Super Musetti, è in semifinale a Roma: Zverev battuto in 2 set. Ora c’è Alcaraz

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ROMA. Le favole esistono. Serve solo qualcuno che le scriva e questa volta a prendere la penna, o meglio, la racchetta, è stato Lorenzo Musetti. Per la prima volta in carriera arriva in semifinale a Roma e lo fa battendo il campione uscente e n.2 del mondo, Alexander Zverev in due set.

Una “battaglia” nella quale c’è tutto: la rimonta del break subito al terzo game e quello sul 6-5, fino a un tiebreak dominato 7-1 a suon di palle corte. Nel secondo, invece, l’accelerazione la piazza durante il nono game fino a chiudere 6-4. “Fino alla fine” scrive sulla telecamera. E ora “Lollo”, così il Centrale lo ha chiamato per oltre due ore, punta la finale, perché Roma e l’Italia non hanno più solo Jannik Sinner per sognare e riportare in casa un titolo che un tennista italiano non vince dal 1976 con Adriano Panatta.

Musetti ci crede perché negli ultimi tre tornei sulla terra rossa ha fatto finale (persa a Montecarlo), poi semifinale a Madrid e lo stesso nella Capitale. A farne le spese, questa volta, è stato Zverev per dei precedenti con il carrarino che parlano chiaro: 3-1 per l’azzurro, tra cui anche il quarto vinto a Parigi e che poi è valso il bronzo olimpico. Da lì è cambiato qualcosa nella testa di Musetti per un 2025 che lo ha portato per la prima volta in top ten e al quale adesso chiede anche il primo trionfo in un Master 1000.

E ora in semifinale Alcaraz, capace di vincere in due set (doppio 6-4) contro Jack Draper. Lo spagnolo sfrutta cinicamente le tre occasioni da break grazie alle quali – nei momenti cruciali – è riuscito a portare a casa una semifinale che scaccia, anche se non del tutto, i problemi palesati prima dell’inizio del torneo per via dell’infortunio. Quella contro l’inglese resta comunque la migliore partita del 2025 del n.3 del mondo ed è lui stesso ad ammetterlo. «È stata una delle migliori vittorie del 2025 – l’analisi post gara di Alcaraz -. Non tanto per il livello, ma per come ho approcciato la partita, come l’ho gestita prima, come sono uscito, come ho gestito i miei nervi e le situazioni durante la partita».

Un match che lo spagnolo definisce “molto completo” sia “per il livello di gioco” che “per mentalità”. Insomma, una partita che dà fiducia, soprattutto considerate le aspettative iniziali, quando l’obiettivo era, come per Sinner, superare il primo turno e poi vedere cosa sarebbe successo. «Volevo solo riprendere il ritmo dopo l’infortunio e vedere come reagiva la mia gamba – spiega -. Da lì ho iniziato ad acquisire sicurezza, cercando di muovermi e di non pensare all’infortunio, e penso che ci stiamo riuscendo. Mi sento bene in campo e questo era l’obiettivo principale».

Una prova di forza, quella di Alcaraz, che proverà a mettere in campo anche contro Musetti venerdì (orario da definire).

Nel frattempo Roma sogna, non solo attraverso i colpi di Lorenzo, ma anche attraverso quelli di Jasmine Paolini, domani in campo per un posto in finale, e di Jannik Sinner per una finale maschile che potrebbe addirittura essere tutta italiana.

Giubileo delle Chiese Orientali, il programma dal 12 al 14 maggio

Il percorso verso la Porta Santa

Rito etiopico, armeno, copto o ancora bizantino: queste alcune delle liturgie orientali in programma nella Basilica di San Pietro e di Santa Maria Maggiore per questi tre giorni di evento giubilare. Parteciperanno fedeli, patriarchi, metropoliti e altri rappresentanti delle Chiese particolari in comunione con Roma

Vatican News

Fedeli e rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche, i patriarchi e i metropoliti: a loro è dedicato l’evento Giubilare in programma dal 12 al 14 maggio. Tre giornate scandite da diverse celebrazioni: lunedì, nella cappella del Coro della Basilica di San Pietro, alle 8.30, si tiene una Divina liturgia in rito etiopico, guidata dalle Chiese etiopiche ed eritree. Alle 11.30, invece, nella cappella Paolina della Basilica di Santa Maria Maggiore, è la volta di una Divina liturgia in rito armeno, organizzata dalla stessa Chiesa armena. A seguire, nel medesimo luogo, alle 15, la Chiesa copta guida una Divina liturgia nel proprio specifico rito.

Il giorno successivo, 13 maggio, lo scenario sarà nuovamente la basilica Vaticana dove, alle 13, è in programma una Divina Liturgia in rito siro-orientale, con l’anafora di Addai e Mari, ovvero l’antica preghiera eucaristica cristiana, caratteristica della Chiesa d’Oriente. A coordinare la celebrazione saranno la Chiesa caldea e quella siro-malabarese.Nel tardo pomeriggio, alle 18.45, la basilica Liberiana ospiterà i Vespri in rito siro-occidentale, organizzati dalla Chiesa siro-cattolica, da quella maronita e da quella siro-malankarese. Infine, alle 21, sul sagrato della medesima Basilica, si terrà l’Acatisto, ossia l’inno di lode alla Madre di Dio tipico della tradizione liturgica della Chiesa ortodossa.

Mercoledì 14 maggio, ultimo giorno del pellegrinaggio giubilare delle Chiese orientali, si tornerà in San Pietro per una divina liturgia in rito bizantino che si terrà alle 14 e sarà guidata dalle seguenti Chiese: greco-cattolica melchita, greco-cattolica ucraina, greco-cattolica romena, insieme con le altre Chiese sui iuris di rito bizantino.

 

«Caravaggio ci porta a Roma nel Giubileo»

In una mostra a Palazzo Barberini il legame del pittore con l’Urbe: «Molte opere non potevano uscire dalle chiese. C’è un itinerario per scoprirle»
Francesca Cappelletti

Francesca Cappelletti – Ansa

Francesca Cappelletti, di sicuro, non ha bisogno di presentazioni. Professore ordinario di Storia dell’arte moderna all’Università di Ferrara e direttrice della Galleria Borghese, è fra gli studiosi più raffinati che il panorama italiano possa offrire anche sul piano internazionale. Tuttavia, se c’è un argomento che ha indagato fin dagli studi iniziali, questo va individuato nella figura di Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Al di là delle prime ricerche sui documenti (pubblicati, nel 1993, in “The Burlington Magazine”)di quello che si sarebbe rivelato il capolavoro del maestro dedicato alla Cattura di Cristo oggi conservato a Dublino, non si possono non ricordare un libro come Caravaggio. Un ritratto Somigliante, edito da Electa nel 2009 e superbamente illustrato, oppure un contributo più recente che pone l’accento sul perduto ritratto del Merisi per il cavalier Marino (che la direttrice ha valorizzato con la mostra alla Galleria Borghese intitolata Poesia e pittura nel Seicento.Giovan Battista Marino e la meravigliosa passione, chiusa il 9 febbraio) pubblicato nel libro miscellaneo curato da Alessandro Zuccari su Il giovane Caravaggio “Sine ira et studio”, edito nel 2016 da De Luca Editori d’Arte.

Caravaggio, “Giuditta e Oloferne”, 1603 circa

Caravaggio, “Giuditta e Oloferne”, 1603 circa – Bibliotheca Hertziana – Foto di Enrico Fontolan

A questo punto si comprende bene perché Francesca Cappelletti sia, insieme a Maria Cristina Terzaghi (cui si deve l’attribuzione, nel 2021, dell’Ecce Homo dipinto dal maestro verso il 1609 e finito negli inventari di Filippo IV di Spagna del 1666), la curatrice della mostra Caravaggio 2025 – voluta da Thomas Clement Salomon, direttore delle Gallerie nazionali Barberini Corsini – che apre oggi a Palazzo Barberini per chiudere il 6 luglio. Un evento epocale, sostenuto dal ministero della Cultura e da Intesa Sanpaolo, concepito poco più di un anno fa, con prestiti straordinari che avranno una valenza importante pure per gli studiosi che, in questo modo, senza essere costretti a prendere l’aereo, potranno confrontare i capolavori del maestro e affinare oppure verificare cronologia e attribuzioni.

Professoressa Cappelletti, gli studi su Caravaggio non si sono mai interrotti. Al di là delle ultime acquisizioni che saranno esposte, la mostra tiene conto anche delle ultime novità della ricerca?

«Certamente. Si stanno assestando gli studi meritori del 2010 e del 2011, quando ricorreva il quadricentenario della scomparsa del Maestro, ma che hanno avuto bisogno di qualche anno per essere assorbiti. Già in quegli anni si conosceva parzialmente il documento del 1597, pubblicato da Sandro Corradini e Maurizio Marini, che nella sua interezza riporta l’affermazione del garzone del barbiere di aver incontrato e di conoscere il Merisi, del quale dà una descrizione, fin dalla quaresima del 1596. Questa data divenne una sorta di momento post quem per cui non poteva essere giunto a Roma prima. Il che è un po’ difficile. In realtà gli studi tenevano conto dell’assenza di Caravaggio in Lombardia dove è documentato fino al 1592, per cui si pensava che fosse a Roma già in quell’anno o nel successivo. Non abbiamo grandi appigli documentari fra il 1592 e il 1596, ma si può pensare a un momento fra il 1594 e il 1595 per il suo arrivo. Quel che resta è il vuoto della sua attività lombarda perché poco o nulla sappiamo dell’artista prima della comparsa del Bacchino malato (in mostra, ndr) che è fra le prime opere di Caravaggio, insieme al Ragazzo con il canestro di frutta oppure il Monda frutto. Certo è che tutte queste opere sono accomunate dalle ridotte dimensioni, dalla presenza di un unico personaggio, dalla scelta della mezza figura e dalla difficoltà di collocare il quadro fra i vari generi (una novità per l’epoca), giacché sono, un po’ nature morte, un po’ ritratti e un po’ opere di genere. Il che depone per opere dell’inizio della sua carriera».

Caravaggio è uno degli artisti più discussi della storia dell’arte. Cosa rimane dei vecchi cliché? Ne sono nati di nuovi?

«Credo che l’immagine di questo pittore sia tuttora ancorata a una dimensione romanzesca che, però, non va del tutto gettata perché è anche quella che ci ha permesso di riscoprirlo. Poi, se andiamo a rileggere la biografia di Caravaggio non come se fosse l’unico pittore esistente a Roma ma si leggono anche quelle degli altri artisti, troviamo pure per loro vari documenti del tribunale, ragione per cui non era l’unico a condurre una vita fra la strada e il palazzo. Così Caravaggio ci porta nella Roma notturna, quella delle taverne, dei pittori e delle rivalità, e in quella delle grandi committenze. Per questo Caravaggio, ancora di più, va inserito in una storia dell’arte che ha anche aspetti rilevanti per la storia sociale dell’arte. In questo momento, infatti, nasce anche il mercato. I biografi già avevano scritto che lui faceva i quadri per vendere. Così se il cliché del pittore maledetto si può dire ormai superato, non dobbiamo tirarlo fuori dal contesto del suo tempo che, anzi, ci aiuta ad interpretare meglio la sua figura, come motore delle novità rivoluzionarie nella pittura fra la fine del Cinque e il Seicento».

Perché il titolo Caravaggio 2025?

«Per noi è un anno importante, ma vorrei dire anche per il mondo, perché il Giubileo è certamente un evento mondiale. Il momento di esordio dell’artista si riferisce a un altro contesto giubilare, quello dal 1599 al 1600 che rende la scelta del titolo più che giustificata. La zona di riferimento è la chiesa di San Luigi dei Francesi, vicino al palazzo del cardinal Del Monte e a quello del marchese Vincenzo Giustiniani, entrambi sostenitori del pittore e suoi primi committenti, soprattutto dopo l’impresa della Cappella Contarelli, in San Luigi, dove Caravaggio dipinse le celebri tele dedicate a san Matteo che mutarono il corso della storia della pittura. L’occasione del Giubileo va vista, poi, anche come occasione d’incontri. Infatti, probabilmente, è in quel contesto che incontrò il cavalier Marino che dedicò i propri versi a Caravaggio e al ritratto perduto che sicuramente il pittore realizzò».

Che relazione ci può essere fra il Giubileo e la vita di Caravaggio?

«Caravaggio ci porta proprio all’interno della Roma giubilare, quando si concludono i lavori di edifici importanti, ma si costruiscono pure nuovi spazi sacri. Si pensi anche ai cambiamenti all’interno della basilica di San Pietro che fece sì che poi arrivasse nella collezione Borghese la Madonna dei palafrenieri, commissionata per la nuova cappella della confraternita dei palafrenieri pontifici».

Per questa mostra lei, con una felice immagine, ha parlato di «dosi massicce di Caravaggio». Il che ci fa intuire un’impostazione prevalentemente cronologica e biografica del percorso espositivo. Tuttavia, in visita troviamo sezioni tematiche. Non è una deroga all’impostazione generale?

«All’interno di un percorso espositivo saldamente cronologico, si possono individuare dei fili conduttori; uno è quello del ritratto. Nelle fonti si citano molti ritratti di Caravaggio, quello dell’oste che lo ospitava, i ritratti fatti agli amici oppure delle persone che lo avevano accolto. Abbiamo, per esempio, voluto dar luce a questo tema perché la ritrattistica in Caravaggio è stata spesso dimenticata. Il fatto che ci sia stato il Ritratto di Maffeo Barberini nella collezione del Palazzo, ha permesso di approfondire questo tema e, infine, con il confronto fra opere che hanno la stessa modella».

Lei è stata una dei protagonisti del romanzo di Jonathan Harr, Il Caravaggio perduto. La Cattura di Cristo di Dublino è presenta in mostra…

«C’è la Cattura di Cristo, ma ci sono anche I bari che sono importanti perché per molto tempo sono stati nella collezione Barberini, dove adesso ritornano. Così questi quadri ci parlano anche di un altro aspetto della mostra, quello dei committenti. La seconda ci parla della vendita del cardinal Del Monte, mentre la prima testimonia la committenza di Ciriaco Mattei. Perciò, all’interno della mostra c’è anche questo percorso relativo ai collezionisti».

Non avete chiesto prestiti alle chiese. C’è un dispositivo o uno strumento esplicativo, in mostra, che individui dove sono le opere di Caravaggio nelle chiese di Roma?

«Nell’anno giubilare non si potevano togliere le opere dalle chiese. Così, questo è un contributo della Galleria Borghese. Infatti, per accompagnare il visitatore abbiamo pensato a una guida messa a punto grazie alla partecipazione del nostro ministero e del vicariato, con tutte le schede delle opere che il visitatore potrà trovare nelle varie chiese della città».

Il restauro del “Martirio di sant’Orsola”

Il restauro del “Martirio di sant’Orsola” – Intesa Sanpaolo

Nuova luce al “Martirio di sant’Orsola”

Il Martirio di sant’Orsola di Caravaggio, capolavoro delle collezioni di Intesa Sanpaolo, è stato oggetto di un importante lavoro di pulitura in occasione della mostra Caravaggio 2025 che ha portato alla luce tre nuove figure scomparse nel tempo. Tre teste sono infatti emerse in quello che è considerato l’ultimo dipinto di Merisi, realizzato nel 1610. La revisione conservativa ha riportato colori e forme all’originaria nitidezza e brillantezza. I lavori sono stati realizzati dalle restauratrici Laura Cibrario e Fabiola Jatta presso il laboratorio di restauro delle Gallerie d’Italia di Napoli, il museo di Intesa Sanpaolo, dove il dipinto è solitamente esposto. « Il restauro conservativo, la cura attenta, la nuova cornice e una migliore protezione permettono al pubblico di conoscere sempre meglio il valore delle collezioni di Intesa Sanpaolo” ha commentato Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo e Direttore Generale delle Gallerie d’Italia.

Avvenire

Che tristezza la corsa allo scoop sulla salute di Papa Francesco


Il ricovero del Pontefice al Gemelli ha scatenato speculazioni e titoli allarmistici, tra frasi decontestualizzate e ipotesi infondate sulle sue dimissioni. In un momento delicato per la Chiesa e per il mondo, serve responsabilità nell’informazione. Famiglia Cristiana sceglie il rigore contro il sensazionalismo

Il sensazionalismo, si sa, è ormai un male che non risparmia neppure le testate più autorevoli. Ma il ricovero del Papa al Gemelli ha messo in luce tutte le peggiori conseguenze di questo vizio. Le parole pronunciate, durante l’adorazione eucaristica, dal cappellano dell’ospedale citando la lettera di San Paolo ai Romani (4,18) “sperare contro ogni speranza”, del tutto decontestualizzate, sono state “sparate” da uno storico quotidiano in un titolo che faceva intendere che per il Santo Padre non ci fosse più nulla da fare. Su altri, domande ad arte rivolte a cardinali sono state il pretesto per diffondere, a suon di strilli e titoli, la percezione che fossero imminenti le dimissioni di Francesco.
Persino nel fatto che abbia convocato un concistoro durante la degenza si è voluto vedere un indizio di quest’ultima ipotesi, mentre il lavoro che ha continuato a svolgere dalla sua “cattedra speciale” dell’Ospedale Gemelli sembra decisamente una replica silenziosa a tutto questo gran vespaio. L’attitudine allo scoop, a conquistare più copie o più follower, però, vista la delicatezza della situazione, ha provocato incertezza, confusione, persino tristezza. Senza neppure rispettare non solo il particolare ruolo che il Papa riveste per il popolo dei credenti, ma anche l’influenza positiva che la sua presenza ha esercitato e può esercitare nelle gravi crisi internazionali che stiamo vivendo. Pensiamo alle trattative in corso sull’Ucraina o alla situazione in Medio Oriente. Senza contare la crisi economica che tocca tante famiglie e l’inasprirsi delle misure contro i migranti. Famiglia Cristiana, comunque, continuerà a ignorare questa sorta di isteria giornalistica e a informare i lettori con il rigore e l’attenzione di sempre, verificando ogni notizia.

La direzione di Famiglia Cristiana

Papa Francesco in condizioni critiche ma non ha avuto crisi respiratorie. Ha partecipato alla messa. Lieve insufficienza renale

Policlinico Gemelli

Dagli esami medici è emersa una lieve insufficienza renale allo stato sotto controllo. Nel bollettino si precisa che sono state somministrate “due unità di emazie concentrate con beneficio e con risalita del valore di emoglobina”

AGI – Dopo il buio di ieri una parvenza di luce sembra emergere dal bollettino medico diramato dal Vaticano sulla salute di Papa Francesco, ricoverato al Gemelli dal 14 febbraio. Le sue condizioni “permangono critiche” e la complessità del quadro clinico impone “che la prognosi resti riservata”. La novità che preoccupa è l’emergere di una insufficienza renale ma, si spiega, è “lieve”, in fase “iniziale” e “sotto controllo”. Da ieri sera inoltre non si sono verificate “ulteriori crisi respiratorie”, anche se si “prosegue l’ossigenoterapia ad alti flussi attraverso le cannule nasali”.

Le trasfusioni di ieri – oggi non sono state necessarie – hanno migliorato il livello di anemia, nonostante l’abbassamento delle piastrine sia rimasta stabile. “Ha effettuato le due unita’ di emazie concentrate con beneficio e con risalita del valore di emoglobina”, si legge nel bollettino medico. “Stabile è rimasta la piastrinopenia”. Tuttavia “alcuni esami sanguigni dimostrano una iniziale, lieve, insufficienza renale, allo stato sotto controllo”, si precisa. Ovviamente occorre aspettare “affinché le terapie farmacologiche possano dare qualche riscontro”.

La situazione resta sempre critica ma, rispetto a ieri, il clima pare più disteso. Papa Francesco “continua a essere vigile e ben orientato”. “Nel corso della mattina, presso l’appartamento allestito al 10* piano, ha partecipato alla Santa Messa, insieme a quanti in questi giorni di degenza si prendono cura di lui”. Stamani la sala stampa vaticana aveva riferito che la notte era trascorsa tranquilla e che il Pontefice aveva riposato.

“Proseguo fiducioso il ricovero al Policlinico Gemelli, portando avanti le cure necessarie”, ha detto il Papa, tramite il testo dell’Angelus, che è stato solo diffuso. “Anche il riposo fa parte della terapia!”. Bergoglio ha ringraziato “di cuore” i medici e gli operatori sanitari del Gemelli “per l’attenzione” e “la dedizione con cui svolgono il loro servizio tra le persone malate” e si è detto “particolarmente colpito” dalle lettere e dai disegni che i bambini gli hanno fatto ricevere, come i tantissimi messaggi di vicinanza e di affetto da tutto il mondo. Ringraziamento espresso anche tramite social, su X, dove i post del Papa mancavano dal 16 febbraio.

Nel testo dell’Angelus, il Papa non ha mancato il suo appello per la pace. Ricordando che domani è il terzo anniversario della guerra in Ucraina “ricorrenza dolorosa e vergognosa per l’intera umanità”, ha invitato “a ricordare le vittime di tutti i conflitti armati e a pregare per il dono della pace in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu e in Sudan”.

Nell’omelia, preparata sempre da lui, per la messa in occasione del Giubileo dei Diaconi, ha rimarcato come solo il perdono possa aiutare un mondo dilaniato da odio e guerre. “Un mondo dove per gli avversari c’è solo odio è un mondo senza speranza, senza futuro – è il testo dell’omelia letta da monsignor Rino Fisichella -, destinato a essere dilaniato da guerre, divisioni e vendette senza fine, come purtroppo vediamo anche oggi, a tanti livelli e in varie parti del mondo. Perdonare, allora, vuol dire preparare al futuro una casa accogliente, sicura, in noi e nelle nostre comunità”. Infine l’invito rivolto ai nuovi diaconi a essere “apostoli di perdono” a non aver “paura di rischiare l’amore”.

Intanto oggi si sono moltiplicate le preghiere per la salute di Bergoglio. In primis monsignor Fisichella che ha invitato a una “intensa” preghiera affinché il Signore assista Francesco “nel momento della prova e della malattia”. Si è raccolta in preghiera anche la “sua” diocesi. Il cardinale Baldo Reina ha celebrato messa nella Basilica di San Giovanni in Laterano “con una speciale intercessione per la salute di Papa Francesco” e il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi ha presieduto il Rosario per chiedere a Dio di sostenere il Papa “in questo momento di sofferenza, perché trovi sollievo e possa ristabilirsi al più presto”.

Papa in lieve miglioramento, resta senza febbre. E dal Gemelli nomina un vescovo

Due suore in preghiera al Gemelli - RIPRODUZIONE RISERVATA

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“Le condizioni cliniche del Santo Padre sono in lieve miglioramento.

È apiretico ed i parametri emodinamici continuano ad essere stabili. Questa mattina ha ricevuto l’Eucaristia e successivamente si è dedicato alle attività lavorative”.

E’ molto scarno, ma significativo, il bollettino medico della sera che ha aggiornato sulle condizioni di papa Francesco, affetto da polmonite bilaterale, al suo settimo giorno di ricovero al Policlinico Gemelli. In particolare, a parte il “lieve miglioramento”, ciò che è importante è la stabilità dei parametri emodinamici, perché significa che il cuore regge bene alla terapia cui il Pontefice viene sottoposto: in altre parole, il cuore non sta subendo nessuna variazione causata dalla terapia. Quindi regge bene sia alle cure sia, chiaramente, all’infezione polmonare che è tuttora in corso e che comunque sarebbe in uno stadio di focolai non estesi. Occorrerà però aspettare qualche giorno per vedere se c’è un miglioramento sostanziale su diversi parametri, anche perché la terapia può dare risultati ad alcuni giorni di distanza.

Il Papa, quindi, “prosegue le cure ed anche l’attività lavorativa”. Fonti vaticane spiegano che, in forma ovviamente compatibile con la malattia e con la degenza ospedaliera, oltre che con l’obbligo da parte dei medici di “non prendere neanche il minimo colpo d’aria”, “continua l’attività, cioè la lettura e la firma di documenti, i colloqui telefonici o con gli stretti collaboratori”. L’opinione generale è che la degenza non durerà pochi giorni, anche se al momento non vengono fatte previsioni in proposito, in attesa di ulteriori valutazioni cliniche sui risultati della terapia. Si fa strada, anche qui in attesa comunque di delucidazioni da parte dello staff medico, l’idea che la polmonite sia stata affrontata presto, visto che è stata rilevata dopo la seconda tac, effettuata a mo’ di controllo. La situazione, comunque, appare più rassicurante del momento in cui era stato comunicato l’insorgere della polmonite, in una persona di 88 anni, già operata al polmone destro all’età di 21 con l’asportazione di un lobo.

E anche il “lieve miglioramento”, compreso quello degli indici infiammatori riscontrato ieri, fa pensare a un’evoluzione favorevole. “La notte è trascorsa serena, il Papa si è alzato e ha fatto colazione in poltrona”, ha fatto sapere oggi di prima mattina la Sala stampa vaticana. E il fatto che l’umore del Pontefice sia “buono” è stato confermato ieri anche dalla visita della premier Giorgia Meloni, che ha detto di aver trovato Francesco “vigile e reattivo” e che “non ha perso il suo proverbiale senso dell’umorismo”. Intanto, il ministro della Salute Orazio Schillaci, facendo oggi “i migliori auguri al Santo Padre” nella giornata nazionale del personale sanitario e sociosanitario, ha rilevato che “sicuramente è assistito in un ospedale di eccellenza e speriamo che risolva il prima possibile i suoi problemi respiratori”. Secondo il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, “siamo tutti preoccupati per il Papa, ma le cose che si dicono sono esattamente quelle che avvengono. Il fatto che il Papa abbia fatto colazione, abbia letto i giornali, abbia ricevuto delle persone vuol dire che siamo nella direzione giusta di un pieno recupero, che speriamo avvenga presto”, ha detto a Bologna in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico interdiocesano Flaminio.

“Le indicazioni fornite dai mezzi di comunicazione, anche attraverso i bollettini dell’ospedale Gemelli, sono le stesse che, sostanzialmente, abbiamo anche noi. C’è una certa riservatezza da parte del personale medico; tuttavia, tutto ciò che è stato comunicato è vero, ovvero che si osserva una sottile ripresa”, ha invece affermato il cardinale Gianfranco Ravasi, ex ‘ministro della Cultura’ del Vaticano. “Considerando un organismo abituato lungamente a combattere, si può dire che tutta la sua vita è stata quasi sempre in tensione”, ha proseguito. Quindi “è un organismo abbastanza forte”. Secondo Ravasi, “le notizie verranno fornite di momento in momento, in una situazione che, comunque, rimane complessa. Tuttavia, non si tratta di una situazione critica, come sospettato da alcuni mezzi di comunicazione”. Intanto il Papa, dalla sua camera al decimo piano del Gemelli, ha fatto oggi un’altra nomina, quella del vescovo di Saint-Dié (Francia), il reverendo François Gourdon, finora parroco della Cattedrale di Angers.

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L’iniziativa. Sit in dei giornalisti a Roma per Cecilia Sala

«Rispettiamo il silenzio stampa. Ma chiediamo la sua scarcerazione»
Sit in dei giornalisti a Roma per Cecilia Sala

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Avvenire

«Siamo qui per chiedere l’immediata scarcerazione di Cecilia Sala. Lo facciamo come comunità di giornalisti romani, per una collega iscritta al nostro ordine». È Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, a spiegare le ragioni del sit-in organizzato martedì mattina in piazza Santi Apostoli, a Roma. Un presidio organizzato assieme all’associazione stampa romana, al quale hanno partecipato un centinaio di giornalisti, oltre al senatore dem Filippo Sensi e al consigliere Rai Roberto Natale . «La famiglia ha chiesto ai media il silenzio stampa, ha chiesto di rispettare la trattativa in corso e di non interferire con ricostruzioni e scenari che potrebbero turbare la difficilissima azione diplomatica in atto – ha sottolineato D’Ubaldo – naturalmente ciascun giornale e ciascuna redazione esprimono liberamente il proprio punto di vista, ma sarebbe sbagliato ignorare un appello che arriva direttamente dalla famiglia di Cecilia. Noi ne abbiamo tenuto conto. Sarebbe invece sbagliato confondere il silenzio stampa con il legittimo desiderio di milioni di cittadine e di cittadini di far sentire solidarieta’ e vicinanza e di trovare il modo di reclamare Free Cecilia Sala».

«Questo presidio si ispira alle parole del Presidente Mattarella nel discorso di fine anno – ha proseguito D’Ubaldo – laddove ha reclamato la liberazione di Cecilia Sala e ha difeso la liberta’ di informazione. Tutta la nostra solidarieta’ per una collega che sta trascorrendo ore drammatiche in una delle peggiori carceri iraniane». Per il Segretario di Stampa romana, Stefano Ferrante il sit-in di oggi «non ha che vedere con il silenzio stampa, che è stato giustamente chiesto dalla famiglia e che rispetta la condizione particolare in cui si trova Cecilia Sala e il lavoro di chi si sta adoperando per farla liberare. Noi qui semplicemente vogliamo manifestare la vicinanza di una comunità di giornalisti a questa collega che è detenuta ingiustamente in condizioni inaccettabili – ha proseguito Ferrante – e dimostrare che i colleghi sono con Cecilia in questo frangente come sono accanto a tutte le persone che vengono minacciate o detenute solo perché fanno il loro lavoro di giornalisti in luoghi in cui e’ pericoloso farlo». «Il sit-in di oggi è per chiedere la liberazione di Cecilia Sala – ha detto la Segretaria della Federazione nazionale della Stampa italiana, Alessandra Costante – noi non facciamo ipotesi, non facciamo ricostruzioni, non vogliamo sapere nulla, sappiamo solo che Cecilia Sala è trattenuta in maniera del tutto surreale dall’Iran e chiediamo che venga immediatamente rimessa in libertà. Fare giornalismo non è un crimine, non può essere considerato un crimine. Cecilia Sala non ha commesso nessun reato e deve essere rimessa in libertà subito». «Credo che quella di oggi sia una manifestazione importante, giusta e necessaria – ha detto Sensi – perchè è una manifestazione per la liberta’ di informazione, che è vitale per la democrazia».