Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla: Documento di lavoro sulle Unità pastorali
Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla
Documento di lavoro sulle Unità pastorali
autunno 2014
Introduzione
Oltre 20 anni fa, la nascita delle prime Unità pastorali rispondeva con una sperimentazione a necessità contingenti; oggi, le Unità pastorali nella nostra diocesi costituiscono la scelta fondamentale che orienta la struttura di base della vita ecclesiale nel territorio.
La forma Unità pastorale sarà quindi la nuova «cellula» della diocesi, assumendo le principali valenze teologico-pastorali che il concetto di «parrocchia» porta con sé. Questo «Documento di lavoro», mentre impone di pensare la diocesi come insieme di Unità pastorali, vuole aiutare la trasformazione dalla situazione pastorale attuale verso un nuovo modello pastorale, da costruire, con il contributo responsabile di ministri ordinati e laici.
1. Motivazioni
Due ordini di motivazioni sostengono questa scelta progettuale diocesana. Il primo riguarda l’impiego adeguato delle risorse umane che costituiscono la Chiesa: da unlato, dobbiamo far fronte a una crescente sproporzione tra il numero delle parrocchie e il numero dei preti; dall’altro, questa situazione può diventare l’occasione per far crescere l’auspicatacorresponsabilità laicale e la ministerialità, insiemea un ripensamento della vita pastorale e della sua conduzione (ripensamento necessario anche per incentivare l‘impulso missionario).
Il secondo ordine di motivazioni riguarda ilcambiamento del contesto sociale. Il fitto reticolo geografico parrocchiale risponde a un tipo di società in cui il luogo della dimora costituiva il perno della propria identità personale e comunitaria, a motivo del fatto che l’intero arco della vita si svolgeva inevitabilmente in un ambito assai ristretto; nella società odierna la vita quotidiana si muove in spazi geografici e culturali vasti e assai differenti, provocando un rapporto complesso delle persone col territorio e una non immediata identificazione con le istituzioni a carattere territoriale soprattutto se eccessivamente ristrette e isolate dal più ampio contesto vitale.
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In che misura le nostre comunità cristiane sono
consapevoli delle due questioni sopra accennate
e delle sfide che ci pongono? Si è mai parlato
con un certo approfondimento di questi temi?
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Il calo numerico del clero genera rassegnazione
o ha suscitato nuove energie? Quali?
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Ci sono difficoltà che la comunità vive per motivi
legati alla attuale configurazione dell’istituzione
parrocchiale? Quali?
2. Identità dell’Unità pastorale
L’Unità pastorale nasce da un gruppo di parrocchie vicine che gradualmente si mettono in comunione per formare una comunità evangelizzante più ampia che diventi il riferimento ordinario di tutta la pastorale. L’obiettivo principale è dunque una presenza ecclesiale feconda in relazione al concreto contesto ambientale in cui si vive e si testimonia la fede cristiana; tale obiettivo è ciò che può creare la comunione anche fra parrocchie con storie e tradizioni diverse: ciascuna parrocchia porta il proprio peculiare contributo alla comune missione e lascia che il proprio “respiro” si allarghi alla più ampia comunità ecclesiale.
Anche con le comunità religiose e le diverse associazioni e esperienze di vita cristiana presenti nel territorio è necessario intessere relazioni feconde per una efficace evangelizzazione.
Perché questo possa realizzarsi, in sede di progettazione delle nuove Unità pastorali dovranno contestualmente verificarsi, per quanto è possibile, tre condizioni:
– la comunità dell’Unità pastorale abbia al suo interno i carismi e le potenzialità per operare un discernimento della realtà, fare proposte di evangelizzazione nei vari settori pastorali, celebrare dignitosamente la fede cristiana nella liturgia;
– l’insieme delle parrocchie di una Unità pastorale raccolga le persone che vivono in un’area geografica antropologicamente significativa (per relazioni sociali, istituzioni civili, proposte culturali, comune senso di appartenenza…);
– la cura pastorale sia unitaria, affidata a uno o più presbiteri.
- Quali guadagni e potenzialità lascia intravedere,
in ordine alla missione ecclesiale, la prospettiva
di Unità pastorale?
- Quali paure e resistenze suscita, in ordine alla missione
ecclesiale, la prospettiva di Unità pastorale?
- Quale desiderio per la futura Unità pastorale?
3. Tipologie diverse Per discernere e individuare le Unità pastorali nella nostra diocesi occorre considerare attentamente i diversi tipi di contesto geograficoculturale;
le forme concrete che rinnovano la Chiesa nella storia fioriscono, infatti, nell’incontro tra la grande Tradizione ecclesiale e le caratteristiche delle concrete comunità umane.
Nelle nostra diocesi possiamo individuare tre tipologie di contesto geografico-culturale:
– il contesto urbano e suburbano, ad alta densità abitativa, dove la peculiare esperienza storica di ciascuna parrocchia si trova immersa in un’unica grande città, in cui i confini geografici interni sono ormai privi di reale consistenza antropologica;
– il contesto delle aree della pianura e della collina, in cui centri abitati di media grandezza sono circondati da nuclei minori che, pur avendo alcune manifestazioni di una propria identità, per diversi motivi gravitano anche sui centri maggiori;
– il contesto montano, dove accanto ad alcuni centri più grossi, molte borgate distanti tra loro e poco popolate custodiscono spesso una propria identità, storica e attuale, anche nelle crescenti necessarie interazioni in tutti gli ambiti della vita.
Per questi tre differenti contesti dovranno necessariamente costruirsi tre differenti modelli di Unità pastorale, in grado di orientare concretamente il cammino di ciascuna comunità.
- C’è una tipologia, delle tre brevemente
accennate, che rappresenta maggiormente la
situazione della comunità?
- Quali risorse locali sono presenti e da
valorizzare nell’Unità pastorale?
- Quali attenzioni ed esperienze possono facilitare
la missione ecclesiale in questo contesto?
4. Strumenti e sussidi
Quali strumenti concreti possiamo costruire e condividere per rendere possibile questo cammino?
Non si potrà tralasciare di studiare e definire:
– le caratteristiche del Consiglio di Unità pastorale e degli altri organismi comunitari (a servizio dell’Unità pastorale e/o di una singola parrocchia);
– le figure ministeriali opportune (per l’Unità pastorale e/o per una singola parrocchia);
– strumenti/sussidi di progettazione, di accompagnamento e di verifica del cammino di Unità pastorale;
– strumento di coordinamento diocesano o per macrozone
- Che cosa consigli per la formazione del
presbiterio e delle comunità nel tuo vicariato?
- Quali strumenti si chiede alla diocesi di
preparare per accompagnare il cammino
dell’Unità pastorale?
- Quali figure ministeriali si sono sperimentate e/o
si ritengono opportune, e in relazione a quali
esigenze della propria specifica situazione?
Reggio Emilia, 10 ottobre 2014