Blog di notizie varie (a cura redazione Chiesa S. Stefano – Reggio Emilia)
San Valentino metterebbe a rischio un’intera società e minaccerebbe di attivare nei giovani un processo di avvicinamento a celebrazioni “pagane” che potrebbe presto coinvolgere il Natale cristiano.
Una visione che – sebbene condivisa con varie sfumature nei Paesi di stretta osservanza islamica – evidenzia le contraddizioni del Pakistan, secondo Paese musulmano al mondo come popolazione che da giorni si preparava alla giornata odierna con slancio commerciale e qualche apprensione.
Al vertice della sconfessione di una celebrazione fatta propria, spontaneamente, da una consistente parte del globo lontana dai Paesi di tradizione cristiana dov’è nata, lo stesso presidente Mamnoon Hussain. Rivolgendosi venerdì agli studenti per ricordare un eroe dell’indipendenza, ha non solo segnalato che «San Valentino non fa parte della tradizione musulmana», ma anche che «non ha alcun punto di contatto con la nostra cultura e non dovrebbe essere osservata».
Un giornale conservatore in lingua urdu ha pubblicato uno spazio pubblicitario pagato da un’azienda locale. «Riflettete – ha esortato i lettori –. Domani i nostri figli potrebbero iniziare a celebrare il Diwali indù o il Natale cristiano e chissà quali altre celebrazioni non islamiche. Perciò cacciamo questo festival di oscenità dalle nostre vite».
Una concezione alla base della risoluzione di censura votata all’unanimità dall’assemblea provinciale del Khyber Pakhtunkhwa. «Non c’è posto nella nostra cultura e nella nostra civiltà per un giorno così inutile e osceno il cui scopo è far crescere volgarità e indecenza nei nostri giovani», si legge nella risoluzione. Se da parte della massima carica del Paese la presa di posizione sembra essere l’ennesima concessione ai radicali che tengono in ostaggio il Pakistan, quella dei politici del Khyber Pakhtunkhwa è nel segno dell’opportunismo.
Non a caso gli islamisti sono al potere dove prevalgono logiche tribali, oscurantismo e interessi particolari. Gli stessi che alimentano la casistica dei delitti d’onore, degli attacchi alle scuole femminili, dello stupro di donne delle minoranze per costringerle alla conversione e al matrimonio, degli agguati ai vaccinatori anti-polio.
Tuttavia, la necessità di imporre il divieto indica anche il timore dei gruppi radicali verso una società che faticano a imbrigliare. Non a caso alla vigilia di San Valentino si è riaccesa la tensione fra favorevoli e contrari. Non a caso la proibizione decretata a Kohat è stata ritirata di fronte all’opposizione dell’opinione pubblica. Non a caso, come in molte altre città, i negozi di Peshawar, capoluogo del Khyber Pakhtunkhwa in mano al Jamaat-e-Islami, hanno ancora una volta esposto palloncini, cuori e orsetti rossi, cioccolato e rose.
Avvenire
Londra, 20. Zainetto rosa in spalla, Malala Yousafzai, è tornata a scuola. La quindicenne pakistana che era stata aggredita dai talebani lo scorso ottobre per via del suo attivismo a favore dell’istruzione per le donne in Pakistan e che con il suo coraggio e la sua forza aveva commosso il mondo, ha trascorso ieri il primo giorno nella sua nuova scuola nel Regno Unito, a Birmingham, dove si è trasferita con la famiglia. «È il giorno più importante della mia vita», ha detto la ragazza che è sopravvissuta con grande forza a due difficili operazioni al cranio, l’ultima delle quali eseguita lo scorso 8 febbraio. «Questo — ha ripetuto sorridente — è il momento più felice, tornare a scuola. È ciò che ho sognato e credo che tutti i ragazzi dovrebbero potere andare a scuola, è un loro diritto».
(©L’Osservatore Romano 21 marzo 2013)
Ventuno soldati pakistani, sequestrati dai talebani due giorni fa durante un attacco a tre posti di controllo alla periferia di Peshawar, sono stati uccisi. Lo riferiscono le autorita’ locali. “Abbiamo trovato i cadaveri crivellati di proiettili di 21 membri dei servizi di sicurezza in una zona disabitata”, ha dichiarato il funzionario locale, Naveed Akbar. I cadaveri sono stati trovati a circa 4 km dalla zona in cui i soldati, componenti di un’unità paramilitare, erano stato rapiti.
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