Papa. Giovanni Paolo I è beato. “Volto di una Chiesa lieta e non arcigna”

“Un pastore mite e umile”, ha detto Francesco nell’omelia. “E’ riuscito a trasmettere la bontà del Signore. Bella una chiesa che non chiude mai le porte, non inasprisce i cuori, non è arrabbiata

Il momento della beatificazione di Giovanni Paolo I

Il momento della beatificazione di Giovanni Paolo I – Foto Aigav

Avvenire

lbino Luciani Giovanni Paolo I è beato. Lo ha proclamato oggi, domenica 4 settembre, papa Francesco all’inizio della solenne concelebrazione eucaristica in piazza San Pietro, davanti a migliaia di persone, provenienti specialmente da Venezia, Vittorio Veneto e Belluno-Feltre (diocesi legate al ministero sacerdote ed episcopale del nuovo beato), che hanno sfidato anche la pioggia battente pur di essere presenti. Questa la formula di rito, pronunciata dal Pontefice: “Noi, accogliendo il desiderio del Nostro Fratello Renato Marangoni, vescovo di Bulluno-Feltre, di molti altri Fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, dopo aver avuto il parere del dicastero delle Cause dei Santi, con la nostra Autorità apostolica concediamo che il venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo I, papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che sia celebrato ogni anno nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, il 26 agosto”. Poco prima il postulatore della causa, cardinale Beniamino Stella aveva letto una breve biografia di Giovanni Paolo I.

Sulla facciata della Basilica subito dopo è stato scoperto l’arazzo con il ritratto che mostra il Papa dei 33 giorni con il suo tipico sorriso sereno. L’autore è l’artista cinese Yan Zhang. La causa di beatificazione si è aperta il 23 novembre 2003 nella diocesi di Belluno-Feltre, dove papa Luciani nacque. Il 13 ottobre 2021 è stato approvato il miracolo, per sua intercessione: la guarigione inspiegabile scientificamente di una bambina argentina, Candela Giarda, in fin di vita per una malattia cerebrale, purtroppo assente a causa di un infortunio al piede che non le ha permesso di affrontare il lungo viaggio da Buenos Aires a Roma. La festa liturgica del nuovo beato sarà dunque il 26 agosto, giorno della sua elezione a Papa nel 1978. La reliquia è stata poi portata all’altare. Si tratta dello scritto autografo di uno schema sulle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che poi Giovanni Paolo I usò per tre catechesi del mercoledì durante il suo breve pontificato.

Pastore mite e umile

Nell’omelia Francesco ha sottolineato che il nuovo beato “ha vissuto nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine”. Ed è anche il motivo della santità. “Egli ha incarnato la povertà del discepolo – ha detto papa Bergoglio -, che non è solo distaccarsi dai beni materiali, ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria. Al contrario, seguendo l’esempio di Gesù, è stato pastore mite e umile”.

Il nuovo beato, ha aggiunto il Pontefice citando uno scritto dell’allora patriarca di Venezia, ‘considerava sé stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere’. Perciò diceva: ‘Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili’” (Citazione tratta dall’Udienza Generale del 6 settembre 1978).

Francesco ha poi ricordato il sorriso di Papa Luciani. E con il sorriso, ha rimarcato, “è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. È bella una Chiesa con il volto lieto – questa la sottolineatura del Pontefice -, sereno e sorridente, che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata e insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato. Preghiamo questo nostro padre e fratello, chiediamo che ci ottenga ‘il sorriso dell’anima’; chiediamo, con le sue parole, quello che lui stesso era solito domandare: ‘Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri’” (citazione dall’Udienza Generale del 13 settembre 1978).

Attenti ai “salvatori” che sfruttano le paure della società

Nella prima parte dell’omelia, il Papa, commentando il Vangelo della domenica, ha messo in guardia dall’affidarsi a leader che vogliono sfruttare il consenso popolare. Lo stile di Gesù di fronte alle folle che lo seguivano è diverso, ha fatto notare. “Che cosa avrebbe fatto un qualunque maestro dell’epoca, o – possiamo domandarci – cosa farebbe un astuto leader nel vedere che le sue parole e il suo carisma attirano le folle e aumentano il suo consenso? Capita anche oggi: specialmente nei momenti di crisi personale e sociale, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro, diventiamo più vulnerabili; e, così, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione, approfittando delle paure della società e promettendoci di essere il “salvatore” che risolverà i problemi, mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere, la propria figura, la propria capacità di avere le cose in pugno”.

La diversità dello stile di Dio sta nel fatto che, ha sottolineato il Papa, “Egli non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere sé stesso. A Lui, che non vuole sedurci con l’inganno e non vuole distribuire gioie a buon mercato, non interessano le folle oceaniche. Non ha il culto dei numeri, non cerca il consenso, non è un idolatra del successo personale. Al contrario, sembra preoccuparsi quando la gente lo segue con euforia e facili entusiasmi. Così, invece di lasciarsi attrarre dal fascino della popolarità, chiede a ciascuno di discernere con attenzione le motivazioni per cui lo segue e le conseguenze che ciò comporta”.

Secondo Francesco ognuno deve interrogarsi sul motivo per cui segue Gesù. “Tanti di quella folla – ha detto infatti – forse seguivano Gesù perché speravano che sarebbe stato un capo che li avrebbe liberati dai nemici, uno che avrebbe conquistato il potere e lo avrebbe spartito con loro; oppure uno che, facendo miracoli, avrebbe risolto i problemi della fame e delle malattie. Si può andare dietro al Signore, infatti, per varie ragioni e alcune, dobbiamo riconoscerlo, sono mondane: dietro una perfetta apparenza religiosa si può nascondere la mera soddisfazione dei propri bisogni, la ricerca del prestigio personale, il desiderio di avere un ruolo, di tenere le cose sotto controllo, la brama di occupare spazi e di ottenere privilegi, l’aspirazione a ricevere riconoscimenti e altro ancora. Questo succede oggi fra i cristiani. Ma questo non è lo stile di Gesù. E non può essere lo stile del discepolo e della Chiesa. Se qualcuno segue Gesù con questi interessi personali, ha sbagliato strada“.

Ecco perché seguire il Signore “non significa entrare in una corte o partecipare a un corteo trionfale, e nemmeno ricevere un’assicurazione sulla vita. Al contrario, significa anche portare la croce come Lui, farsi carico dei pesi propri e degli altri, fare della vita un dono, spenderla imitando l’amore generoso e misericordioso che Egli ha per noi”

Purificare la nostra visione di Chiesa

 

Il Papa ha dunque invitato “a purificarci dalle nostre idee distorte su Dio e dalle nostre chiusure, ad amare Lui e gli altri, nella Chiesa e nella società, anche coloro che non la pensano come noi, persino i nemici”. Ciò che in definitiva ha fatto Albino Luciani Giovanni Paolo I. “Amare: anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati” In sostanza “l’amore fino in fondo, con tutte le sue spine: non le cose fatte a metà, gli accomodamenti o il quieto vivere. Se non puntiamo in alto, se non rischiamo, se ci accontentiamo di una fede all’acqua di rose, siamo – dice Gesù – come chi vuole costruire una torre ma non calcola bene i mezzi per farlo; costui, «getta le fondamenta» e poi «non è in grado di finire il lavoro» (v. 29). Se, per paura di perderci, rinunciamo a donarci, lasciamo le cose incompiute: le relazioni, il lavoro, le responsabilità che ci sono affidate, i sogni, e anche la fede. E allora finiamo per vivere a metà: senza fare mai il passo decisivo, senza decollare, senza rischiare per il bene, senza impegnarci davvero per gli altri. Gesù ci chiede questo: vivi il Vangelo e vivrai la vita, non a metà ma fino in fondo. Senza compromessi”.

Il Papa saluta i fedeli al termine della Messa di beatificazione di Giovanni Paolo I

Il Papa saluta i fedeli al termine della Messa di beatificazione di Giovanni Paolo I – Foto Aigav

L’appello per la pace e i saluti all’Angelus

La celebrazione è poi proseguita sotto la presidenza del cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Tra i concelebranti anche il cardinale Angelo Becciu. Presente tra i fedeli il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il governatore del Veneto, regione di origine del nuovo beato, Luca Zaia, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, in rappresentanza del governo italiano.Poco prima dell’Angelus il Papa ha chiesto ancora a Maria “pace in tutto il mondo, specialmente nella martoriata Ucraina”. “Lei, la prima e perfetta discepola del Signore, ci aiuti a seguire l’esempio e la santità di vita di Giovanni Paolo I”. Infine i saluti per il presidente Mattarella e il primo ministro del Principato di Monaco, Pierre Dartout, presente anch’egli alla celebrazione, prima di un prolungato giro in papamobile fra i fedeli in piazza San Pietro.


Papa Luciani: il nuovo beato nella biografia di Preziosi In libreria “Il sorriso del Papa”, sul Pontefice dei 33 giorni

 © ANSA

(ANSA) – ROMA, 30 AGO – la storia di un Papa che in appena trentatré giorni ha lasciato un segno indelebile nella storia della Chiesa.

La beatificazione di Albino Luciani, il “Papa del sorriso” – domenica 4 settembre in Piazza San Pietro da parte di papa Francesco -, riporta all’attenzione del mondo intero la figura di un uomo di fede e di Chiesa che seppe fare della sua vita un capolavoro di umiltà, di tenacia, di spirito di servizio e di amore per tutti.    Nel suo “Il sorriso del Papa. La vita di Albino Luciani e i trentatré giorni di Giovanni Paolo I” (Edizioni San Paolo 2022, pp. 288, euro 22,00), da ieri in libreria, Antonio Preziosi, con un racconto di stile giornalistico, ricostruisce dettagli ed episodi della vita di Albino Luciani e del pontificato di Giovanni Paolo I, che fu pastore della Chiesa universale per pochissimo tempo, ma seppe tracciare una via ancora attuale con la forza del suo esempio di vita e del suo proverbiale sorriso.

Una biografia aggiornata e attenta a tutti gli aspetti della figura del Pontefice che regnò solo per un mese: teologo, pastore, padre conciliare, uomo di intensa e per alcuni aspetti innovativa spiritualità.
L’autore, Antonio Preziosi è giornalista, saggista e scrittore. Attualmente è direttore di Rai Parlamento. A lungo corrispondente del servizio pubblico da Bruxelles, ha svolto per anni l’incarico di inviato speciale seguendo i principali avvenimenti di politica interna e internazionale. Ha diretto anche Radio Uno, Giornale Radio Rai e Gr Parlamento. Studioso di questioni religiose e vaticane, è stato inoltre Consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Per Edizioni San Paolo ha pubblicato nel 2021 “Il Papa doveva morire”, una ricostruzione inedita e intensa dell’attentato a Giovanni Paolo II e delle sue conseguenze, dentro e fuori la Chiesa. (ANSA).

Città del Vaticano. Giovanni Paolo I sarà beatificato domenica 4 settembre 2022

È ufficiale. Giovanni Paolo I – Albino Luciani sarà beatificato in San Pietro da papa Francesco domenica 4 settembre 2022.
Giovanni Paolo I sarà beatificato domenica 4 settembre 2022

È ufficiale. Giovanni Paolo I – Albino Luciani sarà beatificato in San Pietro da papa Francesco domenica 4 settembre 2022. È il sesto dei pontefici del Novecento per i quali è stata introdotta la Causa di beatificazione e canonizzazione che ha portato già al culto della Chiesa universale Pio X, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. La Causa di Albino Luciani come Confessore della fede si è aperta il 23 novembre 2003 nella diocesi di Belluno-Feltre e si è chiusa il 9 novembre 2017 con la proclamazione delle virtù eroiche. Con decreto del 13 ottobre 2021 è stato riconosciuto e sancito dal Papa il miracolo di una guarigione straordinaria attribuito all’intercessione di Giovanni Paolo I. Stando alla normativa canonica vigente si dovrà attendere l’esito di un altro processo Super miro dopo la beatificazione per procedere alla canonizzazione.

La storia della Causa
Subito dopo la morte, il 28 settembre 1978, cominciarono a pervenire da ogni parte del mondo alla diocesi natale di Giovanni Paolo I richieste per la sua canonizzazione. L’allora vescovo di Belluno-Feltre, Maffeo Ducoli, dichiarava di aver «ricevuto in crescendo migliaia di richieste per l’introduzione della Causa, tutte conservate presso l’Archivio della Curia di Belluno». Senza alcuna ufficialità, con iniziativa che partiva dal basso, si era avviata una raccolta di firme che interessò a livello internazionale diversi paesi, tra i quali Svizzera, Francia, Canada e Stati Uniti.

Il 9 giugno 1990, è l’arcivescovo di Belo Horizonte, dom Serafim Fernandes de Araújo, a presentare direttamente la richiesta per l’introduzione della Causa a Giovanni Paolo II con una petizione firmata dall’intera Conferenza episcopale del Brasile. I 226 vescovi firmatari evidenziarono le motivazioni che li avevano portati all’istanza solidale, considerato l’esempio dell’habitus virtuoso del Vescovo di Roma Albino Luciani che si mostrò «sintesi tipica dell’uomo di Dio, il quale è pienezza di umanità e insieme pienezza di Cristo» e come tale egli «fu apostolo del Concilio, di cui spiegò con cristallina lucidità gli insegnamenti e tradusse rettamente in pratica le direttive». Pertanto «la nostra più intima convinzione – affermavano in conclusione i vescovi brasiliani – è che stiamo interpretando il giudizio favorevole di molti altri fratelli nell’episcopato, e traducendo una vivissima aspirazione dei fedeli della Chiesa del Brasile, come dei cattolici di tutto il mondo». Tuttavia, solamente durante il ministero del salesiano Vincenzo Savio, vescovo di Belluno-Feltre dal 18 febbraio 2001 al 31 marzo 2004, si poté avviare l’Inchiesta diocesana sull’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità di Giovanni Paolo I.

Il 26 aprile 2003 il vescovo di Belluno-Feltre Vincenzo Savio richiese formalmente al cardinale Camillo Ruini, allora vicario di Roma, il consenso per l’introduzione del processo non presso il vicariato di Roma, sede naturale per competenza, ma nella nativa diocesi di Belluno-Feltre, suffragando queste motivazioni: «A causa della brevissima permanenza – il pontificato di poco più di un mese del Servo di Dio nella diocesi di Roma – la maggior parte della sua vita si è svolta, e, conseguentemente, il suo magistero si è espresso, in questa diocesi prima, nella diocesi viciniore di Vittorio Veneto poi, infine nel patriarcato di Venezia». Il vescovo Savio, comunicando alla diocesi l’iniziativa assunta, spiegò ampiamente le motivazioni che lo avevano indotto a compiere questo passo, spinto dalle oltre trecentomila firme di petizione che erano pervenute, e a formulare la richiesta che la Causa venisse istruita presso la diocesi natale: «Albino Luciani aveva vissuto la sua infanzia, la sua formazione seminaristica, il suo servizio presbiteriane e di vicario generale della diocesi di Belluno fino all’età di 46 anni e i suoi impegni da vescovo prima e da patriarca poi non lo avevano allontanato dalla natia terra veneta, se non per i 33 giorni del suo pontificato». Affiancava questi motivi anche la possibilità «di approfondire il contesto di fede familiare e locale in cui Albino Luciani era cresciuto». Il 17 giugno 2003 la Congregazione delle Cause dei santi concedeva il nihil obstat.

Il 23 novembre 2003, a venticinque anni dalla morte di Giovanni Paolo I, nella basilica cattedrale di Belluno si tenne in forma solenne l’apertura del processo. La sessione inaugurale dell’Inchiesta diocesana venne presenziata, in via del tutto eccezionale, dall’allora prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, il cardinale José Saraiva Martins, il quale sottolineò come questa circostanza offriva la possibilità di conoscere e approfondire la figura e l’operato di Albino Luciani, «affinché un giorno si possa invocare, come santo, questo grande uomo di Chiesa dalla Chiesa locale di Belluno a quella universale come Vescovo di Roma». Come Postulatore della causa venne nominato il postulatore generale della famiglia salesiana, don Pasquale Liberatore, alla morte del quale, nell’ottobre del 2003, il vescovo nominò come vice mons. Giorgio Lise e nel 2004 come Postulatore il salesiano don Enrico dal Covolo, nel frattempo subentrato a don Pasquale Liberatore come postulatore generale della famiglia salesiana.
Il tribunale ecclesiastico per l’Inchiesta diocesana cominciò a operare il 22 novembre 2003 e concluse i lavori tre anni dopo, il 10 novembre 2006.

Il processo diocesano si articolò in 203 sessioni, durante le quali – nelle sedi episcopali di Belluno, Vittorio Veneto, Venezia e Roma – vennero escussi 167 testimoni, tutti de visu a eccezione di uno, dei quali nove ex officio e ai quali si aggiungono le deposizioni di tre periti della Commissione storica. A due teologi bellunesi, insegnanti del seminario diocesano, venne dato l’incarico di esaminare i suoi scritti editi. Gli atti del processo diocesano vennero trasmessi a Roma, presso la Congregazione delle Cause dei santi, nel novembre 2006.

Il 9 novembre 2007, prendendo in esame gli atti pervenuti per concedere a questi la validità, il Congresso ordinario della Congregazione delle Cause dei santi osservò come la documentazione pervenuta presentasse diverse lacune in riferimento particolare a quella conservata presso l’Archivio storico del Patriarcato di Venezia e presso l’Archivio della Conferenza episcopale del Triveneto. Per acquisire tale documentazione la Congregazione delle Cause dei santi richiese un supplemento di indagine. Il 25 marzo del 2008, il vescovo di Belluno-Feltre, Giuseppe Andrich, istituì quindi il tribunale per l’Inchiesta diocesana suppletiva e conferì l’incarico alla dott.ssa Stefania Falasca. Solo in seguito alla consegna di queste carte d’archivio, il 13 giugno 2008, venne riconosciuta con decreto la validità formale degli atti dell’Inchiesta diocesana, principale e suppletiva. Si avviò così la fase romana del processo, che prevede anzitutto la ricerca necessaria ai fini dell’acquisizione completa delle carte del Servo di Dio, lo studio di natura storico-scientifica, il vaglio di tutte le fonti documentarie e testimoniali con relativa valutazione critica, e dunque l’elaborazione e composizione della Positio, il dossier che comprende tutto il corpus delle prove documentali e testimoniali che devono dimostrare l’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità del candidato agli onori degli altari.

Il 27 giugno 2008 venne incaricato come relatore della Causa padre Cristoforo Bove, mentre l’incarico per la stesura della Positio fu affidato alla dott.ssa Stefania Falasca che a partire dal 2012 venne affiancata dal sacerdote nativo di Canale d’Agordo, Davide Fiocco, teologo e docente di patrologia. Venuto a mancare il padre Bove, la Causa fu assegnata a padre Vincenzo Criscuolo, relatore generale della stessa Congregazione delle Cause dei santi, il quale proseguì il lavoro intrapreso, richiedendo gli opportuni approfondimenti e le necessarie ulteriori acquisizioni, sia per quanto concerne la parte documentale sia per la parte testimoniale. Del resto, la tardiva apertura della Causa aveva compromesso l’acquisizione di testimonianze oculari preziose, così come aveva comportato una certa dispersione del materiale documentario, per il quale si richiedeva un’accorta ricerca. Nel corso dello studio della documentazione processuale si è pertanto ritenuto necessario consultare nuovamente, tra gli altri, l’Archivio pievanale di Canale d’Agordo, la Biblioteca-archivio storico arcidiaconale di Agordo, l’Archivio vescovile di Belluno, l’Archivio diocesano di Vittorio Veneto, l’Archivio della Fondazione Cini di Venezia, oltre a quelli della Congregazione per il clero, della Congregazione per i vescovi e della Segreteria di Stato. Inoltre è stata predisposta l’acquisizione di ulteriori testimonianze, che non erano state considerate tra i testi escussi dal tribunale nel corso dell’Inquisitio dioecesana.

Tra il 2008 e il 2015 vennero quindi acquisite agli atti anche le deposizioni extraprocessuali di altri 21 testimoni, con particolare riferimento al periodo del pontificato e alla morte di Giovanni Paolo I, dei quali un’importanza del tutto eccezionale riveste la testimonianza di papa Benedetto XVI per il suo finora unicum storico, in quanto è la prima volta che un papa emette una testimonianza de visu su un altro papa. Oltre alla redazione degli atti rituali, alla luce delle nuove acquisizioni documentali – sulla base di una omnino plena investigazione archivistica, che ha interessato più di settanta archivi in trenta diverse località, innanzitutto gli archivi istituzionali conservati nelle sedi dove si stanziò Luciani da Belluno al Vaticano – notevole impegno è stato inoltre profuso nel reperimento e nella trascrizione critica di testi finora inediti e nell’inventariazione di tutte le pubblicazioni firmate o attribuite al Servo di Dio, grazie anche al contributo prezioso delle nipoti di Giovanni Paolo I, Lina Petri e Pia Luciani.
Il 16 ottobre 2015 il vescovo di Belluno-Feltre nominò come nuovo postulatore della Causa il cardinale Beniamino Stella, originario della diocesi vittoriese, che a suo tempo proprio Albino Luciani aveva avviato alla Pontificia accademia ecclesiastica.
Il 17 ottobre 2016, con la consegna della Positio in Congregazione, composta in cinque volumi per oltre 3.600 pagine complessive – introdotta dal relatore, padre Vincenzo Criscuolo, firmata dal Postulatore, card. Beniamino Stella e dagli autori dott.ssa Stefania Falasca e don Davide Fiocco – si è concluso il lavoro scientifico e redazionale durato otto anni e si è così avviato l’esame di giudizio conclusivo da parte degli organi giudicanti della Congregazione che, secondo la prassi, sono chiamati a esprimersi con voto in due sessioni di esami: quella del Congresso dei consultori teologi e quella ordinaria dei cardinali e vescovi. Il Congresso dei teologi ha espresso il suo voto positivo unanime il 1° giugno 2017 e lo stesso responso ha dato la Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi il 7 novembre 2017. La Causa sì è conclusa con il decreto sancito da papa Francesco, l’8 novembre 2017, con il quale sono state proclamate le virtù di Giovanni Paolo I.

Alla fine di novembre di quello stesso anno si era conclusa anche l’Inchiesta diocesana istruita nel 2016 nella diocesi argentina di Buenos Aires per un caso di presunta guarigione straordinaria avvenuta per intercessione di papa Luciani nel 2011 a favore di una bambina affetta da una grave forma di encefalopatia. Giunto in fase romana, il caso è stato portato alla discussione della Consulta medica che il 31 ottobre 2019 ha stabilito all’unanimità essersi trattato di una guarigione scientificamente inspiegabile. Il 6 maggio 2021 anche il Congresso dei teologi ha espresso positivamente il suo giudizio e il processo “super miro” si è chiuso il 5 ottobre 2021 con il voto positivo della Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi. Quindi, con decreto del 13 ottobre 2021, il miracolo è stato riconosciuto e sancito da papa Francesco.

Avvenire

Il 26 agosto 1978 veniva eletto Papa il cardinale patriarca di Venezia

di Vincenzo Bertolone

Il 26 agosto 1978, eletto in ventiquattro ore al secondo giorno di conclave, Albino Luciani, patriarca di Venezia, sceglie di chiamarsi Giovanni Paolo, accomunando nel nome Giovanni XXIII e Paolo VI. Dio lo chiamerà a sé poche settimane dopo, il 28 settembre. Dell’intenso e indimenticato settembre di Papa Luciani, vanno soprattutto ricordati i momenti bellissimi delle udienze generali del mercoledì, nelle quali sembra riprendere, in qualche modo, la sua Catechetica in briciole.
Nell’opera edita nel dicembre 1949, il giovane prete raccomandava al catechista l’entusiasmo, la convinzione, l’amore, e non soltanto la scienza e la conoscenza, ma soprattutto la capacità di essere comunicatore. Un trentennio più tardi, appena eletto Pontefice, sulla scia del suo predecessore, avrebbe voluto fare delle sue udienze – come disse il 6 settembre – “una vera catechesi adatta al mondo moderno”: quella di un Papa catechista, appunto.
Quasi trasformando quegli incontri partecipatissimi in quattro stazioni di accostamento al nucleo centrale del cristianesimo, la prima volta chiamò accanto a sé un chierichetto. Il “catechista si preoccupa non solo di fare e parlare lui, ma soprattutto di far fare agli alunni e di farli parlare”, recitava infatti la sua Catechetica (4, 6).
La settimana dopo, la tonalità emotiva ed esistenziale dell’atto di fede, sulla base di Trilussa, di san Paolo e di sant’Agostino, fu efficacemente da lui descritta come un “arrendersi a Dio, ma trasformando la propria vita”, sapendo cioè che Dio ha “più tenerezza ancora di quella che ha una mamma verso i suoi figlioli”. Il 20 settembre, mentre a Friburgo un consesso internazionale discuteva sul “futuro della speranza”, fu la volta appunto della speranza, da lui assimilata alla iucunditas di Tommaso d’Aquino e alla hilaritas di Agostino. Infine, il 27 settembre, riprendendo testualmente l’Atto di carità insegnatogli dalla mamma quando era piccolo (in veneto, un bocia), parlò dell’amore, che non solo rimane nella memoria e nella mente come un qualunque dato dell’apprendimento, ma che attrae ogni volta che ci si pensa, come un “correre con il cuore verso l’oggetto amato”.
Quattro udienze generali, caratterizzate sempre da un’atmosfera di fraternità palpabile, con citazioni non soltanto dei Padri e dei teologi, ma anche di pensatori e letterati: la seconda volta fu il turno di Ozanam e Lacordaire; la terza di Saint-Beuve e dello scozzese non cattolico Andrea Carnegie; la quarta di un suo imprecisato professore di filosofia e di Jules Verne. Momenti quasi di contatto diretto con i propri confratelli nell’episcopato e con tanti laici. Un momento di famiglia, percepito come se si fosse alla presenza, nel modo più tenero, del Signore, come capita a un bambino quando sta di fronte alla mamma: “Come un bambino davanti alla mamma crede alla mamma, io credo al Signore”.