25 Luglio San GIACOMO IL MAGGIORE Apostolo – Festa

Martire a Gerusalemme nel 42 d.C.

Detto il Maggiore (per distinguerlo dall’omonimo apostolo detto il Minore), Giacomo figlio di Zebedeo e Maria SĂ lome e fratello dall’apostolo Giovanni Evangelista, nacque a BetsĂ ida. Fu presente ai principali miracoli del Signore (Mc 5,37), alla Trasfigurazione di GesĂą sul Tabor (Mt 17,1.) e al Getsemani alla vigilia della Passione. Pronto e impetuoso di carattere, come il fratello, con lui viene soprannominato da GesĂą «BoĂ nerghes» (figli del tuono) (Mc 3,17; Lc 9,52-56). Primo tra gli apostoli, fu martirizzato con la decapitazione in Gerusalemme verso l’anno 43/44 per ordine di Erode Agrippa. Il sepolcro contenente le sue spoglie, traslate da Gerusalemme dopo il martirio, sarebbe stato scoperto al tempo di Carlomagno, nel 814. La tomba divenne meta di grandi pellegrinaggi medioevali, tanto che il luogo prese il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e nel 1075 fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata. (Avvenire)

Patronato: Pellegrini, Cavalieri, Soldati, Malattie reumatiche

Etimologia: Giacomo = che segue Dio, dall’ebraico

Emblema: Cappello da pellegrino, Conchiglia, Stendardo

Martirologio Romano: Festa di san Giacomo, Apostolo, che, figlio di Zebedeo e fratello di san Giovanni evangelista, fu insieme a Pietro e Giovanni testimone della trasfigurazione del Signore e della sua agonia. Decapitato da Erode Agrippa in prossimitĂ  della festa di Pasqua, ricevette, primo tra gli Apostoli, la corona del martirio.

E’ detto “Maggiore” per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo. Lui e suo fratello Giovanni sono figli di Zebedeo, pescatore in Betsaida, sul lago di Tiberiade. Chiamati da GesĂą (che ha giĂ  con sĂ© i fratelli Simone e Andrea) anch’essi lo seguono (Matteo cap. 4). Nasce poi il collegio apostolico: “(GesĂą) ne costituì Dodici che stessero con lui: (…) Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono” (Marco cap. 3). Con Pietro saranno testimoni della Trasfigurazione, della risurrezione della figlia di Giairo e della notte al Getsemani. Conosciamo anche la loro madre Salome, tra le cui virtĂą non sovrabbonda il tatto. Chiede infatti a GesĂą posti speciali nel suo regno per i figli, che si dicono pronti a bere il calice che egli berrĂ . Così, ecco l’incidente: “Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono”. E GesĂą spiega che il Figlio dell’uomo “è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Matteo cap. 20).
E Giacomo berrĂ  quel calice: è il primo apostolo martire, nella primavera dell’anno 42. “Il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni” (Atti cap. 12). Questo Erode è Agrippa I, a cui suo nonno Erode il Grande ha fatto uccidere il padre (e anche la nonna). A Roma è poi compagno di baldorie del giovane Caligola, che nel 37 sale al trono e lo manda in Palestina come re. Un re detestato, perchĂ© straniero e corrotto, che cerca popolaritĂ  colpendo i cristiani. L’ultima notizia del Nuovo Testamento su Giacomo il Maggiore è appunto questa: il suo martirio.
Secoli dopo, nascono su di lui tradizioni e leggende. Si dice che avrebbe predicato il Vangelo in Spagna. Quando poi quel Paese cade in mano araba (sec. IX), si afferma che il corpo di san Giacomo (Santiago, in spagnolo) è stato prodigiosamente portato nel nord-ovest spagnolo e seppellito nel luogo poi notissimo come Santiago de Compostela. Nell’angoscia dell’occupazione, gli si tributa un culto fiducioso e appassionato, facendo di lui il sostegno degli oppressi e addirittura un combattente invincibile, ben lontano dal Giacomo evangelico (a volte lo si mescola all’altro apostolo, Giacomo di Alfeo). La fede nella sua protezione è uno stimolo enorme in quelle prove durissime. E tutto questo ha un riverbero sull’Europa cristiana, che già nel X secolo inizia i pellegrinaggi a Compostela. Ciò che attrae non sono le antiche, incontrollabili tradizioni sul santo in Spagna, ma l’appassionata realtà di quella fede, di quella speranza tra il pianto, di cui il luogo resta da allora affascinante simbolo. Nel 1989 hanno fatto il “Cammino di Compostela” Giovanni Paolo II e migliaia di giovani da tutto il mondo.


Autore:
Domenico Agasso – famiglia cristiana

San Giacomo apostolo Figlio del tuono

di Juan Manuel de Prada

Come sarà stato Giacomo, il figlio di Zebedeo e di Salomé, a cui gli evangelisti attribuiscono sempre un posto di spicco nelle liste dei Dodici, e che Gesù stesso volle accanto, insieme a Pietro e a suo fratello Giovanni, in alcuni momenti più significativi della sua esistenza terrena? Doveva essere, senza dubbio, un uomo impetuoso e ardente, incline alla collera, che immaginiamo prendersi furiose arrabbiature quando, dopo una dura giornata sul lago di Tiberiade, tornava a mani vuote a Betsaida. Più di una volta, irato, avrà lanciato maledizioni ai pesci renitenti a cadere nelle sue reti; più di una volta li avrà minacciati di scagliare contro di loro il "fuoco del cielo", che era quello che voleva scagliare anche contro gli inospitali samaritani quando, dopo la Trasfigurazione, Gesù lo manda avanti, insieme a suo fratello Giovanni, a cercare un posto dove passare la notte. Possiamo immaginare Giacomo, esausto e affamato, dire peste e corna dei samaritani, e Gesù che lo riprende dicendo: "non esagerare, figlio del tuono, non esagerare…". Perché così, "figli del tuono" Gesù chiamava Giacomo e Giovanni, dimostrando che i figli di Zebedeo erano uomini risoluti e poco mansueti. Qualche ragione però ce l’aveva Giacomo per prendersi una simile arrabbiatura. Come osavano quei samaritani pezzenti negare pane e alloggio a un uomo che aveva appena visto il corpo di Cristo sfolgorante di luce e traboccante di gioia e di bellezza sul monte Tabor? Quella Trasfigurazione il Signore non l’aveva compiuta davanti alle moltitudini, e neppure davanti ai Dodici, ma solo alla presenza di Pietro, di Giovanni e sua. Sei giorni prima, Gesù aveva stabilito a Cesarea il Primato di Pietro; sei giorni prima, Gesù aveva annunciato la sua Passione e aveva detto agli Apostoli che, per salvarsi, dovevano "negare se stessi" e prendere la croce. E, visto che la rivelazione doveva aver turbato i poveri Apostoli, Cristo ne prende tre, e per rendere più lieve e sopportabile lo scandalo della Passione, permette loro di intravedere la gloria divina, come un "lampo" premonitore della Resurrezione. Giacomo aveva visto il suo maestro mentre conversava con Elia e con Mosè; e anche se non aveva capito molto bene di cosa parlavano, Gesù gli aveva ordinato di non raccontarlo a nessuno prima che "il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti". Giacomo, quindi, sa che Gesù risusciterà; sa che gli è stato concesso il dono di intravedere quella gloria che si avvicina… ma non ha compreso il significato del miracolo a cui ha appena assistito, non ha capito che senza croce non c’è Resurrezione. Possiamo immaginarlo mentre confabula con suo fratello: "Gesù ci ha confidato che resusciterà dai morti. E Gesù ha voluto che tu e io vedessimo anticipatamente la sua gloria. Ergo abbiamo il diritto che ci venga riservato un posto privilegiato nella sua gloria, uno alla destra e l’altro alla sinistra del suo trono". Ed ecco che i figli del tuono vanno in commissione a reclamare questo diritto. Il Vangelo di Matteo – a differenza di quello di Marco – introduce in questo episodio una precisazione piena di sapore e psicologicamente plausibile. Risulta che gli spacconi figli di Zebedeo, i fratelli tuonanti, ricorrono alla loro madre Salomé perché faccia da intermediaria con Gesù! Ed è la madre a chiedere a Gesù che i suoi due figli abbiano un posto privilegiato nel Regno: uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, come favoriti o ciambellani in una corte di palazzo. Non possiamo non immaginare qui Gesù che scoppia in una risata. "Hai capito – avrà pensato – i fratelli sempre pronti a parlare e ad arrabbiarsi! Hanno la barba, ma si nascondono dietro la mamma perché le loro ambizioni risultino meno sfacciate, perché il loro appetito di onori sia temperato, mitigato, abbellito dalla sollecitudine materna" Giacomo e Giovanni agiscono come postulanti manovratori alla ricerca di una raccomandazione, che invece di presentare apertamente la propria candidatura ricorrono a intermediari; e si sa che non c’è migliore intermediario della propria madre, che è la persona che meglio e con maggior sentimento mette in risalto le doti del postulante, intenerendo il cuore di colui che ha l’autorità per assegnare incarichi e distribuire ricompense. Ma agli spacconi figli di Zebedeo questa volta il sotterfugio non serve a nulla: "chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti". E in caso non risultasse loro ancora chiaro in cosa consisteva l’essere "schiavo di tutti", Gesù sceglie nuovamente i "figli del tuono", insieme a Pietro, perché assistano alla sua preghiera di agonia nell’orto di Getsemani. Gesù si fa obbediente fino alla morte; e, vedendolo umiliato e sofferente, alla fine Giacomo potrà capire che la gloria che aveva potuto intravedere sul monte Tabor non si raggiunge appollaiati su un trono, ma appesi a un legno. Giacomo è ormai pronto a capire quel lungo discorso con cui Gesù si era congedato dai suoi discepoli: "Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Ed è anche pronto a capire le due forme più spaventose di persecuzione: prima la persecuzione dal di dentro ("vi scacceranno dalle sinagoghe") e poi quella dal di fuori ("viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio"). Ciò che Gesù predisse si compì: tutti gli Apostoli furono scacciati dalla sinagoga e poi morirono martiri, con l’unica eccezione di Giovanni, il fratello di Giacomo, che morì anziano e in un letto, anche se naturalmente fu pure lui martire, poiché ai tempi di Domiziano lo gettarono in un recipiente colmo di olio bollente, da cui uscì miracolosamente illeso, e poi fu condannato a lavorare nelle miniere di Patmos, che erano un supplizio peggiore della morte. Giacomo, l’altro figlio del tuono, fu decapitato per ordine di Erode Agrippa, verso l’anno 40, a Gerusalemme, dove iniziò a predicare il Vangelo subito dopo l’ascensione di Cristo. Il figlio del tuono allora non maledisse i suoi carnefici, né li minacciò con il "fuoco del cielo", e non pretese neppure nel momento della morte un posto privilegiato accanto al trono; aveva capito che per godere di quella gloria che Gesù gli aveva permesso d’intravedere sulla cima del monte Tabor doveva dare "la vita in riscatto per molti". Non sappiamo con assoluta certezza se Giacomo venne in Spagna. Tuttavia la Tradizione così c’insegna da tempi immemorabili; e la Tradizione dice la verità, perché non ci fu mai un popolo tanto impetuoso e allo stesso tempo tanto sofferente come quello spagnolo. E questo impeto che, corretto alla scuola della sofferenza, non si dissipa in spacconate e vani soprassalti, ma che sa farsi paziente nell’avversità, noi spagnoli lo abbiamo potuto imparare solo da quel figlio del tuono che contemplò anticipatamente la gloria di Cristo e che, alla fine, imparò che per raggiungere la gloria bisogna prima vuotare il calice del dolore. (L’Osservatore Romano – 25 luglio 2010)