La Terra Santa ha bisogno di abbattere i muri di pietra e dello spirito

L’intervista di monsignor Lazzarotto a Radio Vaticana nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, durante l’incontro con i vescovi europei e nordamericani
Domenico Agasso Jr.
Roma – vaticaninsider

«I muri materiali si possono abbattere solo se abbattiamo i muri dello spirito. Quella è la cosa essenziale. Fin quando non si abbattono i muri che ognuno di noi porta dentro di sé, non sarà possibile abbattere altri muri, anzi se ne costruiranno di nuovi, che è ancora peggio. Bisogna, quindi, prima di tutto, lavorare e impegnarsi per abbattere i muri che abbiamo dentro di noi e fare in modo che non crescano muri dentro di noi»: lo ha affermato mons. Giuseppe Lazzarotto, nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, ai microfoni di Radio Vaticana durante l’incontro con i Vescovi europei e nordamericani, che in questi giorni stanno compiendo il loro annuale pellegrinaggio di solidarietà.

«Il momento che stiamo vivendo in Terra Santa – ha detto – è certamente difficile, perché ci sono tante cose che, almeno apparentemente, lavorano contro la pace, l’intesa, la convivenza pacifica e fraterna di tutte le comunità in Terra Santa. Ci sono, però, anche segni di speranza». E questi segni di speranza «noi li dobbiamo individuare – ha sottolineato – facendo in modo che siano più visibili e portino i frutti auspicati».

Sull’accordo economico tra Israele e Santa Sede il nunzio apostolico ha dichiarato: «Si farà. Ci stiamo lavorando e siamo a buon punto. Naturalmente come in ogni accordo ci sono dei punti che devono essere meglio definiti, meglio espressi. La cosa importante è non lasciare spazi vuoti, che poi possano essere usati contro lo spirito dell’accordo. Questo è importante per noi: che l’accordo venga definito in maniera positiva, in modo che anche l’interpretazione che verrà data all’accordo aiuti a realizzare lo scopo per cui questi accordi stessi vengono firmati, altrimenti rischiano di rimanere solo elementi fissati sulla carta, che poi non trovano una corrispondenza nella vita di tutti i giorni, nella vita della nostra comunità».

È tornato in Terra Santa dopo trent’anni, mons. Lazzarotto, e vi ha «trovato delle cose nuove, e non tutte migliori. Ci sono difficoltà nuove, diverse, che si sono create, ma quello che noto, e che mi ha fatto piacere, è che in tutti c’è una coscienza più forte di quello che dovremmo riuscire a realizzare e ad essere in questa terra e – cosa molto importante – anche da parte della comunità cattolica: mi riferisco al fatto che vengono moltissimi pellegrini in questi ultimi mesi. E’ stato rilevato – ha continuato – un aumento molto grande del numero dei pellegrini e questo è un buon segno, perché vuol dire che questa coscienza è viva e interessa non solo alcuni gruppi limitati o alcuni gruppi in particolare, ma la Chiesa in quanto tale ed anche altre comunità al di fuori della Terra Santa. So che per molti anni – ha aggiunto – a causa delle difficoltà, soprattutto durante la prima e seconda Intifada – e tra le due – i pellegrinaggi erano quasi scomparsi. Questo ritorno è un segno molto positivo».