Il laboratorio dei talenti: l’episcopato rilancia gli oratori

Ragazzini di un oratorio durante una domenica all'aperto

Ragazzini di un oratorio durante una domenica all’aperto (foto SILVIA MORARA).

Altro che luoghi “antichi”, ormai da rottamare: «Dietro la ripresa dell’interesse per gli oratori non c’è semplicemente un’emergenza, ma la sfida di sempre: offrire un contesto che sia promettente per la relazione interpersonale, in una stagione a forte impatto digitale e quindi debilitata sotto il profilo della fisicità ». A sostenere il ruolo formativo degli oltre 6 mila oratori d’Italia è monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei, che ad aprile ha presentato Il laboratorio dei talenti, un documento pastorale sul valore e la missione degli oratori curato da due Commissioni episcopali: quella per la cultura e le comunicazioni sociali e quella per la famiglia e la vita. Occorre superare l’immagine nostalgica e adolescenziale di «polverosi campi di calcio, teatro e musica, amicizie ed escursioni al mare o in montagna»: l’oratorio, per Pompili, si rivela come «luogo di radicamento, a partire dal quale proiettarsi in un mondo più ampio senza perdere il senso del legame, delle radici, della gratitudine e senza dissolvere l’identità coltivandola grazie alle nuove aperture tecnologiche». E bisogna tener conto dell’aspetto economico: «Ammonta a circa 210 milioni di euro il contributo che gli oratori, in termini di servizi e di opportunità, offrono alla società civile », ha ricordato il sottosegretario della Cei. Grazie alla presenza di «volontari silenziosi », ha sottolineato il vescovo Enrico Solmi, presidente della Commissione per la famiglia e la vita: «Un luogo libero di accoglienza e gratuità, dove i ragazzi possono andare senza spendere, dove trovano mamme e insegnanti disponibili, dove possono giocare in modo libero».

Pur non trascurando le sue radici, l’oratorio garantisce di rinnovarsi per rispondere a esigenze educative sempre più impellenti, che mettono in campo l’impegno di animatori, catechisti e genitori. Per valorizzare i «talenti» delle nuove generazioni e sperimentare quella «pastorale integrata» che dalla parrocchia si apre verso il territorio, con un’ottica sempre più ampia di annuncio evangelico e missione. Capace di includere le nuove tecnologie e i linguaggi usati dai giovani per comunicare. «Se l’oratorio funziona, ci vuole la rete, ma funziona anche se manca la rete», ha osservato Solmi, facendo riferimento sia alla rete del campo di calcio che alla Rete massmediale, comunque da intercettare per non perdere contatto con i «nativi digitali». Rimane comunque cruciale, perché le energie investite portino frutto in maniera strutturale, l’alleanza educativa: «Gli oratori sono i luoghi dove sono accolti i figli di tutti, anche quelli che hanno un disagio magari proprio in famiglia », ha riferito il presule. Su un campetto o intorno a un biliardino, al tavolo di ping-pong o durante una partita di pallavolo, educatori e allenatori sono chiamati a intercettare difficoltà relazionali e potenzialità dei ragazzi. Per affiancarli nel difficile e affascinante percorso della crescita.

Laura Badaracchi

jesus Maggio 2013

Prosegue la sfida educativa degli oratori, oltre 6 mila in Italia

In questo tempo d’estate alcuni luoghi diventano ancora più importanti e costituiscono insostituibili punti di riferimento per bambini e ragazzi. Si tratta degli oratori, che in Italia sono oltre 6 mila. La sfida educativa, scelta dalla Chiesa italiana per gli orientamenti pastorali del prossimo decennio, non può prescindere da una forte responsabilizzazione dei ragazzi, come sottolinea don Marco Mori, presidente del Forum oratori italiani, al microfono di Antonella Palermo

R. – Noi non possiamo rinunciare a testimoniare l’idea che si può crescere. Siamo in un periodo in cui la nostra cultura tende a "tener piccoli" tutti; in realtà crescere è bello e questo penso sia la cosa più importante che dobbiamo testimoniare nei prossimi anni. In un ambiente come quello dell’oratorio, serve alla fine per dire che crescere è possibile, che crescere fa bene all’altra persona, che si deve crescere insieme, perché nessuno può crescere da solo; la presenza all’interno dell’oratorio di tante età, di tante situazioni serve esattamente per questo. Per crescere si ha bisogno di tanti apporti e di tutto l’uomo: c’è la dimensione spirituale, che è necessaria, che fa crescere tutta la persona. C’è proprio la dimensione, ad esempio ludica, dello stare insieme, dell’incontrare gli altri. Io penso che questa sfida del crescere significhi andare un po’ controcorrente: mettere nelle persone la voglia proprio di giocare, di crescere, eccetera, significa fare un grande servizio educativo. Dal nostro punto di vista, l’oratorio è un ambiente strategico perché non è un’idea astratta. E’ concretamente la mia parrocchia che mi è vicina, mi aiuta, che mi fa vedere che crescere è possibile. D. – Insomma, da un lato tendere ad una fede adulta, matura, dall’altra parte conservare la semplicità del cuore, tipica dei più piccoli. E’ questo poi in sostanza il messaggio evangelico… R. – Occorre farlo insieme, nel senso che l’oratorio mette insieme sia i bambini sia gli adulti. Obbliga queste due categorie a parlarsi. E’ possibile incontrarsi a livello anche di generazioni diverse, prendendoci cura gli uni degli altri. Questa cosa ci permette esattamente di crescere e anche da un punto di vista nostro cristiano di incarnare il Vangelo, perché nessuno di noi è completo da solo. E’ possibile scoprire anche la cura che il Signore Gesù ha per ciascuno di noi. Questa dimensione concreta, penso che sia preservare il Vangelo da un punto di vista educativo anche nella nostra comunità.

radio vaticana