Liturgia DOMENICA di Pasqua Risurrezione del Signore (ANNO B)

Grado della Celebrazione: Domenica

Colore Liturgico  Bianco

Scarica il foglietto della Messa >
Scarica le Letture del Lezionario >
Scarica il Salmo Responsoriale Cantato >

 

Che cos’è che fa correre l’apostolo Giovanni al sepolcro? Egli ha vissuto per intero il dramma della Pasqua, essendo molto vicino al suo maestro. Ci sembra perciò inammissibile un’affermazione del genere: “Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura”. Eppure era proprio così: non meravigliamoci allora di constatare l’ignoranza attuale, per molti versi simile. Il mondo di Dio, i progetti di Dio sono così diversi che ancor oggi succede che anche chi è più vicino a Dio non capisca e si stupisca degli avvenimenti.
“Vide e credette”. Bastava un sepolcro vuoto perché tutto si risolvesse? Credo che non fu così facile. Anche nel momento delle sofferenze più dure, Giovanni rimane vicino al suo maestro. La ragione non comprende, ma l’amore aiuta il cuore ad aprirsi e a vedere. È l’intuizione dell’amore che permette a Giovanni di vedere e di credere prima di tutti gli altri. La gioia di Pasqua matura solo sul terreno di un amore fedele. Un’amicizia che niente e nessuno potrebbe spezzare. È possibile? Io credo che la vita ci abbia insegnato che soltanto Dio può procurarci ciò. È la testimonianza che ci danno tutti i gulag dell’Europa dell’Est e che riecheggia nella gioia pasquale alla fine del nostro millennio.

CALENDARIO SETTIMANA SANTA in Parrocchia S. Agostino, S. Stefano e S. Teresa a Reggio Emilia (centro)

CALENDARIO SETTIMANA SANTA
Sabato 23 marzo
DOMENICA DELLE PALME
ore 18.30 S. Agostino
Domenica 24 marzo
DOMENICA DELLE PALME
ore 08.45 S. Agostino
ore 09.45 S. Stefano
ore 11.00 S. Teresa
ore 11.15 S. Agostino
Giovedì 28 marzo
GIOVEDÌ SANTO
ore 09.30 Cattedrale Messa Crismale
ore 18.30 Cattedrale MESSA IN COENA DOMINI
ore 21.00-07.00 S. Stefano adorazione notturna
Venerdì 29 marzo
VENERDÌ SANTO
ore 15.00 S. Agostino Liturgia della Croce
ore 18.30 Cattedrale Liturgia della Croce
ore 21.00 VIA CRUCIS CITTADINA
Sabato 30 marzo SABATO SANTO
ore 21.30 S. Agostino VEGLIA PASQUALE
Domenica 31 marzo DOMENICA DI RESURREZIONE
ore 08.45 S. Agostino
ore 10.00 S. Stefano
ore 11.00 S.Teresa
ore 11.30 S. Agostino
Lunedì 1 aprile
LUNEDÌ DELL’ANGELO
ore 08.45 S. Agostino
ore 10.00 S. Stefano
ore 11.00 S. Teresa

Dove vedere la Messa dell’8 dicembre 2023 in tv e in streaming?

Santa Messa dell’Immacolata 8 dicembre 2023, dove vederla in tv e in streaming?

Nel giorno in cui si celebra l’Immacolata Concezione, un appuntamento imprescindibile per numerosi fedeli, specialmente per coloro che non possono partecipare alla celebrazione in chiesa, è la Messa trasmessa in televisione.

La Messa in diretta televisiva su Rai 1, in occasione della Festa dell’Immacolata, avviene alle ore 11, proveniente dalla Chiesa di San Francesco Albaro a Genova, con collegamento previsto su Rai 1 dalle 10:50. È anche disponibile la diretta streaming su RaiPlay.
Su TV 2000 (Canale 28 digitale terrestre, 18 di tivùsat, 157 di Sky), è possibile seguire la Messa alle 8:30 e alle 19. La diretta streaming è accessibile gratuitamente tramite il player di Tv2000 sul sito ufficiale.
Programma tv Messa dell’Immacolata
Rai 1 e RaiPlay
Ore 11 – Messa dalla Chiesa di San Francesco Albaro a Genova
Ore 15.45 – Omaggio di Papa Francesco alla statua dell’Immacolata

TV2000
Ore 8:30 – Santa Messa
Ore 16 – Visita all’Immacolata di Papa Francesco
Ore 19:00 – Santa Messa 

Sempre meno fedeli a Messa. «Ecco da dove possiamo ripartire»

Il calo delle presenze dopo il Covid, l’assenza dei giovani, il disagio per riti “scadenti”. Le diocesi si interrogano sulla partecipazione in crisi alle celebrazioni. Parla il vescovo Busca
La celebrazione della Messa in una parrocchia italiana

La celebrazione della Messa in una parrocchia italiana – Siciliani

Il campanile non chiama più come accadeva fino a pochi anni fa. Invece di un popolo intorno alla mensa eucaristica, c’è un “gregge disperso” che frequenta sempre meno le Messe nelle parrocchie italiane. E qualcuno parla di «chiese vuote». Sintesi semplicistica, a dire il vero, per raccontare il calo della partecipazione alle celebrazioni. Come ha mostrato di recente la testata online dei dehoniani Settimana News.it. Chi prende parte a un rito religioso almeno una volta alla settimana è circa il 19% della popolazione. Una cifra che si è ridotta di un terzo in diciotto anni. «È evidente la diminuzione della pratica della fede. Ma occorre ricordare che l’esperienza ecclesiale non si esaurisce entro i confini del rito. Come narra il Vangelo, Cristo è passato beneficando e risanando tutti quelli che incontrava nei contesti ordinari della vita. Ecco, la Chiesa intercetta non soltanto coloro che si siedono sulle panche ma l’intero popolo di Dio che comprende anche chi si interroga sulla verità e sul bene. Del resto non dobbiamo disconoscere che c’è una diffusa ricerca di spiritualità nel nostro Paese, di cui la Chiesa è chiamata a farsi interprete», spiega il vescovo di Mantova, Gianmarco Busca, presidente della Commissione episcopale Cei per la liturgia. E subito propone una domanda: «Dovremmo chiederci: chi si è allontanato da chi? È la gente che si è allontanata dalla Chiesa o da determinate ritualità; oppure è la Chiesa che si è allontanata dalle persone perdendo in parte la sua capacità di incontro nel nome del Vangelo? Comunque spesso siamo di fronte a comunità con legami fragili, con appartenenze deboli e talvolta anche con uno stile di fraternità a velocità variabile».

Nodi al centro del convegno del Triveneto che si tiene oggi a Verona dove arriveranno 750 rappresentanti delle quindici diocesi del Nordest con i loro pastori. È la fase finale di un itinerario dal basso che già nel titolo racconta della crisi attrattiva delle liturgie: “Ritrovare forza dall’Eucaristia”. «Nelle sintesi diocesane giunte a Roma per il Cammino sinodale della Chiesa italiana – afferma Busca – è emersa una qualità celebrativa un po’ deludente, un anonimato delle liturgie che non può essere trascurato. Si chiede maggiore attenzione da parte di chi presiede e delle assemblee. Oppure di superare una gestione clericale dei riti. Inoltre viene sottolineato un divario fra liturgia e vita che balza agli occhi soprattutto nell’omelia: in molti hanno manifestato il proprio malessere di fronte a riflessioni che non hanno una lingua materna e non riescono a sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda spirituale che si irradia nelle nostre città». Busca sarà uno dei relatori dell’appuntamento di oggi insieme con suor Elena Massimi, religiosa delle Figlie di Maria Ausiliatrice, presidente dell’Associazione professori di liturgia.

Il punto di partenza è proprio l’addio alla Messa. Un distacco che il Covid, complice la serrata nazionale nel 2020, ha amplificato. «Con la pandemia – afferma il presidente della Commissione Cei – la frequenza ai riti domenicali ha subìto un calo sensibile. Tutto ciò ha palesato disagi che erano latenti da tempo. Dopo la ripresa delle celebrazioni comunitarie, un segmento dei fedeli non è tornato. Era la loro una partecipazione abitudinaria e poco motivata? O c’è dell’altro? Qualcuno ha detto che l’emergenza sanitaria è stata un’occasione persa perché non ha contribuito a far comprendere che l’incontro con Dio avviene non soltanto nei riti mediati dal sacerdote e con la comunità, ma che c’è anche una liturgia domestica con la preghiera in famiglia al centro. E c’è un sacerdozio battesimale che andava più valorizzato. Abbiamo affollato il web di pseudo-ritualità. E in alcuni è passata l’idea che la Messa in tv fosse non solo più comoda ma equivalente. Ciò ha alimentato il rischio di una spiritualità fai-da-te che è affine a una certa cultura contemporanea di stampo individualistico. Invece l’esperienza cristiana implica una comunità in carne e ossa, che celebra il mistero attraverso la corporeità, che sta sul territorio, dove ai momenti celebrativi si aggiungono percorsi di fraternità e missione».

La celebrazione della Messa in una parrocchia italiana

La celebrazione della Messa in una parrocchia italiana – Gambassi

All’appello mancano in particolare i ragazzi: i praticanti assidui tra gli adolescenti (14-17 anni) sono passati dal 37% del 2001 al 12% del 2022 e quelli tra i 18 e 19 anni sono scesi dal 23% nel 2001 all’8% nel 2022. «L’estraneità dei giovani alla liturgia è lo specchio di una Chiesa a due velocità: quella degli “over” che vanno a Messa e quella delle nuove generazioni che si ricompattano nei grandi eventi come la Gmg o che ha forme aggregative diverse rispetto a quella liturgica – osserva il vescovo di Mantova –. Non è vero che i giovani peccano di giovanilismo. Le critiche per riti noiosi, indecifrabili, soprattutto poco vivi e coinvolgenti sono da tenere in debito conto. Fa pensare che a Lisbona i giovani abbiano partecipato con entusiasmo ogni giorno all’Eucaristia o che nei campi estivi le celebrazioni siano accolte positivamente. Inoltre sono gli stessi giovani a privilegiare contesti comunitari, come lo sono quelli liturgici».

Allora da dove ripartire? Anzitutto, dagli itinerari di avvicinamento all’Eucaristia. Con la formazione alla liturgia. «Servono proposte per riapprendere questo linguaggio dell’anima – sprona Busca –. Ogni ritualità, come quella sportiva o musicale, ha un linguaggio iniziatico: ci sono parole, gesti, azioni che vengono compresi da chi segue uno sport o la musica perché qualcuno lo ha introdotto. Anche la lingua liturgica ha necessità di essere imparata. E la si apprende frequentandola. Nel celebrare, ad esempio, si coglie il valore del silenzio, si è toccati dalla vicinanza degli altri, si viene catturati dal messaggio di una preghiera, si è aiutati dalla spiegazione della Parola. Ma c’è anche una capacità di adattamento che da sempre la liturgia ha. Essa è un corpo vivo, non un fossile e può ricorrere a parole nuove o a approcci che colgono le sensibilità di oggi. Guai però a scadere in forme di stampo televisivo o all’eccentricità».

Poi c’è la qualità dei riti che può essere riassunta nel motto “Più Messa, meno Messe”. «Succede che si tenga un’Eucaristia domenicale per otto persone e l’ora successiva per altre quindici. Moltiplicare le Messe e smembrare l’assemblea è contrario alla natura dell’Eucaristia che implica il “convergere in uno”. E la quantità rischia di andare a discapito della dignità liturgica». In aiuto possono venire l’arte e il canto. « Non sono elementi accessori ma parte della liturgia stessa – avverte il presidente della Commissione episcopale –. Essi indicano come la lode a Dio si avvalga anche di leve culturali diversificate. Perché culto e cultura vanno di pari passo». E l’altare è sorgente di carità. « Nell’Eucaristia – conclude Busca – Cristo si rende presente per farci dono della sua Pasqua. Un dono ricevuto che diventa dono restituito nel servizio e nell’abbraccio al prossimo. Essere stati alla mensa del Signore apre a una prassi di ospitalità del fratello che è chiamata a farsi annuncio del Risorto. Altrimenti tutto si riduce all’assistenzialismo o alla filantropia».

avvenire.it