Teologia e Cultura / L’umorismo di Gesù, ovvero mettere a dura prova il buon senso comune

Nel Nuovo Testamento non si dice mai che Gesù abbia riso, ma è lecito immaginare che lo abbia fatto durante la sua esistenza terrena, percorrendo le campagne con le discepole e i discepoli o mangiando e bevendo a tavola con loro. Secondo l’esegeta Klaus Berger, come si legge sul blog di Queriniana, esiste un vero e proprio umorismo di Gesù che traspare anche dai racconti evangelici canonici, oltre che dalle testimonianze apocrife che parlano esplicitamente del suo riso. L’uso di alcune espressioni e immagini nei suoi discorsi appare infatti volutamente ironico, tanto che potrebbe nascondere un preciso significato teologico oltre al semplice espediente letterario.

Le esagerazioni, i paradossi, le contraddizioni e i contrasti si rivelano una chiave di lettura per comprendere la novità della rivelazione di Gesù, ma, allo stesso tempo, portano l’ascoltatore delle sue parole a trovarsi spiazzato rispetto alle proprie convinzioni. «L’umorismo sorge come reazione, quando l’immagine che uno si fa delle possibilità finora valide per lui s’incontra e sta dinanzi a quelle che gli vengono presentate da Gesù in tutte le loro conseguenze», afferma il teologo tedesco. Così, le parabole, le metafore, i racconti e i miracoli spesso mettono in scena un capovolgimento dei valori senza l’utilizzo di una serietà che tiene lontano.

«In molti casi, l’umorismo di Gesù equivale a questa visione del mondo: “Mettere a dura prova il buon senso comune delle persone”». Per comprenderlo, occorre dunque pensare alla trasformazione radicale delle convenzioni, alla messa in ridicolo persino di certi aspetti della morale del popolo d’Israele, che «consente di immaginare un Gesù che letteralmente “ride” di alcuni aspetti della prima comunità cristiana». Per Berger, questo costante ricorso al paradosso e alla critica caustica e ironica, assieme ai riferimenti al mondo animale (cammelli, uccelli, scorpioni, maiali…), sembra avvicinare il Figlio di Dio a una certa scuola di retorica, così come alla filosofia cinica.

Anche se fosse vero che Gesù non abbia mai riso – cosa comunque improbabile – ci si dovrebbe interrogare circa le reazioni alle sue parole e azioni da parte delle persone. Tra il ridere, lo sbeffeggiare, il sorridere, il ridacchiare e l’applaudire ce ne sono una moltitudine e anche queste rappresentano una via di accesso particolare al messaggio del messia. Tenendone conto mentre si leggono i Vangeli, ci si può avvicinare ancora di più a Cristo oltre l’esegesi e la dogmatica, magari in un modo del tutto nuovo che te lo fa sentire come un amico.

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