Ma le altre confessioni cristiane che cosa pensano del Giubileo?

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Oggi comincia la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani. Viene spontaneo chiedersi quale sia l’atteggiamento dei fratelli non cattolici nei confronti dell’Anno Santo

La Chiesa cattolica è la sola, tra le diverse confessioni cristiane, a celebrare in modo istituzionalizzato il Giubileo.

Fu papa Bonifacio VIII, nel 1300, a proclamare ufficialmente il primo Anno santo della cristianità, appellandosi ad una tradizione dell’Antico Testamento. Con la bolla di indizione (Antiquorum habet) egli inaugurava un tempo di “grande indulgenza”, ordinando e strutturando una prassi penitenziale e di pellegrinaggio già diffusa nel popolo cristiano. Tuttavia la scelta fu determinata anche (prevalentemente?) dalla volontà di ribadire la centralità di Roma e del papato nello scacchiere internazionale. Il papa volle che il testo della bolla d’indizione fosse inciso su una lastra di marmo, che ancora oggi possiamo ammirare affissa nell’atrio della basilica di san Pietro.

Queste premesse aiutano a comprendere le riserve che caratterizzano la posizione dei cristiani riformati, a partire dalle note vicende legate a Lutero e al suo rifiuto della vendita delle Indulgenze. “I giubilei cattolici nascono per due motivi fondamentali, nessuno dei quali è teologico. Il primo è affermare la centralità politica di Roma, con tutti i popoli, tutti i principi invitati a convergere su Roma, Mecca del cristianesimo. Il secondo è fare cassa” (Peter Ciaccio, Chiesa Valdese Palermo). Si può serenamente affermare che la tradizione giubilare è estranea alla sensibilità della Riforma.

Una diversa prospettiva è propria della Chiesa Ortodossa. Pur considerando il Giubileo come un ‘fatto romano’, anche gli ortodossi conoscono prassi di celebrazione giubilare (intendendo il termine nel suo senso esteso, di anniversario): in occasione dei duemila anni dalla nascita di Cristo, per esempio, è stato proclamato un anno di penitenza, vissuto in modo prettamente spirituale e caratterizzato da un giorno di veglia e preghiera liturgica (5-6 agosto 2000, festa della Trasfigurazione), con al cuore l’Eucaristia.

C’è però un elemento che accomuna tutti i cristiani, ed è la radice biblica del Giubileo: “Santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia” (Levitico 25,10). Il Giubileo era un tempo di liberazione in cui la terra veniva restituita al proprietario primitivo e gli schiavi venivano liberati. Si trattava di una sorta di correttivo religioso al prevalere delle dinamiche economiche, allo spadroneggiare dei ricchi sui poveri e sui deboli. Questa radice comune, la diffusa sete di giustizia che anima il nostro tempo e accomuna tutti i fratelli in Cristo, aiutano ad interpretare il cambio di atteggiamento che si è verificato almeno a partire dal Giubileo del 2000.

Nella Tertio Millennio adveniente Giovanni Paolo II conferiva al Giubileo una dimensione ecumenica ed universale. A sottolineare questo elemento scelse di non aprire la quarta porta santa, quella di San Paolo fuori le Mura, fino al 18 gennaio 2000, inaugurando così la Settiman

a di preghiera per l’Unità dei cristiani. Furono invitati a prendere parte alla celebrazione ecumenica i capi di tutte le confessioni cristiane: in ventidue risposero positivamente, insieme ai rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC). La porta santa fu aperta simultaneamente dal Pontefice, dal Metropolita Athanasios, dal Primate inglese Carey.

Un coinvolgimento simile si registra, sia pur in forma diversa, per il Giubileo della Misericordia. Un cristiano, infatti, fatica a sentirsi autorizzato a trascurare un evento che mette al centro la misericordia di Dio, da qualunque parte questo richiamo provenga: “La misericordia significa prima di tutto riconoscere quella di Dio nei nostri confronti. I cristiani vivono ogni giorno della misericordia di Dio. Tutte le Chiese ne hanno bisogno perché il mondo non è molto misericordioso. La scelta dei toni da parte del Papa, la decisione di andare in Africa ad anticiparlo, mostrando che non sarà più necessario venire a Roma per partecipare a questi eventi, è qualcosa di importante e storico. Una Chiesa senza misericordia, una società, un mondo senza misericordia, è disumano” (Eugenio Bernardini, Moderatore della Tavola Valdese).

vinonuovo.it

 

Torna la tradizionale (18-25 gennaio) settimana di preghiera per i cristiani sparsi in diverse parti del mondo e con diverse professioni di fede

Il programma:

Giornata  per lo sviluppo del dialogo tra cattolici e ebreiecumene-2016-

Lunedì 18 gennaio 2016

ore 21, presso sala-teatro della chiesa di San Agostino, via Reverberi, 1 – RE

Nel 50° della costituzione conciliare Dei Verbum: la Parola di Dio  per gli Ebrei e per i Cristiani

interverranno

il rabbino  BENIAMINO GOLDSTEIN, della comunità ebraica di Modena e Reggio

e don Giuseppe Dossetti, parroco dell’Unità Pastorale Santa Maria Maddalena

Sabato 23 gennaio

ore 18, presso la chiesa del Cristo – RE

Celebrazione dei VESPRI ortodossi presieduta da padre  Mihail Ciocirlan, della parrocchia ortodossa rumena di San Spiridione

Domenica 24 gennaio

ore 16 nella Cripta della Cattedrale-RE

Celebrazione dei VESPRI cattolici presieduta dal Vescovo Massimo Camisasca

con la partecipazione della comunità cristiana greco-cattolica di rito bizantino e il loro pastore padreMykhaylo Khromyanchukla comunità cristiana ortodossa rumena di San Spiridione

e il loro pastore padre  Mihail Ciocirlan, la comunità di egiziani cristiani copti e il loro pastore padre Armya, la comunità ortodossa che si riunisce in San Zenone e il loro pastore padre Yuriy Dmitro

fonte: laliberta.info

La forza di una candela nel buio. Paul Wattson ideò la Settimana per l’unità dei cristiani

di James F. Puglisi
Ministro generale dei frati francescani dell’Atonement

Lewis Thomas Wattson nacque il 16 gennaio 1863, in una fredda giornata invernale, da una famiglia episcopaliana a Millington, nel Maryland. Era un tempo per il suo Paese di conflitti, divisioni, morte, buio. Erano gli anni della guerra civile americana, con i suoi orribili massacri e vaste distruzioni. Il 1° gennaio il presidente Abraham Lincoln aveva firmato il Proclama di Emancipazione, che rendeva l’abolizione della schiavitù obiettivo ufficiale della guerra. Proclamava la libertà di oltre tre milioni di schiavi. Crescendo in questo clima, Lewis imparò ad apprezzare l’importanza di questioni come la dignità e la libertà della persona umana alla luce del Vangelo. Tutto ciò sarebbe entrato nell’agenda dell’uomo che divenne famoso come padre Paul di Graymoor, fondatore dei francescani dell’Atonement.
Paul Wattson è però più noto come l’ideatore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra ogni anno tra il 18 e il 25 gennaio nell’emisfero settentrionale, e di solito tra il giovedì dell’Ascensione e la domenica della Pentecoste nell’emisfero meridionale. Wattson fu anche tra i fondatori della Catholic Near East Welfare Association, che aiuta i cristiani delle Chiese orientali. Inoltre, la Union-that-nothing-be-lost, da lui istituita, continua ad aiutare i poveri, i missionari e gli operatori per l’unità cristiana.
Per il centocinqunatesimo anniversario della nascita, i francescani dell’Atonement hanno pubblicato una biografia di Wattson (Joseph Scerbo, Fire in the Night. The Life and Legacy of Fr. Paul of Graymoor, Strasbourg, Éditions du Signe, 2013), di cui sono in corso traduzioni in italiano, spagnolo e giapponese. Insieme a madre Lurana White, padre Paul fondò la Società dell’Atonement secondo lo spirito di san Francesco d’Assisi. La vita di padre Wattson e di madre Lurana White e la nascita della Società dell’Atonement sono lasciti di una passione nata dalla preghiera di Gesù nell’ultima cena: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Giovanni, 17, 21).
La fiamma viva di una candela in una stanza buia vince subito l’oscurità. Se si osserva la forza e la grazia di quella fiamma solitaria che oscilla piena di vita e se si accende un’altra candela, subito si avverte quanta speranza, calore e conforto riescono a dare queste luci. La veglia di Pasqua inizia nel buio con questo segno: la luce di Cristo presa dal cero pasquale e passata da una persona all’altra. Padre Paul e madre Lurana erano fiamme vive del desiderio di unità di Dio nel corpo di Cristo che è la Chiesa, come affermano le parole di Benedetto XVI: irrequieti al buio, cresciamo insieme nella luce.
Padre Wattson è stato un costruttore di ponti, un ambasciatore della riconciliazione, un vero francescano. Il suo amore per i poveri, per il creato, ma soprattutto per il dono del Figlio unigenito di Dio nell’espiazione sulla croce, hanno animato tutta la sua vita. In ciò, padre Paul è un testimone autentico della preoccupazione costante di Dio perché tutto il creato scopra il suo vero fine.
Ci si potrebbe domandare se è solo una coincidenza che Wattson sia nato alla vigilia di quel periodo dell’anno nel quale si sarebbe poi tenuta la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il tema di quest’anno, tratto dal profeta Michea (“Quel che il Signore esige da noi”), è molto impegnativo. Con una domanda alla quale ognuno deve rispondere. Il profeta pronuncia parole che esprimono la volontà divina, vale a dire “praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente” con Dio. Ognuno è chiamato a essere profeta, nel senso di testimone della volontà di Dio. Solo allora potremo superare ciò che ci divide, perché la nostra preghiera ci ha portato a vedere con gli occhi di Dio e non con i nostri.
Padre Paul di Graymoor ardeva della passione profetica del suo cammino con Dio. Al centro vi era la conversione, che ha permesso di cambiare la prospettiva con cui guardare agli eventi. Wattson aveva compreso il bisogno di un cambiamento del cuore che gli consentisse di vedere la realtà dal punto di vista di Dio. A centocinquant’anni dalla nascita continua a essere un esempio di fede salda e di coraggio. Nelle parole conclusive dell’omelia pronunciata durante le sue esequie nel 1940, il suo leale e vecchio amico padre Ignatius Smith, domenicano e preside della Scuola di filosofia della Catholic University of America osservò: “Questo coraggio soprannaturale può essere spiegato solo se comprendiamo che siamo di fronte a un uomo che ha preso Gesù sul serio, che ha letteralmente vissuto con lui, e che è sempre stato consapevole della divina provvidenza del creatore onnipotente e custode dell’universo”.

(©L’Osservatore Romano 16 gennaio 2013)