Sergio Mattarella – Ansa
«Anche nei momenti più bui, non mi sono mai sentito solo e ho cercato di trasmettere un sentimento di fiducia e di gratitudine a chi era in prima linea». È discorso di commiato il messaggio di fine anno, l’ultimo di Sergio Mattarella. Stringato, – appena 15 minuti, uno dei più brevi – accorato, colloquiale fine nella location, lo studio alla vetrata con le immagini invertite, alle spalle non la sua scrivania, ma i giardini illuminati, quasi a evocare l’imminente uscita di scena, Un discorsi per niente ancorato all’attualità politica – per precisa scelta di non interferenza -, con la sola eccezione della crisi pandemica, che torna a preoccupare, ma di fonte alla quale occorre conservare «fiducia», una delle parole chiave che ripete più volte, anche grazie ai vaccini, che non garantiscono «invulnerabilità», ma costituiscono un’importante «difesa» garantita dalla collaborazione della «quasi totalità» degli italiani, che il presidente torna a ringraziare.
C’è «coinvolgimento» ed «emozione», confessa, «accresciuti dal fatto che, tra pochi giorni, come dispone la Costituzione, si concluderà il mio ruolo di Presidente», chiarisce subito. Proprio questo dovrebbe essere l’ultimo suo intervento ufficiale, al netto di un saluto alla nazionale di pallavolo femminile e all’astronauta Samantha Cristofoletti che ha ancora in agenda.
Nessun riferimento a chi verrà dopo, al suo identikit, ma le parole che usa in chiave autobiografica indicano i binari lungo i quali procedere, per non deragliare: «Ciascun Presidente della Repubblica – confessa Mattarella -, all’atto della sua elezione, avverte due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno». Mantenendo l’unico obiettivo di «salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore. Non tocca a me dire se e quanto sia riuscito ad adempiere a questo dovere». Ma, assicura, «mi sono adoperato, in ogni circostanza, per svolgere il mio compito nel rispetto rigoroso del dettato costituzionale». Nel nome della Costituzione «fondamento, saldo e vigoroso, della unità nazionale».
Il «patriottismo», parola che in questi giorni è risuonata come requisito da richiedere al futuro Capo dello Stato, lui invece lo distribuisce fra tutte le istituzioni repubblicane, che sono state capaci di «leale collaborazione». A partire dal Parlamento, che ne costituisce il perno. Mattarella un «pensiero riconoscente» lo rivolge anche ai Presidenti del Consiglio e ai Governi che si sono succeduti. Ben cinque, occorre ricordare, sono stati gli esecutivi del settennato: Renzi, Gentiloni, Conte 1, Conte 2 e Draghi, tranne il primo, in carica al momento dell’elezione al Colle, gli altri quattro sono nati su incarico di Mattarella. Tutti hanno consentito la «governabilità» e «in alcuni passaggi particolarmente difficili e impegnativi, di evitare pericolosi salti nel buio».
Accanto alle istituzioni statali, «i sindaci e le loro comunità» i presidenti di Regione, i volontari, hanno mostrato «il volto reale di una Repubblica unita e solidale», il patriottismo «concretamente espresso nella vita della Repubblica».
La «fiducia e speranza» con cui guardar al nuovo anno, lo inducono a un «grazie» ai cittadini italiani «per aver mostrato, a più riprese, il volto autentico dell’Italia: quello laborioso, creativo, solidale». In particolare in questi ormai due anni di pandemia «che ha sconvolto il mondo e le nostre vite». e mietuto vittime. Mattarella unisce nel ricordo quel «patrimonio inestimabile di umanità», costituito dall’«abnegazione dei medici, dei sanitari, dei volontari. Di chi si è impegnato per contrastare il virus. Di chi ha continuato a svolgere i suoi compiti nonostante il pericolo». Riconoscendo i «meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi».
In queste ore in cui i contagi tornano a preoccupare e a causa delle varianti del virus «si avverte talvolta un senso di frustrazione». Ma «non dobbiamo scoraggiarci», ammonisce Mattarella. I vaccini «sono stati, e sono, uno strumento prezioso», la difesa «che consente di ridurre in misura decisiva danni e rischi, per sé e per gli altri». Ricorda le scene drammatiche di inizio pandemia, le bare trasportate dai mezzi militari. «Cosa avremmo dato, in quei giorni, per avere il vaccino?». La ricerca e la scienza ci hanno fornito questa opportunità «molto prima di quanto si potesse sperare, questa opportunità. Sprecarla è anche un’offesa a chi non l’ha avuta e a chi non riesce oggi ad averla».
Abbiamo fatto i conti, in questi due anni, con la crescita di «povertà, esclusioni e perdite di lavoro. Eppure ci siamo rialzati. ci siamo avviati sulla strada della ripartenza». E questo anche grazie alla «risposta solidale, all’altezza della gravità della situazione, che l’Europa è stata capace di dare». I risultati per l’Italia sono stati una crescita «oltre le aspettative e una ripresa della vita sociale».
Un pensiero anche ai militari caduti vittime della «minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamista». A quelle dei «gravi disastri per responsabilità umane, i terremoti, le alluvioni». Ai «caduti, militari e civili, per il dovere. I tanti morti sul lavoro. Le donne vittime di violenza».
Un pensiero accorato, in particolare va ai giovani per la «diffusa precarietà» che li sta «scoraggiando nel costruire famiglia e futuro». La «forte diminuzione delle nascite», per Mattarella «rappresenta uno degli aspetti più preoccupanti della nostra società». A loro bisogna guardare con priorità anche favorendo le transizioni ecologica e digitale che rappresentano «necessità ineludibili». I giovani «portatori della loro originalità, della loro libertà, sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani. A loro sento di dover dire: «Non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società». E ricorda la «commovente» lettera che il professor Pietro Carmina, vittima del recente, drammatico crollo di Ravanusa. Professore di filosofia e storia, andando in pensione due anni fa, aveva scritto ai suoi studenti, invitandoli a non essere spettatori ma protagonisti della storia. A «infilarsi dentro, sporcandosi le mani».
È l’unica citazione del discorso, mentre l’unico saluto personale lo rivolge a Papa Francesco ringraziandolo «per la forza del suo magistero, e per l’amore che esprime all’Italia e all’Europa, sottolineando come questo Continente possa svolgere un’importante funzione di pace, di equilibrio, di difesa dei diritti umani nel mondo che cambia».
Chiude con un invito a «guardare avanti», perché «il destino dell’Italia dipende anche da ciascuno di noi» e richiede a una nuova stagione dei doveri». in cui ognuno «accetta di fare fino in fondo la parte propria. Nutro fiducia – conclude Mattarella -. L’Italia crescerà». Nella «coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei. Buon anno a tutti voi! E alla nostra Italia!».
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