Sei nuovi santi, amore a Dio e al prossimo

Sono sei i testimoni della fede, che domenica, nel corso della celebrazione presieduta da papa Francesco in piazza San Pietro dalle 10.30, saranno inseriti nell’albo dei santi. Tra questi quattro sono gli italiani: Giovanni Antonio Farina (1803-1888), vescovo di Vicenza e fondatore delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori (www.sdvi.org), Ludovico da Casoria (1814-1885), sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e fondatore della Congregazione delle Suore Francescane Elisabettine, dette «Bigie», Nicola da Longobardi (1650-1709), Oblato professo dell’Ordine dei Minimi (www.ordinedeiminimi.it), e Amato Ronconi (1226-1292) appartenente al Terzo Ordine di San Francesco e fondatore dell’Ospedale dei Poveri Pellegrini di Saludecio, oggi «Casa di Riposo Opera Pia Beato Amato Ronconi». Con loro saranno canonizzati anche due indiani: Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia (1805-1871), sacerdote fondatore della Congregazione dei Carmelitani di Maria Immacolata (www.cmi.in), ed Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore (1877-1952), appartenente alla Congregazione delle Suore della Madre del Carmelo (www.cmcsisters.org).

Il rito di canonizzazione presieduto da Francesco sarà trasmesso in diretta a partire dalle 10.30 da Tv2000 e sul web dal Centro televisivo vaticano.
Il libretto della celebrazione lo puoi trovare QUI

Kuriakose Elias Chavara
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È stato co-fondatore della prima congregazione religiosa maschile sorta in India, i Carmelitani di Maria Immacolata, e fondatore del suo corrispettivo femminile, la Congregazione della Madre del Carmelo. Per questo ma non solo Kuriakose Elias Chavara (1805-1871) è considerato una figura centrale del cattolicesimo indiano e in particolare della Chiesa siro-malabarese. Nato in una famiglia cattolica di alto rango a Kainakari, nell’attuale Stato del Kerala, Chavara maturò presto la vocazione sacerdotale e fu ordinato a 24 anni. Scelse insieme ad altri presbiteri di vivere una vita in stile monastico, un’esperienza da cui nacque la congregazione che più tardi divenne un nuovo ramo dell’albero carmelitano. Padre Chavara non fu solo un contemplativo, lasciando scritti di profonda spiritualità, fu anche una fucina di attività caritative. Tra le molte opere, promosse l’apertura di scuole, fondò la prima casa editrice cattolica in India, introdusse i ritiri spirituali. Ebbe anche un ruolo centrale nel contrastare uno scisma che si era creato in seno alla Chiesa siro-malabarese e che lo ha reso una figura amatissima e venerata dal suo popolo. Viene canonizzato insieme a una sua figlia spirituale, suor Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore.

Giovanni Antonio Farina
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Giovanni Antonio Farina nasce nel 1803 a Gambellara, in provincia di Vicenza. Settimo di undici fratelli (sei dei quali muoiono ancora piccoli), viene educato dallo zio paterno, don Antonio Farina. A 15 anni entra in Seminario e, sette anni dopo, già insegna ai seminaristi. Nel 1827 viene ordinato sacerdote e vice-parroco della parrocchia di San Pietro in Vicenza. Nel 1831 apre la prima scuola popolare femminile gratuita, riconosciuta dal governo italiano. Nel 1836 fonda la congregazione delle Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori, dedite all’educazione. Nella scuola del Farina vengono accolte tutte le ragazze, ma soprattutto quelle dei quartieri periferici, le cieche, le sordomute, le orfane. Nel 1846 pone alle sue suore un altro obiettivo: l’assistenza ai malati. Le forma come infermiere professionali e le manda negli ospedali. Nel 1850 viene nominato vescovo di Treviso e, dieci anni dopo, vescovo di Vicenza: in entrambe le diocesi istituisce associazioni per l’assistenza agli indigenti. Nel 1858 conferisce l’ordinazione presbiterale a don Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X. Nel 1869 partecipa al Concilio Vaticano I, dove sostiene l’infallibilità pontificia. Muore nel 1888.

Nicola Saggio da Longobardi
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Nato a Longobardi (Cosenza) nel 1650, figlio di contadini, Giovanni Battista Saggio non poté coltivare gli studi, nonostante il talento, lavorando fin da giovane nei campi. Frequentava la chiesa dei Frati Minimi e vi passava intere giornate in preghiera, oltre a sottomettersi a dure penitenze. A vent’anni, nonostante l’opposizione dei genitori, chiese di vestire l’abito dei figli di san Francesco da Paola e gli fu dato il nome di Nicola. La fama delle sue virtù ben presto arrivò fino a Roma, dove venne chiamato alla parrocchia del Collegio di San Francesco di Paola ai Monti e dove attirò numerose persone, anche famiglie della nobiltà capitolina, per le sue doti di catechista e direttore spirituale. Nel 1683, in un pellegrinaggio a Loreto per invocare dal Signore, attraverso l’intercessione di Maria della quale era devotissimo, la liberazione di Vienna dai turchi, fece il proposito di orientare la sua vita ancora più radicalmente verso i consigli evangelici. Visse profonde esperienze mistiche, tra cui quella della transverberazione. Nel 1696 ritornò in Calabria, dove dimorò per altri due anni, sempre con incarichi umili. «Svolse umilmente e santamente l’ufficio di portinaio» dice di lui il martirologio romano. Negli ultimi anni della sua vita fu richiamato a Roma. Si offrì vittima al Signore quando nel 1709 c’era il pericolo di un nuovo saccheggio della città e Dio lo chiamò a sé il 2 febbraio dello stesso anno.

Ludovico da Casoria
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L’Africa deve convertire l’Africa: in questo motto era racchiuso il senso del progetto missionario coltivato da Ludovico di Casoria, sacerdote francescano nato a Casoria (Napoli) nel 1814. Arcangelo Palmentieri – questo il suo nome – entrò a 18 anni tra i Francescani Alcantarini divenendo fra Ludovico e venendo ordinato prete nel 1847. Per 20 anni insegnò matematica e filosofia a Napoli, organizzando anche una farmacia e un’infermeria per i religiosi a Capodimonte.
Nel 1854 cominciò la sua opera di riscatto dei bimbi africani dalla schiavitù, accogliendo i primi due, Giuseppe Rab e Giuseppe Morgian, salvati da un prete genovese, Niccolò Olivieri. Il numero dei bambini accolti crebbe velocemente e – con l’aiuto di suor Anna Lapini, fondatrice delle Stimmatine – nacque per le bimbe il collegio delle “Morette”. Seguirono altri istituti destinati a bimbi in difficoltà. Fra’ Ludovico fondò anche i cosiddetti Frati Bigi e le suore Elisabettine. Il Vaticano gli affidò la missione di Scellal, in Sudan, che però durò solo un anno. Morì a Napoli nel 1885 ed è beato dal 1993.

Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore
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Per tutti era la “madre che prega”, perché, nonostante i numerosi impegni da religiosa, dedicava diverse ore al giorno all’adorazione eucaristica. Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore, al secolo Rosa, era nata il 7 ottobre 1877 a Kattoor, nel Kerala.
Educata nella fede dalla madre, quando aveva 9 anni ebbe un’apparizione della Madonna: un dono che la spinse verso il dono di sé nella consacrazione religiosa.
Il 10 maggio 1897 venne accettata come postulante nel convento carmelitano di Amazakad e cominciò il noviziato il 10 gennaio 1898. Il 24 maggio 1900 emise i voti solenni nel nuovo convento di Ollur e le venne affidata l’assistenza alle novizie, anche se il suo cammino era continuamente segnato dalle difficoltà di salute. Nel 1913 venne scelta come superiora del convento di Santa Maria di Ollur.
Dopo una vita segnata dalla contemplazione dei segni della vita divina in mezzo agli uomini, suor Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore morì il 29 agosto 1952. È stata beatificata il 3 dicembre 2006.

Amato Ronconi
RonconiSanto400x600.jpgUna vita da pellegrino dello spirito dedicata alla cura dei pellegrini: è questo il profilo di Amato Ronconi, terziario francescano vissuto nel XIII secolo. La data di nascita non è certa ma dovrebbe collocarsi attorno al 1225 a Saludecio da una ricca famiglia.
Rimasto presto orfano, venne allevato dal fratello Giacomo, da cui si allontanò a causa di screzi con la cognata, che aveva combinato un matrimonio per lui. Amato si ritirò quindi sul Monte Orciale, sul quale costruì un ospizio per i poveri e per i pellegrini.
Usò poi tutte le sue ricchezze di famiglia per assistere i poveri e decise di intraprendere una vita di penitenza, compiendo anche quattro pellegrinaggi alla tomba dell’apostolo Giacomo a Compostela. Anche a causa di queste scelte fu oggetto di false accuse, sempre dalla cognata, che venne però poi smentita. La data della morte non è documentata e dovrebbe collocarsi nell’ultima decade del XIII secolo. Papa Pio VI ne confermò il culto con il titolo di beato nel 1776.

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