Covid, ci sono nuovi sintomi. E doppie e triple infezioni, anche nei vaccinati

Covid, ci sono nuovi sintomi. E doppie e triple infezioni, anche nei vaccinati

Vertigini, importanti sintomi gastrointestinali e doppie, triple infezioni, anche in soggetti vaccinati. E’ questo il ventaglio dei sintomi che i medici di famiglia stanno riscontrando nelle ultime settimane. Ad affermarlo è Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione nazionale dei medici di famiglia.

I nuovi sintomi

“Nelle ultime settimane stiamo riscontrando caratteristiche un po’ diverse da quelle delle ondate precedenti. La febbre è sempre presente ma negli ultimi casi osservati è più alta e dura almeno un paio di giorni” osserva Scotti “sembra che alcuni sintomi abbiano guadagnato intensità, come quelli gastrointestinali e il mal di testa”.

Alla luce della diffusione delle mutazioni Omicron che hanno provocato la risalita dei casi in Europa, il National Health Service britannico ha aggiunto altri sintomi all’elenco dei disturbi provocati dalla malattia. Oltre a febbre, tosse continua e perdita di olfatto e gusto, anche fiato corto, sentirsi stanchi o esausti e la sensazione di corpo dolorante, perdita di appetito, diarrea e sentirsi genericamente poco bene male.

Secondo il segretario della Fimmg inoltre, negli ultimi mesi, si verifica “una sorta di ritardo diagnostico di 24- 48 ore: nelle prime ondate alla comparsa dei sintomi corrispondeva il tampone positivo, oggi la positività compare dopo 1-2 giorni dai sintomi”.

La preoccupazione dei medici di famiglia

La preoccupazione più grande è l’incidenza, sottolinea Scotti, “quando il virus entra in una famiglia tutti i soggetti vengono contagiati. In questo momento il 30% dei miei pazienti sono positivi”. Un dato allarmante è lo “shift generazionale”, ovvero lo spostamento dell’infezione verso i soggetti più anziani, i pazienti più vulnerabili.

La variante XE

E mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità accerta che Omicron BA.2 è responsabile di oltre il 90% delle infezioni nel mondo continua il monitoraggio della variante XE del coronavirus scoperta nel Regno Unito. Secondo l’Oms le prime stime su questa mutazione suggeriscono che potrebbe essere il 10% più contagiosa di Omicron 2, ma “questo dato richiede ulteriori conferme”.

Si tratta di una variante ricombinante dei due principali sottotipi della Omicron, BA.1- BA.2: “XE appartiene alla variante Omicron fino al momento in cui non saranno riportate differenze significative nella trasmissione e nelle caratteristiche della malattia, inclusa la gravità” afferma l’Oms. Della stessa famiglia fanno parte anche le varianti XD e XF (ricombinanti di Delta e Omicron) da poco identificate e al momento poco diffuse.

Secondo l’epidemiologo Carlo La Vecchia dal punto di vista clinico la variante XE non sembra essere più grave degli altri sottotipi di Omicron.

Se e quanto la nuova mutazione sia già in Italia è ancora presto per dirlo: “Lo sapremo probabilmente nei prossimi giorni, alla luce dei risultati della survey avviata dall’Istituto superiore di sanità, ma non mi sorprenderei se fosse già tra noi”, spiega il professore ordinario di Statistica medica all’Università degli Studi di Milano. L’allerta è partita dal Regno Unito: “Lì sono stati documentati più di 600 casi. Dagli ultimi dati sembra che XE possa essere più contagiosa di circa il 10%, ma è incerto il fatto che questo basti per farle prendere il sopravvento su Omicron 2 e creare un’altra ondata. Non credo che questo accadrà”.

L’efficacia dei vaccini

“E’ importante distinguere tra infezione e malattia grave- sottolinea La Vecchia- Sappiamo che il vaccino protegge dalla malattia grave ma chi è vaccinato può infettarsi con queste nuove varianti”.

Ieri dall’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e dall’Ema (Agenzia europea del farmaco) è arrivata l’indicazione che per gli adulti di età inferiore ai 60 anni con sistema immunitario normale, non ci sono attualmente prove che vi sia un valore aggiunto in una quarta dose. Tuttavia entrambe le agenzie hanno convenuto che una quarta dose (o secondo booster) può essere somministrata agli adulti di età pari o superiore a 80 anni dopo aver esaminato i dati sul rischio più elevato di Covid grave in questa fascia di età e sulla protezione fornita da una quarta dose. “Tra qualche mese dovremmo avere maggiori informazioni sui vaccini aggiornati alle varianti e sulla loro efficacia” conclude La Vecchia.

rainews