Israele sotto attacco, oltre 20 le vittime e centinaia di feriti. Netanyahu: “Siamo in guerra”

Hamas annuncia: “Al via una nuova operazione militare”. Tel Aviv risponde con un primo lancio di jet sulla Striscia e richiama i riservisti. Alle 13 ore locali (12 italiane) si riunisce il Comitato di Sicurezza di Israele. Palazzo Chigi: “Il terrore non prevarrà”. La condanna dei leader europei

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AGI – Sono almeno 22 le persone uccise nell’attacco sferrato da Hamas questa mattina contro Israele, e oltre 70 feriti gravi. Lo fanno sapere i servizi di emergenza citati dal Times of Israel. Il servizio di emergenza Magen David Adom ha fornito la stima, avvertendo che il tragico bilancio è destinato a salire.

Si infiamma il Medioriente. Centinaia di razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza bloccata verso Israele. Lo riferisce un giornalista AFP nel territorio palestinese, mentre le sirene che avvisavano del fuoco in arrivo suonavano in Israele. I razzi sono stati lanciati da vari siti a Gaza a partire dalle 6:30 (3:30 GMT) e hanno continuato quasi mezz’ora dopo.

Da parte loro, le forze armate israeliane hanno segnalato l’attivazione delle sirene nel sud del Paese, mentre la polizia ha invitato i cittadini a restare nei pressi dei rifugi antiaerei. Inizialmente non sono stati segnalati feriti su entrambi i lati del confine pesantemente militarizzato. Israele ha mantenuto un duro blocco contro la Striscia di Gaza da quando il gruppo militante Hamas ha preso il potere nel 2007.

E mentre dalla Striscia continuano i lanci dei razzi verso Irsraele, miliziani palestinesi armati provenienti da Gaza si sono infiltrati in territorio israeliano questa mattina nella città di Sderot, da dove sono usciti a bordo di un furgone sparando dappertutto. Un video che circola sui social media mostra uomini vestiti di nero con fasce bianche che sparano con armi a canna lunga da un furgone contro una pattuglia israeliana in mezzo alla strada.

Un numero imprecisato di “terroristi” si è infiltrato in Israele da Gaza. Lo riferisce l’esercito israeliano. “Ai residenti delle zone limitrofe della Striscia di Gaza è stato chiesto di restare a casa”, aggiunge l’esercito.

Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme: «In Palestina si continua a morire e la vittoria della destra in Israele non lascia grandi speranze»

Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme: «In Palestina si continua a morire e la vittoria della destra in Israele non lascia grandi speranze»
GERUSALEMME-ADISTA. In Palestina si continua a morire tutti i giorni, ma nel silenzio dei grandi mezzi di informazione. La denuncia arriva da Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, in un’ampia intervista rilasciata ad Asia News a pochi giorni dalle celebrazioni del Natale

«Quest’anno molti fatti di sangue sono avvenuti nel silenzio», spiega Pizzaballa, che esprime le proprie «preoccupazioni» per la situazione politica in Israele, ma anche per la situazione migratoria e per l’evoluzione della questione palestinese.

«Non se ne parla più – nota il prelato – anche se quasi ogni giorno vi è qualcuno che muore». È, infatti, di quest’anno, il triste record di morti palestinesi a causa del contesto politico in Terrasanta. «La questione palestinese non è più al centro dell’attenzione della politica internazionale e dei media, il cui interesse pende per l’Ucraina e altre zone del pianeta. La questione palestinese sembra aver stancato i più» afferma Pizzabella, denunciando la superficialità di una certa comunicazione odierna che, seppur veloce, pare inadatta ad affrontare con la giusta profondità l’evolversi di situazioni complesse. Gli ultimi sviluppi politici israeliani, inoltre, lasciano ben poco sperare.

L’ultima tornata elettorale, infatti, ha visto uscire vincitori alcuni esponenti dell’estrema destra israeliana, come Itamar Ben Gvir, leader del partito Otzma Yehudit (Forza Ebraica), noto da tempo per le sue posizioni xenofobe e condannato in passato per incitamento al razzismo e sostegno a un’organizzazione terroristica. La sera del 21 dicembre, a pochi minuti dalla scadenza costituzionale, Benjamin Netanyahu ha annunciato il raggiungimento di un’intesa di governo, confermando la nascita dell’esecutivo più a destra della storia del Paese. «Ci sono riuscito [a formare il governo]» ha twittato il premier, evidentemente soddisfatto del neoformato esecutivo.

Non lasciano dubbi le considerazioni del patriarca a riguardo. «Parlare di prospettive con questo governo è complicato e abbiamo già espresso le nostre preoccupazioni per il linguaggio violento di alcuni esponenti della coalizione» ha affermato Pizzaballa. «Una tendenza a escludere sia all’interno della società ebraica sia nei confronti dei non ebrei nello Stato di Israele, oltre alla questione palestinese di cui non vogliono proprio sentir parlare», commenta l’alto prelato. Prospettive, dunque, che, nonostante ormai l’imminenza del Natale, non sembrano permettere nemmeno al patriarca di poter sperare in una svolta incoraggiante. L’instabile situazione della società israeliana sembra non trovare pace e Gerusalemme, nonostante il significato del suo nome, sembra destinata ancora ad essere città della discordia più che della pace. «Come Chiesa – assicura il patriarca – continueremo a non abbassare la guardia e a essere molto chiari».
adista.it

Pizzaballa (patriarca di Gerusalemme): la questione palestinese è dimenticata

Pizzaballa (patriarca di Gerusalemme): la questone palestinese è dimenticata

GERUSALEMME-ADISTA. Preoccupazione per la virata ancora più a destra della politica in Israele e per la rimozione della questione palestinese: l’ha espressa mons. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini nell’omelia della Messa di Natale.

«Con gli occhi vediamo che la violenza sembra essere diventata la nostra lingua principale, il nostro modo di comunicare – ha detto -. Vi è violenza crescente innanzitutto nel linguaggio della politica. Abbiamo già espresso le nostre preoccupazioni per l’orientamento che sta prendendo la politica in Israele, dove si rischia di rompere il già fragile equilibrio tra le diverse comunità religiose ed etniche che compongono la nostra società. La politica ha il compito di servire il paese e i suoi abitanti, di operare per l’armonia tra le diverse comunità sociali e religiose del Paese e tradurle in azioni concrete e positive sul territorio, e non fomentare, invece, divisioni o, peggio, odio e discriminazione.

Quest’anno, inoltre, abbiamo visto crescere tanta violenza nelle strade e nelle piazze palestinesi, con un numero di morti che ci porta indietro di decenni. È un segno del preoccupante aumento della tensione politica e del crescente disagio, soprattutto dei nostri giovani, per la sempre più lontana soluzione del conflitto in corso. La questione palestinese, purtroppo, sembra ormai non essere più al centro dell’attenzione del mondo. Anche questa è una forma di violenza, che ferisce la coscienza di milioni di palestinesi, lasciati sempre più soli e che da troppe generazioni sono in attesa di una risposta al loro legittimo desiderio di dignità e di libertà».

Pe, rilanciare soluzione due Stati per Israele-Palestina

 © EPA

L’Ue istituisca una conferenza internazionale per riportare in carreggiata la soluzione dei due Stati per il conflitto Israelo-palestinese.

Questa la richiesta espressa dal Parlamento europeo con una risoluzione approvata per acclamazione in cui si chiedeva “la fine del conflitto e dell’occupazione dei territori palestinesi attraverso la ripresa di autentici colloqui di pace”.

La bella del Natale è per tutti. Scoprila tra le vie e le piazze di

Nel testo gli eurodeputati esortano la comunità internazionale a sostenere Israele e Palestina nei negoziati che porterebbero a un accordo sullo status finale e il riconoscimento reciproco. Gli eurodeputati chiedono inoltre di “porre fine alla violenza dei coloni e agli attacchi indiscriminati dei gruppi armati palestinesi”.
Il Parlamento sottolinea inoltre che gli insediamenti illegali minano ulteriormente le prospettive di una valida soluzione a due stati, condanna fermamente il perdurare del terrorismo contro Israele e riconosce pienamente le legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza.
Il testo chiede poi che si tengano le tanto attese elezioni presidenziali e legislative in Palestina ed esortano Israele a permettere che queste elezioni si svolgano a Gerusalemme Est.
Infine, il Parlamento riconosce il ruolo dell’Unrwa nel fornire servizi vitali ai profughi palestinesi e sottolinea che tutti i libri scolastici e i materiali scolastici sostenuti dai fondi dell’Unione europea debbano essere in linea con gli standard di pace e tolleranza dell’Unesco. (ANSA).

Archeologia. Ritrovato il sito della casa degli apostoli Pietro e Andrea?

Un mosaico ritrovato a El-Araj farebbe parte della basilica tardoantica costruita sull’abitazione dell’apostolo. Questo consentirebbe di confermare la vera posizione della città di Betsaida

Il mosaico con l'iscrizione greca che attesterebbe il luogo della casa di Pietro a Betsaida

Il mosaico con l’iscrizione greca che attesterebbe il luogo della casa di Pietro a Betsaida – El Araj Excavation Project

da Avvenire

È stata ritrovata la città di Betsaida, dove, secondo il vangelo di Giovanni, nacquero gli apostoli Pietro, Andrea e Filippo? Gli archeologi del Kinneret College (Galilea, Israele) e del Nyack College (New York, USA) ne sono convinti, dopo avere ritrovato un’iscrizione a mosaico databile al VI secolo nel sito di El-Araj, nel nord d’Israele.

IIl medaglione con un’iscrizione greca, scoperto dai ricercatori durante gli scavi di una basilica bizantina, fa riferimento al donatore “Costantino, servo di Cristo” e prosegue con una petizione a san Pietro “capo e comandante degli apostoli celesti”. Questo mosaico si aggiunge a una lunga lista di altri reperti del sito, che secondo l’équipe fornisce la prova definitiva che il sito sarebbe effettivamente la città di Betsaida, citata nei Vangeli, a nord del Lago di Tiberiade.

Il medaglione è statao trovato scavando a pochi metri dalla riva settentrionale del Mar di Galilea, ad El-Araj, riferisce il notiziario online della Biblical Archaeology Society. Non è la prima iscrizione a mosaico che il team, guidato dai professori Mordechai Aviam e Steven Notley, ha scoperto nella basilica bizantina. Tuttavia, potrebbe essere la più importante. L’iscrizione fa parte di un più ampio pavimento a mosaico nel diaconion della chiesa (una sorta di sacrestia), in parte decorato con motivi floreali.

Secondo Notley, “questa scoperta è il nostro più forte indicatore del fatto che Pietro era particolarmente associato con la basilica, che probabilmente era dedicata a lui, poiché la tradizione cristiana bizantina identificava abitualmente la casa di Pietro a Betsaida, e non a Cafarnao come accade oggi”.

Questa identificazione è supportata da molti diari di viaggio di epoca bizantina, tra cui quello dell’VIII secolo di Willibald, vescovo di Eichstätt, che si fermò a Betsaida per visitare la chiesa degli Apostoli, costruita sopra la casa di Pietro e del fratello Andrea. “Ora possiamo dire con certezza che questa è la chiesa visitata da Willibald, che per lui è Betsaida, quindi lo è anche per noi”, ha detto Aviam. Allo stesso modo, in precedenti interviste, Notley aveva affermato: “Non ci sono altre chiese nelle vicinanze menzionate dai visitatori bizantini in Terra Santa, e non c’è motivo di dubitare che questa sia la chiesa degli Apostoli”.

Tra la fine degli anni 80 e gli anni 90 una equipe archeologica aveva individuato nella vicina Et-Tell sia il luogo della biblica Betsaida. Il team che sta scavando a El-Araj ritiene che la scoperta della basilica bizantina e dei reperti ad essa associati spinga la bilancia delle prove decisamente nella loro direzione. Il team archeologico e i traduttori dell’iscrizione, Leah Di Segni e Yaakov Ashkenazi, pubblicheranno a breve un articolo scientifico sul mosaico.

Betsaida è citata più volta nel Nuovo Testamento. Il Vangelo di Marco narra il miracolo della guarigione di un cieco, il Vangelo di Luca colloca nelle sue vicinanze il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Nel Vangelo di Matteo Gesù rimprovera Betsaida poiché non s’è convertita nonostante abbia assistito a numerosi miracoli.

“Uno degli obiettivi di questo scavo – ha spiegato Aviam, direttore archeologico dello scavo – era quello di verificare se nel sito fosse presente uno strato del I secolo, che ci permettesse di suggerire un candidato migliore per l’identificazione della Betsaida biblica. Non solo abbiamo trovato resti significativi di questo periodo, ma abbiamo anche trovato questa importante chiesa e il monastero che la circondava”. I resti romani che sono stati scavati confermano la testimonianza di Flavio Giuseppe (Antichità Giudaiche 18:28) secondo cui il villaggio divenne una piccola polis chiamata Julias (Giulia). La città sarebbe stata distrutta da un terremoto nell’anno 749 mentre l’arrivo dell’islam nella regione ne avrebbe accelerato la decadenza.

Gli scavi riprenderanno in ottobre, quando sarà completata la pulizia dell’intera chiesa con l’obiettivo di rispondere alla domanda sulle sue diverse fasi e forse di scoprire ulteriori iscrizioni

Il sito di el Araj/Beit haBek si trova nella riserva naturale di Beteiha. Il progetto di scavo di El Araj è un progetto congiunto del Kinneret Institute for Galilee Archeology del Kinneret College e del Nyack College. Lo scavo è sostenuto dal Center for the Study of Ancient Judaism and Christian Origins (CSAJCO), dal Museum of the Bible, dalla Lanier Theological Library Foundation e dalla HaDavar Yeshiva (HK).

Israele. Cessate il fuoco a Gaza, dopo 43 morti e centinaia di feriti

Regge la tregua tra Israele e Jihad mediata dall’Egitto ed entrata in vigore ieri sera dopo tre giorni di ostilità
Una donna stende il bucato, tra le macerie. Gaza City, 8 agosto

Una donna stende il bucato, tra le macerie. Gaza City, 8 agosto – Reuters

Avvenire

Nella notte ha retto la tregua raggiunta tra l’esercito israeliano e i miliziani palestinesi della Jihad islamica e nella Striscia di Gaza non si sono registrati attacchi né lanci di razzi.

Al terzo giorno di intense ostilità, dopo almeno 43 morti palestinesi, tra cui 15 bambini, domenica è scattato il cessate il fuoco, mediato dall’Egitto. L’auspicio è che l’intesa metta fine a quelli che sono stati i peggiori combattimenti nella Striscia di Gaza dalla guerra di 11 giorni che l’anno scorso ha devastato l’enclave palestinese, governata da Hamas.

 

“È stato raggiunto il testo dell’accordo di tregua mediata dall’Egitto“, ha annunciato per primo in una nota Muhammad al Hindi, a capo del dipartimento politico della Jihad islamica a Gaza fissando alle 23.30 ora locale (le 22.30 di domenica in Italia) l’entrata in vigore del cessate il fuoco. Poco dopo, il premier israeliano Yair Lapid ha confermato l’intesa, ringraziando l’Egitto “per gli sforzi” di mediazione, ma avvertendo allo stesso tempo che “in caso di violazioni, lo Stato di Israele si riserva il diritto di rispondere con forza”. Come previsto, i minuti subito antecedenti alla tregua sono stati segnati dall’ultima raffica di razzi dalla Striscia e da attacchi israeliani.

Da venerdì, le Forze di difesa dello Stato ebraico (Idf) avevano lanciato l’operazione ‘Breaking Dawn’ con pesanti bombardamenti aerei e di artiglieria sulle postazioni della Jihad islamica a Gaza. Come rappresaglia, il gruppo armato palestinese ha lanciato circa mille razzi. Il bilancio delle vittime, diffuso dal ministero della Salute di Gaza, ha registrato almeno 43 morti, di cui 15 bambini e quattro donne, e altri 311 feriti palestinesi. Da parte israeliana, invece, i feriti risultano due, più un cittadino straniero di cui non siconosce ancora la nazionalità. Secondo Israele, molte delle vittime civili nella Striscia di Gaza sarebbero state causate dai razzi dei jihadisti.

Secondo la Jihad islamica l’accordo “contiene l’impegno dell’Egitto” a lavorare per il rilascio di due prigionieri del gruppo: Bassem al-Saadi e Khalil Awawdeh. Saadi, una figura di spicco nell’ala politica della Jihad islamica, è stato recentemente arrestato in Cisgiordania; il suo arresto è stato tra i fattori che hanno scatenato l’ultima escalation di tensioni. Anche il militante della Jihad islamica Awawdeh è detenuto da Israele.

Il nodo del rilascio dei prigionieri

Prima dell’annuncio ufficiale dell’accordo, Lapid aveva comunicato che gli obiettivi dell’operazione erano stati raggiunti e non aveva senso continuare: per Idf, l’intera “alta dirigenza dell’ala militare della Jihad islamica a Gaza è stata neutralizzata”. Tra gli alti esponenti del movimento armato uccisi risultano Tayseer al-Jabari, comandante nel Nord della Striscia e Khaled Mansour, comandante nel Sud. Israele aveva spiegato l’avvio venerdì dell’operazione “preventiva” contro la Jihad islamica, col rischio di un pianificato attacco imminente.

Tuttavia, questa mattina il ministro della Sicurezza pubblica israeliano, Omer Bar Lev, ha smentito che l’accordo preveda il rilascio di due membri di alto profilo del gruppo armato attualmente detenuti in Israele.