TESTIMONIANZA Noi con voi dal cuore della Siria

 

Papa Francesco ci chiama al digiuno e alla preghiera. Ci chiede di farlo per la situazione tragica della Siria, per trovare la strada del confronto, della mediazione e abbandonare l’ingiustizia e la follia di un intervento armato che porterebbe ancora più morte e distruzione. Ma non solo.

«C’è un giudizio di Dio». Non affrettiamoci a liquidare questa frase pensando a coloro che hanno usato le armi chimiche, chiunque essi siano. Anche chi ha fatto a pezzi i cadaveri, e ha gettato la carne dei morti ai cani ha passato la linea rossa. Anche chi stupra, chi uccide i bambini sulle ginocchia dei genitori, chi massacra con disprezzo, in Siria e altrove. Chi fa, con la guerra i propri interessi, chi la usa per affermare la sua politica… Ma anche chi fa a pezzi i bambini nelle nostre cliniche dell’aborto, chi elimina gli “inutili” e gli anziani, chi perseguita la libertà di coscienza. È la stessa logica: ne stiamo passando tante, di linee rosse. Su tutto questo, «c’è un giudizio di Dio»… Non affrettiamoci a far giustizia, se non siamo disposti a cominciare da noi stessi.

Ci vengono alla mente alcune parole di Isacco di Ninive da poco ascoltate: «L’assenza di misericordia e la brutalità vengono dalla grande abbondanza di passioni. Infatti il cuore è indurito dalle passioni, e queste non lasciano che si muova a compassione, ed esso non sa avere pietà per nessuno, né dolersi per l’afflizione, né soffrire, pur vedendola, per la rovina del suo prossimo, né rattristarsi per coloro che cadono nei peccati; ma a causa delle passioni di cui si è detto, l’ira e la gelosia si fanno potenti e si accrescono in costoro; e accade che uno sia mosso da stupido zelo, come se volesse far vendetta al posto di Dio, e nella sua anima non c’è spazio per la compassione.

Sii un perseguitato, ma non uno che perseguita. Sii un crocifisso, ma non uno che crocifigge. Sii pacifico e non zelante… Non sei un servo della pace? Almeno non essere un agitatore! Sappi che se da te uscirà un fuoco che brucerà gli altri, alle tue mani sarà chiesto conto delle anime di tutti coloro che quel fuoco avrà toccato. E se non sei tu a soffiare su quel fuoco, ma sei d’accordo con colui che vi soffia sopra e ti compiaci della sua azione, sarai suo compagno nel giudizio».

Non lasciamoci ingannare: l’invito del Papa è un invito per la pace, ma è una vera e propria battaglia, fino all’ultimo sangue, il nostro, però, non quello altrui. È la lotta contro il nostro orgoglio, la sete del dominio, l’uso della violenza per sentirci grandi. Per questo il Papa ci ha invitati tutti, credenti e non credenti: è una lotta contro il Male, è in gioco la nostra umanità. E le nostre”armi bianche” sono il digiuno e la preghiera.
Perché il digiuno? Per solidarietà con chi è nel bisogno. Per penitenza, cioè per chiedere a Dio il dono della pace, con umiltà e con la coscienza del nostro peccato.

Ma soprattutto, in questo momento, per ritrovare la lucidità del pensiero, liberi anche da noi stessi. Siamo sempre, per istinto, egocentrici. E questo ci rende sottilmente o palesemente aggressivi. Il nutrirsi è una spinta naturale, vitale. Siamo stati creati così. Assorbiamo energia, per realizzare tutte le nostre potenzialità. Mangiamo, con voracità. Ci sentiamo forti, ci poniamo al centro. Se digiuniamo, se accettiamo cioè di sperimentare la debolezza, di perdere il dominio completo, di metterci in condizione di bisogno, ci distogliamo almeno per qualche tempo da noi stessi, ci è data la sapienza, la visione delle cose in Dio. Un cuore puro, misericordioso, unica condizione per la pace. Alla “visione” siamo chiamati tutti… Se non vogliamo fare in prima persona questo cammino, se non cerchiamo il vero, il giusto, siamo almeno onesti: non predichiamo la pace! Ma non predichiamo neppure la guerra, in nome della giustizia!

E il digiuno non basta, se non diventa preghiera, cioè se non ci pone davanti a Dio, il nostro Dio mite e umile di cuore, il misericordioso. Mentre qualcuno si affanna a convocare parlamenti, congressi, commissioni speciali, per essere legittimato nell’uso della violenza, noi, credenti e non credenti, in qualunque parte del mondo ci troviamo e siamo chiamati a riunirci oggi in una assemblea per la pace. «Il mondo ha bisogno di vedere gesti di pace e di speranza!» Ognuno attinga la speranza là dove può, secondo il suo pensiero. Come cristiani, noi attingiamo la nostra speranza non dai nostri sforzi, ma dall’amore redentore di Cristo, che ha offerto la sua vita per noi. “Redimere” significa “riscattare”. Riscattarci dalle nostre schiavitù. Cristo ha liberato e sempre libera il nostro desiderio profondo, che ci orienta verso il Bene, ma che spesso si smarrisce per strade sbagliate, imprigionato in logiche di morte. E questa speranza è per ogni uomo: Dio è morto per tutti.

Facciamo gesti di pace, e accompagniamoli nel cuore con il pensiero di Isacco il Siro: «Come un granello di sabbia non bilancia una grande quantità di oro, così il bisogno di giustizia di Dio non bilancia la sua misericordia.

Come non può essere fermata una fonte ricca di acque con un pugno di polvere, così non può essere vinta la misericordia del Creatore dal male delle creature…

Neppure colui che è immerso nei peccati è escluso dalla speranza. È possibile, infatti, che trovi la vita. Perché, o uomo, tratti con insolenza il peccatore? La speranza di colui sul quale tu ti innalzi non è stata ancora rigettata da Dio. È infatti possibile che lui tra poco ti passi avanti nella virtù, e sia accolto da Dio più facilmente di te. Infatti, non è ancora giunta la morte a concludere la sua condotta; e anche la tua!
Ricordati questo a proposito di Colui che porta tutto: le azioni di ogni uomo sono davanti ai suoi occhi e davanti a lui risplendono più del sole; e se vuole, è capace di distruggere ogni uomo con il soffio della sua bocca.

Tu, invece, non sei stato stabilito per pronunciare la vendetta contro le azioni e coloro che le hanno fatte, ma per invocare sul mondo la misericordia, per vegliare per la salvezza di tutto, e per unirti alla sofferenza di ogni uomo, dei giusti e dei peccatori».

 

Le sorelle Trappiste in Siria – avvenire.it