Berlino. Mattarella sull’Olocausto: non accada mai più

Mattarella sull'Olocausto: non accada mai più

I giovani siano custodi della memoria, perché non accada mai più. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella inizia la sua visita in Germania proprio dal memoriale dell’Olocausto di Berlino, un luogo simbolo in cui il Capo dello Stato ha lasciato un messaggio: «Lo scorrere del tempo affida sempre più a questi luoghi il cruciale compito di custodire la memoria della barbarie, monito permanente affinché ciò che è accaduto non debba mai più ripetersi. Confido che le coscienze delle nuove generazioni possano trarre dalla visita a questomemoriale nuova e convinta ispirazione per un futuro migliore e libero da tali mostruose atrocità».

Poi Mattarella, prima di incontrare il suo omologo tedesco, Frank-Walter Steinmeier, la cancelliera Angela Merkel e il presidente del Parlamento Federale tedesco, Wolfgang Schäuble, vede la comunità italiana in Germania in ambasciata. Qui in capo dello Stato sottolinea che «l’amicizia tra Italia e Germania è molto grande» e che «il rapporto fra Germania e Italia è rassicurato in massima misura dalla vostra presenza in Germania». Gli italiani che vivono e lavorano in Germania infatti, ha ricordato, non svolgono soltanto un’attività personale, «ma un’attività di rappresentanza del nostro Paese, di avamposto del legame di amicizia che c’è fra Germania e Italia».

L’Italia «è un partner molto importante per la Germania», «i contatti con Giuseppe Conte sono molto stretti», e «le sfide attuali si possono affrontare soltanto insieme», ha detto il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, rispondendo a una domanda sull’incontro di oggi fra Angela Merkel e Sergio Mattarella. Capo dello stato che nel frattempo ha visto il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, il quale al termine del colloquio ha sottolineato che «la coesione nelle rispettive società e a livello europeo deve tornare a essere una priorità, lo faremo presente perché sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono».

Mattarella, inoltre, rispondendo ad una domanda dei giornalisti è tornato sul senso dello stare insieme in Europa. «L’Unione Europea non è un comitato d’affari – ha sottolineato – ma una comunità di valori sulla quale si costruisce la convivenza dei popoli europei e la coesione sociale è importante nella vita comunitaria». Bisogna quindi dialogare con le persone che la pensano diversamente, ha aggiunto, «questa è la chiave dell’Unione Europea. Bisogna confrontarsi, dialogare e trovare insieme soluzioni condivise». Le parole del presidente Juncker hanno stimolato delle riflessione che è giusto fare. «Tutto questo richiama a una riflessione accurata», ha sottolineato infine il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine del colloquio con il presidente tedesco rispondendo a una domanda dei giornalisti sul mea culpa sull’austerità.

avvenire

Giornata della Memoria 2016: dalla Shoah un seme di speranza

Alberto Mieli è uno degli ultimi deportati romani nei campi di sterminio nazisti ancora in vita. È un bisnonno che ama la sua famiglia e ne è teneramente riamato. Con il trascorrere del tempo è riuscito a superare il comprensibile rifiuto di parlare degli indicibili orrori vissuti negli anni della sua giovinezza, e ha capito che raccontare il suo passato diventava una medicina per la sua anima e un dono prezioso per gli altri, in particolare per le nuove generazioni, che hanno tanto bisogno di “memoria” per costruire il futuro.

Aiutato dalla buona penna dell’affezionata nipote Ester ci conduce così con semplicità attraverso i ricordi della sua vita, dall’infanzia serena, all’esclusione dalla scuola perché ebreo, al graduale peggioramento delle condizioni di vita della sua famiglia e al deteriorarsi dei rapporti sociali in conseguenza delle leggi ‘razziste’ del fascismo.Eravamo ebrei, questa era la nostra unica colpa. La concretezza delle esperienze della vita quotidiana aiuta – forse meglio di studi dotti e documentati – a capire quale terribile ingiustizia e offesa alla dignità delle persone si stesse consumando in Italia e in Europa con l’ascesa delle ideologie razziste e totalitarie. Un crescendo che alla fine esplode nell’abominio delle deportazioni e dei campi di sterminio, dove la dignità delle persone veniva distrutta sistematicamente e brutalmente ancor prima della distruzione della loro vita fisica. Anche questo viene raccontato con le circostanze e gli episodi della vita quotidiana nei campi e con i sentimenti che li accompagnano.

Come è stato possibile tutto ciò? Ma il racconto suscita spontaneamente anche un’altra domanda. Come è stato possibile che un giovane sia riuscito a sopravvivere a una vicenda così terribile e densa di orrori disumani? Alle torture e alle sofferenze fisiche, ma anche a quelle morali e spirituali? E come è possibile che ci presenti oggi una memoria che è allo stesso tempo terribile nel suo semplice realismo, ma anche del tutto priva di sentimenti di odio e di vendetta? Anche il racconto finale della vicenda di due giovani olandesi incontrati nel campo di sterminio, che dopo la guerra identificano un criminale nazista e lo denunciano alla giustizia, ma rinunciano a vendicarsi sui suoi figli, è come un’appendice e un’integrazione al racconto personale di Mieli, che si iscrive bene in questa logica delle ricerca della ricostruzione di un mondo umano, non più dominato dall’odio.

Certamente, come dice il titolo stesso – “Eravamo ebrei…” – le leggi razziste, la persecuzione e lo sterminio degli ebrei sono un filo conduttore essenziale del racconto; ma esso abbraccia con piena umana comprensione e compassione anche i compagni di sofferenza che ebrei non sono, come i giovani ungheresi fuggitivi che vengono impiccati o il prete cattolico belga che viene immobilizzato in forma di crocifisso e ucciso con la stessa croce di legno che si era costruito per pregare… Insomma è l’umanità comune che viene calpestata, uccisa e distrutta dalla follia dell’odio. In questo senso il racconto di Mieli mi pare straordinario – posso dire “miracoloso”? – e mi pare un dono preziosissimo di sapienza e di speranza per il nostro tempo.

E certamente Alberto Mieli è un privilegiato per aver potuto percorrere tutto l’arco di una lunga vita in cui ha vissuto la prima esperienza della gioia, poi l’addensarsi delle nubi dell’odio, fino alla tragedia dell’imperversare più assurdo del male, ma poi soprattutto per aver potuto ancora vivere il ritorno alla vita e all’amore. Così la memoria dell’orrore dell’antisemitismo, dell’odio razziale, delle innumerevoli vittime della Shoah, della violazione totale della dignità delle persone, entra profondamente nel nostro cuore, come monito da non dimenticare proprio per aiutarci a continuare a costruire insieme un mondo di rispetto reciproco, di dialogo, di rispetto e di pace.

Auschwitz raccontato dalla nipote. Il libro di Alberto Mieli ed Ester Mieli, ‘Eravamo ebrei. Questa era la nostra unica colpa’ (Marsilio, pagine 126, euro 15,50) è la biografia di Alberto scritta da sua nipote Ester. Alberto, oggi novantenne, è uno dei pochi ebrei italiani deportati dai nazisti a essere ancora in vita. A 16 anni venne portato ad Auschwitz. Un libro testimonianza ricco di racconti inediti, che ha la prefazione di padre Federico Lombardi (che pubblichiamo per intero) e la postfazione del rabbino capo Riccardo Di Segni. È stato presentato ieri sera al museo Maxxi di Roma con gli interventi, oltre che del rabbino Di Segni, dell’ex ministro Mara Carfagna, di Roberto Giachetti e Riccardo Pacifici.

Avvenire

Ricordo Shoah susciti convinto rispetto dignita' persona

 (ANSA) – CITTA’ DEL VATICANO, 27 GEN – Quelli compiuti dalla Germania nazista, in particolare contro il popolo ebraico, sono ‘crimini di inaudita efferatezza’. Lo ha detto il Papa che, nella Giornata della Memoria ha invocato ‘Dio onnipotente’ affinche’ ‘illumini i cuori e le menti, perche’ non si ripetano piu’ tali tragedie!’. Il ricordo della Shoah ‘susciti un sempre piu’ convinto rispetto della dignita’ di ogni persona, perche’ tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia’.