La genialità di papa Francesco: la sua fedeltà al Vangelo

La genialità, secondo il dizionario della RAE (Real Academia Española, ndt), è “l’unicità propria del carattere di una persona”. Detto ciò, la genialità di papa Francesco si distingue soprattutto per la sua fedeltà al Vangelo. E per questo è stato – e continua ad essere – un papa così sconcertante. Così lodato da alcuni e così mal visto da altri. È così, anche se suona come una bugia. Oppure può sembrare una spiegazione senza né capo né coda. Il che è ovviamente un problema che molte persone non immaginano. Come mai?

Mi sembra che il problema non consista nel fatto che i conservatori considerino questo problema in un modo, mentre i progressisti pensino il contrario. Questo può certamente influire. Ma mi sembra che il problema di fondo, posto a tutti noi da padre Jorge Mario Bergoglio, sia molto più profondo. In che cosa consiste questo problema?

Lo dirò, per come la vedo io, nel modo più semplice e breve possibile. La Chiesa, a partire dai secoli III-IV, ha fatto una svolta – tanto comprensibile quanto sconsiderata – che ha portato (questa nostra Chiesa tanto amata) a fondere e confondere la Religione con il Vangelo. Anzi, ciò è stato fatto (e continua ad essere fatto) in modo tale che il Vangelo è diventato più o meno un atto o una componente della Religione. Di più, è successo (e continua ad accadere) che nella Chiesa la Religione è più presente del Vangelo. Ecco perché (per fare un esempio) le persone che vanno a messa pensano e dicono che stanno andando ad un “atto religioso”. Cioè, un atto della Religione che dedica alcuni minuti alla lettura (o all’ascolto) del Vangelo ed alla successiva spiegazione, se il prete fa l’omelia.

E cosa ha di problematico tutto questo? Beh, qualcosa di così ovvio e sconvolgente. Tutto consiste nel fatto che, se leggiamo attentamente i quattro vangeli canonici (Mc, Mt, Lc, Gv), emerge con chiarezza che la Religione ed i suoi capi si sono scontrati con Gesù e il suo Vangelo. Quindi, se c’è qualcosa di indiscutibile, è il fatto che la Religione ha ucciso Gesù.

In realtà, il Vangelo è costituito da una raccolta di racconti, tra i quali spicca lo scontro di Gesù e del suo Vangelo con la Religione ed i suoi capi. Uno scontro sempre in crescendo. Fino al momento in cui i capi della Religione (sacerdoti, dottori della legge…), quando si sono resi conto che il Vangelo di Gesù attirava le persone più della Religione dei sacerdoti, hanno chiaramente compreso che Religione e Vangelo sono incompatibili. Il racconto più chiaro è il capitolo 11 del vangelo di Giovanni: quando Gesù ha riportato in vita Lazzaro, questo fatto ha prodotto una tale e tanta impressione che il Sinedrio si è riunito urgentemente e i capi della Religione hanno capito che dovevano uccidere Gesù (Gv 11,53).

Perché si è verificato (e continua a verificarsi) questo scontro tra la Religione ed il Vangelo? Perché la Religione mette al centro il soggetto, ciò di cui lo stesso soggetto religioso ha bisogno o che desidera (il benessere, la sicurezza, il potere, la propria salvezza…). Al contrario, il Vangelo mette al centro gli altri, ciò di cui gli altri hanno bisogno (salute, cibo, dignità, rispetto, affetto…). Sono due dinamismi opposti: ciò che è primordiale è “sé stesso” (Religione); ciò che è primordiale è “l’altro” o gli altri, e tanto più quanto più bisognosi sono gli altri (Vangelo).

Ebbene, il grande errore commesso dalla Chiesa è stato quello di fondere e confondere due realtà contrapposte. Ma ha unito queste due realtà dando più importanza e più presenza alla Religione che al Vangelo. Per questo – di fatto – nella Chiesa si vede e si avverte in modo più palpabile la presenza della Religione che la presenza del Vangelo. Per fare un esempio: perché la Chiesa ha un dicastero per la dottrina della fede (Sant’Uffizio) e non un altro dicastero per la sequela di Gesù?

Capisco che tutto questo necessiti di una spiegazione più ampia, molto più ampia. Ma, con quanto ho appena delineato, si può cominciare a capire cosa sia e in cosa consista “la genialità di papa Francesco”. Non so se padre Bergoglio “ci abbia pensato”. Ma nella vita ciò che conta non è “ciò che si pensa”, ma “ciò che si fa”. E mi sembra (e credo si avverta in maniera palpabile) che per papa Francesco quello che è decisivo non è la Religione, ma il Vangelo. Ecco perché papa Francesco non entusiasma i teologi “di mestiere”. Ma entusiasma chi ha bisogno di “rispetto e affetto”.
di José Matia Castillo – Adista

Papa Francesco: «Gesù e Buddha: costruttori di pace e promotori della nonviolenza»

«Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano […]. Egli predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici […], tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia». Riportiamo il discorso completo che il Pontefice ha tenuto Sabato 28 Maggio alla delegazione di autorità del Buddhismo in Mongolia

Illustri Signori!

Con grande cordialità e stima do il benvenuto a voi, Leader Buddisti dalla Mongolia, e a S.E. Mons. Giorgio Marengo, Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, che vi accompagna. Esprimo la mia gratitudine per la vostra prima visita in Vaticano quali rappresentanti ufficiali del Buddismo mongolo. Essa si propone di approfondire le vostre relazioni amichevoli con la Chiesa Cattolica, per promuovere la comprensione e la collaborazione reciproca al fine di costruire una società pacifica. L’occasione è particolarmente significativa, poiché quest’anno ricorre il 30° anniversario della Prefettura Apostolica nel vostro bel Paese, come pure delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Mongolia.

La pace è oggi l’ardente anelito dell’umanità. Pertanto, attraverso il dialogo a tutti i livelli, è urgente promuovere una cultura della pace e della nonviolenza e lavorare per questo. Questo dialogo deve invitare tutti a rifiutare la violenza in ogni sua forma, compresa la violenza contro l’ambiente. Purtroppo, c’è chi continua ad abusare della religione usandola per giustificare atti di violenza e di odio.

Gesù e Buddha sono stati costruttori di pace e promotori della nonviolenza. «Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano […]. Egli predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr Mt 5,44) […], tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia (cfr Ef 2,14-16)». Perciò, «essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1 gennaio 2017, 3).

Il messaggio centrale del Buddha era la nonviolenza e la pace. Insegnò che «la vittoria si lascia dietro una scia di odio, perché il vinto soffre. Abbandona ogni pensiero di vittoria e sconfitta e vivi nella pace e nella gioia» (Dhammapada, XV, 5 [201]). Sottolineò inoltre che la conquista di sé è più grande di quella degli altri: «Meglio vincere te stesso che vincere mille battaglie contro mille uomini» (ibid., VIII, 4 [103]).

In un mondo devastato da conflitti e guerre, come leader religiosi, profondamente radicati nelle nostre rispettive dottrine religiose, abbiamo il dovere di suscitare nell’umanità la volontà di rinunciare alla violenza e di costruire una cultura di pace.

Sebbene la presenza di comunità più formali di fedeli cattolici nel vostro Paese sia abbastanza recente e il loro numero esiguo ma significativo, la Chiesa si impegna pienamente a promuovere una cultura dell’incontro, seguendo il suo Maestro e Fondatore il quale ha detto: “Amatevi come io vi ho amato” (cfr Gv 15,12). Rafforziamo la nostra amicizia per il bene di tutti. La Mongolia ha una lunga tradizione di pacifica convivenza di diverse religioni. Il mio auspicio è che questa antica storia di armonia nella diversità possa continuare oggi, attraverso l’effettiva attuazione della libertà religiosa e la promozione di iniziative congiunte per il bene comune. La vostra presenza qui oggi è in sé stessa un segno di speranza. Con questi sentimenti, vi invito a continuare il vostro dialogo fraterno e le buone relazioni con la Chiesa Cattolica nel vostro Paese, per la causa della pace e dell’armonia.

Grazie ancora per la vostra gradita visita; e spero che il vostro soggiorno a Roma sia ricco di gioia e di interessanti esperienze. Sono anche certo che il vostro incontro con i membri del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso vi darà l’opportunità di esplorare le vie per promuovere ulteriormente il dialogo buddista-cristiano in Mongolia e nella regione.

Auguro a voi e a coloro che rappresentate, nei diversi monasteri buddisti in Mongolia, abbondanza di pace e di prosperità.

«Rendere ragione della speranza che è in noi». Messaggio di Mons. Morandi, nuovo Vescovo, alla Diocesi

Una riflessione del Vescovo Morandi sulla Bellezza della Fede

(da Radio Vaticana)

Il Testo del Messaggio alla Diocesi del 9 Gennaio 2022

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, in queste prime parole che rivolgo a Voi come Vescovo eletto della Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla, desidero dirvi la mia gioia unita ad una certa trepidazione per questa missione che il Signore, per mandato della Chiesa e del Santo Padre Francesco, mi ha affidato.

La gioia nasce dalla consapevolezza che ogni ministero e servizio nella Chiesa è per il bene dei fratelli e delle sorelle a cui si è inviati e sono grato al Signore di poter spendere la mia vita e i doni che il Signore mi ha dato per voi e insieme a voi!
La gioia è il primo sentimento profondo che più si è impresso nel mio cuore nell’istante in cui mi è stata comunicata la nomina, anche perché la Diocesi di Reggio Emilia Guastalla non mi è proprio così estranea, anzi!

Gli anni di studio in preparazione al presbiterato, seguiti da quelli di insegnamento presso lo Studio Teologico Interdiocesano, mi hanno dato la possibilità di conoscere tanti futuri presbiteri, a cui assicuro sin d’ora che non farò supplementi di esami, inoltre anche numerosi laici e religiosi, in occasione di corsi biblici e di catechesi nelle comunità parrocchiali e religiose in cui sono stato invitato.

Una frequentazione passata che in questo momento ha fatto riemergere tanti ricordi e volti di presbiteri, religiosi e laici di Reggio Emilia a cui sono grato per la loro testimonianza di fede e il dono della loro amicizia sincera.

Desidero dire la mia gratitudine al Vescovo Massimo, mio predecessore che in questi anni ha guidato con sapienza e generosità la Chiesa di Reggio Emilia- Guastalla; inoltre un saluto cordiale e riconoscente al Vescovo emerito Adriano Caprioli, che anni fa ebbe il coraggio di chiamarmi a predicare gli esercizi spirituali al Clero di Reggio.

Non posso dimenticare il Vescovo Luciano Monari, mio paziente insegnante di Sacra Scrittura e anche consacrante alla mia ordinazione episcopale.
Come vedete sono tanti i legami che mi uniscono alla vostra Chiesa, anzi alla nostra Chiesa!

Se la gioia è il primo sentimento, la trepidazione è certamente il secondo, consapevole come sono dei miei limiti, ma altrettanto certo che la vostra preghiera e pazienza saranno e sono un dono prezioso per aiutarmi ad essere un pastore secondo il cuore dell’unico Buon Pastore: Gesù Cristo!

Vorrei affidarmi alle parole dell’apostolo Pietro per orientare il nostro cammino di fede e il mio servizio episcopale. L’apostolo esorta la comunità cristiana “a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt, 3,15).

Ritengo che questo sia una delle urgenze pastorali che la Chiesa, oggi, deve sapere assumere in tutta la sua portata e forza!
La speranza cristiana, che non è da confondere con il semplice ottimismo, affonda le sue radici in quella fede che anima e sostiene il nostro pellegrinaggio verso la piazza d’oro della Gerusalemme celeste, fede in quel Signore risorto che ha promesso di rimanere con noi sino alla fine del mondo! (Mt 28,20).

La certezza della Sua presenza imprime nel cuore – in modo definitivo – quel sentimento profondo di serenità e fiducia di chi sa che non è mai solo, qualunque sia la condizione in cui si trova! Egli è l’Emmanuele! Il Dio con Noi! Evangelizzare la gioia e la speranza: questo mi pare essere il dono più grande che possiamo offrire agli uomini e alle donne che incrociano il nostro cammino, qualunque sia la loro situazione e la loro condizione di vita!

Le modalità di questo annuncio sono chiaramente espresse dall’apostolo Pietro che aggiunge: “Tutto questo sia fatto con dolcezza e rispetto e con una retta coscienza” (1Pt,3,16).
Vorrei e desidero che il mio ministero episcopale sia al servizio di questo annuncio intriso di gioia e di speranza e, come scrive l’apostolo Paolo, essere collaboratore della vostra gioia (2 Cor 1,24).

Grazie a Dio e all’opera di tanti fratelli e sorelle di questa Chiesa, sono tanti i segni di speranza che già illuminano il suo cammino: presbiteri, seminaristi, diaconi, religiosi/e, missionari/e e laici hanno donato e donano quotidianamente la loro vita perché possa risplendere la bellezza e il fascino di essere discepoli di Cristo. A loro la mia profonda gratitudine e riconoscenza!

Sono numerose le iniziative formative, spirituali e caritative, presenti nella nostra Chiesa di Reggio Guastalla! Continuiamo a camminare in questa scia luminosa di fratelli e sorelle!

Un particolare saluto ai presbiteri, primi collaboratori del ministero episcopale: grazie per quanto già fate e per la vostra generosità e disponibilità, insieme alla numerosa presenza dei diaconi permanenti! La testimonianza della fraternità presbiterale e diaconale è sempre la premessa indispensabile per l’efficacia del nostro servizio pastorale!
Un saluto veramente cordiale alle diverse confessioni cristiane presenti nella Diocesi; la speranza è che si possa intensificare il cammino verso quell’unità che rimane uno dei doni più preziosi del Signore risorto!
Vorrei inoltre salutare le autorità civili, politiche, militari e sanitarie a cui assicuro la mia piena collaborazione perché insieme possiamo assicurare una crescita umana e spirituale dell’intera società, soprattutto in questi tempi così gravati dalla Pandemia!

Infine permettete un pensiero ai tanti fratelli e sorelle sofferenti, la cui speranza è messa a dura prova, a chi vive in condizione di precarietà e povertà e vede il suo presente e il suo futuro seriamente compromessi. A voi cari fratelli e sorelle vorrei dire la prossimità e la premura della nostra Chiesa che ricorda bene che, ogni volta che vi accoglie e sostiene, accoglie e serve Cristo stesso!
“Si vorrebbe essere un balsamo per tante ferite”, così scriveva Etty Hillesum nel suo Diario, dopo aver visto da vicino e sperimentato le immani sofferenze del suo popolo. Essere un balsamo/sollievo significa anzitutto sentirsi amati e accolti incondizionatamente!

Carissimi fratelli e sorelle, in attesa di vederci, preghiamo gli uni per gli altri, affidiamoci alla Madre di Dio, a cui è intitolata la nostra Cattedrale e che è venerata nella Basilica della Ghiara e nel Santuario della Beata Vergine della Porta a Guastalla; invochiamo la protezione dei Santi Patroni San Prospero, San Francesco d’Assisi, dei Santi martiri Crisanto e Daria e anche del Beato Rolando Rivi!

Tutti benedico nel Signore Gesù.

+ Giacomo Morandi
Arcivescovo – Vescovo eletto
di Reggio Emilia-Guastalla

Roma 9 gennaio 2022
Festa del Battesimo di Gesù

Gli animali un dono di Dio, nostri “compagni” nel Creato

Il richiamo all’ecologia integrale è la condizione prioritaria per essere buoni amministratori del creato e allontanarsi da una cultura che trasforma gli esseri viventi in oggetti di consumo. Compresi gli animali, messi al centro del messaggio della Commissione episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace per la 71ª Giornata del Ringraziamento: “Lodate il Signore dalla terra (…) voi, bestie e animali domestici (Sal 148,10). Gli animali, compagni della creazione”.

Ricca di significati la scelta di celebrare in Sardegna la manifestazione che contadini, pastori e allevatori considerano il capodanno delle campagne. L’isola, infatti, l’estate scorsa ha pagato un prezzo ambientale altissimo: 20mila ettari devastati dalle fiamme, centinaia di animali morti, 100 mila alberi d’ulivo inceneriti, con 60 milioni di api uccise, insetti che il documento dei vescovi considera «una benedizione per l’ecosistema e per le attività dell’uomo ». «La prossimità agli animali, che nella tradizione della civiltà agricola ha portato a sentirli e trattarli quasi come partecipi della vita familiare, nella modernità – scrivono i vescovi – è stata abbandonata, riducendo queste creature a oggetti di mero consumo». Un’ecologia anche integrata, che don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro, ha descritto in apertura del seminario organizzato dall’arcidiocesi di Sassari unitamente a Acliterra, Coldiretti, Fai Cisl, Feder.Agri, Terraviva. La necessità di riconvertire il nostro stile di vita è il filo rosso che unisce la due giorni del Ringraziamento, che si conclude oggi con la Messa (trasmessa in diretta su Rai uno) celebrata dall’arcivescovo Gian Franco Saba, a Portotorres, nella basilica dei Santi Martiri Gavino, Proto e Gianuario, seguita dalle parole di papa Francesco, all’Angelus. Al termine la benedizione dei mezzi agricoli e degli animali.

Di “Benessere animale e benessere dell’uomo nell’attività zootecnica” si è parlato nella tavola rotonda, coordinata da Daniela Scano, caporedattrice del quotidiano La Nuova Sardegna.

«Questa Giornata rappresenta, per la diocesi di Sassari – ha detto don Andrea Piras, responsabile della pastorale del lavoro – l’occasione per consolidare l’alleanza che, tra le componenti ecclesiali, le parti civili, gli organismi sociali, le agenzie culturali della città e del territorio, insieme alle categorie di lavoratori e di tanti giovani studenti, intende favorire una scelta di consapevolezza e di responsabilità perché ciascuno, sentendosi interpellato personalmente, si adoperi come autentico protagonista del cambiamento d’epoca in atto».

«La giornata del Ringraziamento – ha commentato il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota – ci consente di rilanciare il percorso verso l’ecologia integrale che ci siamo impegnati a coltivare anche con l’adesione al Manifesto di Assisi e con la nostra campagna Fai Bella l’Italia. Tra gli obiettivi di quell’idea c’è il superamento di un approccio predatorio che per anni ha caratterizzato la crescita, anche nel nostro Paese, svalutando e depauperando il suolo, il paesaggio, gli alvei idrici, le persone, il loro rapporto con l’ambiente e il regno animale». «Per noi – ha aggiunto il presidente di Coldiretti Sardegna, Battista Cualbu – è un orgoglio ospitare in Sardegna, a distanza di pochi anni dalla tappa di Dolianova nel 2015, questa manifestazione nazionale, che dimostra ancora una volta la sensibilità della Cei per la nostra terra, in particolare in quest’anno segnato dai terribili incendi estivi».

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Un momento del Convegno a Sassari per la Giornata del Ringraziamento

In ascolto di Dio. Iniziativa del Lay Centre di Roma per valorizzare il silenzio durante la pandemia

«In questo tempo c’è tanto silenzio. Si può anche sentire il silenzio. Che questo silenzio, che è un po’ nuovo nelle nostre abitudini, ci insegni ad ascoltare, ci faccia crescere nella capacità di ascolto». Il 24 aprile scorso, nei giorni più duri della pandemia in Italia, quelli del lockdown, Papa Francesco apriva la messa mattutina a Santa Marta con questa preghiera-riflessione dedicata al silenzio e all’ascolto. La città vuota e taciturna per la quarantena e, di contro, l’esplosione di parole sul web di quei primi giorni di paura, hanno ispirato anche un’iniziativa ecumenica del Lay Centre di Roma, l’istituto cattolico internazionale creato nel 1986 per offrire accoglienza e formazione agli studenti laici delle università pontificie dell’Urbe.

Dal 24 luglio e per cinque settimane, registrandosi al sito laycentre.org, sarà possibile ricevere ogni venerdì, via mail, un testo di meditazione in lingua inglese dedicato al silenzio, accompagnato da un’immagine e da un brano musicale. «Wellsprings of silence» (“Sorgenti di silenzio”), s’intitola la serie nata per favorire la riscoperta della ricchezza della preghiera e della meditazione silenziosa. «Durante la pandemia — spiega Heather Walker, coordinatrice della comunicazione e dei programmi di studio del Lay Centre — qui a Roma, quando uscivamo per andare al lavoro o a fare la spesa, scoprivamo le strade vuote e silenziose. Dietro le mura delle abitazioni c’erano invece una vita e una comunicazione frenetica. Ora che l’Italia è uscita dal lockdown abbiamo pensato ai nostri amici di tutto il mondo, ai nostri studenti che vivono in Paesi ancora in piena pandemia e offerto loro dei testi che aiutino, nel silenzio, a riflettere, ascoltare la voce di Dio e a trovare risposte. La preghiera silenziosa nel mondo cristiano è abbastanza diffusa fra i religiosi — nota ancora Walker — ma non lo è altrettanto fra i laici. Ecco perché abbiamo voluto proporre testi non solo di autori religiosi».

La prima meditazione pubblicata è di padre John Keating, religioso irlandese, docente a Dublino. Un esperto di silenzio che nel 1990 ha trascorso un anno di ritiro in solitudine sulle coste del lago Lough Derg nel suo Paese. Seguirà quella della teologa Karen Petersen Finch, ministro della chiesa presbiteriana, e, nelle settimane successive, quelle di laici e religiosi esponenti di altre confessioni cristiane, a sottolineare il carattere ecumenico delle meditazioni.

Chiuderà il ciclo la dottoressa Donna Orsuto, cofondatrice del Lay Centre e docente di spiritualità alla Pontificia università Gregoriana.

Nel suo testo padre Keating cita in apertura il capitolo 10 del Libro dei Proverbi: «Un fiume di parole non è mai senza colpa, chi frena le labbra è saggio». Ricorda poi quanto sia frequente oggi ascoltare parole che non costruiscono pace: un linguaggio divisivo, aspro che sembra distruggere ciò che abbiamo di più caro e prezioso. Il religioso invita a trovare l’antidoto in un equilibrio fra suono e silenzio, che possa generare gentilezza, tenerezza e compassione. Sottolinea il bisogno urgente che avvertono in molti di curare questo bilanciamento e di concentrarsi sulle piccole cose, non su quelle grandi. «Stare in disparte in silenzio — nota padre Keating — ci dà la possibilità di ritrovare noi stessi e crescere anche nelle relazioni con gli altri».

Come ricorda insomma il Salmo 23 è solo presso le «acque tranquille» che possiamo rinfrancare il nostro spirito. Solo uno specchio d’acqua fermo e silenzioso può riflettere la nostra anima.

di Fabio Colagrande

Osservatore Romano

La Chiesa in uscita ha bisogno di una teologia in uscita

«Io penso che una Chiesa in uscita abbia bisogno di una teologia in uscita». Lo afferma con convinzione don Pino Lorizio, dal 1993 docente di teologia fondamentale alla Pontificia università Lateranense e coordinatore del nuovo percorso di licenza in Teologia interconfessionale, in prospettiva ecumenica e comunionale, che l’ateneo del Papa attuerà dal prossimo anno accademico 2020-2021. «Il primo passo in uscita dobbiamo farlo proprio noi teologi cattolici — spiega Lorizio — cercando di incontrare gli altri fratelli in Cristo. Ma poi speriamo che il percorso verso l’esterno continui e che la teologia cristiana vada sempre di più incontro a un mondo che sembra sempre di più allontanarsi dalla fede in Cristo».

Il nuovo corso biennale di laurea magistrale della Lateranense non punta infatti a fornire semplicemente competenze ma a formare presbiteri, pastori, suore, religiosi e laici che sappiano annunciare il Vangelo e che tornando nelle loro comunità di origine siano in grado di animarle e servirle nello spirito della “cultura dell’incontro” cara a Papa Francesco. Era stato proprio il Pontefice a incoraggiare l’iniziativa accademica nella sua visita all’ateneo lateranense dello scorso 31 ottobre. «Cercare ed esplorare ogni opportunità per dialogare non è solo un modo per vivere o coesistere, ma piuttosto un criterio educativo», aveva sottolineato il Papa intervenendo in chiusura di un convegno su «Educazione, diritti umani e pace. Gli strumenti dell’azione interculturale ed il ruolo delle religioni». In questa linea, aveva proseguito il Pontefice, «trova giusta collocazione il percorso di studi in teologia interconfessionale avviato in questa Università. Andate avanti, con coraggio. Quanto abbiamo bisogno di uomini di fede che educano al vero dialogo, utilizzando ogni possibilità e occasione!». E seguendo l’invito del Papa, dopo un anno di incontri seminariali nei quali ci si è interrogati sul futuro del cristianesimo, un comitato scientifico formato da rappresentanti delle diverse confessioni cristiane ha individuato sei moduli nei quali sarà articolato il nuovo corso della Lateranense: storico-patristico, biblico-fondamentale, dottrinale dogmatico, etico-morale, liturgico-cultuale e missionario. «Quest’ultimo è il punto di arrivo ma vuole essere anche una dimensione trasversale dell’intero percorso», sottolinea ancora il professor Lorizio. «La dimensione sottesa a tutte le materie è infatti quella della missione nel mondo contemporaneo, una prospettiva che abbia a cuore il futuro del cristianesimo». Ma la novità più importante, secondo il coordinatore del corso, sarà la modalità didattica. «I singoli moduli non saranno tenuti da un solo docente — spiega Lorizio — ma sempre da almeno tre: una voce cattolica, una voce protestante e una ortodossa che terranno lezioni sulla stessa tematica». Al termine di ogni modulo una tavola rotonda dimostrerà i risultati delle indagini e della didattica che si è attivata durante le lezioni.

Grazie al coinvolgimento della cappellania universitaria della Lateranense il cammino accademico interconfessionale sarà accompagnato da momenti di preghiera comune, in occasione di tempi forti come l’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani, Natale, Pasqua e altre occasioni.

L’itinerario interconfessionale, nell’orizzonte della Veritatis gaudium, sarà inoltre interdisciplinare e trans-disciplinare. «La costituzione apostolica di Papa Francesco sulle università e le facoltà ecclesiastiche ci aiuta molto come docenti a non pensare in maniera ristretta restando ciascuno all’interno della propria disciplina», spiega ancora don Lorizio. «Ci spinge a cercare il rapporto tra le diverse discipline teologiche ma anche tra la teologia e gli altri ambiti del sapere. Trans-disciplinarietà significa andare oltre e quindi, come dice la Fides et ratio di Giovanni Paolo II, far maturare la scienza in sapienza».

Il corso di Teologia interconfessionale è destinato solo a chi è già laureato in teologia o ha una licenza in scienze religiose? «Nient’affatto», conclude il professor Lorizio. «Per avere il titolo accademico bisognerà avere i titoli precedenti. Siamo aperti, però, alla possibilità di conferire diplomi a persone che non abbiano il titolo compiuto e ad accogliere semplici ospiti e uditori». Venerdì 19 giugno alle 18.30, sulla pagina Facebook della Pontificia università Lateranense, durante un webinar che si aprirà con una preghiera ecumenica i rappresentanti delle diverse teologie presenteranno il percorso.

di Fabio Colagrande – osservatoreromano.va