Alta tensione a confine Serbia-Kosovo, monito di Vucic

 © ANSA
Le autorità del Kosovo hanno chiuso questa sera due valichi di confine con la Serbia per i blocchi stradali messi in atto da dimostranti kosovari di etnia serba per protestare contro nuove leggi approvate dal governo su documenti di identità e targhe automobilistiche, in vigore domani.

La disputa ha riacceso le tensioni tra Pristina e Belgrado, che non riconosce l’indipendenza del Kosovo.

Media internazionali riferiscono che il presidente serbo Aleksandr Vucic, in un discorso televisivo, ha mostrato una cartina del Kosovo coperto dalla bandiera serba e ha avvertito che se i serbi saranno minacciati, la Serbia ne uscirà vittoriosa.
(ANSA).

“Manifesta” a Pristina: l’arte insegna dialogo

Si è aperta a Pristina, capitale del Kosovo, la quattordicesima edizione di Manifesta, una kermesse di arte, installazioni, performance e interventi sul patrimonio monumentale che durerà cento giorni. Manifesta è una iniziativa creata da una istituzione olandese che ha come obiettivo l’idea di un’arte nomade che movimenti il panorama europeo e sia occasione di animazione e attenzione per le città in cui si svolge. L’ultima, quattro anni fa, era stata organizzata a Palermo e aveva coinvolto artisti locali, istituzioni e fatto conoscere a un vasto pubblico parecchi palazzi e monumenti fino ad allora chiusi al pubblico. Per quanto leggermente coloniale e pervasa da un senso molto ingenuo e un po’ provinciale – di un provincialismo tutto olandese – Manifesta ha avuto il merito di attirare un vastissimo pubblico internazionale e di essere spesso un volano turistico e di promozione molto forte.

Mentre nel caso di Palermo si trattava di una città molto connotata e conosciuta, per Pristina l’operazione ha un particolare valore sperimentale. Il Kosovo, una giovanissima repubblica ha proclamato la sua indipendenza nel 2008 e a tutt’oggi è riconosciuta solo da una parte dei paesi che convergono nelle Nazioni Unite. La guerra del Kosovo, che ha provocato 13mila vittime, enormi distruzioni di città, chiese, moschee, monumenti è stata scatenata dai processi di pulizia etnica seguiti alla dissoluzione della Jugoslavia. A una prima resistenza kosovara nonviolenta in vista di una indipendenza dalla Serbia è seguita nel 1998-99 una feroce repressione e una resistenza armata da parte kosovara. La guerra ha provocato un intervento della Nato volto ad arrestare la pulizia etnica. La Serbia ha dovuto accettare l’indipendenza del Kosovo anche se alcuni paesi delle Nazioni Unite, come Spagna, Russia e Cina continuano a rifiutarla. Oggi il paese è difeso da una presenza stabile delle forze della Nato e faticosamente sta ricostruendo infrastrutture e istituzioni. Ha adottato l’euro ma ai suoi abitanti viene ancora negata una mobilità verso l’Europa. Questo il contesto complesso che rende altamente simbolica l’edizione del 2022 di Manifesta.

Il paese è abitato da una popolazione per buona parte di origine e lingua albanese e da una minoranza slava e serba. Ci si stupisce andando in giro per questa giovane repubblica della compresenza di moschee, chiese ortodosse e cattoliche. Le ferite dell’odio etnico e religioso sono però tutte presenti a rammentare quanto oggi nazionalismo, religione ed etnia producano una miscela pericolosa. Manifesta sta contribuendo a restaurare alcuni luoghi simbolici, tra cui una scuola clandestina in montagna dove i bambini potevano continuare a parlare e studiare l’albanese, mentre il governo serbo ne proibiva l’insegnamento. Durante la guerra venne bombardata. Nelle aule distrutte video degli insegnanti e degli ex studenti raccontano la difficile storia. Tutto ciò è terribilmente attuale, la pretesa serba di cancellare ogni altra lingua ed etnia ricorda la follia putiniana nei confronti dell’Ucraina e ci ricorda l’origine dei mali che affliggono l’Europa. Il 60% degli artisti invitati a Manifesta sono kosovari, giovani e giovanissimi. La sera Pristina ha una movida che fa invidia a quella di Barcellona e una scena musicale straordinaria.

L’impossibilità di andare in Europa viene compensata dalla attenzione con cui i giovani seguono quello che accade altrove, dalla pratica delle lingue, inglese e italiano soprattutto. Un’opera dell’artista albanese Adrian Paci, esposta nell’affascinante e diruto Grand Hotel che ospita nei suoi 13 piani buona parte dei lavori degli artisti locali e internazionali, rappresenta in maniera efficace e profonda la situazione di questo paese. Adrian Paci ha filmato nella sua Albania la gente che cammina a piedi per le strade, in montagna, in pianura, sulla costa, in autostrada accompagnata spesso da animali. E’ un fenomeno visibile anche qui in Kosovo, dappertutto c’è gente che cammina lungo le strade, spesso nel mezzo del nulla, lontano dai centri abitati. Ieri due donne camminavano addossate al guardrail centrale dell’autostrada Pristina Tirana. Lo sguardo di Adrian Paci racconta un paese in movimento, ma soprattutto un abitare il territorio, un legame stretto tra paesaggio e popolazione, la pratica secolare di percorrerne i sentieri. Sui due schermi dell’istallazione gente di ogni tipo misura con il proprio passo un mondo che riporta il senso di un paese alla sua dimensione uno a uno. Manifesta 14 porta in primo piano l’importanza e l’effetto che l’arte può avere nel lanciare legami tra mondi distanti, tra paesi divisi da conflitti. In un mondo sempre più complicato da presunte identità contrapposte questa è una lezione che dobbiamo sempre di più imparare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Kosovo. Istituita la diocesi di Prizren-Pristina nel giorno di santa Teresa di Calcutta

La Cattedrale di Pristina (Ansa)

La Cattedrale di Pristina (Ansa)

Oggi, memoria liturgica di santa Teresa di Calcutta, il Papa ha elevato l’amministrazione apostolica di Prizren-Pristina nel Kosovo a diocesi, ricostituendo quella già storicamente esistita e lasciandone immutato lo status di circoscrizione ecclesiastica immediatamente soggetta alla Santa Sede. Il Pontefice ha quindi nominato nuovo vescovo Dodë Gjergji, finora amministratore apostolico della circoscrizione.

Madre Teresa, al secolo Anjezë Gonxhe Bojaxhiu, era nata a Skopje nel 1910 in una famiglia benestante di lingua e cultura albanese proveniente dal Kosovo: la madre era nata per la precisione a Gjakova, il padre era originario di Prizren. Questo spiega il legame che la comunità cattolica kosovara – ma anche il Paese in generale – sente con una delle figure simbolo della santità del XX secolo.

Santa Teresa di Calcutta con alcuni malati di lebbra (Ap)

Santa Teresa di Calcutta con alcuni malati di lebbra (Ap)

Dedicata a Madre Teresa è anche la nuovissima Cattedrale di Pristina, consacrata esattamente un anno fa, il 5 settembre 2017, alla presenza come inviato del Pontefice del cardinale albanese Ernest Simoni. La sua costruzione era iniziata nel 2003 ed è stata portata a termine grazie alle offerte di fedeli kosovari e albanesi sparsi nel mondo, oltre che dal sostegno di alcune fondazioni e Chiese tra cui quella italiana.

L’edificio di culto in stile neo-romanico oggi è un segno particolarmente visibile della presenza cristiana in Kosovo: Stato resosi indipendente dalla Serbia nel 2008 e in cui su 2 milioni e 200mila abitanti i cattolici sono appena 64mila e gli ortodossi 120mila: il 90% della popolazione è infatti di religione islamica.

Avvenire

Balcani. Dieci anni di indipendenza, il Kosovo riparte da un ponte

Dieci anni di indipendenza, il Kosovo riparte da un ponte

La metafora dei primi dieci anni della Repubblica indipendente del Kosovo è il ponte sospeso sul fiume Ibar che divide la Mitrovica albanese da quella serba. A lungo, la struttura è rimasta impraticabile per il cattivo stato della pavimentazione. Poi, i militari italiani della Kosovo Force l’hanno risistemata. E la passerella ha potuto riprendere a funzionare. “Ero lì quando c’è stata l’inaugurazione – racconta Paola Severini Melograni, direttore di AngeliPress -. È stato emozionante perché quel ponte esprime il senso di questi dieci anni”.

Dieci anni in cui la piccola nazione balcanica ha chiuso la cruenta pagina del conflitto e, ora, prova a guardare al futuro. Con il sostegno proprio dell’Italia. “Siamo noi, con la nostra importante presenza militare e civile di ampi settori della cooperazione, il punto di riferimento per il presente e il futuro del Kosovo”, sottolinea la giornalista, appena rientrata dal Paese dove è stata per girare un documentario dal titolo “Miss Sarajevo”, diretto dal regista Federico Rizzo.

Da cinque anni, la Kosovo Force – che include trentuno nazioni -, è sotto il comando di un italiano, prima ilgenerale Giovanni Fungo, ora del successore Salvatore Cuoci. “I nostri militari stanno facendo uno straordinario lavoro di accompagnamento al processo di riconciliazione in atto. A questo si aggiunge l’impegno di tantissimi volontari che fanno scuola al nascente sistema di Welfare statale”.

Un esempio, in tal senso, è la casa famiglia di Massimo Mazzali a Leskoc, un laboratorio di convivenza per bimbi e ragazzi di diversi fedi e comunità. Dove, spesso, i funzionari pubblici si recano in “visita di formazione”. “Il Kosovo sta imparando ciò che loro definiscono “zayednik zivot”, il “vivere insieme” – conclude Severini Melograni -. Può, dunque, innescare un circolo virtuoso di convivenza e dialogo in tutto il resto del Balcani”.

da Avvenire