),

La geografia della speranza.Viaggio nell’Italia che resiste
tutto comincia da lì: dalla disuguaglianza, una parola «stantia, pronunciata sempre più spesso da coloro che la producono», penetrata da tempo in modo capillare e invasivo nel tessuto sociale ed economico, tanto da definirlo. L’Italia è un Paese intriso di disuguaglianze; l’epidemia causata dal coronavirus le ha amplificate ed estese ma ha anche aperto squarci di luce sulle tante realtà che ogni giorno le contrastano e lavorano, per lo più in silenzio e dietro le quinte, affinché povertà, disagio sociale, discriminazione, criminalità, indifferenza, violenza non trovino altro spazio.

Per questo Di Pirro si è messa in viaggio, da nord a sud, incontrando realtà molto distanti (non solo geograficamente) e diverse tra loro che «dalla Sicilia al Veneto, hanno dato vita a territori più coesi e inclusivi, tornando a dare valore alle aspirazioni fondamentali delle persone». Per cominciare, la Rete dei Numeri Pari, che fa da raccordo a più di quattrocento associazioni che sui territori promuovono le buone pratiche sociali. «Ho conosciuto la Rete dei Numeri Pari quando ancora non si chiamava così — spiega l’autrice — era un progetto che prendeva virtualmente il testimone da una campagna di Libera dal nome Miseria Ladra, che aveva l’obiettivo di ridurre la povertà e le diseguaglianze chiedendo, tra le altre cose, agli amministratori locali, al Parlamento e al Governo di escludere la spesa sociale dal Patto di stabilità. Sono quasi sette anni che ne seguo le evoluzioni». La Rete lavora per raggiungere tre fondamentali obiettivi: mettere l’economia al servizio dei popoli, costruire la pace e la giustizia, difendere la Madre Terra.

In ogni tappa del viaggio, da Marsala a Torino, passando per Crotone, Bari, Napoli, Roma, le persone incontrate e le esperienze testimoniate sono espressione di questa speranza, del coraggio, della passione civile e dell’impegno quotidiano per contribuire a rendere la vita di ciascuno, — soprattutto quella di chi per i motivi più vari vive situazioni di disagio — una vita migliore. Le attività dell’associazione di volontariato Emmaus di Palermo o del Centro Sociale Sappusi di Marsala, quelle della Kroton Community o della parrocchia San Sabino di Bari, il progetto della fabbrica aperta di RiMaflow a Trezzano sul Naviglio o quello delle Famiglie in Rete a Castel Franco Veneto — per fare solo riferimento ad alcune delle tappe — non sono, come scrive Marco Revelli nella postfazione, una semplice attività «ancillare» ma «un’opera primaria di restauro e conservazione della sfera pubblica e della forma democratica, la forma nobile del “Politico” come arte della tessitura sociale».

In questa tessitura sociale, che lega le aree metropolitane e i centri di provincia, il Nord, il Centro e il Sud, c’è la onlus che gestisce beni confiscati alle mafie; il centro sociale che organizza doposcuola, palestre e corsi di musica; un’associazione che fa incontrare chi ha necessità di cibo con chi ne ha troppo , ma anche un coordinamento di docenti che diffonde cultura e didattica contro le mafie; il polo che accoglie persone senza fissa dimora e lo stabile occupato che offre un tetto a chi non può permettersene uno. Alcune realtà, giovanissime; altre con più di cinquant’anni di storia alle spalle. «È solo la punta di un iceberg — osserva Di Pirro — le 15 realtà raccontate non sono neanche l’uno per cento di quante ne esistono sul territorio nazionale. Mi piacerebbe molto raccontarne altre. Sono realtà costruttive, propositive, che conoscono profondamente il territorio in cui operano». E neppure la crisi innescata dall’epidemia le ha fermate. «Il covid aveva già cambiato alcune delle realtà raccontate. Ma una cosa mi ha stupito — nota l’autrice — e continua a stupirmi: sono realtà resilienti. Hanno la forma dell’acqua, si adattano e si reinventano ogni volta che una crisi o una situazione le colpisce. Se cambiano, trovano sempre il mondo di cambiare in meglio».

La speranza genera futuro. Questo viaggio che ha unito tanti puntini è «la prova evidente che la partita non è chiusa» ma appena iniziata; è un’occasione per scoprire l’impegno delle tante persone di buona volontà; capire il lavoro necessario da fare nei territori». E sollecitare la scelta radicale cui è chiamata la Politica, distratta «di fronte al dramma di milioni di persone in povertà».

L’idea è chiara — scrive Di Pirro — «unire più che mai le forze» perché «le stesse esperienze sono possibili in ogni parte del Paese» e «non esiste niente di più rivoluzionario, di più vivo, di più audace della prepotenza dei colori in mezzo a vecchi toni di grigio».

di Tullia Fabiani