Isolato nell’intestino un batterio che ‘cura’ la sclerosi multipla Verso nuova era della medicina con i ‘farma-microbi’

Scoperto un tipo di batterio della flora intestinale che potrebbe essere usato come terapia contro la sclerosi multipla, avviando la medicina verso una nuova era di “farma-microbi”, ovvero microrganismi usati come farmaci per curare malattie tra le più disparate, dall’autismo al Parkinson.
È il risultato di una ricerca condotta tra Università dell’Iowa e Mayo Clinic e pubblicata sulla rivista Cell Reports.
Si tratta di una ricerca potenzialmente importante, perché sempre di più aumentano le evidenze sperimentali che dimostrano come i batteri che compongono la flora intestinale siano cruciali non solo per la salute del tratto digerente ma anche di tutto il resto dell’organismo: “Stiamo entrando in una nuova era della medicina – afferma l’autore del lavoro Joseph Murray – in cui useremo i microbi come farmaci per curare malattie (Murray ha coniato il farmaco ‘brug’ dall’unione di ‘bug’, microbo, e drug, farmaco).
Il batterio protagonista di questo studio si chiama Prevotella histicola, gli esperti lo hanno isolato da campioni di flora intestinale prelevati dall’intestino di soggetti sani e lo hanno iniettato in modelli animali di sclerosi multipla.
Grazie a questa ‘terapia’, il quadro neurologico dei topolini malati è migliorato e allo stesso tempo è diminuita nel loro organismo la concentrazione di due proteine che causano infiammazione ed aumenta la concentrazione di cellule che contrastano la malattia, cellule immunitarie come i linfociti T, ‘cellule dendritiche’ e un tipo di ‘macrofago’. Gli esperti ritengono che questi risultati siano il punto di partenza per testare il batterio su pazienti con sclerosi multipla, una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario del paziente va in tilt e distrugge la guaina isolante dei nervi, la mielina, determinando danni neurologici progressivi.
Studi recenti hanno evidenziato che pazienti con sclerosi multipla presentano alterazioni della flora intestinale e, guarda caso, sono carenti o privi del batterio Prevotella histicola.

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Sclerosi multipla, la speranza nelle staminali

«Un’oggettiva, solida speranza per i casi più perniciosi di sclerosi multipla». Così Angelo Vescovi, scienziato italiano impegnato da tempo su nuove cure delle malattie neurodegenerative, definisce l’annuncio degli effetti significativi di una terapia contro la sclerosi multipla utilizzata in Inghilterra dove la stampa parla addirittura di risultati «miracolosi». Avrebbero infatti ripreso la mobilità perduta anche persone sulla sedia a rotelle, mentre pazienti privi di vista avrebbero registrato segnali più che incoraggianti. Il trattamento, secondo il «Daily Telegraph», sarebbe il primo a invertire i sintomi della sclerosi multipla, per la quale non esiste una cura.

Una ventina di pazienti si sono sottoposti ai test al Royal Hallamshire Hospital di Sheffield e al Kings College Hospital di Londra vedendo «effettivamente riaccendersi il loro sistema immunitario». Benchè non siano ancora del tutto chiare le cause della sclerosi multipla, molti ricercatori ritengono che «sia lo stesso sistema immunitario ad attaccare il cervello ed il midollo spinale, causando infiammazioni e dolori, oltre disabilità e nei casi più gravi la morte».

Il metodo illustrato nella ricerca, pubblicata sul «Journal of the American Medical Association» (Jama), prevede il ricorso ad altissime dosi di chemioterapici per mettere fuori gioco il sistema immunitario dei pazienti. Questo viene poi ricostruito e riattivato con le cellule staminali ottenute dal sangue dei singoli pazienti, dunque con autotrapianto di cellule ematopietiche degli stessi malati. «È sicuramente uno studio da vedere in chiave positiva sotto gli aspetti scientifici clinici ma anche etici e morali», aggiunge Vescovi.

A ridimensionare la portata dell’annuncio inglese provvede Giovanni Mancardi, dell’Università degli Studi di Genova, presidente del prossimo Congresso della Società italiana di neurologia. «È una procedura – spiega – su cui numerosi gruppi di ricerca nel mondo stanno lavorando ormai da una ventina di anni». È noto anche come autotrapianto di midollo osseo e consiste nel resettare le difese naturali dei malati di sclerosi multipla somministrando prima una potente terapia immunosoppressiva che crei una “pagina bianca” nei baluardi protettivi dell’organismo, provvedendo poi a un’infusione di cellule staminali ematopoietiche prelevate dagli stessi pazienti.

Un trial clinico di fase II che appare su «Neurology», guidato da Mancardi e Riccardo Saccardi del Careggi di Firenze, conferma i «risultati clamorosi in termini di riduzione delle nuove lesioni (-80%) rispetto alla terapia tradizionale». «Non c’è dubbio che questa strategia produrrà grandi risultati – aggiunge Mancardi – a patto di indirizzarla ai pazienti che possono beneficiarne, e cioè malati in fase recidivante-remittente, nei quali la patologia evolve rapidamente peggiorando in pochi mesi o anni, e abbiano fallito tutti i trattamenti tradizionali: diciamo un 5-10% del totale pazienti con sclerosi multipla», complessivamente pari a circa 60mila nel nostro Paese. Ma prima di poterli trattare, precisa, «i nostri risultati, così come quelli analoghi riportati da altri colleghi, vanno approfonditi e verificati con un ampio trial di fase III. Si tratta infatti di un trattamento molto aggressivo e a rischio tossicità».

Lo studio co-coordinato da Mancardi è multicentrico e internazionale, promosso dalla Società europea trapianti di midollo (Ebmt) e finanziato fra gli altri dalla Fism, Fondazione italiana sclerosi multipla. La ricerca, durata oltre 15 anni, ha coinvolto 21 persone con sclerosi multipla secondaria progressiva o recidivante-remittente, la cui disabilità era peggiorata nell’anno precedente nonostante il trattamento con farmaci di prima linea. Tutti i partecipanti, età media 36 anni, avevano ricevuto terapie classiche senza risultato.

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