Cattolici e politica. Possamai: «Spendersi per il bene comune vale, parola di sindaco»

Giacomo Possamai, 34 anni, è il più giovane primo cittadino della storia di Vicenza. «Non c’è più un partito cattolico ma i credenti hanno tanto da dire se sanno dare corpo al magistero della Chiesa»
Giacomo Possamai incontra i concittadini

Giacomo Possamai incontra i concittadini – Foto di archivio

Giacomo Possamai con i suoi 34 anni è il più giovane sindaco della storia di Vicenza. Ha fatto tutta la trafila nel Pd (responsabile giovanile provinciale e vice segretario nazionale, membro della segreteria con Enrico Letta, consigliere comunale, consigliare regionale, primarie) senza aver conosciuto i tradizionali filoni politici dei cattolici nel centro sinistra (Popolari, poi Margherita), già confluiti nel Pd. Ma ama definirsi cattolico in un partito in cui i cattolici lamentano di non essere tenuti nella dovuta considerazione e ritiene decisivo per la sua scelta politica l’impegno per il bene comune appreso da ragazzo nell’associazionismo. Conosce bene, da primogenito di 6 figli, il bello e le difficoltà di una famiglia numerosa, suo padre, Paolo, è stato direttore di diversi quotidiani locali del Triveneto.
Quanto ha inciso nella sua formazione l’esperienza associativa fatta?
Ho iniziato a 16 anni, a scuola. Fra le prime esperienze, che mi hanno forgiato, i week end socio-politici che l’Azione cattolica promuoveva, e promuove ancora, a Vicenza. Con un gruppo di giovani, ma non solo, si andava in una delle case dell’Ac in montagna, a Tonezza del Cimone. Si ascoltavano testimonianze, mi colpì molto quella di Giovanni Bachelet, il figlio dell’ex presidente di Ac ucciso dalle Brigate Rosse, autore di una celebre preghiera dei fedeli sul perdono ai funerali del padre.
Pagnoncelli e De Rita sostengono che è il senso del bene comune che si è smarrito. Oggi Moro e Bachelet forse farebbero fatica a farsi apprezzare…
Il fatto è che nella Prima Repubblica, e per una certa fase nella Seconda, i cattolici, anche attraverso i movimenti giovanili, svolgevano un ruolo importante nella formazione e selezione dei giovani. Erano luoghi di crescita, anche per chi poi non sceglieva l’impegno politico. Oggi questi luoghi scarseggiano o mancano del tutto.
I social sono un male o riempiono un vuoto?
Non so se sono un male, sicuramente manca un pezzo. Conoscere e frequentare esponenti della politica o della società civile impegnati è diverso dal leggere un articolo on-line o dal vedere un video su Instagram. I social hanno lati positivi, ma non possono essere l’unica fonte di approfondimento.
Chi si impegna in politica provenendo da quel mondo non è lasciato un po’ solo?
Io a Vicenza ho la fortuna di avere un confronto costante con gli ambiti in cui sono cresciuto. Le parrocchie restano una delle realtà più radicate e capillari delle nostre città, un luogo di confronto e stimolo fondamentale, ma anche di impegno sociale.
Quindi il “segreto” per la promozione del bene comune è restare ancorati al mondo da cui si proviene?
Per me lo è, ma dovrebbe esserlo per qualsiasi amministratore. Il mondo cattolico è così articolato e presente, chiunque dovrebbe confrontarsi con esso per le proposte che è in grado di offrire e il coinvolgimento dei cittadini che realizza.

Per chi vuole impegnarsi per il bene comune che suggerimenti dà?
Il primo suggerimento è di farlo. Impegnarsi in politica è bello, anche da semplici militanti: si dà un contributo, ma si cresce pure, si impara tanto. Il Papa sul tema dei beni comuni e della fratellanza è uno stimolo alla partecipazione per tutti.
Questa collaborazione ha prodotto già risultati visibili?
Ci sono settori, non solo a Vicenza, in cui senza la collaborazione della diocesi e dell’associazionismo non potremmo far fronte: penso ai senza fissa dimora, ma anche alle eccedenze alimentari messe a disposizione delle famiglie in difficoltà. Un altro ambito sui cui stiamo ragionando con la diocesi è una rete di spazi dedicati ai giovani, ma anche agli anziani, mettendo insieme i centri civici e gli oratori, in modo che in ogni quartiere ci siano luoghi di aggregazione. Perché il male del nostro tempo è la solitudine, serve un’alleanza forte per essere di aiuto.
E sulla denatalità?
È un altro impegno che ci siamo dati. In cinque anni vogliamo azzerare le rette per gli asili nido: siamo partiti da un primo taglio del 20 per cento. Certo servirebbero più risorse dello Stato, ma noi faremo la nostra parte. Stiamo poi anche pensando, sui servizi, di venire incontro alle famiglie numerose.
Ma allora non è vero che i cattolici non sono più incisivi, in politica?
Non esiste più un partito cattolico, ma i cattolici hanno tanto da dire, possono avere una marcia in più se il loro impegno è una testimonianza che dà corpo al magistero della Chiesa, che in questo momento è un’indicazione per tutti.
avvenire.it

Italia-Albania: Cei, incapaci di accogliere, soldi in fumo

Italia-Albania: Cei, incapaci di accogliere, soldi in fumo

“Oggi il Senato ha approvato l’accordo Albania-Italia per il trattenimento di migranti che la Guardia costiera salverà in mare. 673 milioni di euro in dieci anni in fumo per l’incapacità di costruire un sistema di accoglienza diffusa del nostro Paese, al 16° posto in Europa nell’accoglienza dei richiedenti asilo rispetto al numero degli abitanti”, “673 milioni di euro veramente ‘buttati in mare’ per l’incapacità di governare un fenomeno, quello delle migrazioni forzate, che si finge di bloccare, ma che cresce di anno in anno”. E’ il duro commento di monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione per le migrazioni della Cei e di Migrantes.
“Un nuovo atto di non governo delle migrazioni, di non tutela degli ultimi della terra. Una nuova sconfitta della democrazia”, sottolinea il rappresentante della Conferenza episcopale italiana.

ansa.it

 

Atletica a Budapest. Gimbo jet, Tamberi vola ancora più in alto di tutti: oro mondiale

Dopo l’oro olimpico di Tokyo, il 31enne azzurro si conferma anche in Ungheria: è lui il re del salto in alto con 2,36 al primo colpo. Harrison argento
avvenire.it

Il saltatore Gianmarco Tamberi, 31 anni, oro olimpico a Tokyo e oro mondiale a Budapest

Il saltatore Gianmarco Tamberi, 31 anni, oro olimpico a Tokyo e oro mondiale a Budapest – Reuters

L’uomo con la barba a metà vola sul tetto del mondo. La maledizione della rassegna iridata evapora ai 28 gradi (percepiti 31) delle nove e mezza della sera, quando Gianmarco Tamberi supera l’asticella a quota 2 metri e 36 centimetri, atterrando nell’oro. Al Mondiale di Budapest il padrone del salto in alto è un trentunenne marchigiano, idolo della folla e salvatore di uno sport, che dopo l’addio di Usain Bolt è ancora in cerca di personaggi.

Due anni fa per acciuffare l’oro olimpico si era portato in pista quel gesso bianco che gli aveva immobilizzato la caviglia nel 2016, mentre guardava in tv gli altri sfidarsi in Brasile; l’anno passato per salire sul trono d’Europa aveva spezzato la tradizione rinunciano all’Halfshave; nella notte magica in riva al Danubio per sfatare il tabù iridato ha fatto marcia indietro, presentandosi in azione col look con cui si era rivelato al globo intero.

Il suo cammino di gloria si completa in una stagione in cui ha ricominciato daccapo con una nuova guida tecnica. A telecomandarlo dagli spalti non c’è più papà Marco, ma Giulio Ciotti. Nel suo staff sono entrati il fisioterapista Andrea Battisti e il preparatore atletico Michele Palloni, con la conferma del mental coach Luciano Sabbatini.

Che fosse la giornata buona lo aveva intuito sin dal pomeriggio quando con schiuma e rasoio ha reso glabra la guancia destra. Ha immaginato la medaglia quando ha lasciato il campo di riscaldamento a bordo della golf car che lo ha condotto nella pancia dello stadio. I suoi colleghi a guardare in avanti, lui seduto di spalle a salutare la gente. Non c’è Lyles, Duplantis o Warholm che regga, l’uomo che si rade a metà è l’unico capace di trascinare i tifosi.

Così quando i Vip si imbarcano sulla barca di fronte all’Hotel Marriott per raggiungere via fiume lo stadio, sorseggiando un drink e mirando il tramonto, Tamberi è l’altista più citato. Ma di lui si parla anche sul tram della linea 2 che porta allo stadio il popolo. Il Mondiale di Budapest è elitario nei trasporti: gli ospiti di World athletics viaggiano comodi lungo il Danubio, gli spettatori normali sono ammassati come sardine dentro tram, bus e metro. Eppure ad accomunare le due classi è Gimbo da Ancona, l’uomo per tutte le stagioni, le età e le nazioni. Fa impazzire i italiani e stranieri, manda in visibilio bambini, ragazzi e adulti, e le teenager gli mimano il cuore. Nella sua vita c’è solo Chiara, la moglie sposata a settembre, una settimana dopo l’addio al celibato proprio al Budapest. Già quella sera di agosto 2022 si ripropose di tornare nella capitale magiara per prendersi l’unica medaglia che mancava alla prestigiosa collezione, quella iridata all’aperto.

Era stato ottavo a Pechino 2015 – quando alla vigilia della gara si raccontò per la prima volta ai lettori di Avvenire, raccontando i dettagli del taglio della mezza barba a ritmo di musica – e a Doha 2019, eliminato in qualificazione a Londra 2017 quando rientrò dopo l’infortunio che gli precluse i Giochi 2016, quarto a Eugene 2022, falcidiato da un fastidio al retto femorale della gamba sinistra, quella di stacco. In mezzo ha assaporato il fuoco dell’inferno, dopo la rottura del tendine d’Achille a Montecarlo alla vigilia di Rio, la dolce scalata del Purgatorio, con i titoli continentali indoor e outdoor, e la luce brillante del Paradiso, il 1° agosto 2021 quando a Tokyo toccò il cielo con un dito in compagnia dell’amico e rivale Mutaz Barshim. Il qatarino, già tre ori mondiali prima di ieri, era il favorito, ma si è fermato al bronzo.

Tamberi invece era arrivato in Ungheria con due uscite nella gambe – la vittoria da capitano in Coppa Europa e il 2.34 in Diamond League, entrambi nella polacca di Chorzów – e in qualificazione aveva pasticciato, rientrando nei 13 finalisti per un pelo. Un classico si potrebbe dire, visto che anche a Tokyo penò prima di vivere l’apoteosi. Genio nella lotta per le medaglie, sregolatezza nel percorso verso la finale.

Quando entra nello stadio Tamberi aizza la curva. Poi, scalzo, passeggia sull’erba, lontano dai rivali. Quindi, calzate le due scarpe di colore diverso, prova rincorsa e salti, atterrando sul saccone come sul divano del salotto quando si rincasa esausti. Alla presentazione dello speaker china il capo e nasconde il volto, poi si rivolge alla massa e ottiene il boato, prima di esibirsi alla batteria. Evidentemente l’arte imparata con i “The Dark Melody” è ancora viva.

Pronti, via ed è subito errore a 2.25. Ma da quel momento Gimbo non sbaglia più: 2.25 alla seconda prova, 2.29, 2.33, 2.36 alla prima. Poi, a titolo acquisito, due errori a 2.38 e tentativo finale a 2,40. Argento allo statunitense Harrison con 2.36 al secondo colpo. Con l’oro mondiale al collo Tamberi si candida al ruolo il portabandiera azzurro l’anno prossimo all’apertura dei Giochi di Parigi. Intanto per una notte il bel Danubio è azzurro.

La visita. Meloni “scopre” l’Albania, Rama la saluta: un’amica non un pericolo fascista

La premier dal primo ministro albanese: Giorgia politica concreta. Ora il ritorno in Puglia per l’ultimo pezzo di vacanze. «Sto ricaricando le energie, sarà un autunno impegnativo»
Lo scatto pubblicato su Instagram dal premier albanese Edi Rama dopo i quattro giorni di vacanza di Meloni oltre Adriatico

Lo scatto pubblicato su Instagram dal premier albanese Edi Rama dopo i quattro giorni di vacanza di Meloni oltre Adriatico

avvenire.it

«Giorgia è incredibile. Possiamo dire che è nata un’amicizia. Ma soprattutto, che lei è una politica concreta, altro che pericolo fascista». Edi Rama, il primo ministro dell’Albania racconta così la premier italiana.

«Giorgia voleva riposarsi», racconta ancora Rama continuando a chiamare Meloni solo con il nome. Un incontro denso di spunti. «Abbiamo parlato a lungo di relazioni internazionali e di integrazione europea, che lei definisce come riunificazione…», ovvero dell’ingresso dei Balcani nella Ue. «Giorgia pensa che sia ora di andare al sodo», dice il premier albanese. Giorni intensi. Un dialogo che cresce. «Abbiamo parlato del progetto dell’acquedotto, che volevano già Andreotti e Berlusconi, dall’Albania alla Puglia… Lei è una che può smuovere le cose, ho tanta fiducia». La stima viene messa nero su bianco. «Hanno detto che Meloni era un mostro fascista che avrebbe marciato su Bruxelles. Invece, dal primo giorno, non ne ha sbagliata una sulla linea della politica internazionale», insiste Rama che posta una foto dell’incontro con meloni e la saluta: «Sorella d’Albania, fratello d’Italia, Grazie Giorgia è stato un onore».

La risposta di Giorgia Meloni è altrettanto affettuosa: «Grazie per avermi ospitata nella vostra terra e per la calorosa accoglienza ricevuta, Edi. Ti aspetto in Italia!», scrive su Facebook la nostra premier.

Dall’Albania alla Puglia. «Anche quest’anno ho scelto di passare qui, con la mia famiglia, qualche giorno di agosto per ricaricare le energie in vista di un autunno che sarà molto impegnativo e importante per l’Italia. Ma tornerò presto: è infatti proprio la Puglia la sede scelta dal governo per il G7 2024», dice Meloni che sottolinea la bellezza della regione: «È straordinaria. Una perla italiana nella quale cultura e storia si fondono alle bellezze della natura, tra ulivi secolari e spiagge mozzafiato».

Parole che non sfuggonoi al governatore Michele Emiliano. «Grazie a nome di tutti i pugliesi Presidente, da vent’anni ce la mettiamo tutta per dare il nostro contributo all’Italia che ha molto da guadagnare continuando a sostenerci». Qualche giorno di vacanza ancora per Meloni in una masseria del brindino. E intanto sui media rimbalza un episodio.

Nei giorni scorsi sui media albanesi si parlava di un gruppo di italiani scappati da un ristorante a Berat senza pagare il conto. Meloni ha chiamato l’ambasciatore: «Vada a pagare il conto di questi imbecilli, per favore, e faccia un comunicato! L’Italia non può perdere il rispetto così».