Pena di morte. Arabia Saudita, cento condanne a morte dall’inizio del 2017

Centesima esecuzione capitale dall’inizio dell’anno, ieri, in Arabia Saudita. L’uomo, un saudita, aveva ucciso un suo concittadino e la sentenza era stata confermata da un tribunale di appello, spianando quindi la strada al lavoro del boia. Nel 2016 in totale sono state uccise 153 persone. Un numero che sarà sicuramente superato se il Paese continuerà con il trend degli ultimi due mesi: in luglio e agosto sono state messe a morte 5 persone a settimana (26 nel solo mese di luglio), dunque ben al di sopra della media dei mesi precedenti.

Una «frenesia» nelle esecuzioni, secondo la ong Amnesty International, che denuncia la schizofrenia di un Paese che concede qualche diritto alle donne, come quello di guidare, e poi applica con larghezza la pena di morte. «Se le autorità saudite – ha detto Lynn Maalouf, direttrice di Amnesty per il Medio Oriente – desiderano in modo sincero promuovere riforme, esse devono stabilire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni, primo passo in direzione dell’abolizione totale della pena di morte».

Dopo Cina e Iran, il regno saudita è uno dei Paesi al mondo in cui vi è il maggior ricorso alla pena capitale, prevista per i colpevoli di omicidio, rapina a mano armata, stupro e traffico di droga, stregoneria e sodomia; la maggior parte delle esecuzioni – unico Paese al mondo – vengono eseguite tramite decapitazione.

Anche le pene per crimini minori sono particolarmente crudeli: il furto e il reato d’opinione sono puniti oltre che ocn il carcere anche con il taglio della mano o del piede e la fustigazione in piazza. Da anni le principali associazioni per i diritti umani si battono perché il regno saudita garantisca processi più equi ed esecuzioni meno crudeli.

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L’appello del Papa Pena di morte, la moratoria possibile

Liberare il pianeta dalla pena di morte. È questo l’obiettivo-sfida del nono congresso internazionale “Un mondo senza pena di morte” svoltosi stamani alla Camera dei deputati a Roma e organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Erano presenti, oltre al ministro della Giustizia Andrea Orlando, i responsabili dei dicasteri della Giustizia di una trentina di Paesi, tra cui sia abolizionisti sia mantenitori della pena di morte. Proprio dall’occasione di questo convegno era partito ieri l’appello di papa Francesco all’Angelus per una moratoria universale della pena capitale nell’Anno del Giubileo della Misericordia.

L’iniziativa nasce con l’obiettivo di sostenere e fare avanzare la campagna per l’abolizione della pena di morte nel mondo, dopo l’ultimo voto alle Nazioni Unite nell’ottobre 2014 in cui 114 Paesi si sono dichiarati favorevoli a una moratoria universale. In seguito a quella votazione la Mongolia ha abolito la pena capitale, che pure era di fatto non applicata da anni. E la Costa d’Avorio l’ha cancellata dal codice penale, dopo averla già abolita nella Costituzione.

I lavori del convegno sono stati introdotti dal presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, e dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece). “La punizione dello stato non è mai un deterrente”, ha osservato il porporato tedesco.

Sono stati compiuti “molti passi in avanti” verso l’abolizione della pena di morte: “dagli anni Novanta ad oggi, sono più di 50 i Paesi che l’hanno cancellata” ha ricordato Impagliazzo. “Non c’è giustizia senza vita” ha rilevato, ringraziando papa Francesco per l’appello lanciato ieri durante l’Angelus. “Un mondo senza pena di morte non è un mondo più indifeso, ma è un mondo migliore. Serve un modello di giustizia basato sulla rieducazione”.

Oggi, ha illustrato il presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti, i Paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i reati o i crimini comuni “sono 105 e altri 43 non la usano da molti anni, per legge o in pratica. Esecuzioni sono avvenute negli ultimi due anni in 22 Paesi del mondo e non sono avvenute in altri 180″. “Ma in Egitto, in Arabia Saudita le esecuzioni non diminuiscono, anzi crescono. In Iranalmeno 73 minori, ragazzi e adolescenti, sono stati uccisi dallo Stato negli ultimi venti anni. Esecuzioni sono riprese in Giordania, Pakistan, Indonesia come ‘risposta’ al terrorismo”.

Non si può “rispondere alla logica della morte con la morte”, ha detto il Guardasigilli Andrea Orlando, e di fronte “alla nuova minaccia
globale” come quella del terrorismo, “va rafforzato lo stato di
diritto”. La Corte di Strasburgo, ha evidenziato, “è stato un centro importantissimo per il rafforzamento dello stato di diritto nei diversi Paesi e per l’affermazione della centralità dei diritti dell’uomo. Oggi, ha aggiunto, noi avvertiamo il rischio che questo ruolo sia messo tra parentesi: abbiamo visto Paesi che hanno chiesto una sospensione, seppur temporanea, dell’applicazione della Carta dei diritti dell’uomo”. Invece, “questa sfida – ha concluso Orlando – si vince andando avanti e non tornando indietro, altrimenti sarebbe la prima vittoria delle forze di morte e del terrorismo. Lo stato di diritto è la risposta migliore alle
minacce”.

LA SITUAZIONE NEL MONDO (dati Amnesty International)
Più di due terzi dei paesi al mondo ha abolito la pena di morte per legge o nella pratica. Al 31 dicembre 2014 (dati Amnesty International) i paesi abolizionisti per tutti i reati erano 98, 7 i paesi abolizionisti solo per i reati comuni, 35 i paesi abolizionisti nella pratica per un totale di 140 paesi abolizionisti totali. I paesi mantenitori sono 58.

Paesi totalmente abolizionisti (98): Albania, Andorra, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bhutan, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Burundi, Cambogia, Canada, Capo Verde, Cipro, Città del Vaticano, Colombia, Costa d’Avorio, Costa Rica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Gibuti, Grecia, Guinea, Haiti, Honduras, Irlanda, Islanda, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Salomone, Italia, Kiribati, Kirghizistan, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Mauritius, Messico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Montenegro, Mozambico, Namibia, Nepal, Nicaragua, Niue, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Palau, Panama, Paraguay, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Repubblica Slovacca, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, Sao Tomè e Principe, Senegal, Serbia (incluso il Kossovo), Seychelles, Slovenia, Sudafrica, Spagna, Svezia, Svizzera, Timor Este, Togo, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Ucraina, Ungheria, Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Venezuela.

Paesi abolizionisti per reati comuni (7): Brasile, Cile, El Salvador, Figi, Israele, Kazakhistan, Perù. Mantengono la pena di morte per casi eccezionali quali, ad esempio, i reati commessi in tempo di guerra.

Paesi abolizionisti di fatto (35): Algeria, Benin, Brunei, Burkina Faso, Camerun, Congo, Corea del Sud, Eritrea, Federazione Russa,Ghana, Grenada, Kenya, Laos, Liberia, Madagascar, Malawi, Maldive, Mali, Mauritania, Mongolia, Marocco, Myanmar, Nauru, Niger, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sri Lanka,Suriname, Swaziland, Tagikistan, Tanzania, Tonga, Tunisia, Zambia. Le esecuzioni non hanno luogo da almeno dieci anni, oppure sono state introdotte delle moratorie.

Paesi mantenitori (58): Afghanistan, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Autorità Palestinese, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Barbados, Bielorussia, Belize, Botswana, Ciad, Cina, Comore, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Gambia, Guatemala, Guinea, Guinea Equatoriale, Guyana, India, Indonesia, Iran, Iraq, Giamaica, Giappone, Giordania, Kuwait, Lesotho, Libano, Libia, Malesia, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Dominicana, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Singapore, Siria, Somalia, Stati Uniti d’America, Sudan, Sudan del Sud, Taiwan, Thailandia, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam, Yemen, Zimbabwe.

Stati Uniti Nebraska abolisce la pena di morte

Il parlamento del Nebraska ha abolito la pena di morte. Con questo voto sono ormai 19 gli Stati americani ad avere abolito la pena capitale. Ma soprattutto, in questo caso, si tratta del primo Stato a maggioranza repubblicana a farlo, dopo il Nord Dakota nel lontano 1973.

L’abolizione della pena capitale era stata inizialmente approvata la settimana scorsa con 32 voti su 49. Ma il governatore repubblicano Pete Ricketts aveva posto il veto, parlando di provveddimento “crudele” verso i parenti delle vittime. Malgrado il forte impegno personale del governatore per mantenere la pena di morte, il suo veto è però stato ora superato con la soglia minima di 30 voti.

“Le mie parole non sono sufficienti ad esprimere il mio sgomento per aver perso uno strumento critico per proteggere le famiglie del Nebraska”, ha detto Ricketts, mentre uno dei parlamentari favorevoli alla pena capitale, Beau McCoy, ha annunciato di voler organizzare un referendum. Ma altri conservatori hanno spiegato il loro voto con motivi religiosi, i costi eccessivi della pena di morte e il rischio di errori giudiziari.

L’ultima esecuzione in Nebraska risale al 1997. Attualmente vi sono dieci condannati nel braccio della morte, la cui pena verrà commutata nell’ergastolo. Erano 11 fino alla settimana scorsa, ma uno è morto domenica in carcere.

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Pena di Morte. Prima esecuzione 2014 in Florida. Iniezione letale a 62enne per tre omicidi

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(ANSA) – NEW YORK, 8 GEN – La prima esecuzione americana del 2014 e’ stata eseguita in Florida, dove Askari Abdullah Muhammad e’ stato giustiziato con un’iniezione letale per l’assassinio di tre persone. L’uomo, 62 anni e che ne ha trascorsi 40 nel braccio della morte, e’ stato condannato nel 1974 per l’uccisione di un uomo e di sua moglie. Una seconda condanna gli e’ stata inflitta per aver ucciso una guardia carceraria nel 1983.

STATI UNITI Il Maryland abolisce la pena di morte

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Anche lo stato americano del Maryland abolisce la pena di morte. La Camera dei rappresentati dello stato ha approvato una legge che la mette al bando, e la sostituisce con l’ergastolo senza possibilità di libertà condizionata, diventando così il 18 stato dei 50 dell’Unione a decidere di mandare in pensione il boia.

La legge, già passata al Senato la settimana scorsa, è stata approvata con 82 voti a favore e 56 contrari. Per renderla operativa, manca ora solo la firma formale del governatore Martin O’Malley, che da anni si batte contro la pena capitale ed è stato uno degli autori del testo approvato oggi, dopo che già nel 2009 aveva fatto un primo tentativo del genere.  L’ultima esecuzione di una condanna a morte in Maryland risale al 2005.

Attualmente sono cinque i detenuti nel braccio della morte nelle carceri dello stato. La nuova legge non ha carattere retroattivo, ma sono in molti a ritenere che con ogni probabilità il governatore O’Malley, che ne ha il potere, ora convertirà la loro condanna in ergastolo.

Da tempo ormai in tutti gli Stati Uniti il sostegno alla pena capitale sembra calare sensibilmente. Il numero delle condanne eseguite nel 2011 e 2012 ha raggiunto il record più basso, in calo del 75 per cento rispetto al 1996, secondo i dati del Centro di informazione sulla condanna a morte.

Un fenomeno dovuto anche al fatto che tecniche di investigazione sempre più moderne hanno svelato errori giudiziari e salvato innocenti già condannati e in attesa dell’esecuzione. Ma anche al fatto che molti ne mettono in dubbi il potere deterrente, la giudicano molto costosa, e in molti casi anche venata di motivi razziali.
Secondo uno studio diffuso in questi giorni dal criminologo Ray Paternoster, dell’università del Maryland, gli
afroamericani hanno il doppio delle probabilità rispetto ai bianchi di essere condannati a morte.
«Anno dopo anno – sottolinea invece da tempo il governatore O’Malley – gli stati in cui c’è la pena di morte hanno avuto un numero di omicidi maggiore degli stato dove invece la pena capitale non c’è».

Con il Maryland sono sei gli stati che negli ultimi sei anni hanno detto basta: il Connecticut, l’Illinois, New Mexico, New York e New Jersey.

 

 avvenire.it

Texas, eseguita la condanna a morte di un «disabile mentale»

Eseguita nel Texas per iniezione letale la pena di morte di Marwin Wilson, 54 anni, condannato per aver ucciso una fonte della polizia nel 1992. La condanna è stata eseguita alle 6.27 di questa mattina (le 23.27 di ieri sera in Italia) nella prigione di Huntsville, alla presenza di sei persone, familiari e amici della vittima, malgrado gli sforzi degli avvocati difensori di denunciare i problemi psichici di cui era affetto il loro assistito e una sentenza della Corte suprema contro l’attuazione della pena capitale nei confronti dei disabili. La battaglia legale si è svolta intorno al quoziente di intelligenza di Watson, pari a 61, ma che l’accusa non ha contestato perché male effettuato: il ricorso è stato quindi respinto.
avvenire.it