Il libro. «Ogni istante è eternità». Così Morte ci insegna a vivere

Nell’ultimo libro di don Diego Goso, «Quattro chiacchiere con la morte», il tragicomico dialogo tra un prete e la «mietitrice» di vite umane. E si ride, ma anche si piange
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Cosa ci direbbe la morte, se, in una pausa della sua incessante attività in questo mondo, potesse fermarsi a parlare con noi? Che ogni piccolo gesto compiuto in vita è destinato a diventare eternità, perché non è lei a dire l’ultima parola sulla nostra esistenza. Un insegnamento suggestivo che don Diego Goso, sacerdote della diocesi di Ventimiglia-Sanremo e autore di numerosi libri sulla vita di fede e sui suoi diversi aspetti, mette al centro del suo ultimo libro: «Quattro chiacchiere con la morte», edito da San Paolo (144 pagine, 14 euro da qui con sconto 5%).

«Un libro che vi piacerà da morire», recita il sottotitolo. E il pensiero va subito a qualcosa di leggero, divertente, ironico. E in effetti la penna di don Goso accompagna con tono scanzonato il lettore in questo “viaggio notturno”, dove i protagonisti sono un sacerdote e la morte stessa. Anzi, Morte. La sorpresa iniziale per chi legge è la stessa della voce narrante: un sacerdote, forse non proprio giovanissimo, si sveglia di notte e uscendo dal bagno trova sul suo letto, seduta, niente di meno che una ragazza bellissima: «Una donna. Una giovane donna. Sui trenta. Capellli biondi, mossi, lunghi fino ai gomiti». La scena è comica, i pensieri del malcapitato prete sono tanti punti di domanda, conditi da razionali considerazioni su quella situazione assurda. Poi il ghiaccio si rompe, si apre il dialogo, la notte in canonica si anima nel segno di un confronto che conduce piano piano a riflettere sul senso più profondo della vita. La lettura è segnata da molti sorrisi ma porta alle lacrime quando don Marco, il protagonista, ritorna con la memoria ad alcune esperienze dolorosissime e angoscianti.

A ogni dubbio, ogni critica, ogni disperato tentativo di capire Morte risponde senza mai perdere la pazienza. Il confronto si sposta addirittura in salotto, davanti a un po’ di popcorn, che anche il cagnolino del don, Hulk, pare apprezzare.
Mentre l’orologio batte le ore della notte, il sacerdote sarà spinto da Morte a scoprire che anche lui, forse, non ha ancora ben intenso quale sia l’orizzonte ultimo della vita. E la sua incomprensione diventa l’icona di tutta la nostra incapacità di trovare un significato alla presenza della morte nelle nostre vite.
Si scopre così il senso della visita notturna: Morte soffre terribilmente di solitudine, perché nel tempo l’umanità ha imparato a voltare lo sguardo dall’altra parte a cercare di non guardare negli occhi la “mietitrice”, di far finta che dolore e sofferenza non appartengano al nostro cammino esistenziale.
Mentre Hulk fa amicizia con Morte, don Marco resta sempre più spiazzato dalle risposte di quella ragazza. E non capisce nemmeno che quando nella stanza entra una vecchia scavata e malvestita, orribile allo sguardo, quella è la vita: «Per molti la vita è qualcosa di malato – spiega la morte –. Non dovrebbe essere così ma le scelte dell’umanità sono sempre le stesse, di solito le peggiori».
E da lì il dialogo si snoda lungo i temi più importanti che gettano uno sguardo sul mondo di oggi, sulle sue piaghe, sul modo di affrontare malattie, incidenti, storture di questo tempo. Piano piano don Marco capisce di dover abbandonare il proprio punto di vista e il lettore con lui, accompagnato lungo un sentiero che toglie il fiato, per la sua bellezza e per il suo fascino, ma anche per la profonda nostalgia che fa provare: nostalgia d’Infinito. «Siete la forma di vita più preziosa ma anche la meno disponibile a diventare ciò che siete destinati ad essere», sentenzia Morte ad un certo punto.
La notte sfuma e arriva la mattina e così la lettura riporta alla vita di tutti i giorni, ma con una consapevolezza in più: non bisogna temere di parlare della morte, perché essa è una maestra saggia, che ci ricorda dove sta il vero senso di ogni istante della nostra esistenza. E ogni istante è di fatto un pezzo d’eternità.
avvenire.it

Lutto in Diocesi, si è spento Mons. Gazzotti

– Si è spento improvvisamente  nel tardo pomeriggio di oggi, sabato 31 dicembre, a Toano mons. Gianfranco Gazzotti.

Nato a Toano (Reggio Emilia) il 10 dicembre 1934, Massimo Gianfranco Gazzotti fu  ordinato sacerdote sessantadue anni or sono, il 29 giugno 1960 nella Cattedrale di Reggio Emilia dal vescovo Beniamino Socche assieme a otto confratelli; subito dopo l’ordinazione presbiterale è stato per un biennio curato a Montecchio e successivamente per altri due anni vice direttore del Pio Istituto Artigianelli.

Poi nel 1968 comincia il suo lungo ministero nel Seminario urbano di Reggio Emilia in viale Timavo 93, prima come vice rettore sino al 1974, poi per un decennio come rettore e infine dal 1984 al 1990 come economo.

Nel 1984 mons. Gazzotti viene nominato parroco della Cattedrale reggiana e priore del capitolo, incarico mantenuto sino al 2012; nel 2007 diviene parroco di San Prospero, di cui diverrà poi amministratore parrocchiale e infine rettore della basilica.

Dal 1986 al 1992 è stato direttore della Caritas diocesana di Reggio Emilia-Guastalla.

Dal 1997 è priore della delegazione di Reggio Emilia dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

In questI sessant’anni di sacerdozio intenso ed entusiastico è stato l’impegno di don Gianfranco per l’organizzazione dei pellegrinaggi in Terra Santa e in altri luoghi della cristianità: Grecia, Turchia, Russia, Polonia, Armenia; nonché ai santuari mariani di Lourdes e Fatima.

Proprio per questa sua intenso e prezioso servizio che dura ormai ininterrottamente da oltre mezzo secolo, il 1 dicembre 2014 – in occasione del tradizionale incontro natalizio degli Amici di Terra Santa – il francescano padre Ibrahim Faltas, già parroco a Betlemme, aveva appuntato a mons. Gazzotti la “Croce d’oro del pellegrino” decretata dalla Custodia di Terra Santa.

I pellegrinaggi guidati da don Gazzotti in Terra Santa sono sempre contraddistinti da intense celebrazioni eucaristiche in luoghi particolarmente simbolici – dalle Basiliche del Santo Sepolcro e Nazareth, alla chiesa dell’Orto degli Ulivi, al deserto di Giuda -, da forti momenti di preghiera comunitaria e di canti, e in particolare di generoso e sensibile sostegno economico ad istituzioni educative, ospedaliere, caritative cattoliche operanti in Terra Santa a favore dei poveri, dei disabili e degli orfani.

Don Gianfranco ha sempre seguito con attenzione l’attività del Movimento Terza Età dell’Azione Cattolica diocesana.

stampareggiana.it

Famiglia annuncia morte Pelè, ‘ti amiamo infinitamente’

 © EPA

– “Tutto ciò che siamo, è grazie a te.

Ti amiamo infinitamente.

Riposa in pace”. Così, aggiungendo l’emoticon di due cuori e una foto delle sue mani ‘intrecciate’ con quelle di sorelle e nipoti, la figlia di Pelé, Kely Nascimento annuncia su Instagram la morte del padre. O Rei era ricoverato nell’ospedale Albert Einstein di San Paolo dallo scorso 29 novembre, per un ciclo di cure dopo essere stato operato nel settembre del 2021 per un tumore al colon. Aveva contratto anche il Covid. Lascia la moglie Nomi Aoki e sette figli. (ANSA).

Morte sindaco di Danzica: card. Nycz, “l’odio non porta da nessuna parte”

SIR

La morte del sindaco di Danzica Pawel Adamowicz prova che “l’odio e la sua propagazione non portano da alcuna parte”. Lo ha detto ieri sera l’arcivescovo di Varsavia, cardinale Kazimierz Nycz. Il presule che, in presenza del presidente della Polonia, Andrzej Duda, e del premier Mateusz Morawiecki, ha celebrato nella cattedrale di Varsavia la liturgia in memoria del defunto