Via a Padova il Festival musica sacra

Prende il via oggi la quinta edizione della rassegna di musica sacra “In Principio” nata dalla collaborazione tra l’Orchestra di Padova e del Veneto, l’Ufficio per la Liturgia della Diocesi di Padova e le parrocchie del centro storico. Ad aprire questa edizione sarà questa maattina alle ore 9.30, al Teatro del Seminario vescovile, una conferenza-conversazione sul tema del canto e della musica per la liturgia, dal titolo “Concordia Discors”, che vede la partecipazione straordinaria di mons. Giuseppe Liberto, maestro emerito della Cappella musicale pontificia Sistina (1997-2010). Quale musica per accompagnare la liturgia? Come l’arte aiuta la Chiesa a trasmettere il messaggio divino attraverso le note e le forme del visibile? Sono solo alcune delle domande sul tavolo dei relatori. Alla lectio magistralis di mons. Giuseppe Liberto sul tema “Concordia Discors” e all’intervento del maestro Marco Angius, direttore musicale e artistico dell’Orchestra di Padova e del Veneto sul tema Musica, modernità e sacro, seguirà l’esecuzione, in prima assoluta, di Echi dalla memoria di una lettera – per archi e mezzosoprano – del compositore contemporaneo Christian Cassinelli (presente in sala) con la partecipazione dell’Orchestra di Padova e del Veneto e del mezzosoprano Chiara Osella. Dirige Cesare Della Sciucca.

Domani un altrettanto atteso appuntamento, alle ore 21 nel Salone della Ragione, Musiche per il Paradiso di Dante di Salvatore Sciarrino, con la partecipazione della compagnia Anagoor.

Basilica di S.Antonio a Padova

Van Gogh a Padova e l’eroismo dell’arte

Forse lo stesso Van Gogh li avrebbe immaginati così, tutti in fila, su una parete , in un sentimento di vicinanza e di calore, quasi di affetto. Ma vedere i grandi ritratti del pittore olandese allineati in una stessa sala, dal quello del sottotenente Miliet, a quello di Joseph-Michel Ginoux, fino al postino e all’arlesiana, in un trionfo di giallo di verde e di blu, tutti gli amici di Arles, in un’esplosione di colore impressionante è davvero una grandissima meraviglia, da togliere il fiato. La sala è il cuore della mostra ”Van Gogh. I colori della vita”, al Centro San Gaetano di Padova dal 10 ottobre all’11 aprile, in tutto 96 opere di cui 82 del pittore divisi a metà circa tra quadri e disegni, distribuiti in sette sezioni e sette sale, in ordine cronologico, proveniente da tutti i grandi musei del mondo, ma in modo massiccio (74) soprattutto dal Kroller-Muller Museum, che possiede la seconda più vasta collezione al mondo di opere di Van Gogh. E per quelle 14 opere che non sono sue, si parla di Gauguin, Seurat, Signac, Hiroshige, in quadri meravigliosi che hanno un preciso rapporto con il percorso artistico ed esistenziale del pittore olandese.
Ma ad aprire il percorso sono tre grandiose tele di Francis Bacon, che già da sole varrebbero il viaggio a Padova, in cui il gigante della seconda metà del Novecento si confronta con un quadro emblematico di Van Gogh, Il pittore sulla strada di Tarascona, andato distrutto, per realizzare una serie di Studi per un ritratto di Van Gogh. ”E’ il punto di partenza – spiega il curatore Marco Goldin – di una mostra che, insieme al libro che la accompagna, vuole riscrivere la vita e l’opera del grande artista olandese, attraverso la lettura del suo epistolario. Con l’immagine del pittore come eroe da cui parte, e soprattutto nella convinzione che Van Gogh non fosse per niente pazzo”. Si perché il 15 ottobre sarà anche in libreria per La Nave di Teseo, ”Van Gogh. L’autobiografia mai scritta”, un poderoso volume di 700 pagine in cui lo storico dell’arte che da oltre 20 anni si occupa del grande pittore ha ritradotto e dato senso al suo epistolario (”che poi andrebbe anche considerato tra le grandi opere letterarie del suo secolo”, dice Goldin) rileggendone la vita.
Anche la mostra infatti, nelle sue sette sezioni che contengono i maggiori capolavori realizzati dall’olandese – dall’Autoritratto con il cappello di paglia, Il seminatore, i vari campi di grano, i paesaggi attorno al manicomio di Saint-Remy e molti altri – è organizzata in senso strettamente cronologico ripercorrendo le fasi e i colori della vita dell’artista che in dieci anni rivoluzionò il mondo dell’arte.
Si parte sempre dai luoghi, dalla miniera di Marcasse a Etten, con il cupo grigiore dei primi disegni ad indagare il dolore e la fatica; a Sien e il tempo dell’Aia; Nuenen tra tessitori e contadini, ”dove il paesaggio inizia ad affacciarsi dalle finestre delle case”, dice ancora Goldin; all’esplosione di Parigi, ”dove inizierà a confrontarsi con il mondo dell’arte moderna”; fino all’anno decisivo, il 1888 ad Arles tra i colori della Provenza, quindici decisivi mesi in cui realizza circa 200 quadri; e poi la fine del viaggio a Saint-Remy nell’istituto di cura per malattie mentali dove ruba dalla finestra il paesaggio della Provenza.
La mostra si chiude con la grande foto delle tombe affiancate di Vincent e di suo fratello Theodore, Theo, colui al quale sono indirizzate gran parte delle lettere, il gallerista che lo ha mantenuto destinandogli il 15-20% dei suoi guadagni negli ultimi dieci anni della sua vita, quando decide appunto, dopo tanti lavori ed altrettanti fallimenti, che l’arte sarà la sua missione. ”Van Gogh non era pazzo come viene dipinto in modo pittoresco dal cinema per esaltarne il lato maledetto – spiega Goldin e anche il suo rapporto con la famiglia era si conflittuale ma anche di un fortissimo legame”. Lo spiega a fondo questo viaggio nella sua opera e nei suoi sentimenti che è, come i circa 150 km che Vincent faceva in un paio di giorni, un atto altrettanto eroico e faticoso in un momento in cui un pandemia che non è finita mette a rischio ogni elemento della nostra vita. Ci saranno quindi visite contingentate nei tempi, e tutte le accortezze del caso per una occasione da non perdere assolutamente.
La mostra è promossa da Linea d’Ombra, e dal Comune di Padova, con la collaborazione del Kroller-Muller Museum e il Gruppo Baccini come main sponsor.

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Padova ricorda Sant’Antonio. Il Papa: patrono dei poveri

 Padova. Sacra rappresentazione del Transito di Sant'Antonio

Con l’antica sacra rappresentazione del Transito all’Arcella, il quartiere che accolse il Santo in fin di vita, la cittadina veneta dà il via alle celebrazioni della memoria liturgica del suo patrono e le campane di tutte le chiese suoneranno a festa. Anche il Papa, oggi, durante l’udienza generale, ha voluto ricordare che “domani ricorre la memoria liturgica di Sant’Antonio di Padova, insigne predicatore e patrono dei poveri e dei sofferenti” esortando a chiedere la sua intercessione perché “aiuti a sperimentare il soccorso della misericordia divina”.

La rievocazione delle ultime ore di vita del Santo

Il Transito di Sant’Antonio rievoca, in costumi d’epoca, e celebra l’ultimo viaggio da Camposampiero a Padova di frate Antonio, che sentendosi prossimo alla morte chiese di essere portato nell’amato convento padovano di Maria Mater Domini, primo nucleo della basilica antoniana. Gli Statuti del Comune di Padova stabilirono fin dal 1276 che l’inizio della festa in onore del Santo dovesse avvenire dopo l’ora nona del giorno della vigilia, cioè il 12 giugno. E anche quest’anno, sarà così: la sacra rappresentazione partirà alle 20.30 da piazzale Azzurri d’Italia e culminerà al Santuario dell’Arcella con il tradizionale concerto delle campane di tutta la città che annuncia la nascita al Cielo di Antonio ed evoca la leggenda delle campane di Lisbona – dove nacque il Santo – che avrebbero suonato spontaneamente proprio nel momento in cui il religioso spirava a Padova.

Negli stessi luoghi che nel XIII secolo accolsero Antonio

Le scene cui daranno vita gli oltre 150 figuranti in parata lungo le vie del quartiere Arcella narrano l’arrivo di frate Antonio a Padova, su un carro trainato da buoi, e la sua morte. Tratte dal testo dell’Assidua, la prima biografia scritta pochi anni dopo la morte del francescano, verosimilmente da un testimone oculare, probabilmente fra Luca Belludi, fedele confratello di Antonio, rievocano: il viaggio di Antonio da Camposampiero, l’incontro con frate Vinotto, l’arrivo al Monastero della Cella, la costernazione delle “Povere Dame” (le Clarisse), l’agonia del Santo. Il corteo storico ripercorre gli stessi luoghi toccati da Sant’Antonio circa otto secoli fa. L’ultima scena, l’agonia prima delle fatidiche parole “Video Dominum meum” (“Vedo il mio Signore”) con le quali il Santo concluse la sua vita terrena, si svolge all’interno del Santuario dell’Arcella, di fronte alla “Cella del Transito”. È il sacello che da secoli viene tramandato come il luogo della morte del di Sant’Antonio davanti al quale sosteranno i fedeli per il loro omaggio al taumaturgo.

Le celebrazioni del 13 giugno

Domani le solenni celebrazioni nella basilica pontificia di Sant’Antonio, nei pressi di Prato della Valle. Alle 11.00 la Messa pontificale presieduta da mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, e nel pomeriggio, dopo la celebrazione delle 17.00, la processione con le reliquie e la statua del Santo. Quest’anno, ha spiegato in un messaggio alla famiglia antoniana il rettore della basilica p. Oliviero Svanera, le celebrazioni in onore di Sant’Antonio si ispirano al tema dell’incontro nel ricordo dell’incontro di San Francesco nel 1219 con il sultano d’Egitto a Damietta e, nello stesso anno, di quello di Antonio – quando era ancora monaco agostiniano – con i frati minori a Coimbra. “Per entrambi c’è stata un’avventurosa scoperta dell’altro – scrive p. Svanera – che non è mai del tutto uguale a me, ma mi sorprende per la sua diversità e apre squarci di vita nuova e inattesa”. In particolare, riferendosi agli incontri che Antonio ha vissuto durante la sua vita, il rettore della basilica antoniana sottolinea che l’altro per Antonio di Padova è il musulmano, l’eretico, il peccatore, il povero, il potente, lo straniero cui bisognerebbe guardare con la “consapevolezza che siamo tutti fratelli, prossimi responsabili l’un dell’altro, perché figli di un unico Padre”.

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Nomine Papa Francesco. Nuovi vescovi per Padova e Ozieri

POPE: GENERAL AUDIENCE

Papa Francesco ha chiamato due parroci alla guida delle diocesi di Padova e Ozieri. Nuovo vescovo della città veneta è monsignor Claudio Cipolla, nato a Goito 60 anni fa, finora parroco di “Sant’Antonio” di Porto Mantovano. Succede a monsignor Antonio Mattiazzo, che lascia per raggiunti limiti di età. Nuovo vescovo di Ozieri, in Sardegna, è don Corrado Melis, 52 anni, sardo, finora parroco a Santa Barbara a Villacidro.

Monsignor Claudio Cipolla è nato a Goito, in provincia e diocesi di Mantova, l’11 febbraio 1955. Ha frequentato il corso di studi medi superiori al Seminario minore della diocesi di Mantova, proseguendo gli studi teologici e filosofici presso il Seminario maggiore della stessa diocesi. È stato ordinato Diacono il 16 dicembre 1978 ed ha ricevuto l’ordinazione presbiterale il 24 maggio 1980 nella Basilica Concattedrale di Sant’Andrea, a Mantova, per le mani di Carlo Ferrari, allora Vescovo di Mantova. È stato Vicario parrocchiale della parrocchia di Ognissanti, a Mantova dal 1980 al 1989; Assistente della branca Esploratori e Guide dell’AGESCI dal 1980 al 1990; Vicario parrocchiale della parrocchia dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, a Cedole, dal 1989 al 1990; Assistente provinciale dell’AGESCI dal 1989 al 1992; Direttore della Caritas diocesana dal 1990 al 2008; dal 1998 fino ad oggi è Parroco della parrocchia di Sant’Antonio di Porto Mantovano e dal 2008 è anche Vicario Episcopale per il Settore Pastorale. È stato anche Responsabile diocesano per la preparazione dei Convegni Nazionali della Chiesa Italiana a Palermo (1995) e a Verona (2006), e Membro della Delegazione diocesana agli stessi Convegni; Membro del Collegio dei Consultori (2009-2014), del Consiglio Pastorale Diocesano e della Commissione per la Formazione Permanente del Clero. È Membro ratione officii del Consiglio Episcopale (2014-2017) e del Consiglio presbiterale (2012-2016). Dal 27 ottobre 2011 è Cappellano di Sua Santità.

Il reveverendo Corrado Melis è nato a Sardara, nella diocesi di Ales-Terralba, l’11 marzo 1963. Nel 1974 è entrato nel Seminario minore diocesano di Villacidro, e dopo la maturità al Ginnasio Liceo “E. Piga”, ha seguito il regolare corso di studi per il presbiterato presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna a Cagliari (1983-1988), conseguendovi la Licenza in Teologia. È stato ordinato sacerdote il 25 giugno 1988, incardinandosi nella diocesi di Ales-Terralba. Dopo l’ordinazione presbiterale ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale nella parrocchia Santa Barbara a Villacidro e Assistente diocesano dei Giovani di Azione Cattolica (1988-1993); Vice Rettore del Seminario diocesano a Villacidro (1991-1994); Animatore al Pontificio Seminario Regionale della Sardegna a Cagliari (1993-1998); Direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano (1994-2004); Cappellano a Montevecchio, Guspini (1996-2001); Vicario e poi Amministratore Parrocchiale a San Nicolò Vescovo, in Guspini (1998-2001); Parroco a San Bernardino a Mogoro (2001-2011). Dal 2011 è Parroco della parrocchia Santa Barbara a Villacidro. Attualmente è anche Vicario Episcopale per l’Evangelizzazione e l’Educazione, Direttore dell’Ufficio Diocesano della Pastorale della Famiglia e Direttore della Pastorale dell’Ecumenismo. Inoltre, è Membro del Collegio dei Consultori e del Consiglio diocesano per gli Affari Economici.