Divina Liturgia a Etchmiadzin: Papa invoca la piena unità

Un anelito forte all’unità in nome della luce dell’amore che perdona e riconcilia. Il Papa, nell’ultimo giorno in Armenia, ritorna sul tema dell’ecumenismo nel suo discorso durante la partecipazione, stamattina ad Etchmiadzin, alla Divina Liturgia, in rito armeno, presieduta dal Catholicos, Karekin II, guida della Chiesa Apostolica. Il servizio del nostro inviato in Armenia, Giancarlo La Vella

da Radio Vaticana

Una celebrazione intensa, ricca di musiche e canti, come nella tradizione delle Chiese orientali. Il Papa nel suo discorso si è rivolto fraternamente a Karekin II. “In questi giorni abbiamo sperimentato – dice Francesco – come è bello e come è dolce che i fratelli vivano insieme”, attraverso la condivisione di doni, speranze e preoccupazioni della Chiesa di Cristo, che crediamo e sentiamo una. Concetti che il Santo Padre esprime, citando l’apostolo Paolo:

“Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”.

In questo momento gli apostoli Bartolomeo e Taddeo, che proclamarono per la prima volta il Vangelo in queste terre, e i santi Pietro e Paolo, che diedero la vita per il Signore a Roma, si rallegrano – sottolinea Francesco – nel vedere il nostro affetto e la nostra aspirazione concreta alla piena comunione. Poi l’invocazione allo Spirito Santo, affinché venga a rifondarci nell’unità e, attraverso l’effusone del fuoco di amore e unità, sciolga i motivi dello scandalo dovuto alla mancanza di unità tra i discepoli di Cristo.

“In tutti sorga un forte anelito all’unità, a un’unità che non deve essere né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo”.

Infine, l’esortazione di Francesco a rivolgere lo sguardo alle sofferenze del mondo:

“Accogliamo il richiamo dei santi, ascoltiamo la voce degli umili e dei poveri, delle tante vittime dell’odio, che hanno sofferto e sacrificato la vita per la fede; tendiamo l’orecchio alle giovani generazioni, che implorano un futuro libero dalle divisioni del passato”.

Anche Karekin ispira la sua omelia agli auspici di unità, riconoscendo gli sforzi di Francesco verso la pace e la prosperità dell’umanità e verso il progresso della Chiesa di Cristo. Poi la richiesta al Papa di pregare per la Nazione e la Chiesa armene. E, prima del fraterno abbraccio finale e della benedizione dell’assemblea, da Francesco ancora un’accorata richiesta di impegno verso la comunione:

“Santità, in nome di Dio, Vi chiedo di benedirmi, di benedire me e la Chiesa Cattolica, di benedire questa nostra corsa verso la piena unità”.

 

Questa mattina la terza è ultima giornata del Papa in Armenia era iniziata con la celebrazione della Messa nella Cappella allestita per l’occasione nella residenza papale presso il Palazzo Apostolico di Etchmiadzin. Hanno concelebrato con Francesco il nunzio apostolico mons. Marek Solczynski e il segretario della nunziatura. Subito dopo la Messa, nella sala d’ingresso della stessa residenza, il Papa si è intrattenuto informalmente con i 14 vescovi armeni cattolici, alla presenza dei circa 12 sacerdoti che svolgono il loro ministero nel Paese. Quindi, il trasferimento al Piazzale di San Tiridate ad Etchmiadzin dove il Papa ha partecipato alla Divina Liturgia.

Testo integrale del saluto del Papa

Santità, carissimi Vescovi,
cari fratelli e sorelle,

al culmine di questa visita tanto desiderata e per me già indimenticabile, desidero elevare al Signore la mia gratitudine, che unisco al grande inno di lode e di ringraziamento salito da questo altare. Vostra Santità, in questi giorni, mi ha aperto le porte della Sua casa e abbiamo sperimentato «come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme» (Sal 133,1). Ci siamo incontrati, ci siamo abbracciati fraternamente, abbiamo pregato insieme, abbiamo condiviso i doni, le speranze e le preoccupazioni della Chiesa di Cristo, di cui avvertiamo all’unisono i battiti del cuore, e che crediamo e sentiamo una. «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza […]; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6): possiamo davvero fare nostre con gioia queste parole dell’apostolo Paolo! È proprio nel segno dei santi Apostoli che ci siamo incontrati. I santi Bartolomeo e Taddeo, che proclamarono per la prima volta il Vangelo in queste terre, e i santi Pietro e Paolo, che diedero la vita per il Signore a Roma, mentre regnano con Cristo in cielo, certamente si rallegrano nel vedere il nostro affetto e la nostra aspirazione concreta alla piena comunione. Di tutto ciò ringrazio il Signore, per voi e con voi: Park astutsò! Gloria a Dio!

In questa Divina Liturgia il solenne canto del trisagio si è elevato al cielo, inneggiando alla santità di Dio; scenda copiosa la benedizione dell’Altissimo in terra, per l’intercessione della Madre di Dio, dei grandi santi e dottori, dei martiri, specialmente dei tanti martiri che in questo luogo avete canonizzato lo scorso anno. “L’Unigenito che qui discese” benedica il nostro cammino. Lo Spirito Santo faccia dei credenti un cuore solo e un’anima sola: venga a rifondarci nell’unità. Per questo vorrei nuovamente invocarlo, facendo mie alcune splendide parole che sono entrate nella vostra Liturgia. Vieni, o Spirito, Tu «che con gemiti incessanti sei il nostro intercessore presso il Padre misericordioso, Tu che custodisci i santi e purifichi i peccatori»; effondi su di noi il tuo fuoco di amore e unità, e «vengano sciolti da questo fuoco i motivi del nostro scandalo» (Gregorio di Narek, Libro delle Lamentazioni, 33, 5), anzitutto la mancanza di unità tra i discepoli di Cristo.

La Chiesa armena cammini in pace e la comunione tra noi sia piena. In tutti sorga un forte anelito all’unità, a un’unità che non deve essere «né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo» (Parole del Santo Padre nella Divina Liturgia, Chiesa Patriarcale di San Giorgio, Istanbul, 30 novembre 2014).

Accogliamo il richiamo dei santi, ascoltiamo la voce degli umili e dei poveri, delle tante vittime dell’odio, che hanno sofferto e sacrificato la vita per la fede; tendiamo l’orecchio alle giovani generazioni, che implorano un futuro libero dalle divisioni del passato. Da questo luogo santo si diffonda nuovamente una luce radiosa; a quella della fede, che da san Gregorio, vostro padre secondo il Vangelo, ha illuminato queste terre, si unisca la luce dell’amore che perdona e riconcilia.

Come gli Apostoli il mattino di Pasqua, nonostante i dubbi e le incertezze, corsero verso il luogo della risurrezione, attirati dall’alba felice di una speranza nuova (cfr Gv 20,3-4), così anche noi, in questa santa domenica, seguiamo la chiamata di Dio alla piena comunione e acceleriamo il passo verso di essa.

Ed ora, Santità, in nome di Dio, Vi chiedo di benedirmi, di benedire me e la Chiesa Cattolica, di benedire questa nostra corsa verso la piena unità.