Montenegro: il dopo-Anfiloco

di: Lorenzo Prezzi

morte patriarca

Il 30 ottobre è morto a causa della pandemia Covid-19 il metropolita del Montenegro, l’arcivescovo di Cetinje, Anfiloco. È considerato l’autorità morale di maggior profilo del piccolo stato balcanico, per questo chiamato Djedo (il patriarca).

Figura centrale sia a garanzia dell’appartenenza della Chiesa ortodossa locale all’autorità del patriarca serbo di Belgrado sia come correttivo-alternativa dell’indirizzo filo-occidentale e filo-europeo di Milo Dukanović, fino a pochi mesi fa padre-padrone del paese. Il 30 agosto scorso Dukanović ha perso la maggioranza parlamentare, pur mantenendo la presidenza del paese (cf. SettimanaNews: Vince il metropolita)

Poliglotta e filo-serbo

Nato il 7 gennaio 1938 a Morača (Montenegro) è entrato nel seminario san Sava di Belgrado e si è laureato in teologia nel 1962. Esperto di filologia classica ha proseguito gli studi di filosofia e si è perfezionato a Roma (Istituto orientale) e a Berna, discutendo il suo dottorato su son Gregorio Palamas ad Atene. In Grecia è diventato monaco ed è ordinato prete nel 1968. Dopo un anno trascorso al Monte Athos prende l’insegnamento all’Istituto di teologia ortodossa San Sergio a Parigi.

Tornato a Belgrado diventa decano della facoltà di teologia e, finalmente, vescovo nel 1985 per la diocesi del Banato (Vršac). Nel 1991 è intronizzato come metropolita del Montenegro e del Litorale con sede a Cetinje. Nel 2007, con la malattia invalidante del patriarca Paolo di Belgrado presiede il santo sinodo e, con la morte del patriarca, diventa il locum tenens (sostituto provvisorio). Da allora è il numero due della gerarchia ortodossa serba, dopo il patriarca.

Formato alla teologia dell’identità serba di Justin Popović, Anfiloco ha alimentato con vigore la propria chiesa locale portando il clero da poche decine di membri a circa 600, aprendo la prassi pastorale alla dimensione caritativa (mense popolari, scuole, attività sportive ecc.), curando la formazione del clero e fornendo la Chiesa di una propria radio.

Schierato con Belgrado e Mosca contro l’autocefalia ucraina ha fatto il possibile per rendere irrilevante una locale Chiesa ortodossa alternativa che poteva diventare un pericolo in ordine al legame con la Chiesa serba e in vista di una possibile Chiesa ortodossa nazionale. Un attivismo intenso che ha incrociato senza filtri i drammi politici, etnici e di guerra dell’area. Espressamente filo-serbo dopo il crollo della Iugoslavia comunista ha sostenuto le politiche dell’allora leader Slobodan Milosević e del capo militare dei serbi in Bosnia, Radovan Karadzic. Ha fatto difendere il suo convento dalla milizia di Arkan, il capo sanguinario delle “tigri” serbe durante le guerre etniche e non ha nascosto il suo dissenso dal tribunale per i crimini di guerra della Nazioni Unite per la ex-Iugoslavia.

Riformatore e pastore

Prudente durante il confronto politico sull’indipendenza del Montenegro (2006) ha avuto un rapporto dialettico con Milo Dukanović e il suo partito socialista, moderando il proprio anticomunismo e anti-occidentalismo. Fino al dicembre 2019, quando il governo approva una legge che penalizza la Chiesa ortodossa chiedendo di dare prova documentale delle proprietà di 650 siti religiosi (monasteri, chiese, cappelle, cattedrale ecc.).

Raccogliendo il malcontento di vaste aree della società civile per la crisi economica, la crisi pandemica e la diffusa corruzione, porta in piazza e nelle manifestazioni quasi un terzo della popolazione del paese (630.000 abitanti, 450.000 ortodossi). È sottoposto a un interrogatorio di polizia di oltre 6 ore, ma convince l’elettorato a rovesciare, seppur di misura, la maggioranza di Dukanović. È ancora lui a guidare la composizione della dispersa opposizione in vista della formazione del nuovo governo.

Figura poliedrica, discussa e amata, ha dato questo titolo al discorso con cui ha ricevuto il dottorato honoris causa all’Istituto san Sergio (2012), «La Chiesa, sorgente dell’identità dell’uomo e del mondo. Il mondo creato per diventare Chiesa». La sua morte peserà sull’intera Chiesa serba, ma soprattutto sulla società e Chiesa montenegrina. Il probabile prossimo primo ministro, Zdravko Krivolapić, ha proclamato il lutto nazionale.

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