Ucraina. Guerra giorno 120: i quattro mesi che hanno cambiato il mondo

L’invasione russa del 24 febbraio sta provocando crisi alimentare, cambio degli scenari energetici e delle alleanze politiche, con un colpo alla globalizzazione. Sul campo arrivano rinforzi per Kiev
Guerra giorno 120: i quattro mesi che hanno cambiato il mondo

Sono 120 i giorni di guerra in Ucraina, quattro mesi di combattimenti dalla notte del 24 febbraio, quando Vladimir Putin diede l’ordine di attacco. Dire che il mondo è cambiato non è certamente un’esagerazione. L’invasione di un Paese europeo di 40 milioni di abitanti da parte della Russia sta provocando un brusco inciampo alla globalizzazione con le sanzioni a Mosca e una crisi alimentare estesa, il riorientarsi dei flussi energetici globali, l’esplodere dell’inflazione, l’allargamento della Nato a Svezia e Finlandia, il consolidamento dei Brics come alleanza anche politica contrapposta al fronte occidentale, solo per citare le principali conseguenze. Ma si possono includere anche le difficoltà dell’ecumenismo con le scissioni nelle Chiese ortodosse e il raffreddamento dei rapporti con la Chiesa cattolica, oltre all’isolamento culturale e sportivo della Russia stessa…

Nel frattempo si è ulteriormente accelerato l’avvicinamento dell’Ucraina alla Ue. Il Consiglio europeo ha approvato la concessione dello status di Paese candidato a Kiev (e alla Moldova, altro possibile obiettivo delle mire di Putin). Sarà un cammino lungo e non agevole, ma ormai la decisione è presa. Certamente, il via libera ufficiale al Paese sotto attacco dovrebbe indurre tutti i 27 membri attuali a un impegno più sostenuto e costante alla resistenza di Kiev, dato che si tratta del probabile 28° Stato che siederà a Bruxelles.

Ma ciò che accade sul campo per le forze di Zelensky non riflette i progressi diplomatici. “La situazione è difficile ma sotto controllo”, ha spiegato in una non frequente dichiarazione il generale Valery Zaluzhny, comandante in capo dell’esercito ucraino, descrivendo l’andamento dei combattimenti. “Il prezzo della libertà è alto. È molto difficile per noi, perché il vantaggio di fuoco è dalla parte del nemico. Nonostante tutto, teniamo duro”. Intanto è diventato ufficiale il già anticipato arrivo al fronte dei primi lanciarazzi americani a lunga gittata Himars. Lo ha annunciato su Twitter il ministro della Difesa di Kiev Oleksii Reznikov. “Grazie al mio collega e amico americano segretario alla Difesa Lloyd J. Austin III per questi potenti strumenti! L’estate sarà calda per gli occupanti russi”, ha scritto.

Reznikov non ha specificato il numero di Himars giunti nel Paese, ma la settimana scorsa il sito di informazione Politico – citando fonti anonime del dipartimento della Difesa Usa – ha riferito che il Pentagono stava valutando l’invio a Kiev di altri quattro lanciarazzi di questo tipo, particolarmente performanti e facilmente spostabili sul terreno. Il presidente Biden dovrebbe in queste ore comunicare la concessione di altri aiuti militari e nel pacchetto dovrebbero essere compresi anche lanciarazzi Himars, utili nella battaglia del Donbass in quanto permettono di tenere a distanza le avanguardie nemiche.

Proprio nella regione orientale l’Armata russa ha ottenuto altri guadagni territoriali, minacciando di chiudere in una tasca, nella zona di Severodonetsk, un ampio numero di soldati impegnati nella difesa del Paese. Con l’arrivo dell’artiglieria pesante Nato, le sorti dello scontro potrebbero mutare, come ha spiegato l’analista svedese Anders Åslund, secondo il quale nel medio periodo l’Ucraina ha un vantaggio complessivo.

Arrivano infatti continuamente notizie di soldati russi che disertano o si rifiutano di combattere. Putin non osa chiedere la mobilitazione generale, perché ciò creerebbe eccessivo scontento nelle classi medie delle grandi città. Al contrario, i soldati ucraini hanno un morale eccellente. Il vero punto debole di Kiev è la scarsità di cannoni e di munizioni, ma le nuove forniture occidentali potrebbero cambiare la situazione. Mosca ha perso 12 generali e molti colonnelli. Il comando delle operazioni è cambiato almeno tre volte e Putin sembra troppo solo nel prendere le decisioni strategiche. La controffensiva ucraina a Est di Kherson, se risultasse vincente, sarebbe in grado di tagliare il “ponte terrestre” tra Crimea e Donbass. Inoltre, arrivano notizie di depositi di munizioni e di carburante bombardati e bruciati in Russia. Il Cremlino li qualifica come incidenti, sono tuttavia azioni estese, che possono avere effetti significativi.

Si tratta probabilmente di un quadro troppo ottimistico a favore di Kiev, ma certamente il semaforo verde da Bruxelles unito ai nuovi arsenali attualmente in consegna sono elementi che danno una spinta forte alla resistenza (Zelensky ha parlato di un momento storico) e costituiscono un segnale negativo per i progetti espansionistici di Putin.

Avvenire