Canti della Passione

Anche quest’anno la Corale Puccini di Sassuolo eseguirà presso la chiesa di San Francesco in Sassuolo (foto) venerdì 7 aprile alle ore 21 i Canti della Passione, riflessioni musicali sul Venerdì santo.

laliberta.info

Il sangue di Cristo

lavati dal peccato nel suo sangue

«E dopo ciò io vidi, contemplando, il corpo che sanguinava abbondantemente a somiglianza della flagellazione, ed era così: la pelle splendente era lacerata da profonde ferite che penetravano nella tenera carne a causa dei duri colpi su tutto il dolce corpo. Il sangue caldo scorreva con tale abbondanza che non si riusciva a vedere né la pelle né le ferite, perché tutto era coperto di sangue». (12.165)

Non si può certo pensare a un cammino di meditazione sulla passione di Gesù senza fare i conti con il sangue, per quanto ciò possa suscitare sensazioni di disagio e di ripulsa.

Il punto di partenza scelto da Giuliana è quanto di più cruento si possa immaginare, la flagellazione, che, come si sa, non era semplicemente una punizione, ma un mezzo scelto per abbreviare l’agonia del condannato, prosciugando in anticipo il corpo della sua linfa vitale. Questo va detto, perché, se l’elaborazione teologica rischia di illudere che, alla fine, si tratti solo di belle immagini, in certi casi persino affascinanti, la base resta pur sempre il realismo tragico di un corpo squarciato senza pietà da sferze e flagelli.

Possono aiutare in questa “contemplazione” le parole stesse della reclusa quali si trovano nella Quarta Rivelazione, dal titolo significativo: “Come Dio preferisca che noi siamo lavati dal peccato nel suo sangue piuttosto che nell’acqua, perché il suo sangue è preziosissimo”, dove lo sguardo si focalizza sulla coronazione di spine.

«E in quel momento vidi improvvisamente il sangue rosso scorrere giù dalla corona, caldo, gorgogliante, abbondante e vivo, proprio come quando la corona di spine veniva premuta a forza sul suo capo benedetto (4,143). E per tutto il tempo in cui egli mi rivelò quanto ho detto in visione spirituale, vidi con visione corporea il capo di Cristo che continuava a sanguinare abbondantemente. Grosse gocce di sangue cadevano come grani dalla corona di spine, e sembrava che uscissero dalle vene. E nell’uscire erano di un rosso scuro, perché il sangue era molto spesso. E nello scorrere fuori diventavano di un rosso lucente. E quando giungevano alle sopracciglia svanivano. E nonostante ciò lo scorrere del sangue continuò fino a che non vidi e capii molte cose. Tuttavia la visione continuò ad essere bella e viva… Il sangue stillava abbondante come le gocce d’acqua che cadono dalla grondaia di una casa dopo un forte acquazzone: cadono così spesse che nessuno riesce a contarle con la sua intelligenza naturale». (7,150)

Giuliana chiama “visione spirituale” quella in cui le si rivela il significato teologico di quanto vede nella “visione corporea”: avvertimento opportuno, che ci chiede di non separare mai le due visioni, pena il cadere in una comprensione solo emozionale o in una puramente intellettuale. Non è facile, ma se si vuole avere un’intelligenza completa e integrale delle cose, la testa, per non perdersi tra le nuvole, deve sempre essere connessa ai piedi che aderiscono alla terra!

Da dove partire, dunque, per sostare in modo fecondo sulla contemplazione del sangue sparso da Gesù durante la sua passione, da quello apparso sul suo volto come sudore al Getsemani (cf. Lc 22,44) a quello che il colpo di lancia al Calvario fece uscire dal suo petto insieme a gocce d’acqua (cf. Gv 19,34)?

Se il primo richiama la paura, per non dire lo spavento di Gesù di fronte al destino che l’attendeva, l’ultimo sangue è stato da sempre letto come il segno inequivocabile di una vita donata fino al suo esaurirsi nell’ultima stilla. Vediamo così riuniti i due temi che aprono e chiudono il campo di significato del sangue: la sofferenza e la paura che ne consegue da una parte, il dono e persino la gioia che lo accompagna dall’altra. Che sia questo secondo il senso profondo e ultimo del sangue lo conferma in modo lapidario uno dei primi e più noti martiri cristiani, Ignazio di Antiochia, che scrive «Il sangue di Cristo è la carità» (Ai Tralliani 8,2), per il che esprime il desiderio di voler «bere il sangue di Cristo, che è l’amore incorruttibile» (Ai Romani 7,3).

Anche se oggi parlare di sangue, soprattutto nel discorso religioso, crea un vago senso di ritrosia, occorre ricordare che ci furono altre stagioni, per esempio l’Ottocento, in cui venne creata persino una festa del “Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo”, fissata al 1° luglio ed estesa da Pio IX alla Chiesa universale nel 1849, poi soppressa dopo il Vaticano II.

Il culto lungo la storia

Sotto questo titolo, sempre nell’Ottocento, furono create non meno di quindici congregazioni religiose, e non è detto che non ci si ritorni in questi tempi di martiri. Meditare sul sangue di Cristo deve anzitutto ricordare la generosità inaudita, sua e di tanti suoi seguaci, dichiarati o anonimi (penso agli innumerevoli martiri per la giustizia), che hanno proclamato con questo loro sacrificio il valore della vita proprio mentre la perdevano, e la speranza di una risurrezione. Perché, in effetti, il messaggio più forte che viene dal sangue sparso per amore, è insieme quello di una grande speranza che, alla fine, a trionfare non sarà il buio, ma la luce, e che l’oblò di cui si parlava all’inizio finirà per sfolgorare come il sole. Paradossalmente, proprio questo è il messaggio dell’Apocalisse, che vede sconfitta la Babilonia della malvagità e vincente la Gerusalemme del cielo, dove canteranno la gloria del Signore gli eletti che hanno lavato le loro bianche vesti nel sangue dell’Agnello (cf. Ap 7,10.14; 12,11)!

Abbondante e prezioso

Veniamo a Giuliana, che si dice impressionata dall’abbondanza del sangue sparso nella passione. Scrive: «Allora mi venne in mente che Dio ha creato abbondanza di acque sulla terra per il nostro uso e per le nostre necessità fisiche secondo il tenero amore che egli ha per noi. Ma tuttavia egli preferisce che noi prendiamo come medicina perfetta il suo sangue beato per lavarci dai nostri peccati: perché non c’è altra bevanda nel creato che egli desideri maggiormente darci. Perché il suo sangue è abbondantissimo, così come è preziosissimo per virtù della beata divinità» (12,165).

Nel passo trionfa la logica del “dono” come si è detto. E sull’onda di tale intuizione, Giuliana esplode in una pagina mirabile, che ha la solennità e il passo delle grandi anafore eucaristiche che ci hanno consegnato le antiche liturgie. Ecco il “poema” che ne esce:

«Il preziosissimo sangue di nostro Signore Gesù Cristo, come è veramente inestimabile, è altrettanto veramente sovrabbondante.
Contempla e vedi le virtù di questa preziosa abbondanza del suo preziosissimo sangue. Discese nell’inferno e
ne spezzò le catene, e liberò tutti quelli che vi erano detenuti e che ora appartengono alla corte del cielo.
La preziosa abbondanza del suo preziosissimo sangue scorre su tutta la terra, ed è in grado di lavare dal peccato
tutte le creature che sono, sono state o saranno di buona volontà.
La preziosa abbondanza del suo preziosissimo sangue ascese in cielo nel corpo beato del nostro Signore Gesù
Cristo, e là ora sta in lui, continuando a scorrere, pregando per noi il Padre, e così è e sarà fino a quando noi ne avremo bisogno. E inoltre scorre in tutto il cielo, nella gioia per la salvezza di tutta l’umanità che ora è là, e di quella che ci sarà, riempiendo così il numero degli eletti che attende di essere completato». (12.165-166)

L’abbondanza è stata tradotta in energia dirompente che scardina le porte del carcere infernale, con lo stesso impeto con cui le acque dal Mar Rosso seppellirono i nemici di Israele liberando il popolo dall’oppressione; diventa benefico diluvio che purifica distruggendo le forze del male, «perché quel torrente di misericordia che è il suo preziosissimo sangue e acqua è così abbondante da farci belli e immacolati» (61.280); arriva fino a insediarsi nel cielo, dove, come una fontana inesauribile, continua a svolgere il suo potere di intercessione in nostro favore (cf. Eb 7,25) e a zampillare gioia e felicità per tutti gli eletti che ci sono e ci saranno.

Cristo, nostra Madre carissima

Oltre a questa visione cosmica e sintesi teologica straordinaria, Giuliana sa anche offrirci visioni di una delicatezza commovente, come quando scrive che Cristo, nostra Madre carissima, «ci aspergerà tutti con il suo sangue prezioso» (63.283), unendo la tenerezza della mamma che lava il bambino con il gesto liturgico del pontefice che purifica l’assemblea.

Per finire mi piace citare una bella poesia del medioevo inglese dove, con un’intuizione geniale, l’anonimo autore trasfigura il sangue nell’appello di un innamorato perché l’amata lo lasci entrare:

«Apri la porta, mia sposa cara. /
Ahimè, perché son chiuso fuori? /
Sono il tuo nobile
compagno. /
Guarda i miei riccioli e il mio capo, /
e tutto il corpo di sangue intriso, /
per amor tuo».

Il Cristo dolente di tante raffigurazioni medievali è diventato l’innamorato del Cantico che supplica l’amata: «Aprimi, sorella, amica mia… Rorida di rugiada è la mia testa e i miei riccioli sono bagnati di gocce della notte» (Ct 5,2), un passo che rimanda pure ad Ap 3,20. Il trasferimento di immagine dalla rugiada al sangue, come per le piaghe che si trasfigurano in “nido”, produce l’effetto sorprendente di inserire nella figura del sangue quella del rapporto d’amore, inteso soprattutto in termini di intimità, dove si sperimenta l’apoteosi del dono di sé.

settimananews

Stasera alle 21.15 il Papa al Colosseo per la Via Crucis

Oggi Venerdì Santo, secondo giorno del Triduo Pasquale, la Chiesa medita la Passione di Cristo.

da Radio Vaticana

Giorno di digiuno e astinenza dalle carni, il Venerdì Santo è caratterizzato dal silenzio. Le campane non suonano in segno di lutto e non si celebra l’Eucaristia ma si ricorda la crocifissione e morte di Gesù con la Liturgia della Parola, l’adorazione della Croce e il rito della Comunione. Il Papa presiederà questa celebrazione della Passione del Signore alle ore 17 nella Basilica di San Pietro: a tenere l’omelia sarà il predicatore della Casa Pontificia, il padre cappuccino Raniero Cantalamessa.

Alle 21.15 Papa Francesco sarà al Colosseo per presiedere la Via Crucis, che in 14 stazioni rievoca le ultime ore della vita terrena di Cristo. Quest’anno le stazioni non saranno quelle tradizionali. Lo spiega l’autrice delle meditazioni, la biblista francese Anne Marie Pelletier, che nei suoi testi ha voluto evidenziare la presenza femminile e portare il dramma delle guerre, dei migranti, delle famiglie lacerate e dei bambini violentati:

R. – Ho preso spunto dal fatto che la Via Crucis ha diversi riferimenti e che non ha uno schema vincolante e ho scelto quei momenti che mi sembravano particolarmente significativi. Così ho deciso di inserire il rinnegamento di Pietro e la scena in cui Pilato, consultato dalle autorità ebraiche, dichiara anche lui che Cristo doveva essere crocifisso. Per me era molto importante voler ricordare, in questa circostanza, ebrei e pagani uniti nella complicità della condanna a morte di Gesù. Sappiamo che nel corso dei secoli i cristiani sono stati tentati di attribuire la responsabilità della morte di Cristo solo al popolo ebraico. I testi, però, così come sono scritti, ci aiutano a capire che, in realtà, ci si trova dinanzi a un enorme dramma spirituale, nel quale ebrei e pagani sono uniti nello stesso rifiuto di Cristo, nella stessa violenza che porta alla sua condanna a morte.

A portare la Croce al Colosseo saranno il cardinale vicario Agostino Vallini, una famiglia romana, rappresentanti dell’Unitalsi e religiosi e laici di diversi Paesi, tra cui Egitto, Portogallo e Colombia dove il Papa si recherà in visita apostolica quest’anno.

Spettacoli / La Musica della Passione

L’arte racconta il sacro. Lo ha sempre fatto. Con i grandi capolavori della pittura e della scultura. E con la musica. Con le pagine che evocano la scena del Calvario, con Maria che sosta sotto la croce. Con il canto dell’alleluia di fronte al sepolcro vuoto. Pagine dove arte e fede si compenetrano. Dove il mistero innerva le note. e dove la musica suggerisce all’uomo l’afflato con il quale mettersi in contemplazione della salvezza che arriva dalla Pasqua. Pagine che risuonano nel cuore della Settimana Santa. Quando, a fronte di teatri che preferiscono tenere in scena titoli che forse poco si intonano al clima di riflessione che la Pasqua suggerisce, sono molte le istituzioni che mettono sul leggio i grandi capolavori sacri. Non senza sorprese. Ecco un cartellone per vivere, anche attraverso la musica, la Pasqua.

Giovedì Santo
Lo Stabat Mater, il canto per eccellenza di questi giorni, quello che racconta il dolore di Maria ai piedi della croce, risuona alle 20 al Teatro dell’opera di Firenze. La sequenza di Jacopone da Todi arriva nell’intensa versione di Giovanni Battista Pergolesi che, tradizione vuole, scrisse l’ultima nota della partitura il 17 marzo 1736, giorno della sua morte. Un capolavoro scritto per la Quaresima di quell’anno che a Firenze sarà proposto dalle voci di Thailda Marina Fogarasi e Sabina Beani. Lorenzo Fratini, alla guida di orchestra e coro femminile del Maggio musicale fiorentino, propone poi il raro Misereredi Johann Adolf Hasse affidato alle soliste Eloisa Deriu e Nadia Sturlese.

Lo Stabat Mater di Pergolesi è anche il cuore del concerto di Pasqua della fondazione Arena di Verona. Alle 20.30 al Teatro Filarmonico (replica domani alle 17) Francesco Ivan Cimapa, con le voci di Mihaela Marcu e Clarissa Leonardi, affiancherà la pagina del musicista napoletano a Vetrate di chiesa di Otorino Respighi, quattro quadri sinfonici che il compositore romano scrisse nel 1926.
“Altissima luce” è il titolo scelto dall’Accademia di Santa Cecilia per il concerto tutto affidato ai ragazzi e diretto da Ciro Viscovo con il coro di voci bianche e la JuniOrchestra dell’istituzione romana. Pagine che si ispirano al Laudario di Cortona e che risuonano alle 19.30 in sala Santa Cecilia con le voci di Maura Menghini e Simonetta Pelacchi e il coro di Mirco Rovelli.

Il sacro anche sul leggio dei musicisti dell’Orchestra sinfonica nazionale della Rai. All’Auditorium Toscanini di Torino alle 20.30 (replica domani sera) un programma che, dopo l’Adagio per archi di Samuel Barber, propone due pagine di Leonard Bernstein: prima i Chichester Psalms, tre movimenti datati 1965 e ispirati ai testi biblici, mentre alla liturgia ebraica si rifà laSinfonia n.3 Kaddish. Sul podio John Axelrod, Remo Girone voce

Venerdì Santo
Lo Stabat Mater protagonista anche dei concerti di domani. Alle 20.30 nel Duomo di Pozzuoli l’orchestra del Teatro San Carlo propongono la pagina di Pergolesi nella trascrizione, di rarissimo ascolto, che ne fece Giovanni Paisiello. La partitura, concepita per due soliste femminili, qui è affidata alle voci del soprano Maria Grazia Schiavo, del mezzosoprano Eufemia Tufano, del tenore Francesco Marsiglia e del basso Antonio Di Matteo. Sul podio Maurizio Agostini.

La Fenice di Venezia ha scelto invece lo Stabat Mater di Gioachino Rossini, una pagina dal respiro teatrale, dove il musicista descrive, quasi con un taglio cinematografico, la scena del Calvario. Alle inquadrature a tutto campo si alternano zoomate che scavano nell’anima dei personaggi per raccontare il dolore di Maria, ma anche la certezza che il sacrificio di Cristo non è vano. Appuntamento alle 20 nel teatro lagunare. Orchestra e coro del Teatro La Fenice saranno diretti da Myung-whun Chung. Solisti Carmela Remigio, Marina Comparato, Edgardo Rocha e Mirco Palazzi.

Il racconto delle ultime ore di vita di Cristo è quello che risona nella Passione secondo Giovanni di Johann Sebastian Bach. Dopo averla eseguita nel Duomo di Milano, i musicisti dell’ensemble barocco de laVerdi diretti da Ruben Jais la propongono alle 20 all’Auditorium milanese di largo Mahler.

Non un concerto, ma una riflessione originale tra parole e musica è quella che viene proposta nella basilica milanese di San Satiro (ore 12.45, ingresso libero): un percorso dal buio alla luce attraverso le parole del cardinale Carlo Maria Martini e di padre Silvano Fausti accompagnate all’organo da Matteo Galli.

Domenica di Pasqua
“Maria Stabat” è l’appuntamento cuore del Festival di Pasqua di Roma. Alle 18.30 nella basilica di San Paolo entro le mura in via Nazionale l’ensemble La Rossignol proporrà pagine barocche di raro ascolto, ma anche brani dalVespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi

Lunedì dell’Angelo
Anche lunedì appuntamento per il cartellone del Festival di Pasqua di Roma. Sempre alle 18.30 e sempre in San Paolo entro le mura l’ensemble Gli ottoni romani esegue pagine di Johann Sebastian Bach, Antonio Vivaldi, Girolamo Frescobaldi e Georg Friedrich Haendel.
Un’altra basilica, quella di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, alle 20.30 vedrà la Cappella musicale di Santa Maria dei Servi di Bologna diretta da Lorenzo Bizzarri proporre la Passione secondo Giovanni di Johann Sebastian Bach.

Avvenire