Un anno alla scuola di monsignor Antonio Bello, per tutti don Tonino, il vescovo con il grembiule, l’amico dei poveri, il costruttore di pace


Dall’8 dicembre 2022 all’8 dicembre 2023 una serie di incontri di preghiera, riflessione e impegno nel nome del vescovo venerabile, profeta e testimone di una Chiesa con il grembiule, al servizio dei poveri, e costruttore di pace. Il messaggio di monsignor Domenico Cornacchia, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi

Un anno alla scuola di monsignor Antonio Bello, per tutti don Tonino, il vescovo con il grembiule, l’amico dei poveri, il costruttore di pace che nel dicembre 1992 entrò nella Sarajevo assediata con un confratello vescovo, monsignor Luigi Bettazzi, un pugno di preti suore e frati, e 500 pacifisti. Giovedì 8 dicembre 2022, con una Messa celebrata a partire dalle 9,30 presso la Comunità C.A.S.A,. di Ruvo (diretta Tv su Tele Dehon, canale 19), monsignor Domenico Cornacchia vescovo di Molfetta Ruvo Giovinazzo Terlizzi inaugura lo speciale cammino diocesano di preghiera, riflessione e impegno che ha per tema Alla riscoperta dei volti.

Questo lungo periodo di memoria, voluto per ricordare i 30 amni della morte di don Tonino, avvenuta il 20 aprile 1993, (ri)accende i riflettori sull’insegnamento del vescovo dichiarato venerabile da papa Francesco il 25 novembre 2021, un pastore che non si stancò mai di investire temnpo ed energie nel rappoorto con il prossimo, specie se sofferente o emarginato. «L’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento; un volto da contemplare, da guardare e da accarezzare», scriveva don Tonino.
L’anno dedicato a don Tonino Bello, afferma in un messaggio monsignor Cornacchia, «vuole essere un percorso che ripropone attraverso le parole i gesti di don Tonino Bello la preziosità delle relazioni l’incontro tra le differenze il senso della convivialità vuole essere un’opportunità per camminare insieme sul passo degli ultimi e assumersi il coraggioso impegno di essere costruttori di pace nel quotidiano. Queesto anno speciale che si concluderà l’8 dicembre 2023 vuole essere l’occasione per valorizzare nel nostro tempo scarno di punti di riferimento la testimonianza incisiva dell’amato venerabile mettendo mettere in risalto la sua figura di Pastore che ha dedicato alla vita gli ultimi aradicato le proprie scelte del messaggio evangelico al fine di lasciarci ancora provocare e orientare della sua profezia»

Molteplici saranno gli eventi, i percorsi di ascolto e le esperienze di convivialità: la marcia della pace, la settimana biblico-teologica, la concelebrazione eucaristica in Cattedrale a Molfetta il 20 aprile con il cardinal Matteo Maria Zuppi, incontri di preghiera e catechesi dai più piccoli agli adulti, progetti didattici scolastici, premi letterari, pellegrinaggi, il cammino dei giovani, esperienze di condivisione presso le opere-segno di don Tonino, una summer school sulla pace, concerti con testi scritti dal venerabile, pubblicazioni, tavole rotonde su temi cari alla sua predicazione.

Famiglia Cristiana

don Tonino ci aiuti a essere «Chiesa del grembiule»

Il discorso del Papa ad Alessano (LaPresse)

Il discorso del Papa ad Alessano (LaPresse)

Il Papa è arrivato alle 8.47 ad Alessano, città natale di don Tonino Bello, il vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, morto esattamente 25 anni fa, il 20 aprile 1993. Il 21° viaggio italiano di Francesco si svolge infatti sui luoghi più significativi del presule pugliese, di cui è in corso la causa di beatificazione.

Il Pontefice, decollato da Roma alle 7.35 è atterrato all’areoporto militare di Galatina e ha raggiunto in elicottero Alessano. Qui è stato accolto dal vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, Vito Angiuli, nel cui territorio si trova la cittadina salentina, e dal sindaco Francesca Torsello.

Prima tappa del viaggio il cimitero comunale, dove riposa don Tonino Bello.

Il Papa sulla tomba di don Tonino (Fotogramma)

Il Papa sulla tomba di don Tonino (Fotogramma)

Il Papa raggiunge la tomba direttamente dall’elicottero e si ferma per lunghi minuti di preghiera silenziosa in piedi davanti alla lastra che ricopre la tomba. Il silenzio è assoluto. Si sente solo il vento che agita gli alberi e la veste bianca del Pontefice, il quale deve tenere in mano lo zucchetto per evitare che il vento stesso glielo porti via. Francesco depone sull’aiuola un mazzo di fiori bianchi e gialli. Infine si segna e va a pregare anche davanti alla tomba della madre di don Tonino, distante qualche passo.

Il Papa sulla tomba della madre di don Tonino (Fotogramma)

Il Papa sulla tomba della madre di don Tonino (Fotogramma)

Ritornando verso l’ingresso del cimitero il Papa si ferma a salutare a uno a uno i familiari del vescovo di Molfetta, accarezza e bacia i bambini, pronipoti di don Tonino, stringe le mani ai due fratelli Trifone e Marcello e riceve in dono da loro una stola appartenuta a don Tonino, che gli fu regalata durante un viaggio a El Salvador nel decennale dell’assassinio di monsignor Romero, e un grembiule ricamato dalle donne del paese, segno della Chiesa col grembiule tanto cara a monsignor Bello.

Il Papa ora si reca su un caddy bianco verso la spianata dove è allestito il palco per un saluto ai fedeli, che in circa 20mila lo attendono fin dalle prime ore dell’alba.

La folla dei fedeli in attesa fin dall'alba (foto Muolo)

La folla dei fedeli in attesa fin dall’alba (foto Muolo)

Il discorso del Papa: pace, poveri, contempl-attivi, umili

Alla preghiera sulla tomba il Papa fa riferimento all’inizio del suo discorso. E dice che quella tomba «non si innalza verso l’alto, ma è tutta piantata nella terra: don Tonino seminato nella sua terra». Quindi da questa terrail Papa lancia un nuovo appello per la pace nel Mediterraneo, così cara al vescovo di Molfetta morto 25 anni fa. Una terra che egli «chiamava “terra-finestra” – sottolinea Francesco nel discorso di Alessano -, perché dal Sud dell’Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, dove i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno. Siete una “finestra aperta, da cui osservare tutte le povertà che incombono sulla storia”, ma siete soprattutto una finestra di speranza perché il Mediterraneo – fa notare il Pontefice -, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente».

Don Tonino uomo di pace, dunque. E così papa Bergoglio, con rapide pennellate ne ricorda il suo impegno incessante contro tutte le guerre. A partire da quelle più vicine. «Agiva localmente per seminare pace globalmente – dice -, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione. Diceva, speranzoso, don Tonino: “Dall’officina, come un giorno dalla bottega di Nazareth, uscirà il verbo di pace che instraderà l’umanità, assetata di giustizia, per nuovi destini”».

Don Tonino vicino ai bisognosi. «Capire i poveri era per lui vera ricchezza – ricorda il Pontefice -. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda». Quindi aggiunge: «Una Chiesa che ha a cuore i poveri rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo e sente di dover tornare all’essenziale per professare con coerenza che il Signore è l’unico vero bene. Don Tonino ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero». Don Tonino, sottolinea ancora Francesco, «sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino spossessarsi di sé. Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l’incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità».

Papa Bergoglio continua ad aggiungere pennellate su pennellate al ritratto di monsignor Bello. Era un contempl-attivo, dice con un gioco di parole tipico del vescovo. «Caro don Tonino – dice il Pontefice – ci hai messo in guardia dall’immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci davanti al tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno. E noi ci potremmo chiedere se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi. Potresti domandarci anche se, una volta partiti, camminiamo; se, come Maria, Donna del cammino, ci alziamo per raggiungere e servire l’uomo, ogni uomo. Se ce lo chiedessi, dovremmo provare vergogna per i nostri immobilismi e per le nostre continue giustificazioni. Ridestaci allora alla nostra alta vocazione; aiutaci ad essere sempre più una Chiesa contemplattiva, innamorata di Dio e appassionata dell’uomo».

Infine il don Tonino umile. «In questa terra Antonio nacque Tonino e divenne don Tonino. Questo nome, semplice e familiare, che leggiamo sulla sua tomba, ci parla ancora. Racconta il suo desiderio di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa. Invita all’apertura semplice e genuina del Vangelo. Il nome di “don Tonino” – aggiunge il Pontefice – ci dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere per dare spazio al potere dei segni. Don Tonino non lo faceva certo per convenienza o per ricerca di consensi, ma mosso dall’esempio del Signore. Nell’amore per Lui troviamo la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere “Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo”». Una Chiesa, rimarca il Pontefice, «non mondana ma per il mondo». Una Chiesa «monda di autoreferenzialità» ed «estroversa, protesa, non avviluppata dentro di sé; non in attesa di ricevere, ma di prestare pronto soccorso; mai assopita nelle nostalgie del passato, ma accesa d’amore per l’oggi, sull’esempio di Dio, che ha tanto amato il mondo».

La conclusione del Papa è un invito a imitare monsignor Bello, affinché «la sua profezia sia attuata». «Non accontentiamoci di annotare bei ricordi, non lasciamoci imbrigliare da nostalgie passate e neanche da chiacchiere oziose del presente o da paure per il futuro. Imitiamo don Tonino, lasciamoci trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti. È un invito forte rivolto a ciascuno di noi e a noi come Chiesa. Ci aiuterà a spandere oggi la fragrante gioia del Vangelo».

Al termine il Papa ha invitato i presenti a recitare un’Ave Maria davanti all’immagine della Vergine de Finibus Terrae che si venera a Santa Maria di Leuca, dove Benedetto XVI si recò in pellegrinaggio dieci anni fa.

Il saluto del vescovo Angiuli

In precedenza monsignor Vito Angiuli aveva salutato il Papa, ringraziandolo per la sua visita. «Speriamo di vedere presto don Tonino Beato. Don Tonino è vivo esempio per i nostri pastori. È stato per tutti, don Tonino, prima che Vescovo, papà del suo popolo, mostrando una forte paternità». Cita il cardinale Martini, secondo cui in monsignor Bello «brillava la centralità assoluta del mistero di Gesù crocifisso e risorto». Fa riferimento alla convivialità delle differenze che è stato, dice, anche il programma di vita perseguito instancabilmente dal Servo di Dio. E infine sottolinea: «Nei Suoi gesti, ci pare di intravedere gli esempi di vita che don Tonino ci ha lasciato. Troppo evidente ci sembra la somiglianza. Ogni volta che Lei appare alla finestra del Palazzo Apostolico, a noi viene in mente il titolo di un libro di don Tonino: Alla finestra la speranza. Sì, Padre Santo, le Sue parole, come quelle di don Tonino, ci aiutano a non farci rubare la speranza». Ed è proprio la speranza, aggiunge Angiuli, «che ci sostiene nell’affrontare alcuni gravi problemi che affliggono il nostro territorio: il flagello della xylella che ha devastato la bellezza dei nostri alberi d’ulivo; il ricorrente tentativo di deturpare il nostro mare; la precarietà e la mancanza di lavoro; la ripresa delle migrazioni di molti giovani e di interi nuclei familiari; il grido di dolore di tanti poveri umiliati nella loro dignità umana.La Sua presenza, oggi, in mezzo a noi mette le ali alla nostra speranza e ci sprona a seguire con più audacia il sentiero della pace indicato da don Tonino».

L’attesa e la veglia dei giovani

Durante l’attesa sono stati proiettati sui maxischermi anche alcuni filmati di don Tonino e brani di suoi discorsi.Tra la gente numerosi i giovani, che ieri sera hanno animato la veglia di preghiera davanti alla chiesa parrocchiale dove fu battezzato don Tonino e che poi sono rimasti svegli tutta la notte. Una veglia scandita dai tre grandi amori del presule. L’amore per la vita, per i poveri e per Dio.

Presenti tra gli altri don Luigi Ciotti e monsignor Angiuli. Toccante la testimonianza di don Ciotti: «L’Italia deve esportare la pace e non le armi» ha detto.

La veglia dei giovani ieri sera ad Alessano (foto Muolo)

La veglia dei giovani ieri sera ad Alessano (foto Muolo)

Papa Francesco è decollato alle 10.15 alla volta di Molfetta, dopo aver salutato a lungo i malati ai piedi del palco. A Molfetta celebrerà la Messa nell’area del porto, lo stesso luogo dove il 22 aprile 1993 si svolsero i funerali di don Tonino.

Tanti auguri scomodi

Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

+ Tonino Bello

(testo pubblicato nel libro Alla finestra la speranza, lettere di un vescovo. Edizioni Paoline, 1988. Don Tonino Bello è nato ad Alessano, il 18 marzo 1935. E’ morto a Molfetta, dove è stato vescovo, il 20 aprile 1993)