Terremoto. 41mila morti, ancora sopravvissuti. Turchia, arrestati cento costruttori. In Siria la situazione è disperata

41mila morti, ancora sopravvissuti. Turchia, arrestati cento costruttori

A una settimana dal sisma che, la notte del 6 febbraio, ha devastato la regione di confine fra Turchia e Siria, dalle macerie esce ancora qualche ultimo sopravvissuto mentre la conta delle vittime sale vertiginosamente a 40.943, di cui 31.643 in Turchia e circa 9.300 in Siria (4.500 nelle zone in mano ai ribelli).

Sui social turchi cresce la protesta antigovernativa: per i ritardi nei soccorsi, che hanno impedito di salvare vite umane, e per aver lasciato che costruttori senza scrupoli edificassero condomini che si sono sbriciolati come polvere, accanto ad altri rimasti in piedi.

In Siria la situazione è disperata, per una popolazione che di fatto era già sfollata a causa della guerra e che gli aiuti non riescono a raggiungere a causa della frammentazione nel controllo del territorio da parte di governativi, ribelli e fondamentalisti.

Dopo oltre 170 ore si trovano sopravvissuti

 

Continuano, incredibilmente, i salvataggi dopo oltre 170 ore dal sisma. Una bambina di 6 anni di nome Miray è stata messa in salvo dopo essere rimasta sepolta sotto le macerie per 178 ore ad Adiyaman, tra le zone più colpite nel sud-est della Turchia. In salvo anche la 70enne Nuray Gürbüz, estratta viva dopo essere rimasta 178 ore sepolta sotto le macerie ad Antiochia, in provincia di Hatay.

Stamani a Kahramanmaras una squadra di soccorso proveniente dalla Spagna ha stabilito un contatto con tre persone: una madre, una bambina e un bambino. Una donna di 60 anni è stata estratta viva nell’Hatay quando di ore ne erano passate 170. Appena 3 ore prima un altro salvataggio, sempre nell’Hatay: un uomo rimasto intrappolato in un piano interrato è uscito senza bisogno della barella.

Nei giorni scorsi erano già eventi eccezionali il salvataggio della piccola di 18 mesi estratta viva dopo 56 ore a Kahramanmaras, nel sud della Turchia, e quello di due ragazzi tirati fuori dai vigili del fuoco italiani ad Antiochia. Come quello di Khadir, il bambino di 12 anni tirato fuori dopo 62 ore da un palazzo crollato a Nurdaği, vicino a Gaziantep, e sopravvissuto perché protetto dal corpo della madre. O ancora la bimba di 8 anni rimasta intrappolata per 40 ore a Salqin, nel nord ovest della Siria: gli occhi sbarrati per lo choc ma in buone condizioni fisiche. I piccoli sono i più resistenti. Ma il tempo scade e presto si potranno solo seppellire i morti.

Turchia, proteste contro il governo e costruttori arrestati

Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ieri è tornato a chiedere “unità e solidarietà” e ha promesso 500 euro ad ogni famiglia colpita. Ma difficilmente questo basterà a placare la rabbia. Gli edifici distrutti sono 6.444, gli sfollati almeno 300.000. Ci sono 53mila feriti. Non si contano le persone che passano la notte accanto a fuochi di fortuna all’aperto, solo una coperta addosso per ripararsi dal gelo, e difficilmente basteranno i resort di lusso di Antalya, Alanya, Mersin, dove il presidente ha promesso di ospitare gli sfollati.

Nelle 10 province colpite, sono stati arrestati più di 100 costruttori accusati di avere violato le normative edilizie. Il ministero della Giustizia di Ankara ha autorizzato i procuratori ad avviare cause contro tutti i “costruttori e i responsabili” dei crolli perché non hanno rispettato le norme introdotte dopo il sisma del 1999. Il vicepresidente Fuat Oktay ha affermato che finora sono stati identificati 131 sospetti ed emessi 113 ordini di detenzione.

Intanto Twitter, dove si sono moltiplicati i post di protesta, ha nuovamente smesso di funzionare, mentre 18 “provocatori” sono stati fermati dalla polizia e 5 arrestati. Proprio sul social, Kemal Kilicdaroglu, leader del principale partito di opposizione (il Partito popolare repubblicano), si era scagliato contro Erdogan accusandolo di essere “responsabile” della “lenta reazione” nella gestione dei soccorsi e denunciando che il governo non ha mai spiegato dove siano finiti i 4,6 miliardi di dollari raccolti con la cosiddetta ‘tassa sui terremoti’ imposta dopo il violento sisma del 1999. Certo non nella prevenzione dei disastri e nello sviluppo dei servizi di emergenza, ha denunciato a sua volta il giornalista turco Can Dundar, in esilio in Germania, vaticinando la fine politica di Erdogan: “Salito al potere con un terremoto, se ne andrà con un terremoto” che “lo seppellirà tra le macerie”.

In Siria 5 milioni di sfollati, ad Aleppo si rischia il colera

In Siria la situazione è disperata: il sisma ha colpito il nord-ovest del Paese controllato dai ribelli, dove il 90% della popolazione, circa 4 milioni di persone, dipendeva già dagli aiuti. Ora proprio quegli aiuti scarseggiano, come ammette il massimo funzionario per le operazioni umanitarie dell’Onu nel Paese, Martin Griffiths: “Finora abbiamo deluso le persone nel nord-ovest della Siria. Si sentono abbandonate. Il mio dovere e il nostro obbligo è correggere questo errore il più velocemente possibile”. Un portavoce delle Nazioni Unite ha fatto sapere che gli aiuti ai terremotati diretti verso il territorio in mano all’opposizione sono stati bloccati dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), dal quale è arrivata la conferma che non sarà consentito nessun carico proveniente dalle aree controllate dal governo.

Ad Aleppo si rischia un’epidemia di colera, ha avvertito la Fondazione Avsi.

E parte anche la polemica internazionale sull’impatto delle sanzioni imposte nel 2011 contro il regime di Bashar al-Assad che impedirebbero o rallenterebbero la consegna di aiuti. Mentre gli Stati Uniti hanno temporaneamente sospeso alcune sanzioni al regime di Damasco, per non ostacolare gli aiuti ai terremotati, da parte dell’Unione Europea e del ministero degli Esteri italiano si respinge l’accusa che le sanzioni possano avere impatto sugli aiuti. “Siamo al lavoro per far arrivare quanto possibile anche in Siria materiale sanitario, veicoli e beni di prima necessità attraverso il Libano” ha detto il ministro e vicepremier Antonio Tajani..

avvenire.it

Il terremoto in Turchia e Siria «Le 26mila vittime possono raddoppiare». Trovati i corpi della famiglia italo-siriana


«Scontri» tra fazioni, Austria e Germania interrompono gli aiuti.

Il direttore dell’Oms ad Aleppo: «Si spezza il cuore per la situazione dei sopravvissuti» E un terzo convoglio umanitario raggiunge le province sotto il controllo dei ribelli
«C’è ancora il mondo?» ha chiesto ai soccorritori Menekse Tabak, 70 anni, mentre estratta dalle macerie dopo 122 ore a Kahramanmaras, in Turchia. «C’è il mondo e ci sei tu, vieni», la risposta dei soccorritori per l’ennesima “rinascita” dopo l’Apocalisse. E i salvataggi record, come gocce di speranza, hanno cadenzato l’intera giornata: sempre a Kahramanmaras, nei pressi dell’epicentro, una bimba di 6 anni di nome Selin e la madre sono state estratte in vita dalle macerie dopo 134; Hediyes, una ragazza sedicenne è rimasta in vita dopo 135 ore, estratta dalle squadre di soccorso turche con l’aiuto della gendarmeria.

Commozione e gioia pure ad Antiochia, dove dopo 128 ore Arda, una ragazzina di 13 anni è stata estratta viva dalle macerie del condominio dove abitava. E un neonato di 2 mesi – fatto ancora più incredibile – è stato salvato sempre 128 ore dopo il sisma. Secondo l’Afad, la protezione civile turca, più di 8 mila persone sono state salvate dalle macerie.

Purtroppo, ad Antiochia, le macerie hanno invece restituito i corpi inanimati della famiglia con passaporto italiano di origine siriana: tre minori e tre adulti, tutti uccisi dalla furia della terra. Anche questo episodio ad alimentare un bilancio di vittime sempre più tragico e di cui ancora non si intuisce il termine: sono ormai più di 26mila i morti della scossa delle 4 e 17 del 6 febbraio con magnitudo 7.8. In Turchia sono stati ritrovati 22.327 cadaveri, sono 80mila i feriti e 102mila gli sfollati, mentre in Siria le autorità hanno contato 3.553 morti.

Un bilancio che, secondo il sottosegretario generale per gli affari umanitari delle Nazioni Unite Martin Griffiths potrebbe «raddoppiare ». «Da un lato è profondamente scioccante, l’idea che queste montagne di macerie contengano ancora persone, alcune ancora vive, molte morte. Non abbiamo ancora iniziato a contare veramente il numero definitivo delle persone che sono morte», ha sottolineato Griffiths. Dall’altra parte, «c’è anche una risposta straordinaria a questo terremoto, il più disastroso degli ultimi 100 anni nella regione».

Il presidente turco Recep Erdogan, ieri in visita a Sianlurfa, ha fattol sapere che sono 160mila i soccorritori in campo in Turchia dove la distruzione riguarda un’area di 500 chilometri quadrati. «Ricostruiremo e ci riusciremo entro un anno», ha assicurato il presidente turco che, criticato per la lentezza dei soccorsi e che tra qualche mese deve affrontare le elezioni presidenziali, ha promesso la «mano ferma» contro ladri e sciacalli. Ieri la polizia la polizia ha arrestato 48 saccheggiatori nelle aree colpite dal terremoto.

Una tragedia di dimensioni apocalittiche e che inizia a porre anche problemi di ordine pubblico. L’esercito tedesco e quello austriaco hanno invece sospeso le operazioni di soccorso nella provincia di Hatay a causa del peggioramento della sicurezza: «Ci sono stati scontri tra gruppi», ha spiegato un portavoce della missione austriaca. Dopo qualche ora l’esercito austriaco ha ripreso le ricerche.

Intanto, dopo essere stato ad Aleppo, il presidente siriano Bashar el-Assad ha visitato la città di Latakia insieme alla moglie Asma, incontrando i feriti nell’ospedale universitario di Tishreen. «La posizione dell’Occidente riguardo alla situazione umanitaria non è cambiata con il terremoto, come con nessun’altra catastrofe umanitaria », ha detto Assad alla precisando di riferirsi «ai politici e non del popolo». È intanto giunto ieri ad Aleppo Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms: «Mi si spezza il cuore nel vedere le condizioni che stanno affrontando i sopravvissuti: tempo gelido e accesso estremamente limitato ai ripari, cibo, acqua, calore e cure mediche», ha affermato Ghebreyesus. Il direttore dell’Oms ha aggiunto di essere in Siria «per aiutare le persone in tutto il Paese». Nei prossimi giorni sono attese nel Paese 30 tonnellate di forniture mediche, mentre un terzo convoglio con gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite è arrivato nelle zone dell’opposizione, nel Nord-Ovest della Siria, attraverso un valico di frontiera con la Turchia.

Oltre 25 mila morti per il sisma in Turchia e in Siria

In Siria una squadra di soccorritori cerca superstiti tra le macerie (Afp)

Continua a salire il numero delle vittime del devastante terremoto che lunedì scorso ha colpito i due Paesi. Continuano senza sosta le operazioni di salvataggio
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Continua incessante il conteggio delle vittime del terremoto che ha sconvolto Siria e Turchia. I morti sono saliti a oltre 25mila, come annunciato da funzionari e fonti mediche turchi. In mezzo all’immane tragedia ci sono anche raggi di luce. A 119 ore dal devastante terremoto, in Turchia un sedicenne è stato estratto vivo dalle macerie di un edificio. soccorritori sono stati in grado di localizzarlo dopo aver sentito la sua voce. Nel nordovest della Siria è stata trovata viva una bambina, appena nata e ancora attaccata con il cordone ombelicale alla madre, uccisa dal sisma. Sono solo alcuni di straordinari salvataggi che si stanno susseguendo in queste ore.

Allentate le sanzioni Usa alla Siria
In seguito alla catastrofe umanitaria causata dal terremoto si registrano importanti decisioni: gli Stati Uniti hanno annunciato la sospensione temporanea di alcune sanzioni economiche al governo centrale siriano. Il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) ha annunciato inoltre di aver sospeso temporaneamente le proprie azioni contro lo Stato turco. Le Nazioni Unite riferiscono poi che solo in Siria potrebbero essere rimaste senza casa a causa del sisma oltre 5 milioni e 300 mila le persone.
vaticanews.va

Turchia e Siria. Sisma, oltre 20.000 morti

Un bimbo estratto vivo stamani ad Antakya dai soccorritori sudcoreani

A più di tre giorni dal violento terremoto che, nella notte del 6 febbraio, ha fatto tremare la Turchia meridionale e la Siria settentrionale, il bilancio delle vittime continua ad aggravarsi: i morti sono ormai 20mila. Secondo le autorità governative e sanitarie, sono morte 16.170 persone in Turchia e 3.162 in Siria. Nella sola Turchia i feriti sono almeno 62.914, rende noto l’Agenzia per le emergenze e i disastri di Ankara.

Non si fermano le operazioni dei soccorritori, tra i quali ci sono anche italiani, anche se si ritiene che siano le prime 72 le ore utili per trovare persone in vita sotto le macerie. Le temperature glaciali della notte, come quella di Gaziantep, scesa a 5 gradi sottozero rende la sopravvivenza ancora più difficile. Eppure qualche storia a lieto fine c’è ancora.

“Stiamo ancora trovando persone vive. È sorprendente, ma è incoraggiante il modo in cui questi edifici sono crollati. Le persone che sono state recuperate ieri erano molto disidratate, in ipotermia a causa delle condizioni meteo estremamente fredde” ha detto il capo della squadra internazionale di ricerca e salvataggio del Regno Unito, David O’Neill. Il fatto che quelle persone fossero a letto e avvolte nelle coperte al momento del primo terremoto di lunedì ha aumentato le loro possibilità di sopravvivenza.

La storia che arriva da Belen, nella provincia di Hatay, ha dell’incredibile. Dopo 82 ore dal sisma è stata tirata fuori dalla macerie di un condominio una famiglia di 5 persone: padre, madre e tre figli, tutti vivi. Tra gli applausi della folla, sono stati affidati alle cure dei medici.

A Kahramanmaras stamani è stato estratto vivo Mohammed Emin, di circa 9 anni: aveva trascorso 80 ore tra le macerie di un palazzo di quattro piani crollato. Trasportato dai soccorritori su una barella, era in pigiama e calzini. Un altro bambino, dall’apparente età di 3 o 4 anni, è stato salvato stamani dai soccorritori sudcoreani ad Antakya.

Sempre ad Antakya, le squadre di emergenza che hanno lavorato tutta la notte sono riuscite a estrarre una ragazzina dalle rovine di un edificio e due ore dopo hanno estratto vivo anche suo padre. A Diyarbakir, a est di Antakya, nelle prime ore del mattino i soccorritori hanno liberato una donna ferita da un edificio crollato, ma le tre persone accanto a lei non ce l’hanno fatta.

Nella giornata di oggi dovrebbe essere ripristinato l’uso di Twitter nelle province turche colpite dal sisma.”Il governo turco ha informato Twitter che l’accesso sarà ripristinato a breve” ha annunciato in un tweet il proprietario del social network, Elon Musk. Le restrizioni decise dalle autorità a seguito delle critiche al governo e della “disinformazione” che sarebbe stata diffusa tramite la piattaforma di microblogging. Prima del tweet di Musk, NetBlocks, un osservatorio internazionale specializzato che monitora l’accesso alla rete, aveva indicato che era in corso un blocco di Twitter da parte dei tre principali provider di internet del Paese, TurkTelekom, Turkcell e Vodafone.

Siria, mancano acqua e cibo. Solo oggi i primi aiuti nell’area dei ribelli
Tra ieri e oggi sono stati riaperti dalle autorità turche i tre principali valichi di frontiera con la Siria (Bab as Salama, Bab al Rai e Bab al Hawa) e a fine mattinata è passato il primo convoglio umanitario nelle province siriane confinanti con la Turchia e fuori dal controllo del governo centrale di Damasco. “Troppo poco e troppo tardi”, denuncia l’Osservatorio per i diritti umani in Siria il primo blocco di aiuti umanitari inviato dall’Onu. “Dopo quasi 80 ore dal sisma sono riusciti a mandare solo sei camion contenenti coperte, materassi e poco altro… è una vergogna!”, afferma Rami Abderrahman, direttore dell’Osservatorio, organizzazione non governativa siriana, basata all’estero ma che da anni si avvale di una fitta rete di fonti sul terreno.

Da Damasco gli aiuti vengono invece distribuiti alle zone sotto controllo governativo,

La situazione nel nord-ovest della Siria è incredibilmente sconfortante. I terremoti hanno colpito aree in cui le famiglie stavano già affrontando enormi sofferenze: molti erano già sfollati a causa di 12 anni di conflitto, vivevano nei campi ed erano già dipendenti dagli aiuti umanitari per soddisfare i loro bisogni essenziali.

Pro Terra Sancta riferisce le prime notizie dai villaggi di Knayeh e Yacoubieh, controllati dai ribelli jihadisti vicini ad Al Nusra, dove l’organizzazione umanitaria che fa capo ai francescani della Custodia ha attivi due centri di emergenza e accoglie le persone terremotate. Un collaboratore, il francescano padre Louay, ha inviato un messaggio vocale allo staff: “Il Signore veramente mi ha salvato da una morte certa. La mia chiesa e gran parte del convento sono completamente fuori uso. Tutto il tempo stiamo con la gente per curarli e visitarli. La maggior parte delle case sono danneggiate. Grazie a Dio, il Signore ha salvato le nostre vite, ma tantissimi vicini sono morti anche se non riusciamo ancora a dare un numero preciso”. Gli aiuti fanno fatica ad arrivare e le comunicazioni sono spesso interrotte”.

Un altro collaboratore, Giacomo Pizzi, si è spostato da Aleppo a Latakia per un sopralluogo. Ecco il suo racconto: “Ieri sono arrivato a Latakia. Qui ci sono circa 200 persone nel convento e vari sfollati in altri centri. Adesso non ho ancora i dati, ma diciamo che la situazione è simile ad Aleppo. La parte centrale della città non ha avuto crolli importanti se non per due edifici. Gli edifici non sono crollati, ma già due o tre sono stati evacuati ieri perché a rischio di crollo. Si vede infatti che sono instabili, per questo vedo molti sfollati che non possono rientrare nelle loro case. Inoltre, siccome continuano lievi scosse, questi edifici probabilmente o crolleranno da soli, (come quelli di Beirut), oppure ad un certo punto verranno abbattuti, perché in queste condizioni non sono vivibili”.

“Le parti più intaccate di Latakia sono la periferia settentrionale, dove c’è un piccolo villaggio, e la periferia meridionale – prosegue -. Nella periferia sud si trova un insediamento di palestinesi già dal 1948 o più recenti. Mentre invece a nord vi sono in gran parte le famiglie sfollate di Idlib. Gli sfollati della guerra (palestinesi e questi di Idlib, Knayeh e Yacoubieh in particolare) sono dunque sfollati di nuovo. Durante la guerra cercavano una casa qui e adesso non ce l’hanno più. È iconica la storia di questa donna Jameela che ha 90 anni ed era fuggita da Idlib con la sua famiglia per fuggire da al-Nusra. Ieri stavano per rientrare nella loro casa che ballava tutta e li hanno fatti uscire e ora non hanno una casa”.

Pro Terra Sancta spiega che “il tema grosso in questo momento in Siria, quando stiamo per entrare nel 13° anno dall’inizio della guerra, è che le persone si sentono completamente dimenticate perché nessuno parla più di loro. Il bisogno concreto è al momento veramente basico. Lo era anche prima del terremoto e anche per persone che non erano povere. Senza dimenticare che tutti i lavoratori specializzati, chi poteva dare una marcia in più, sono partiti. Ora per chi è rimasto mancano cibo, acqua, coperte. E poi quando capiremo l’entità dei danni, bisognerà intervenire per la ricostruzione delle case”.
avvenire.it