La parrocchia, la Parola e i poveri

La parrocchia ha ottime prospettive se è, rimane e si ostina a rimanere il luogo dove risuona la Parola. Del resto alla nostra generazione non manca il pane. E anche quando nella vita di alcuni nostri fratelli viene a mancare questo alimento necessario – il pane –, noi non possiamo offrirgli solo quello. Sarebbe tradire la loro vita. Perché noi non stiamo in piedi solo con il pane come una macchina non cammina solo con la benzina.

Ad una generazione che ha dimenticato la sua grandezza e ha buttato le istruzioni per l’uso dell’esistenza dobbiamo ricordare che noi siamo una realtà più nobile e più complessa di quello che appare e che il pane non basta. È utilissimo ma insufficiente.

Fede nella Parola

Senza rinunciare a tante attività buone e belle, ma senza diventarne schiavi e senza farsi assorbire completamente da altre cose tutte buone, la parrocchia deve dare spazio all’ascolto della Parola, anche se lì per lì può sembrare inutile, improduttivo, una perdita di tempo… far risuonare la Parola, farla vibrare con tutta la sua forza, farne sentire tutto lo scandalo (cioè la distanza che esiste tra i nostri pensieri e la sua logica), tirarne fuori tutta la sua bellezza e il suo fascino, la sua gustosissima sapienza, la sua dolce verità… è il seme della Parola che ha partorito i giganti e i fuoriclasse.

Qual è la qualità della nostra parola? La parola che porgiamo non può essere difficile, indecifrabile, incomprensibile più del latino di una volta, o scientifica, forbita e, tantomeno, vuota, un suono che non convince e non sveglia nemmeno chi la pronuncia, o la ripetizione noiosa di frasi fatte e scontate che chi ci ascolta già sa in partenza dove andiamo a parare. Prevedibili. Senza una sorpresa che riaccende l’attenzione!

La Parola deve uscire dalla bocca di un testimone, dal cuore di un innamorato, dagli occhi di chi ha veramente fissato uno spettacolo, da una vita appassionata!

Quando la Parola tocca la vita delle persone provoca tante reazioni, anche contrastanti, ma comunque accende sempre la vita. E anche se viene a sconvolgere, viene sempre a creare.

Incontrare gli adulti

È importantissimo che la piccola comunità cristiana parli a tutti e non si perda nessuna delle opportunità che le vengono offerte. Le parrocchie (e questo sì è un vero limite) sono pensate, strutturare e realizzate in vista dei bambini fino alla comunione o alla cresima per i più fortunati.

Chiesa, aule del catechismo (vengono ancora chiamate così), oratorio, calcetto, teatrino, biliardini… ma i grandi? Gli adulti? Quando li incontriamo? Come li incontriamo? Il nostro linguaggio è a misura di un uomo cresciuto e navigato? Oppure conserva il sapore e lo stile di quando parliamo ai bambini? È un po’ che non parliamo a loro, se non a pochissimi e con parole distanti dalla vita e disincarnate dalla realtà.

Sono loro che si allontanano o non è che stiamo dando loro una buona mano per andarsene? Fino a prova contraria, sono ancora tanti quelli che vengono a messa la domenica. Quanti vorrebbero avere di fronte lo stesso numero di persone che li ascolta! Ogni domenica! Ma qual è la qualità delle nostre omelie? Le omelie sono ormai diventate l’unica e prima evangelizzazione per gli adulti. Spesso lamentiamo lo svuotamento delle nostre chiese ma sarebbe utile chiedersi: “ma possibile che la Parola non riesca a trafiggere il cuori dei nostri contemporanei?”. Il Rabbì di Nazareth, quando parlava, provocava sempre tantissime reazioni immediate.

Nella mia piccola esperienza (10 anni da viceparroco e 11 da parroco), ho sempre avuto la sensazione che il catechismo ai bambini in proporzione a quanto si investe sia fallimentare. Mi ha sempre impressionato l’abbandono veloce e di massa, l’esodo di tutti i ragazzi già nelle scuole medie inferiori. Diceva don Mazzolari: «Così, il povero prete della parrocchia – non quello di parata – ha spesso l’impressione che la sua fatica non prenda più. Nessuna comprensione, nessuna risposta, nessuna reazione. La distanza aumenta, la solitudine intorno alla parrocchia, nonostante il moltiplicarsi delle iniziative, aumenta. C’è nel popolo una resistenza silenziosa. Di quanta fede ha bisogno questo povero parroco per resistere alla tentazione di scappare in convento o di rimanere con gli occhi e il cuore chiuso!».

Ricordo a Napoli un bambino vispo, Antimo, intelligentissimo, che la domenica mi aiutava, con i suoi interventi, a fare l’omelia nella messa con più bambini, e con una bellissima famiglia alle spalle che non trascurava affatto la trasmissione della fede ai figli. Ebbene, pochi anni dopo si è dichiarato ateo. Chissà se conosceva il significato di quello che diceva, però era sicuro che preferiva prendere le distanze da una cosa che poco prima amava e seguiva.

È un esodo massiccio e un cambiamento repentino che non può non impressionarci. Va bene ma non possiamo lamentarci poi neanche più di tanto se i ragazzi ci lasciano, perché comunque a loro qualcosa la diciamo e forse questa semina che adesso non mostra frutti può portare domani frutti inaspettati.

Ma gli adulti? Quando parliamo a loro? Dobbiamo accelerare i nostri passi verso di loro e non perdere nessuna delle occasioni che le circostanze ci danno. Preparazione al matrimonio (spesso questo è il primo contatto da adulti con la comunità e con il Vangelo), preparazione al battesimo, benedizione delle famiglie nelle case, cura degli ammalati, vicinanza nel momento della morte, anniversari, catechismo (ho trovato e trovo utilissimo, nella mia esperienza, incontrare i genitori dei bambini che fanno il catechismo; mentre i bambini sono con i catechisti, io, parroco, incontro i genitori. Tutte le volte. Sempre.), confessione e disponibilità al dialogo (quanta gente chiede di parlare e di essere ascoltata!)…

Certo, chiunque legge può dire: “ma queste sono cose che si sono sempre fatte!” Certo!? Come prete che lavora a tempo pieno nella pastorale da 21 anni oso avanzare qualche dubbio. Ma, ammesso anche che si siano sempre fatte (ed è vero che le abbiamo fatte e tante volte sono state fatte bene), sono queste le cose che dobbiamo continuare a fare. Dobbiamo puntare agli adulti senza perdere nessuna delle opportunità che ci vengono continuamente sotto il naso, prima di mettere in programma e in calendario altre iniziative.

Spesso possiamo trovarci nella condizione comica di chi è lì a fare programmi e a pensare e preparare iniziative e a non saper leggere l’ordine del giorno che ci suggerisce la vita. Un po’ come quei genitori che fanno le case per i propri figli e questi, per diverse ragioni, non le abiteranno mai. E forse un giorno si sentiranno pure dire: “e chi ve l’ha fatto fare?”. Certo che dobbiamo avere qualche idea, ma non dobbiamo esserne troppo affezionati. Anche gli apostoli sanno che da Gerusalemme devono arrivare fino ai confini della terra, ma non sanno come.

Dobbiamo ritornare a offrire nelle nostre parrocchie la Parola. Del resto, è questa ciò che chiama, convoca, mette insieme, ci avvicina, ci fa corpo e ci fa fratelli.

I poveri

Credo proprio che siamo alla vigilia di tempi che porteranno nuovi frutti e abbondanti. Molti hanno intravisto una stagione nuova in un’attenzione che le comunità devono offrire ai poveri, che sono sempre stati i prediletti del Padre Celeste (basti pensare a don Primo Mazzolari, a don Tonino Bello, allo stesso papa Francesco): «E i poveri sentono che non hanno più il primo posto nel cuore del parroco e si allontanano anche dalla Chiesa. Se ne sono già allontanati. Per cui abbiamo chiese belle e ricche e riscaldate anche, d’inverno, ma così vuote, così desolatamente vuote, come il cuore di un prete senza poveri» (Mazzolari). Questa sarebbe davvero una conversione pastorale!

Sono sicuro che saranno loro, i poveri, a salvarci. Saranno i poveri, gli ultimi, i falliti, la gente con il cuore spezzato, gli scarti del mondo, quelli che sbarcano, quelli che sono distrutti e offesi, quelli senza pane e senza vita, quelli senza storia e senza nome, quelli abbandonati e messi alle porte, quelli che piangono e agonizzano, quelli che si perdono e sono sbandati, coloro che non vengono mai ascoltati, che non contano nulla, coloro ai quali non si chiede mai il parere, ai diseredati, proprio quelli che bussano alle nostre porte e ci disturbano, saranno loro che rinnoveranno le nostre comunità, con le loro lacrime e il loro lamento, con le loro sofferenze e le loro insistenze, con le loro richieste e il loro grido ci spingeranno a essere ciò che dobbiamo essere, a fare ciò che dobbiamo fare, a dire ciò che dobbiamo dire.

Sono i poveri che hanno suscitato campioni come Giovanni Bosco, Pino Puglisi, Lorenzo Milani, Mario Operti, Luigi Ciotti, Giuseppe Diana, Maurizio Patricello, Oreste Benzi… sono stati sempre loro a salvarci, a portaci fuori dal pantano e a ridarci slanci e grandezza e saranno loro a portarci fuori anche da questa situazione che ci appare grigia e ferma. Ne sono certo loro sapranno indicarci la strada per uscire e ci offriranno soluzioni che noi neanche immaginavamo. Ma già lo fanno. Lo hanno sempre fatto. Forse è per questo che il Signore ci ha detto che sarebbero stati sempre con noi, perché sarebbero stati loro sempre, lungo i tempi, a prenderci per mano e a riportarci all’essenziale, al necessario, al bello, al Vangelo. I poveri ci hanno sempre aiutato molto più di quanto abbiamo fatto noi per loro.

E poi è assurdo pensare che la parrocchia dipenda solo da noi. Ci sono alcuni preti che pensano che prima di loro non c’era niente e dopo di loro tutto crollerà. Sono degli autentici uomini di fede perché credono fermamente e solamente in se stessi (temo, però, che abbiano poca fiducia in Dio). Non è solo l’offerta che crea il mercato. È la domanda che lo genera. Sono i poveri che bussano, non solo i poveri di pane anche quelli smarriti, quelli persi, quelli spenti, quelli soli, delusi, falliti, feriti, malati, aggrovigliati dentro a catene assurde, quelli impantanati… sono loro che fanno la comunità cristiana.

settimananews

LA PAROLA 28 febbraio 2016 Domenica S. Romano abate 3.a di Quaresima

bibbia.viaggio.tv

Il Signore ha pietà del suo popolo
Liturgia: Es 3,1-8a.13-15; Sal 102; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9

PREGHIERA DEL MATTINO
Signore, sappiamo che tu sei poco incline alla collera, che sei ricco di clemenza e paziente con la nostra fragilità, che sai aspettare. Noi abbiamo bisogno di vivere, di approfittare di quel “cento per uno” che ci prometti già in questa vita. Non vogliamo più perdere tempo. Aiutaci dunque a vivere con attenzione, dissipa in noi le ombre del dubbio. Fa’ che la nostra libertà aderisca, senza calcoli e senza ritardi, a te che sei la vita.

ANTIFONA D’INGRESSO
I miei occhi sono sempre rivolti al Signore, perché libera dal laccio i miei piedi. Volgiti a me e abbi misericordia, Signore, perché sono povero e solo.

COLLETTA
Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

PRIMA LETTURA (Es 3,1-8a.13-15)
Io-Sono mi ha mandato a voi.
Dal libro dell’Èsodo
In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.
Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 102)
Il Signore ha pietà del suo popolo.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Il Signore ha pietà del suo popolo.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
Il Signore ha pietà del suo popolo.
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.
Il Signore ha pietà del suo popolo.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quando il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli
che lo temono.
Il Signore ha pietà del suo popolo.

SECONDA LETTURA (1Cor 10,1-6.10-12)
La vita del popolo con Mosé nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO (Mt 4,17)
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

VANGELO (Lc 13,1-9)
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola del Signore.

OMELIA
La narrazione della vocazione di Mosè implica anche la rivelazione del nome di Dio: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. La curiosità provocata dal prodigio del roveto ardente spinge Mosè ad avvicinarsi; dal roveto, Dio chiama Mosé per due volte. Al patriarca, che manifesta disponibilità, il Signore rivela un progetto di liberazione, da comunicare al popolo. E in seguito, ad una domanda di Mosè, Dio dichiara il proprio nome: “Io sono colui che sono”, e aggiunge: “Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”. In realtà, forse Mosè non avrà capito la frase “Io sono colui che sono”, cioè sono colui che fa esistere, colui che ti è presente, colui che sarò, e come tale mi manifesterò. Informato sull’identità di Dio, Mosè accetta di annunziare la salvezza, trasmettendo le parole divine: “Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese, verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele”. Si entra decisamente nella spiritualità pasquale: la liberazione profetica di Israele dall’Egitto è la prefigurazione della libertà offerta da Cristo attraverso i sacramenti. San Paolo ricorda ai Corinzi il comportamento degli Israeliti nel deserto, le mormorazioni contro Mosè e contro il Signore; quei cristiani sono edotti sul divieto di mormorare. Inoltre si ricorda il miracolo dell’acqua uscita dalla roccia, “e quella roccia era il Cristo”. L’interpretazione degli eventi è pienamente cristologica; si allude al battesimo. In questa domenica di Quaresima, la fede è formata con una riflessione sulla liberazione dall’Egitto e sull’acqua uscita da una roccia che accompagnava il popolo: questo testo è essenziale per formare i catecumeni, i futuri cristiani e rafforzare la fede pasquale dei battezzati. Con l’evangelista Luca si riflette invece sui segni dei tempi, con un tentativo di capire episodi violenti della storia di Israele, e questo prendendo spunto dalla parabola del fico sterile. Per i profeti, il fico era il simbolo dell’infedeltà di Israele, e dell’attesa dei frutti. Il Signore concede ancora un po’ di tempo per fruttificare. La Quaresima è un tempo di grazia che Dio ci presenta per conformare la nostra fede all’evento pasquale: non bisogna perdere tempo! O, con le parole bibliche: “Il tempo si è fatto breve”… (Padri Silvestrini)

PREGHIERA SULLE OFFERTE
Per questo sacrificio di riconciliazione perdona, o Padre, i nostri debiti e donaci la forza di perdonare ai nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.

ANTIFONA ALLA COMUNIONE
“Se non vi convertirete, perirete”, dice il Signore.

PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE
O Dio, che ci nutri in questa vita con il pane del cielo, pegno della tua gloria, fa’ che manifestiamo nelle nostre opere la realtà presente nel sacramento che celebriamo. Per Cristo nostro Signore.

MEDITAZIONE
Quando si leggono con attenzione i Vangeli, viene alla luce una convinzione, che si afferma a poco a poco: Cristo è legato alla vita dell’uomo più di quanto non lo sia l’uomo stesso. Tutto quello che egli dice o fa è detto o fatto perché l’uomo dia i suoi frutti, perché conosca una gioia completa. È così che ci spieghiamo l’ammirazione che egli suscitava e i profondi cambiamenti che il suo incontro provocava.
Era così duemila anni fa, ed è così ancora oggi. Chi non si è sentito più di una volta commosso da parole o da gesti semplici che lo hanno aiutato a contemplarsi in una luce nuova, che apriva l’orizzonte della sua stessa vita alla possibilità di un’umanità più giusta, più ricca di senso? In realtà, sono parole e gesti con i quali Cristo tocca ancora oggi il cuore dell’uomo.
Quando l’uomo, indovinando il bene che gli viene proposto, si lega a lui, e segue la via che ha scoperto, facendo più attenzione – interrogando, chiedendo, fino a mettere in secondo piano ciò che allora gli interessava -, allora dà prova di una attitudine umana, morale. È possibile che fino a quel momento egli abbia vissuto trascurando e dimenticando i doveri che devono essere convenzionalmente rispettati. Ma quando egli incontra qualcosa di grande, non si lascia scappare l’occasione: ha riconosciuto la grande promessa che essa contiene e l’ha seguita. E anche se la fragilità lo accompagna sempre, l’orientamento della sua vita è nel senso giusto. La sua vita darà frutti.
Al contrario, si può essere ben consolidati in uno stato dove tutto è talmente calcolato e previsto in anticipo che rimane poco spazio per la libera iniziativa di Dio. È ciò che è accaduto alla maggior parte del popolo di Israele. Ed è ciò che accade, molto spesso, all’uomo che compie i suoi doveri ma che è immorale nel momento decisivo, non riconoscendo o non volendo seguire il fatto nuovo che Dio pone nella sua vita. E si condanna da solo a non portare frutti.
Ma Dio non rinuncia mai alla felicità dell’uomo. Non cesserà di dargli la sua occasione, fino a quando ce ne sarà il tempo.
CALAVIA BALDUZ

laparola.it

Per dirla con Montale: il cristiano è colui che è «agli altri e se stesso amico» perché porta una Parola che non è sua

di Sergio Di Benedetto | 02 gennaio 2016
Per dirla con Montale: il cristiano è colui che è «agli altri e se stesso amico» perché porta una Parola che non è sua (consapevole di non meritarla di doverla maneggiare con cura)

In principio era il Verbo… o meglio la Parola, il Logos, che nella Vulgata venne reso come Verbum (termine che appunto in latino significa parola) e che così poi è rimasto nella traduzione italiana. Dio è Parola e per mezzo della Parola è stato creato il mondo. Una Parola che è «vita», «luce» e «grazia» e che a quanti l’accolgono permette di «diventare figli di Dio».

Serve umiltà, perché non siamo noi a possedere la Parola di Verità, ma Essa ad abitare in noi, se siamo capaci di aprirle la nostra vita. Non ci sono meriti da accampare. L’uomo, da solo, non può che balbettare, come una nota poesia di Eugenio Montale dice chiaramente:

«Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Guarda qui una trasposizione video della poesia

Il testo, datato 10 luglio 1923, fa parte della prima raccolta del poeta ligure, Ossi di seppia, edito nel 1925. Credo che le quartine montaliane potrebbero essere messe a fianco del Prologo di Giovanni per stimolarci a riflettere sul dono che la Parola rappresenta per la vita di un cristiano. L’uomo non possiede per sua natura una parola che abbracci il mondo, che dia un senso, che «squadri» il groviglio della vita, apparendo come un croco, giallo ed evidente, in un «polveroso prato». È il limite della creatura, la quale non è capace, da sola, di elaborare una «formula» che possa aprire il mondo; al massimo può arrivare a definizioni negative: «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Questo è dunque l’uomo. Ma qui si innesta la grazia di Dio, perché la «Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». È Lui che abita in noi, che prende dimora in noi, e non il contrario. È bandita ogni superbia, ogni pretesa di usare la Parola per mettere in evidenza se stessi e marcare differenze con coloro che quel Verbo «non l’hanno accolto». Il Vangelo sembra ammonirci: il cristiano non è colui che, per dirla con Montale, «se ne va sicuro» perché è migliore; non è colui che rifiuta di guardare la sua «ombra», quasi non l’avesse; ma è colui che è «agli altri e se stesso amico» perché porta una Parola che non è sua, consapevole di non meritarla e che è da maneggiare con cura, perché «la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» e non per mezzo nostro.

È un dono che il tempo natalizio rinnova, insieme alla responsabilità di essere «figli di Dio»: con quel «in principio», eco della Genesi, abbiamo un dono che ci permette di essere creature nuove in una nuova direzione della storia.

avvenire.it

 

QUARESIMA 2015 GRUPPI di Ascolto della Parola nelle famiglie

Preghiera e meditazione sulla Parola di Dio con la guida di animatori preparati da don Fabrizio

MARTEDÌ 24 Febbraio, 3-10-17-24 marzo ore 21-22

– famiglia Ruozi via Ampère, 2 tel. 0522.506363

– famiglia Zanetti via Costituzione, 1

 

MERCOLEDÌ 25 Febbraio, 4-11-18-25 Marzo ore 21-22

– famiglia Falbo via Emilia S. Stefano, 27

 

GIOVEDÌ 26 Febbraio, 5-12-19-26 Marzo ore 17-18

– famiglia Lindner via Guasco, 33 tel. 0522.439989

 

DOMENICA 22 Febbraio, 1-8-15-22 Marzo ore 17-18

– in S. Zenone Monica Fabrizia, Moretti Maura