Santo del giorno 6 Gennaio Epifania del Signore festa della Chiesa universale

Epifania del Signore 6 gennaio

L’origine orientale di questa solennità è nel suo stesso nome: “epifania”, cioè rivelazione, manifestazione; i latini usavano la denominazione “festivitas declarationis” o “apparitio”, col prevalente significato di rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano attraverso l’adorazione dei magi, ai Giudei col battesimo nelle acque del Giordano e ai discepoli col miracolo alle nozze di Cana.

Martirologio Romano: Solennità dell’Epifania del Signore, nella quale si venera la triplice manifestazione del grande Dio e Signore nostro Gesù Cristo: a Betlemme, Gesù bambino fu adorato dai magi; nel Giordano, battezzato da Giovanni, fu unto dallo Spirito Santo e chiamato Figlio da Dio Padre; a Cana di Galilea, alla festa di nozze, mutando l’acqua in vino nuovo, manifestò la sua gloria.

I Re Magi non giunsero a mani vuote a Betlemme, per il Re dell’Universo, che si manifestava al mondo (Epifania), avevano preparato dei doni, che presentarono con immenso onore: l’oro, che indica la regalità di Gesù; l’incenso, il suo sacerdozio; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, l’espiazione dei peccati attraverso la morte.
«Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt. 2, 9-11). Come i pastori erano stati chiamati dall’angelo a partecipare della Gloria di Dio e della pace degli uomini, così ora i Magi, esperti astronomi, venivano guidati dalla stella per partecipare anch’essi all’evento che ha mutato storia e destini. Leggiamo da sant’Agostino:
«Da pochissimi giorni abbiamo celebrato il Natale del Signore, in questi giorni celebriamo con non minore solennità la sua manifestazione, con la quale cominciò a farsi conoscere dai pagani… Era nato colui che è la pietra angolare, la pace fra provenienti dalla circoncisione e dalla incirconcisione, perché si unissero in lui che è la nostra pace e che ha fatto dei due un popolo solo. Tutto questo è stato prefigurato per i Giudei nei pastori, per i pagani nei Magi… I pastori giudei sono stati condotti a lui dall’annuncio di un angelo, i Magi pagani dall’apparizione di una stella» (Sermone 201,1; PL 38 1031).
L’Epifania, dunque, celebra l’universalità della Chiesa: Emmanuele, «Dio con noi», è giunto in terra per chiamare ognuno alla Verità e per indicare la strada per raggiungerla e salvarsi. I Re Magi, che appartenevano alla casta sacerdotale ereditaria della religione zoroastriana, hanno creduto nei segni celesti, «i cieli narrano la gloria di Dio» (Sal. 19, 2), li hanno saputi decifrare e con immensa gioia si sono genuflessi a Cristo Re.
Non hanno proposto alla Madonna e a san Giuseppe di educare il Bambino Divino nella loro religione, ma si sono sottomessi al Pargolo celeste; non hanno cercato un dialogo, un confronto, uno scambio di opinioni; non hanno neppure portato la loro esperienza o le loro interpretazioni, questi sapienti si sono umilmente prostrati alla Verità, all’Amore, alla Bellezza che avevano dinnanzi. L’Epifania perciò celebra non l’ecumenismo, bensì l’universalità della Chiesa, ovvero la chiamata dei gentili alla Fede. E il posto della stella è stato preso dal Vangelo, che invita ancora alla conversione di tutte le genti a Cristo, l’Unto di Dio.
Nel 614 la Palestina fu occupata dai Persiani guidati da Re Cosroe II e distrussero quasi tutte le chiese cristiane, risparmiando la Basilica della Natività di Betlemme perché sulla facciata vi era un mosaico raffigurante i Magi vestiti con l’abito tradizionale persiano.
Marco Polo afferma di aver visitato le tombe dei Magi nella città di Saba, a sud di Teheran, intorno al 1270: «In Persia è la città ch’è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch’andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli: l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re soppelliti anticamente» (Il Milione, cap. 30).
Nel 1162 l’imperatore Federico Barbarossa fece distruggere la chiesa di Sant’Eustorgio a Milano, dove erano state portate le salme dei Magi (alle quali era giunta, secondo la Tradizione, sant’Elena) e se ne impossessò. Nel 1164 l’arcicancelliere imperiale Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia, le sottrasse e passando in Lombardia, Piemonte, Borgogna, Renania, le traslò nella cattedrale della città tedesca, dove ancora oggi sono conservate. Milano cercò ripetutamente di riavere le reliquie: il 3 gennaio del 1904, l’Arcivescovo Ferrari fece collocare in Sant’Eustorgio alcuni frammenti ossei in un’urna di bronzo con la scritta «Sepulcrum Trium Magorum». Per il 6 gennaio che cosa abbiamo preparato per il Nostro Salvatore? Imitiamo un poco i saggi Sacerdoti venuti dall’Oriente e con semplicità adoriamo Gesù Bambino con l’oro dei nostri sacrifici, l’incenso delle nostre preghiere, la mirra del nostro pentimento.


Autore:
Cristina Siccardi – fonte: santiebeati.it

epifania

Epifania e Re Magi. La cometa è una chiamata silenziosa e irresistibile per uomini lontani ma disponibili e attenti

Ardenti di luce

Vorremmo sapere di più su questa laboriosa e inattesa venuta di Magi, intrepidi e in apparenza ingenui, che d’improvviso si affacciano, per subito allontanarsi e scomparire sulla strada del ritorno al loro Paese. Ameremmo conoscerne la provenienza e l’identità, sapere cosa significa la stella, così docile e benigna, sorta ai loro occhi e poi quieta e intelligente guida e compagna nel cammino. E, ancora, desidereremmo conoscere la natura e il senso di quei doni estratti dagli scrigni.
“Ma l’evangelista – chiosa Inos Biffi – non si sogna affatto di soddisfarci in queste nostre curiosità, così come ci lascia ai nostri interrogativi sui contenuti storici precisi di quella venuta”. Egli intende illustrarci un messaggio: quando nasce Gesù si accende una stella che è una chiamata silenziosa e irresistibile di uomini lontani ma disponibili e attenti a Cristo. Predicava san Bernardo: «Guardate e vedete quale vista penetrante abbia la fede; considerate con molta attenzione che occhi di lince abbia chi riconosce il Figlio di Dio mentre succhia il latte, chi lo riconosce sospeso a una croce e morente. Il ladrone lo confessa sul patibolo, i Magi nella stella; quello confitto coi chiodi, questi avvolto nei panni. Non vi dà fastidio, o Magi, l’umile dimora della stalla, la povera culla della mangiatoia? Non vi scandalizza la presenza di una povera madre, né l’infanzia di un bambino che succhia il latte?». C’è sempre sproporzione tra quello che la fede immediatamente vede e quello che, confidentemente, crede. E la gioia messianica, che incomincia quaggiù e che può stranamente convivere con la passione. Teresa di Lisieux ha questa singolare riflessione sulla stella: «Talvolta, quando il cielo è coperto di nuvole, la sera senza luci è triste per Gesù, nell’ombra. Per rallegrare Gesù Bambino, fatti ardente di luce, brilla di tutte le tue virtù, come una stella»
Dei Magi non conosciamo in realtà neanche il numero; Matteo, riferendo l’episodio dell’adorazione ricorda soltanto che «alcuni Magi giunsero da Oriente» (2, 1) senza specificarne il numero. Il fatto che nell’iconografia tradizionale e nella letteratura più tarda, essi propongano un numero ternario dipende presumibilmente dai doni che recarono al Bambino: «Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (2, 11). Se, infatti, già in età antica, le rappresentazioni iconografiche raffigurano tre Magi, come nella celebre cappella greca di Priscilla del iii secolo, non mancano casi in cui gli offerenti variano in numero di due, quattro e persino sei, forse per ragioni di pura simmetricità. Attorno a queste figure si è creata, nel medioevo, e, segnatamente, nel XII secolo, un’affabulazione leggendaria che attribuisce i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre ai re, anche se un graffito rinvenuto nel complesso monastico egiziano di Kellia, riferibile al VII-VIII secolo, pare già menzionare i nomi Gaspar, Belchior e Bathesalsa.

(©L’Osservatore Romano 6 gennaio 2013)