La direttrice dell’Ausl Reggio Emilia Cristina Marchesi fa il quadro della situazione in ospedale: «Per garantire un servizio adeguato e di buon livello mancano circa 40 medici»

Reggio Emilia «Per il corretto funzionamento del Pronto soccorso servirebbero 90 medici, ma al momento ne abbiamo solo una cinquantina». Non usa giri di parole Cristina Marchesi, direttrice generale dell’Ausl reggiana. Per cercare di risolvere il problema, che non è certo recente e non riguarda solo la nostra città, l’Ausl ha da poco pubblicato un bando per assumere i medici specializzandi nei Pronto soccorso con contratti da liberi professionisti, così come previsto dalla legge finanziaria regionale. «Vedremo quanti ci risponderanno – commenta Marchesi – anche perché non essendo sede di dipartimento di medicina o di scuola di specialità siamo senza dubbio più svantaggiati di altri».

Con il decreto Calabria fino allo scorso 31 dicembre si potevano già assumere specializzandi. Ne sono entrati in questo modo? Quanti?

«Ne abbiamo assunti tre, che sono già in forza al Pronto soccorso. Poi ci sono gli specializzandi che, grazie alla convenzione firmata con l’Università di Modena e Reggio, mettono a disposizione un monte ore di tre turni al mese. Questi ultimi non sono ancora pronti per lavorare in autonomia, né possono farlo, mentre i tre entrati con il decreto Calabria hanno un contratto di 32 ore settimanali. Ciononostante, considerati i doppi percorsi per Covid e non Covid, i turni notturni e così via, siamo sotto organico di 37 persone. Stiamo comunque lavorando per riaprire i Pronto soccorso di Scandiano e Correggio e dovremmo riuscirci entro primavera».

A Bologna l’Ausl ha deciso di usare gli specializzandi anche nel Pronto soccorso pediatrico. Lo faremo anche noi?

«No, il Pronto soccorso pediatrico si avvale di pediatri e di medici convenzionati che da anni si occupano dei codici minori. Anche in questo reparto, comunque, abbiamo delle carenze: per esempio adesso ci sono cinque medici in maternità. Ma questa è una cosa bellissima e che ci rende felici».

Qual è la situazione negli altri reparti dell’ospedale?

«Quando parliamo di branche specialistiche presenti solo al Santa Maria Nuova, come ad esempio la Dermatologia, la Nefrologia o le Malattie infettive, va più o meno tutto bene. Quando invece parliamo di branche disseminate sul territorio, come l’Emergenza urgenza, la Medicina interna, la Ginecologia (che non opera solo negli ospedali ma anche nei consultori), le carenze si fanno sentire. Se il Santa Maria Nuova è più o meno in equilibrio abbiamo aree di sofferenza nella Medicina interna di Castelnovo Monti, sotto di sei persone; o in quella di Guastalla, dove mancano quattro medici. Per non parlare degli anestesisti: abbiamo sale operatorie in funzione in tutti gli ospedali e siamo sotto di 21 medici. Mancano all’appello anche 880 ore di medici specialisti ambulatoriali convenzionati, quelli che lavorano ai poliambulatori per intenderci. I loro contratti sono diversi da quelli dei dipendenti, sono ad ore. Dire che siamo scoperti per 880 ore settimanali significa dire che mancano circa 23 medici».

Uscendo dall’ospedale, qual è la situazione dei medici di medicina generale, i cosiddetti medici di famiglia?

«Al momento sul territorio provinciale abbiamo 64 zone sprovviste di medici di medicina generale. I medici in attività (che sono circa 330) sono già stati caricati oltremodo di pazienti: ci vorrebbe un medico di medicina generale ogni 1.200 assistiti, ma adesso i medici arrivano a 1.800 pazienti. Restano però queste 64 zone che non hanno un medico titolare, e vengono coperte da sostituti o dai medici che stanno frequentando la scuola di formazione specifica in medicina generale. Questi ultimi possono essere utilizzati da poco, da quando cioè la Regione Emilia-Romagna ha deciso che gli studenti di questo corso possono acquisire una sede di assegnazione ma in modo temporaneo. Non è il massimo per i pazienti, che prediligono continuità, ma questi medici ci stanno dando una grande mano. All’appello mancano anche quattro pediatri di libera scelta e circa 97 medici nel servizio di continuità assistenziale, ovvero l’ex guardia medica».

Per gli anestesisti era stato fatto un bando lo scorso anno. Com’era andato?

«Se riuscissimo a coprire tutte le posizioni aperte con i bandi che facciamo non saremmo in questa situazione. Solo nel 2022 abbiamo fatto 20 concorsi per lavori a tempo indeterminato (altri sei sono da completare in questi mesi), e dodici selezioni per titoli per ruoli a tempo determinato. Poi abbiamo aperto bandi per gli specializzandi e per attività libero professionali. Ma le dico solo questo: abbiamo fatto l’ennesimo concorso per reperire medici di Emergenza urgenza, si è iscritto un solo candidato che poi non si è presentato alle prove. Ha rinunciato».

E dunque? Cosa si può fare?

«Dobbiamo pazientare. C’è stato un incremento delle borse di studio per le specialità e anche se è vero che non sempre vengono tutte coperte (è il caso appunto della specialità di Emergenza urgenza), dobbiamo darci il tempo che queste persone si formino per poi poterle assumere. Nel frattempo credo si dovrebbe prendere spunto dal passato, quando si potevano assumere medici specializzandi che non avevano ancora terminato la scuola di specializzazione. Funzionava così fino ai primi anni Duemila, io stessa sono stata assunta in questo modo. Adesso per assumere un medico specializzando ci vuole il parere positivo del direttore di specialità, e poi ci sono limitazioni nell’orario e anche nelle mansioni. Si potrebbe snellire la burocrazia e rendere l’operazione più semplice. L’unico bacino che abbiamo per colmare le carenze di personale è quello iscritto alle scuole di specialità e lì si dovrebbe pescare la forza 

LA SITUAZIONE Natale a letto con l’influenza L’allarme dei pronto soccorso

In netto anticipo rispetto alle scorse stagioni, sono in crescita i cittadini colpiti da sindromi influenzali, che si aggiungono ai contagi da Covid. In Francia si pensa a rimettere le mascherine, New York le consiglia

Test antigenici per il Covid a New York in un centro tamponi mobile / Reuters

La stagione influenzale è esplosa in anticipo rispetto agli anni precedenti, e gli esperti prefigurano un picco proprio nelle prossime vacanze natalizie o subito dopo. I medici lamentano già intasamenti nei Pronto soccorso e, d’altra parte, il Covid-19 non è scomparso: i ricoveri sono in leggero aumento, anche se l’incidenza è in calo per le età inferiori ai 59 anni, mentre per le sindromi influenzali i più colpiti sono i bambini. In Francia, ma anche negli Stati Uniti, si torna a parlare di mascherine.

In base agli ultimi dati della rete Influnet, diffusi dall’Istituto superiore di sanità (Iss), la stagione 2022-2023 fa registrare una curva di rapida salita dei casi di sindromi simil-influenzali, in base alle segnalazioni dei medici sentinella, che mostrano un livello più alto di tutte le stagioni precedenti fino al 2009-2010, quella della pandemia da H1N1. Parla di «stagione da record» il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco, che stima in 10 milioni gli italiani che potrebbero contrarre il virus influenzale durante l’inverno, soprattutto «se sarà freddo e le temperature si manterranno basse a lungo». Sfiorano i 943mila i cittadini che hanno contratto virus influenzali nell’ultima settimana secondo il rapporto dell’Iss, portando l’incidenza complessiva a sfiorare i 16 casi ogni mille abitanti. «L’epidemia di influenza è in fortissima ascesa – sottolinea Filippo Anelli (presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri) –, il picco non è stato raggiunto e ci aspettiamo che si raggiungerà intorno a Natale o dopo. Ma siamo già a livelli che realmente non ci aspettavamo, almeno per questo periodo. Questo significa che un bel po’ di gente starà a letto nel periodo delle feste». L’unico modo per evitare i virus stagionali, aggiunge Anelli «rimane la vaccinazione. L’altra misura è usare il più possibile la mascherina ». Uno strumento che, anche per contrastare il Covid-19, sarebbe gradito in Francia: secondo un sondaggio realizzato da Odoxa e pubblicato da Le Figaro, tre francesi su 4 si dicono favorevoli alla reintroduzione dell’obbligo di indossare le mascherine sui mezzi di trasporto pubblici. Mentre la città di New York lo ha già chiesto ai suoi abitanti, in particolare negli ambienti chiusi per contrastare un aumento record di contagi da Sars-Cov-2.

Nel nostro Paese l’aumento di casi di influenza si sta scaricando sul sistema assistenziale. I Pronto soccorso sono «allo stremo, con criticità non più localizzate ma diffuse anche in regioni considerate virtuose», lamenta il presidente della Società italiana di medicina di emergenza e urgenza (Simeu) Fabio De Iaco, che dirige il Pronto soccorso all’ospedale Maria Vittoria di Torino. Un caso esemplarmente negativo delle situazione di caos è quello occorso a un uomo di 88 anni, che è rimasto 12 giorni in un Pronto soccorso romano, senza ottenere il ricovero in reparto, finendo per contrarre il Covid- 19 e morendo in solitudine, senza poter vedere i propri parenti. La situazione emergenziale viene denunciata anche dai medici di medicina generale. In media, segnala Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) «ogni settimana un medico di famiglia ha circa 100 assistiti che si ammalano».

Una situazione che si somma al Covid-19: «Temo un Natale all’insegna della “rimozione” del virus pandemico dalla nostra vita – osserva Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma –. Credo si stia scambiando la mancanza di una politica attiva contro l’epidemia, che dovrebbe essere sostituita con la responsabilizzazione dei cittadini, in una sorta di “liberi tutti” diffuso. Sembra che abbiamo un po’ dimenticato precauzioni seguite negli anni precedenti ». Sul tema dei morti Covid predica prudenza l’infettivologo Matteo Bassetti (ospedale San Martino di Genova): «È molto difficile dire quanti sono i morti reali legati al Covid e credo che fondamentalmente dobbiamo guardare a chi è morto di polmonite da Sars-CoV-2, non a chi muore in ospedale o a casa con un tampone positivo». E conclude che «un dato sbagliato che porta anche a una “cattiva fama” dei vaccini».

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Cercasi medici per il pronto soccorso: nuovo bando dell’Ausl di Reggio Emilia

Cercasi medici per il pronto soccorso: nuovo bando dell’Ausl di Reggio Emilia

Indetto un secondo concorso per reclutare dottori per i reparti di emergenza, a corto di personale

REGGIO EMILIA – L’Ausl di Reggio Emilia ha pubblicato sul suo sito il nuovo bando di gara per l’assistenza medica nei Pronto Soccorso della provincia, attualmente chiusi e a supporto delle carenze nei PS attivi, dopo che il primo bando era andato deserto. “Le difficoltà di reclutamento di medici dell’emergenza urgenza – dice l’azienda – rappresentano, purtroppo, una nota criticità nazionale che si è acuita negli ultimi anni. La scelta dell’Ausl Irccs di Reggio Emilia di pubblicare un secondo bando di gara per l’assistenza medica specialistica nei Pronto Soccorso della provincia, attualmente chiusi, Scandiano e Correggio, nasce quindi dalla necessità di assicurare il servizio dopo avere esperito tutte le possibili procedure finalizzate al reclutamento di personale dipendente o con forme di lavoro flessibili”. Il provvedimento è temporaneo, in attesa superare l’attuale carenza di medici dipendenti dell’area di emergenza-urgenza.

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