Africa-Italia. Scenari migratori

Presentato a Roma il volume di Caritas/Migrantes di Chiara Santomiero

ROMA, domenica, 18 luglio 2010 (ZENIT.org).

La diseguale distribuzione delle ricchezze pone il 90% delle strutture produttive in mano a un sesto della popolazione mondiale, mentre quasi metà della popolazione africana è povera e sottoalimentata. L’area sub sahariana, dove si concentra circa un ottavo della popolazione della Terra – più di 800 milioni di persone –, dispone solo del 2,1% della ricchezza mondiale con un reddito pro-capite circa 20 volte inferiore a quello dell’Unione europea. La disoccupazione giovanile arriva al 60% e l’agricoltura rimane l’attività principale con il 70% degli occupati. Sono solo alcuni dei dati evidenziati dal volume “Africa-Italia. Scenari migratori” (Edizioni Idos), presentato a Roma da Caritas/Migrantes il 16 luglio scorso. Il testo, che raccoglie apporti di oltre 60 autori ed è stato pubblicato con il contributo del Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di Paesi Terzi, ha alla base il viaggio svoltosi a febbraio 2010 a Capo Verde su iniziativa del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes con l’obiettivo di studiare le problematiche del continente africano e approfondire i flussi migratori con l’Italia insieme ai rappresentanti di organizzazioni sociali e di ricerca, italiani e africani. L’iniziativa del Dossier Caritas/Migrantes si pone nella scia della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2009), i quali, denunciando le ingiustizie che ancora umiliano il continente, hanno indicato alcune prospettive che possono essere di stimolo non solo ai Paesi africani, ma a tutta la comunità internazionale. Nel contesto delineato, infatti, “la migrazione rientra nelle strategie di sopravvivenza dei singoli e nelle strategie di sostegno alla crescita dei Paesi africani, mostrando l’inconsistenza della tesi del ‘basta aiutarli a casa loro’”. Nel 2009, sottolinea il volume, “l’Italia non è arrivata a versare neppure lo 0,2% del proprio Pil (320 milioni di euro) per la cooperazione allo sviluppo”. “Dei quasi 5 milioni di africani nell’UE – informa il volume –, circa un quinto si è insediato in Italia”. Gli africani nella penisola risultano essere, all’inizio del 2009, il 22,4% dei residenti stranieri: si tratta di 871.128 persone – su 3.891.295 cittadini stranieri residenti –, ma la cifra raggiunge 1 milione considerando quelle in attesa di registrazione anagrafica. Le donne costituiscono il 39,8% del totale, ma con variazioni notevoli tra le diverse collettività: dal 21% del Senegal al 73% di Capo Verde. “Ogni 10 immigrati africani – sottolinea la ricerca –, 7 sono nordafricani (69,6%) e quasi 5 marocchini (46,3%)”. Tra le collettività più numerose ci sono la Tunisia con oltre 100.000 residenti, l’Egitto con 75.000, il Senegal con quasi 70.000, la Nigeria e il Ghana con più di 40.000. Per i due terzi della loro consistenza, gli africani si concentrano in quattro regioni italiane: Lombardia (29%), Emilia Romagna (14,8%), Piemonte (10,2%) e Veneto(12,3%). Più di mezzo milione di persone originarie dell’Africa è inserito come lavoratore dipendente nel sistema produttivo italiano, costituendo quasi un quinto del totale degli occupati nati all’estero registrati dall’Inail. Diversi i settori di impiego, a seconda della collettività e dei territori di inserimento: soprattutto edilizia, settore agricolo, pesca e lavoro domestico per le donne. “Siamo persone – ha affermato intervenendo alla presentazione del volume Stephen Stanley Okey Emejuru, del Forum intercultura della Caritas diocesana di Roma – che vivono da tanti anni in Italia o siamo destinati a vivervi per tanti anni. Questo attaccamento all’Italia esige più ampi spazi di partecipazione, perché senza partecipazione non ci può essere vera cittadinanza”. “Vogliamo – ha proseguito Emejuru – essere ex emigrati per diventare nuovi cittadini, specialmente per i nostri figli, nati qui e per i quali l’Italia è la propria terra anche se sono di origine africana”. Gli alunni cittadini di un Paese africano, secondo il volume, sono 150.951 su circa 200 mila minori stranieri. Sono concentrati per il 41% nella scuola primaria e per il 25% in quella dell’infanzia, un dato che, sottolinea il volume di Caritas/Migrantes, “suggerisce l’importanza delle seconde generazioni”. Nel corso del 2008 i cittadini di uno Stato dell’Africa nati in Italia sono stati quasi 25.000, un terzo dei bambini stranieri nati nel nostro Paese nello stesso anno (33,5%). “Il carattere stabile dell’inserimento – aggiunge il volume –, oltre che dalla presenza familiare, viene evidenziato anche dal crescente numero di coppie miste: 6130 nel 2008 i matrimoni celebrati in Italia con almeno uno sposo di cittadinanza africana, di cui 4524 unioni miste (73,8%)”. La presenza africana in Italia è destinata a crescere. Nel 2050, infatti, anno per il quale l’Istat ha previsto la presenza di 12,3 milioni di stranieri, gli africani – secondo il trend attuale – diventerebbero oltre 2,7 milioni. “L’esodo degli africani – avverte il volume di Caritas/Migrantes – può rappresentare un fattore di riuscita per i singoli protagonisti e di speranza per i rispettivi Paesi, purché non si riduca a una semplice fuga di cervelli e il ritorno finanziario (dall’Italia nel 2008 è stato inviato quasi un miliardo di euro) si accompagni a un ritorno di professionalità e di iniziative produttive”. In questa prospettiva, “il sostegno all’integrazione degli immigrati africani, in un quadro chiaro di doveri e diritti, è un contributo alla crescita del continente”. “L’incontro-impasto tra il bisogno di emigrazione e la solidarietà messa in campo verso gli immigrati – ha affermato don Vittorio Nozza, segretario di Caritas italiana a conclusione della presentazione del volume – sono due fattori di speranza per il continente africano”. Una solidarietà, ha sottolineato don Nozza, “non equiparata a una forma di compassione, bensì ad un’assunzione di responsabilità per il bene comune”, con un’ottica per la quale “i Paesi in via di sviluppo sono colti come partner, co-protagonisti del loro futuro e del futuro dell’umanità”.

Immigrazione. Eurostat: in Italia 17.500 richieste d’asilo

Il dato si riferisce al 2009 e parla di un totale di 261 mila richieste pervenute all’UE di cui il 73% sono state respinte. Sono circa 26 mila le richieste di asilo presentate nei 27 Stati membri dell’Unione europea nel 2009, 20 mila in più dello scorso anno. Lo rende noto l’ufficio statistico dell’Unione europea, Eurostat, precisando che la maggior parte delle richieste è pervenuta da Afghanistan (20.400, pari all’8%), Russia (20.100), Somalia (19.100), Iraq (18.700) e Kosovo (14.200). In testa ai Paesi europei verso i quali è stata diretta la richiesta di asilo spicca la Francia (47.600), seguita da Germania (31.800), Gran Bretagna (30.300), Svezia (24.200), Belgio (21.600), Italia (17.500), Olanda (16.100), Grecia (15.900) e Austria (15.800). Il 73% delle richieste di asilo è stato respinto, sottolinea l’ufficio europeo, mentre 62.650 sono state accettate. In particolare, a 27.630 richiedenti (il 12%) è stato garantito lo status di rifugiato politico, a 26.165 (11%) è stata concessa una protezione e a 8.855 (4%) è stato permesso di rimanere nel Paese europeo richiesto per motivi umanitari. In particolare, in Italia è stato concesso l’asilo politico a 2.115 richiedenti, la protezione a 4.845 e l’accesso per ragioni umanitarie a 1.480 persone. Sono 13.560 le richieste di asilo che Roma ha respinto. La Germania, il secondo paese europeo a ricevere il maggior numero di richieste di asilo, è stato quello che, più di tutti nell’Ue, ha aperto le sue porte agli iracheni. Dei 31mila accolti, infatti, oltre settemila provengono dal paese arabo. Anche la Gran Bretagna, con 30mila richieste, ha accolto numerose domande dall’Iran e dall’Afghanistan, anche se in testa risultano le richieste provenienti dall’ex colonia dello Zimbabwe.

di Lorenzo Alvaro – vita.it

Accoglienza: una casa-albergo per immigrati

La struttura, situata a Cassano allo Ionio, potrà ospitare fino a 35 persone
 DA REGGIO CALABRIA

 A
Cassano allo Ionio, intanto, proprio nella Sibaritide, è imminente l’apertura di ‘Casa La Rocca’, una casa-albergo che dovrebbe offrire ospitalità tem­poranea e a costi accettabili ai la­voratori stagionali impiegati nelle aziende agricole della Piana. Potrà ospitare 25 persone, fino a un mas- simo di 35 nelle situazioni di e­mergenza, che avranno una stan­za, servizi igienici, una cucina co­mune, una lavanderia e uno spa­zio di socializzazione. Inoltre sarà garantita assistenza nell’accesso ai servizi pubblici, sociali e sanitari. La permanenza sarà a rotazione di tre mesi sino a un massimo di sei. La collocazione della struttura nel centro storico faciliterà l’intera­zione dei lavoratori coi residenti per cercare di superare stereotipi e pregiudizi. Il progetto ‘Casa La Rocca’ è stato promosso e realiz­zato, grazie al contributo del mi­nistero del Lavoro e delle Politiche sociali, da Cidis onlus dalla Coldi­retti provinciale di Cosenza e dal Comune di Cassano. Essenziale il contributo della diocesi cassanese che, mettendo a disposizione un suo immobile, ne ha consentito la ristrutturazione. I lavori di recupe­ro, quasi agli sgoccioli, sono stati realizzati in gran parte grazie al­l’impiego degli stessi immigrati. ‘Casa La Rocca’ – hanno chiarito i responsabili – nasce con lo spirito di garantire il diritto sociale a uno spazio abitativo adeguato ai tanti immigrati che nella Sibaritide, e non soltanto, versano in condizio­ni di estremo disagio abitativo. Ol­tre a garantire ai tanti l’immediata esigenza di avere un tetto – hanno concluso – vogliamo anche pro­muovere quelle azioni di sostegno tese alla regolarizzazione e all’e­mersione dal lavoro nero’. (D.Mar. – avvenire)

Orizzonti: Migranti, donne e minori a rischio

La difficile situazione nella Giornata mondiale 2010. Ngo Dinh, responsabile area immigrati della Caritas diocesana: le famiglie vivono spesso nella precarietà, e i figli ne fanno le spese di Marta Rovagna

I diritti dei migranti? Devono essere rispettati da tutti e sempre, soprattutto quelli dei più piccoli, che vivono una «condizione straziante». Come scrive Benedetto XVI nel messaggio in occasione della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato (17 gennaio) citando Giovanni Paolo II, «milioni di bambini di ogni continente sono più vulnerabili perché meno capaci di far sentire la loro voce».

Una voce che anche in Italia «a volte non prende corpo nel vero senso del termine. Basti pensare agli aborti clandestini di donne immigrate, maggiori rispetto alle coetanee italiane, e ai problemi che si trovano ad affrontare le famiglie dei migranti, sempre molto seri». A spiegarlo è Le Quyen Ngo Dinh, responsabile dell’area immigrati della Caritas di Roma. «Le famiglie degli immigrati – dice – vivono una situazione di precarietà maggiore nella tenuta delle loro famiglie, sia dal punto di vista economico che affettivo». E a rimetterci sono soprattutto i figli, quelli che nascono nel Paese di origine, quelli che vedono la luce in Italia e quelli che, semplicemente, non nascono.

Per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, i rappresentanti delle comunità etniche di Roma, insieme ai responsabili dell’Ufficio per la pastorale delle migrazioni della diocesi e ai religiosi scalabriniani, saranno in piazza San Pietro per partecipare all’Angelus del Papa. Alle 16, inoltre, nella chiesa di San Vitale a via Nazionale parteciperanno alla Messa celebrata da monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana, organizzata dalle comunità romena cattolica, filippina e latino-americana.

L’attenzione è puntata sui tanti problemi che vivono gli immigrati, soprattutto minori, e sulle mamme. «In Italia è soprattutto sulle donne che grava il peso del lavoro – spiega Ngo Dinh – e in questo contesto i figli diventano un problema, perché è impossibile conciliare lavoro e famiglia». Le soluzioni sono tre: «O i figli vengono rimandati in patria, o, se si trovano nel proprio Paese di origine, non viene effettuato il ricongiungimento familiare o le donne abortiscono».

Il centro di ascolto per gli stranieri della Caritas, attivo in via delle Zoccolette dal 1981, accoglie ogni anno circa 5mila nuovi utenti, mentre sono 25mila i contatti annuali. «I migranti arrivano da noi per un passaparola – sottolinea Ngo Dinh – che funziona da anni. I nostri servizi vanno dall’orientamento legale all’alfabetizzazione e avviamento al lavoro». Ma quali migranti arrivano a bussare alle porte del centro di ascolto Caritas? «Da noi arriva – racconta la responsabile dell’area immigrati dell’organizzazione – chi vive difficoltà significative e non è riuscito a risolvere in altro modo i propri problemi. Si rivolgono a noi i migranti economici, coloro che arrivano in Italia per lavorare, profughi richiedenti asilo e, in misura minore, le vittime di tratta».

Le nazionalità sono sempre diverse, a seconda dei flussi migratori: «Tra i profughi c’è una forte presenza di persone che provengono dall’Africa, soprattutto da Somalia, Etiopia, Eritrea, Repubblica Democratica del Congo, Sierra Leone e Liberia. Nell’ultimo anno moltissimi sono stati gli egiziani, soprattutto minori». Tra essi gli afgani, «il cui flusso – spiega Ngo Dinh – è stato importante a partire da tre anni fa». Per loro la Caritas ha avviato un progetto di integrazione scolastica basato sul concetto dell’intercultura «in modo che ci sia un percorso di sensibilizzazione anche dei docenti ad un approccio non italiano centrico». Più facile, sottolinea ancora Ngo Dinh, «per i bambini che sono arrivati in Italia nel periodo delle elementari o che sono nati qui, rispetto ai ragazzi, magari adolescenti, che si trovano catapultati in una realtà scolastica difficile. Per loro è necessario pensare a un sostegno più istituzionale».

E poi ci sono gli adulti richiedenti asilo. Per loro non basta un corso di alfabetizzazione «ma bisogna mettere in campo una difficile azione di inclusione sociale, anche se – aggiunge – l’Italia non ha i mezzi per potere accompagnare queste persone in un reale percorso di autonomia». I «fortunati» che entrano nei centri di accoglienza possono rimanere solo 6 mesi, «un tempo risibile se si pensa che devono imparare una lingua, un mestiere e trovare un proprio orientamento. La situazione dell’immigrazione – conclude Ngo Dinh – è la cartina tornasole di tutte le lacune del sistema sociale dello Stato». (fonte: romasette – 11/01/2010)