La Rete spinge in vetta a Spotify una canzone che parla di Dio

La Musica dell'anima: un mistero di vibrazioni e frequenze dove si coglie  la voce di Dio - Corriere Etneo

Il fenomeno – tutto digitale – è stato così repentino che i commenti ancora scarseggiano. Si tratta dell’ascesa al vertice assoluto dei brani musicali più scaricati su Spotify (con 28 milioni di visualizzazioni) di “Si No Estás” e del cantautore che l’ha lanciata: Iñigo Quintero, 22 anni, originario di La Coruña (Galizia). Ascesa nutrita a fine estate da TikTok (tinyurl.com/yy6jsb63 ) dopo che la canzone aveva circolato per un anno senza particolari sussulti di popolarità. Pare di capire che una buona parte di tale successo sia attribuibile al testo, che canta – lo dice anche il titolo, che in italiano suonerebbe “Se tu non ci sei” – una nostalgia, un’assenza. Della persona amata? Forse, ma anche di Dio. Non lo esclude la rete radiofonica cattolica spagnola “COPE” (tinyurl.com/ycyxxpjw ), alla quale Javi Nieves, popolare conduttore di un’altra rete, “Cadena 100”, dichiara che «ascoltando la canzone è inevitabile darle un senso trascendente. Parla esplicitamente di Dio e credo che abbia un significato spirituale». Ma, aggiunge Nieves, l’autore «non lo dirà mai apertamente». L’edizione ispanofona di “Aleteia” invece non ha dubbi, sin dall’occhiello del suo post (tinyurl.com/y9rcykh7 ): «Sembra un salmo del XXI secolo, un grido rivolto a Dio da parte di chi soffre perché non riesce a incontrarlo». Ma viene dal laico “El Pais” – il cui columnist in tema di tecnologie Jordi Perez Colome ne fa un caso digitale di studio (tinyurl.com/592rrj8k ) – tanto la conferma dell’ipotesi che si tratti di un testo a forte ispirazione religiosa, quanto una possibile spiegazione del suo successo, essendo il brano approdato a TikTok e di lì a Spotify, secondo la sua ricostruzione, dopo aver lungamente e con ottimi risultati circolato nell’infosfera religiosa spagnola, in particolare in aree che egli avvicina all’Opus Dei. Non resta che avventurarsi all’ascolto / lettura del testo (tinyurl.com/z2s7j927 ). Che in premessa recita inequivocabilmente: «Sognare in grande è il potere / che ti è stato dato dal cielo». Mentre l’inciso suggerisce effettivamente, con la lingua di chi ha vent’anni oggi, l’attraversamento di una “notte oscura” dello spirito: «Impossibile, è troppo tardi / Tutto è confuso / È un’ossessione / Non mi servono i tuoi pochi segni / Niente è come prima / Dimentico chi sono».

avvenire.it

 

Musica. Addio a Toto Cutugno, l’Italiano vero più cantato nel mondo

Toto Cotugno in una delle sue tante presenze a Sanremo

avvenire.it

Toto Cutugno non c’è più, a 80 anni se ne va l’aedo principe del cantar sanremese: sul palco dell’Ariston per 15 volte, dal 1980 al 2010, un record condiviso con una mezza dozzina di artisti, ma comunque record. E ora sembra quasi una preveggenza, la pagina Facebook a lui dedicata: è nata il 20 agosto 2014 e da dieci anni ripropone quotidianamente la stessa foto del Toto nazionale con sotto i messaggi dei fans che adesso piangono il loro caro idolo.

La critica più severa, anche quella retrofestivaliera, lo ha sempre osteggiato, qualche volta pure irriso. Ma stiamo parlando di un’autentica icona pop, come dimostrano i 100 milioni di dischi venduti. Le sue canzoni sono state cantate anche sotto la doccia da insospettabili, ma anche da noti magnati e purtroppo anche da dittatori attualmente in guerra.

Perché il Toto nazionale come l’altro principe di Sanremo, Al Bano, ha portato la sua musica neomelodica-all’italiana in tutti i luoghi e in tutti i laghi. Ha fatto innamorare le coppiette della Piazza Rossa di Mosca, prima e dopo la Perestroika, ha fatto sorridere affettuosamente noi ragazzi del mucchio selvaggio pro-rock che fingevamo di ignorarlo, ma poi anche in gita cantavamo, quelle di Lucio Battisti, e tutte le sue canzoni a memoria.

E poi Toto ha fatto piangere tutte le mamme del mondo.

Ma andiamo con ordine e per salutarlo degnamente proponiamo una mini playlist cotugnana di cinque hit memorabili.

Solo noi

vince Sanremo 1980, l’unica volta, poi sarà il collezionista di secondi posti (6). Un trionfo dell’amore racchiuso in versi poetici come “Solo noi, solo noi / Le montagne, se vuoi
Solo noi, solo noi /Prati verdi, se vuoi /Solo noi, solo noi
Dimmi che non sai stare da sola un minuto se non sei con me”.

L’Italiano

il suo brano più conosciuto compie 40 anni. Con questa canzone si presenta a Sanremo 1983 e si piazza soltanto al 5° posto. In compenso L’Italiano l’ha suonata pure la banda dell’Armata Rossa e cantata anche l’ultimo coro del pianeta che non può resistere a quell’attacco ultrapatriottico: “ Lasciatemi cantare / Con la chitarra in mano / Lasciatemi cantare/ Sono un italiano…”. Questo di Toto, è diventato il secondo inno nazionale dopo quello di Mameli.

Figli

Toto va ancora a Sanremo, quello del 1987, e propone questa canzone che si piazza come da copione al secondo posto, ma forse è quella che più di ogni altra meritava il successo. “Figli innamorati che ti svegliano di notte
E non ti fanno dormire / Figli spaventati dalla droga violentati / Che si lasciano morire / Figli ormai lontani come sudano le mani / Quando suonano alla porta / Figli delicati sempre in casa coccolati
Ma il domani che scoperta…” Qui anche i suoi detrattori dovrebbero arrendersi, perché in questi pochi versi c’è la fotografia di una generazione che ieri come oggi è sempre vittima delle droghe e di una violenza senza freni.

Emozioni

Passa una sola stagione da Figli e all’Ariston riaprono le porte al Toto nazionale che propone una canzone che a rileggerne il testo oggi racchiude il suo testamento artistico: “Emozioni, le mie canzoni che sfidano il tempo /
E i giorni neri spazzati dal vento / Da quando tu sei qui che torni al mio fianco”.

Mamme

Infine l’omaggio a tutte le madri, specie quelle casalinghe di Voghera o di Fosdinovo, paese dove Toto era nato 80 anni fa, che non hanno mai smesso di seguirlo con affetto e ammirazione infinita. E per tutte le mamme del mondo resteranno per sempre queste dolci parole che sono una carezza al cuore: “Le mamme sognano /
Le mamme invecchiano, le mamme si amano/ Ma ti amano di più”.

Giornata gioventù. “In fretta si va”: l’inno in italiano della Gmg 2023 di Lisbona


“In fretta si va”, è la versione italiana di “Há Pressa no Ar” (C’è fretta nell’aria), inno della Giornata Mondiale della Gioventù Lisbona 2023, ispirata al tema della GMG Lisbona 2023 («Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39).

Il Servizio Nazionale per la Pastorale giovanile della Cei ha affidato la versione italiana al musicista Valerio Baggio e al paroliere Valerio “Lode” Ciprì che ha tradotto il testo, entrambi già autori di celebri inni.

La voce italiana è della giovane cantante Benedetta Belotti.

L’inno della Gmg 2023 si sviluppa intorno al “sì” di Maria e della sua fretta di incontrare la cugina Elisabetta. “Há Pressa no Ar” ha testi di João Paulo Vaz, sacerdote, e musica di Pedro Ferreira, professore e musicista, entrambi della diocesi di Coimbra, nel centro del Portogallo. Gli arrangiamenti sono del musicista Carlos Garcia.

Il tema è stato registrato in due versioni in portoghese e nella versione internazionale (portoghese, inglese, spagnolo, francese e italiano). La versione italiana mantiene la musica originale, grazie alle parole di Valerio “Lode Ciprì” tra i fondatori del Gen Rosso, e resta aderente al testo originale mantenendosi assonante con esso. Nel cantare questo inno, i giovani di tutto il mondo sono invitati a identificarsi con Maria, rendendosi disponibili al servizio, alla missione e alla trasformazione del mondo.

Vasco e i 40 anni di “Bollicine”

musica i quaranta anni di bollicine di vasco rossi

Il 14 aprile del 1983, quindi esattamente 40 anni fa, usciva “Bollicine”, il sesto album di Vasco Rossi, forse quello che ha dato al rocker di Zocca la svolta decisiva per diventare l’artista che è oggi

AGI – Il 14 aprile del 1983, quindi esattamente 40 anni fa, usciva “Bollicine”, il sesto album di Vasco Rossi, forse quello che ha dato al rocker di Zocca la svolta decisiva per diventare l’artista che è oggi.

Parliamo di un Vasco ancora trentenne, reduce dalla partecipazione al Festival di Sanremo, non esattamente l’ambiente per un rocker dichiarato come lui, c’era già stato l’edizione precedente con “Vado al massimo“, concludendo quella performance lasciando il palco col microfono in tasca in segno di protesta contro l’abitudine del Festival di allora di far cantare i concorrenti in playback.

musica i quaranta anni di bollicine di vasco rossi
© AGF

L’anno seguente la RAI deve invitarlo nuovamente, troppo in ascesa la sua popolarità, si presenta all’Ariston cantando “Vita Spericolata“, un brano manifesto della sua musica, del suo modo di intendere la vita e che permetterà a intere generazioni, ancora oggi, di riconoscersi in quelle parole, declinazione perfetta di chi è convinto che la vita non sia fatta per cedere alle convenzioni sociali.

La canzone ha anche creato il mito del “Roxy Bar”, citato nel testo, identificato col Roxy Bar di Bologna, dove i fan lasciano tuttora le loro firme (ne è stato tratto anche un libro: “Roxy bagno: caro Vasco ti scrivo”), ma l’autore in realtà alludeva al “Roxy Bar” inventato nel 1959 da Leo Chiosso nella canzone “Che notte”, portata al successo da Fred Buscaglione.

Il mito dell’ultimo classificato a Sanremo

Cantare in realtà è un termine che risulta esagerato, anche quest’anno niente orchestra a Sanremo, si utilizza il playback, e a Vasco la cosa ancora non va giù, così all’altezza dell’ultimo ritornello del brano, Vasco lascia improvvisamente il palco, con la sua voce che ancora gira nelle casse.

Si classificherà penultimo, creando il mito relativo alla fortuna alla quale è destinato chi conclude la gara di Sanremo nelle ultime posizioni della classifica. Il successo che ne conseguirà, fungerà da lancio per quello che la rivista specializzata Rolling Stones considera il più bel disco italiano di sempre; otto brani, tra questi, a parte “Vita spericolata“, altri due che entreranno a far parte della storia non solo di Vasco Rossi ma senza alcun dubbio anche della storia della musica italiana.

A partire dalla title track, “Bollicine”, che si aggiudicherà il Festivalbar del 1993, in cui viene più volte citato il marchio Coca-Cola e si parla in modo ironico degli effetti benefici legati all’assunzione della bevanda.

Un brano provocatore in cui vengono sbugiardati, presi in giro, alcuni slogan di un’epoca in cui esplode il marketing, la pubblicità, la tv commerciale; si vocifera, ma l’entourage dell’artista ha sempre smentito, che la Coca-Cola avesse perfino in mente di fare causa, salvo poi ripensandoci notando il successo del brano, ma si tratta solo di leggende, e sono tante quelle che circondano vite e musica di Vasco Rossi; specie in quegli anni.

Un altro brano contenuto in “Bollicine” è “Una canzone per te”, che ha una storia del tutto particolare perché racconta dell’incontro, avvenuto a distanza di anni, con la ragazza che gli aveva ispirato il grande successo “Albachiara“; Vasco un giorno la incontra, è cresciuta ma è lei, e siccome il brano a lei dedicato gli sta portando quella fortuna, decide di fermarla e ammetterle che era stato scritto per lei.

Lei non gli crede, si imbarazza e scappa via, lui di tutta risposta scrive “Una canzone per te” (“Come non è vero, sei te”). “Bollicine” resterà in classifica per 35 settimane, il tour promozionale durerà 10 mesi e sarà un successo clamoroso; solo l’antipasto di ciò che aspetterà quel giovane irrequieto di Zocca, cresciuto tra il teatro, la Bologna a cavallo dei ’60/’70 e le radio libere.