Quando un mostro distrugge tutto, le abitazioni, i luoghi di lavoro e quelli della fede, quando sembra che lo Stato ti voglia abbandonare, e quando tutto questo succede a Fossoli, l’esperienza si mescola al déjà vu e la paura riecheggia orrori ben più grandi. Trascinandoti lentamente nella depressione: «Considerate se questo è un uomo che non conosce pace…».
Il campo di concentramento di Fossoli è a duecento metri dalla parrocchia che si è reinventata tendopoli. Spontanea dicono i parrocchiani. Abusiva, precisano a bassa voce due infermiere dell’ospedale di Carpi. Sono venute ieri a visitare chi sta male, «ufficiosamente» perché le tendopoli nelle frazioni non dovrebbero esserci secondo la Protezione civile. In realtà, non dovrebbe esserci neanche l’ospedale: ci hanno chiuso perché è inagibile – ci ha spiegato l’infermiera “ufficiosa” – ma non possiamo lasciare queste persone senza cure, quindi ogni mattina ci riuniamo nel cortile del poliambulatorio e poi, con la nostra auto privata, iniziamo a girare parrocchie e cortili, per evitare l’emergenza nell’emergenza». Altrove, avvertono, si segnalano i primi casi di scabbia. L’ordine è: lavarsi, lavarsi, lavarsi.
Con l’ex campo di concentramento a due passi le ridondanze sono scontate, ma è proprio questo il piccolo miracolo di Fossali: trasformare un paesino con l’odio e la morte scritti nella storia in una comunità che vince la paura e la tentazione di fuggire lontano. Suor Antonietta, una delle tre figlie della Madonna del Divino Amore di Roma, racconta che la gente ha iniziato a correre verso la chiesa pochi minuti dopo il terremoto. «Dovevamo ospitare tutto il paese nella casa del Popolo, dove si era appena chiusa la festa del Pd, ma è diventata inagibile la strada e la parrocchia era una delle soluzioni migliori per le famiglie con i bambini piccoli», conferma il segretario del Pd Marco Reggiani, che non ama i preti ma va d’amore e d’accordo con don Roberto Vecchi.
Nessun remake alla Guareschi, questa è l’Emilia rossa, ma quella vera. Il parroco di qui, nel ’46, lo ammazzarono sulla porta della canonica; aveva aiutato sia i partigiani sia i nazisti. Da allora, le sensibilità sono cambiate, ma ancora oggi la strada che porta alla chiesa, invece di agganciarsi alla provinciale, fa un lungo giro tra le case, così che a messa ci arriva chi proprio vuole… Adesso ci arrivano tutti, «anzi, non so quanto reggeremo, perché il sovraffollamento può porre problemi igienici e di sicurezza che una parrocchia non è attrezzata ad affrontare», sottolinea Rosa Alberti, una volontaria.
Il cuore della tendopoli è un immenso gazebo in mezzo al campo da calcio e decine di canadesi tutt’intorno. Una tenda per organizzare la cucina e tutto il resto è spazio gioco per i bambini. Don Roberto è anche assistente di Azione Cattolica e il direttore dell’ufficio catechistico della diocesi di Carpi, un ministero dove la fede lavora con le parole e meno di braccia: «Ora mi devo occupare della sicurezza del campo, di fare scorta di pannolini e gelati, di non far mancare l’acqua e la corrente per i cellulari, perché senza telefonino oggi non si vive più…».
Passa Badredine, una moglie e quattro figli, e si profonde in un lungo saluto. Diverse famiglie islamiche hanno scelto di rifiugiarsi qui. «Sia chiaro, non si fa proselitismo religioso – precisa il prevosto –; come dice Bonhoeffer, il Vangelo si annuncia al centro della vita e non nel bel mezzo di un’emergenza…». Qui pochi conoscono Bonhoeffer, ma don Roberto conosce tutte le quattromila anime del paese: «Molti se ne andranno, è stata una botta durissima, il sisma ha schiantato sei palazzine di via Mar Tirreno». Nuovissime, ma già con una brutta vicenda di fallimenti alle spalle, che ha costretto molti proprietari a pagarsi due volte quella casa che ora sarà demolita. È fatta anche di questi sacrifici la cappa di attesa che avvertiamo. «Io so cosa vuol dire non tornare, una notte infinita è da dormire», ripete una ragazza con un sorriso acerbo. Sono i versi del Tramonto su Fossoli, sempre di Levi.
«Ma da Fossali è passato anche il futuro beato Focherini», fa notare il don. Vero. Fossoli è stato un crocevia di odi ma anche di amore. Ogni mattina, il sacerdote aprendo le porte della parrocchia-tendopoli, si chiede cosa farebbe al posto suo don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia. A Fossoli, dov’è nato, il servo di Dio ha avviato la sua avventura di fraternità e il suo sogno di giustizia. La prima comunità nacque nell’ex “campo di transito” delle Ss. Una grande eredità spirituale. «Noi non abbiamo alcun progetto comunitario – precisa don Roberto – se non quello di alleviare la sofferenza della gente finché qualcun altro ci penserà. Io sono solo un prete…».