1 settembre. Nella Giornata del Creato la preghiera di 2,2 miliardi di cristiani

Avvenire

Da oggi per 34 giorni i cristiani di tutto il mondo pregano per rinnovare la propria relazione con Dio e con la Creazione. Parla padre Kureethada (Dicastero per lo sviluppo umano integrale)

Il primo settembre la Giornata per la salvaguardia del Creato

Il primo settembre la Giornata per la salvaguardia del Creato – Archivio Ansa

«Una casa per tutti? Rinnovare l’oikos di Dio». È questo il tema del Tempo del Creato 2021. Da oggi, per trentaquattro giorni, i 2,2 miliardi di cristiani spari per il mondo si uniscono nella preghiera, nella riflessione e nell’impegno comune per rinnovare la propria relazione con Dio e la Creazione. «Oikos» significa sia casa sia famiglia. «La casa è il pianeta – spiega Cecilia Dall’Oglio, direttore dei programmi europei del Movimento Laudato si’ –: e la famiglia siamo noi che lo abitiamo. La crisi climatica mette in pericolo entrambi. La nostra chiamata battesimale ci spinge a rinnovare l’oikos». Il simbolo scelto per questa edizione dell’iniziativa è la “tenda di Abramo”, emblema biblico di accoglienza ed espressione alla chiamata ecumenica all’ospitalità radicale, dando posto a tutti. «Durante questo mese, invitiamo a esporla e a pregare per i più vulnerabili, in particolare per quanti sono costretti ad abbandonare la propria terra a causa del riscaldamento globale. In questo modo, il Tempo del Creato – un kairos per tutti i cristiani – si lega alla Giornata del migrante e del rifugiato del 26 settembre», prosegue Cecilia Dall’Oglio, che rivolge anche un appello a tutti i cattolici affinché si uniscano a papa Francesco nell’alzare una voce profetica per la giustizia ecologica. In tal senso, i fedeli sono invitati a firmare e a far firmare la petizione “per un pianeta sano, persone sane”  Nel testo si chiede ai leader mondiali di adottare misure concrete a tutela della biodiversità e dell’ambiente ai due vertici internazionali in programma questo autunno: la Cop15 in programma in Cina a ottobre e la successiva Cop26 di novembre a Glasgow.

Auguro a tutti noi di vivere questo Tempo del Creato con gli occhi, con il cuore e con i piedi. Con gli occhi, perché possiamo maturare uno sguardo contemplativo sulla natura. Con il cuore, perché riusciamo a sentire il grido della terra che si fa tutt’uno con quello dei poveri. Con i piedi, perché non restiamo fermi, prigionieri dei vecchi paradigmi, ma abbiamo il coraggio di camminare spediti, anzi di correre verso un nuovo orizzonte, più umano. E di farlo insieme». È questo l’auspicio di padre Josh Kureethadam, coordinatore del settore Ecologia e creato del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. L’odierna sedicesima Giornata nazionale per la custodia del Creato (che si collega a quella mondiale di preghiera, istituita da papa Francesco nel 2015) e i trentaquattro giorni successivi dedicati alla riflessione sulla casa comune cadono in un momento cruciale. Qualche settimana fa, 234 esperti, riuniti sotto l’egida dell’Onu nell’International panel on climate change (Ipcc), hanno lanciato un codice rosso al mondo: ancora pochi anni e poi sarà impossibile contrastare il riscaldamento globale. Per evitare il peggio, fra due mesi, inoltre, i leader internazionali saranno chiamati a decidere alla Conferenza Onu sul clima (Cop26) di Glasgow quali azioni concrete intraprendere. «L’angoscia per la situazione ambientale è tanta: siamo sull’orlo dell’abisso – sottolinea padre Josh –. Ma ho anche una forte speranza».

Che cosa le dà speranza?

Ho l’abitudine di recitare ogni giorno il Salmo 127 e mi soffermo spesso sulla frase: «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori». La nostra “casa comune” ha un ottimo artefice: Dio. Certo, anche noi dobbiamo essere dei buoni co-giardinieri… È segno di speranza poi che il Tempo del Creato abbia un carattere ecumenico. L’impegno per la cura del Creato è più forte di ogni divisione. Con questo spirito, il 4 ottobre, ci sarà un grande incontro dei leader religiosi in Vaticano.

Eppure, ancora adesso molti cristiani, incluso tanti cattolici, si chiedono che cosa c’entri l’ecologia con la fede…

È alquanto strano. Il cristianesimo non è un vago spiritualismo, è la religione dell’Incarnazione. Il mondo ci riguarda. Le sofferenze dei poveri ci riguardano, perché Cristo si identifica con loro. E tra questi poveri, c’è la nostra casa comune, tanto ferita. Restare indifferenti a questo dolore, significa ignorare il dolore di Gesù.

La strada per attuare una transizione ecologica autentica, e non un semplice slogan, è quella indicata nella Laudato si’. Implica, per prima cosa, vedere crisi ambientale e crisi sociale come un’unica emergenza. Richiede, inoltre, uno sguardo contemplativo sulla realtà: non è semplice materia inerte ma opera palpitante di Dio. I Padri della Chiesa ci ricordavano che il Signore si rivela in due opere: il libro delle parole, ovvero le Scritture, e il libro delle opere, il Creato. A tal fine, è necessario che questi temi diventino parte integrante della formazione, della catechesi, degli studi. L’approccio deve poi essere comunitario. Non possiamo “appaltarlo” solo a politici ed esperti. Siamo “ecclesia”, cioè comunità e come tale dobbiamo assumerci la responsabilità della nostra casa comune. Tutti, dunque, dobbiamo contribuire a cambiare il paradigma tecnocratico, altrimenti i cambiamenti saranno solo ritocchi cosmetici. Da qui l’impegno per mutare i nostri stili di vita.

Quando si parla di cambiare il paradigma e mutare gli stili di vita, tanti agitano lo spettro della distruzione del sistema economico e di un impoverimento generale. Sono davvero incompatibili economia e ecologia?

È l’esatto contrario. Lo dicono gli esperti e lo vediamo con i nostri occhi: dove la terra soffre, soffrono le popolazioni che la abitano. Ciò non vuol dire che la transizione ecologica non abbia costi. Li ha: tra il 3 e il 5 per cento del Pil mondiale, dicono gli esperti. Il riscaldamento del pianeta ci costa, però, tre o quattro volte tanto: tra il 15 e il 20 per cento del Pil mondiale.

Da Wwf sos cemento, a rischio area 2,5 volte Roma. Rapporto ‘Natura urbana’. Potrebbero sparire 800 Km2 al 2050

(di Elisabetta Guidobaldi) (ANSA) – ROMA, 03 OTT – Avanza la cementificazione in Italia e, secondo le stime più ottimistiche, il rischio è che, nei soli prossimi 30 anni, al 2050, le aree urbanizzate, dove già vive più di un terzo della popolazione, divorino altri 800 chilometri quadrati di aree libere, pari a un’area 2 volte e mezzo Roma. Questo quanto emerge nel rapporto ‘Natura urbana 2020’ del Wwf pubblicato alla vigilia della ‘Festa della Natura in Città’ domani, con 120 eventi sparsi in tanti centri della Penisola.

Le previsioni (elaborate su dati Ispra dal gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila che da anni lavora col Wwf) parlano anche di assedio dei Siti Natura 2000 (quelli tutelati dall’Ue) con il rischio di cancellare quasi altri 10.000 ettari di pregio, considerando che sono già 140mila gli ettari delle aree buffer dei siti comunitari già urbanizzate in tutte le aree del Paese.

“Durante il lockdown – scrive il Wwf nel rapporto dal titolo ‘Safe Cities in armonia con la Natura: per città più verdi, più sane e più sicure’ – paradossalmente abbiamo apprezzato l’importanza della natura che ha bussato alle porte delle nostre città e con cui conviviamo nei nostri centri urbani e abbiamo capito l’importanza di fare scelte per vivere in Safe Cities, in aree urbane che siano sane, sicure e in armonia con la natura”.

Ma le previsioni, appunto, “dimostrano che c’è ancora molto da fare”. Il Wwf chiede dunque, dati alla mano, azioni urgenti e non più rinviabili per “riprogettare le nostre città, realizzando piani e progetti di trasformazione e rigenerazione urbana che diano più spazio alla natura, garantendo, già da ora, la resilienza dei sistemi naturali e, nelle città attraversate dai corsi d’acqua, interventi realizzati con ‘nature based solutions'”. In tal senso il gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila coordinato dal professor Bernardino Romano, oltre a fornire le stime sull’espansione urbana, ricorda anche che negli ultimi 50 anni negli ambiti fluviali si è consumato suolo per circa 2mila Kmq, l’equivalente di 310mila campi di calcio.

“Ora – dice il Wwf – è il momento delle scelte”. E nel rapporto ‘Natura urbana’ l’associazione avanza proposte concrete ad amministratori pubblici e ai cittadini, fornendo esempi virtuosi già realizzati e soluzioni di frontiera da tutto il mondo e dalle varie parti d’Italia, e che sono illustrati da 18 esperti che hanno risposto alla chiamata del Wwf. Nel mondo, storia di successo è la sfida lanciata dal Wwf internazionale “One Planet City Challange” che ha raccolto l’adesione di 600 città che stanno già facendo scelte sostenibili per contenere i cambiamenti climatici. Guardando all’Italia, a Milano si sta intervenendo per la realizzazione del nuovo parco urbano del Giambellino 129, nell’ambito del piano di rigenerazione del quartiere Lorenteggio; per il rinverdimento della Fermata ferroviaria Tibaldinella zona sud della città; e con un diffuso progetto di pareti e tetti verdi in tutta l’area urbana. Altro punto qualificante sono le ‘città agricole. Lo segnala Davide Marino, professore associato di Economia ed Estimo Rurale all’Università del Molise, che richiama, tra l’altro, l’esempio del Parco di Casal del Marmo a Roma. Nel Rapporto del Wwf anche la tutela e la riqualificazione del lago naturale dell’area ex Snia Viscosa nel quartiere Pigneto-Prenestino di Roma dove sono state censite 80 diverse specie di uccelli, il Parco della Salute nei pressi di Porta Felice a Palermo e la realizzazione del Parco Alex Langer a Rovigo con la riqualificazione di un’area boschiva di 7 ettari. (ANSA).