Le minacce ai giornalisti sono raddoppiate nel 2022

Lo rende noto Ossigeno per l’Informazione, presentando gli ultimi dati del suo osservatorio. Nei primi nove mesi del 2022 sono stati minacciati 564 giornalisti, il 100 per cento in più dei 288 dello stesso periodo del 2021

minacce giornalisti

AGI – Nel 2022 in Italia i giornalisti minacciati sono stati il doppio dell’anno precedente. Sono diminuite le denunce dei minacciati alle forze dell’ordine ed è cresciuta la quota di querele e cause per diffamazione a mezzo stampa temerarie e strumentali. Lo rende noto Ossigeno per l’Informazione, presentando gli ultimi dati del suo osservatorio sulle minacce ai giornalisti e sulle notizie oscurate con la violenza. Nei primi nove mesi del 2022 sono stati minacciati 564 giornalisti, il 100 per cento in più dei 288 dello stesso periodo del 2021.

“È aumentata in particolare la parte di intimidazioni e minacce realizzata attraverso querele e cause per diffamazione a mezzo stampa pretestuose o infondate, frutto di una legislazione anacronistica e ingiusta, che mostrano il lato italiano di quell’ “uso scorretto del sistema giudiziario” denunciato dell’UNESCO in uno studio appena pubblicato. Queste intimidazioni e minacce – avverte Ossigeno – sono aumentate in proporzione alle altre, cioè a quelle che si sono manifestate con aggressioni, avvertimenti, e altri metodi violenti. Quest’ultimo aspetto rende il quadro italiano ancor più preoccupante. Questo andamento trova conferma nei dati pubblicati dal Centro di Osservazione del Ministero dell’Interno. Questo Centro tiene sotto osservazione proprio la parte violenta delle intimidazioni, quella di cui vengono a conoscenza le forze dell’ordine”.

“Quest’anno il Centro ha registrato meno episodi dell’anno precedente. Questi dati del Viminale non dicono che ci sono state meno minacce ai giornalisti. Dicono letteralmente che quest’anno meno giornalisti hanno denunciato le minacce a loro danno. Ciò signica che i giornalisti italiani denunciano le minacce meno spesso di prima. Perché? Hanno meno fiducia negli interventi delle autorità, o sono piu’ rassegnati o semplicemente hanno più paura di prima e perciò subiscono più spesso senza reagire? Questo aspetto sarà oggetto di approfondimento”, prosegue il rapporto, “Certamente però si può dire che la diminuzione delle minacce registrate dal Viminale non è una buona notizia, non è un segnale rassicurante. È anzi un ulteriore segnale di allarme”.

Ossigeno si augura “che l’allarme venga raccolto, che ciò spinga a capire meglio l’andamento del fenomeno e a intensificare le attività per sensibilizzare il mondo del giornalismo, le forze politiche, il Parlamento, il Governo ad adottare opportune contromisure, ognuno per la propria parte. Il menù delle cose da fare e non fatte è lungo e ben noto ed è da anni invariato. È triste chiudere il 2022 osservando che anche quest’anno è trascorso senza che si sia fatto alcun passo avanti. Le intimidazioni e le minacce ai giornalisti sono innegabilmente una malattia che indebolisce la libertà di informazione e danneggia la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Le malattie trascurate, non curate possono degenare e produrre danni peggiori all’organismo. Ed è forse ciò che sta accadendo”.

Produrre informazioni giornalistiche di qualità comporta rischi per i giornalisti, nelle zone di guerra come in quelle di pace

Andrea Rocchelli, l’inviato di guerra ucciso nel Donbass – Ansa

Produrre informazioni giornalistiche di qualità comporta rischi per i giornalisti, nelle zone di guerra come in quelle di pace. Dal 1993 ad oggi, infatti, si sono contati 1.400 cronisti uccisi nel mondo, 55 dall’inizio di quest’anno. Inoltre, anche in Paesi come l’Italia, per impedire la circolazione di informazioni sgradite, giornalisti vengono spesso minacciati e aggrediti. Crimini che, come denunciato più volte dall’associazione “Ossigeno per l’informazione”, restano in gran parte impuniti. Queste sono alcune delle riflessioni emerse, questa mattina, durante il convegno “Guerra , Pace e informazione”, organizzato dall’associazione in collaborazione con l’ordine dei giornalisti del Lazio.

Durante l’evento è stata letta la lettera inviata, per l’occasione, dalla commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, che ha voluto condividere alcuni spunti sul tema della protezione di chi svolge questo mestiere in situazioni di conflitto. Secondo la commissaria, i giornalisti svolgono una missione cruciale di interesse pubblico. Spesso, infatti, è proprio grazie a loro che gravi violazioni dei diritti umani, crimini di guerra e altre atrocità vengono portate all’attenzione dell’opinione pubblica e di chi prende decisioni politiche. «A volte i giornalisti che coprono i conflitti hanno anche aiutato i tribunali a ottenere prove cruciali per stabilire le responsabilità per i crimini di guerra – ha scritto Mijatovic – Il loro lavoro può aiutare a sostenere i diritti umani, stabilire le responsabilità e promuovere la solidarietà internazionale».

Per questo motivo, i giornalisti che coprono i conflitti sono protetti dal diritto internazionale umanitario. Ciò significa che tutte le parti in conflitto devono proteggere i cronisti, evitando attacchi deliberati contro di loro e sostenendo i loro diritti in caso di cattura. Inoltre, lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale stabilisce che dirigere intenzionalmente attacchi contro i civili, e quindi anche contro i giornalisti che non partecipano alle ostilità, costituisce un crimine di guerra. Il Consiglio d’Europa e altre organizzazioni internazionali hanno fissato degli standard precisi per aiutare gli Stati membri a rispettare il loro obbligo di proteggere i professionisti dell’informazione. «Purtroppo – ha proseguito Mijatovic ¬¬- la realtà sul campo si discosta molto da questi standard».

A questo proposito, è importante ricordare quanto accaduto al fotoreporter italiano Andrea Rocchelli, ucciso nel 2014 durante la guerra del Donbass da un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino. Delitto che non ha ancora ottenuto giustizia. «Andrea Rocchelli si trovava in Donbass per documentare quanto stava avvenendo – ha spiegato Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno – noi pensiamo che fu ucciso perché era diventato testimone di un crimine di guerra. Per una certa prassi, quando qualcuno viene ucciso durante una guerra, non c’è un colpevole».

Per la morte di Rocchelli è stato processato un presunto colpevole, un militare della Guardia nazionale ucraina che «come noi abbiamo scritto nel nostro dossier – ha proseguito Spampinato- è stato condannato in Italia a 24 anni di reclusione. Ma dopo questa condanna il presidente Zelensky, che era appena stato eletto, rilasciò una dichiarazione dicendo che il verdetto era ingiusto e, quindi, avrebbero chiesto all’Italia di modificarlo». Un anno dopo, in appello, la sentenza fu ribaltata per un vizio di forma. «Noi raccontiamo questa storia – ha ribadito Spampinato – perché dimostra che bisognerebbe investire una corte autonoma indipendente per accertare la verità in casi come questo».

I problemi, come già detto, però esistono anche in Italia. Secondo i dati pubblicati dall’Osservatorio di Ossigeno, i cronisti che hanno subito intimidazioni, nel corso del 2021, sono stati 384. Spesso viene utilizzata anche l’arma della querela “pretestuosa” per far desistere i giornalisti dalle loro inchieste. In caso di querela, infatti, i cronisti, spesso freelance, non avendo copertura assicurativa o un editore alle spalle, non sono in grado di affrontare le spese dei processi. Il Lazio risulta essere la regione in cui si sono state denunciate più minacce ma, se non si considerano i numeri assoluti, Puglia, Abruzzo, Campania e Basilicata sono le regioni in cui la pressione intimidatoria è più alta.

Avvenire

Nel mondo ancora alto il tributo di sangue dei giornalisti per la verità

22 i giornalisti uccisi in questi mesi del 2020

Ancora oggi, purtroppo, basta una breve e rapida lettura delle statistiche del Comitato per la protezione dei giornalisti ( CPJ,  organizzazione indipendente con sede a New York) per rendersi conto di come  la libertà di stampa nel mondo sia davvero molto lontana dall’essere realtà. Nel20132 La Giornata mondiale per mettere fine all’impunità peri crimini contro i giornalisti, venne istituita dalle Nazioni  Unite in memoria di due giornalisti francesi uccisi in quello stesso anno in Mali. Quattro anni prima, era il 2009, nelle Filippine, era avvenuto quello he è conosciuto  come il massacro di Maguindanao: 58 persone furono sequestrate e uccise, tra loro vi erano almeno 34 giornalisti, per il CPJ fu l’evento che ha causato nella storia filippina la più grande perdita di giornalisti.

22 i giornalisti uccisi quest’anno, dalla Somalia, al Messico

Non sembra esserci un solo luogo al mondo in cui i cronisti di vario genere non siano in pericolo, vittime di violenza a più livelli. Nel 2020 i giornalisti morti per il loro lavoro sono stati 22, per lo più in Paesi in conflitto o teatro di forti tensioni, come Somalia, Siria, Iraq, Yemen, Afghanistan, Pakistan,  ma, nella lista, compaiono anche nazioni afflitte dalla violenza del crimine organizzato, come i narcos in Messico, da quella di gruppi militari e paramilitari, come in Colombia, oppure da violenza comune.

L’Eritrea, il Paese con la maggiore censura per il giornalismo

Nel 2019 sono stati arrestati in vari Paesi del mondo, tra i quali soprattutto Cina, Turchia, Egitto ed Eritrea, 248 giornalisti. Nell’anno in corso,  sono 64 i reporter scomparsi, a cominciare dal Messico, seguito da Siria, Iraq, Russia. Il Comitato indica anche i 10 Paesi dove si esercita la maggiore censura, un lista stilata secondo l’utilizzo di detenzione, di leggi repressive, di sorveglianza dei giornalisti, di restrizioni all’accesso a internet e ai social media. Al primo posto c’è l’Eritrea, seguita dalla Corea del Nord, dal Turkmenistan, in questi tre Paesi spiega ancora Il CPJ, i media fungono da portavoce dello Stato e qualsiasi giornalista indipendente viene condotto dall’esilio. Seguono poi Arabia Saudita, Cina, Vietnam e Iran, particolarmente abili nell’incarcerare, molestare i giornalisti e le loro famiglie, così come nel monitoraggio digitale e nella censura di internet e dei social media. A chiudere la lista di chi si fa totalmente “beffe degli standard internazionali” vi sono Guinea Equatoriale, Belarus e Cuba.  La pericolosa e difficile condizione di lavoro dei giornalisti in Siria, Yemen e Somalia non si può invece attribuire solo alla censura governativa, quanto dall’esistenza di conflitti violenti, di infrastrutture insufficienti e di attori non statali.

In Europa, 28 reporter assassinati in 5 anni

Un dato altrettanto drammatico è stato fornito dal Consiglio d’Europa,  che ha denunciato come, nei 47 Stati membri, negli ultimi 5 anni siano stati uccisi 28 reporter. “Questo è un dato incredibile”, commenta Anna Del Freo, membro del Comitato direttivo della Federazione europea dei giornalisti e segretario aggiunto della Federazione nazionale della stampa italiana, che ricorda l’ultima vittima di questa strage,  la giornalista russa Irina Slavina, alla guida di un piccolo sito locale, il “Koza.Press”, conosciuto per il motto “senza censure e ordini dall’alto”,  che si è data fuoco davanti alla sede del ministero degli interni, a Nizhnij Novgorod, città a circa 400 km da Mosca per protesta contro le minacce da parte delle autorità della Federazione  Russa. “Lei non è stata uccisa materialmente, si è uccisa – spiega la Del Freo – ma  è una vittima della volontà di imbavagliare le informazioni. Ce ne sono tantissimi: 28 negli ultimi cinque anni. E poi c’è anche il capitolo carcere che riguarda questi Stati del Consiglio d’Europa, ci sono 115 giornalisti nelle prigioni per esempio della Turchia, dell’Azerbaigian, della Russia, perfino del Regno Unito, dove si sta svolgendo il processo di estradizione  di Julian Assange. E in Europa è una cifra incredibile”. Anna del Freo prende l’esempio della Belarus, Paese nel cuore dell’Europa, dove tanti giornalisti che coprivano le manifestazioni di piazza sono stati arrestati e malmenati. La Del Freo ricorda poi Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese uccisa nell’ottobre del 2017, i cui mandanti sono ancora da scoprire e che, a causa della violenza telematica, “è come se fosse stata uccisa due volte, perché è stata pesantemente insultata  e diffamata via internet, sia prima che dopo essere stata uccisa”.

L’appello all’Ue: basta con i silenzi e con i bavagli

Quello di Daphne Caruana Galizia è uno dei tanti nomi che oggi ancora non hanno  avuto giustizia, sono decine in Europa, tra i quali anche quello del giornalista slovacco Ján Kuciak, assassinato, assieme alla fidanzata, nel 2018, dopo aver indagato su frodi fiscali di diversi uomini di affari connessi ad alte sfere politiche slovacche. Un omicidio che ha portato ad una crisi politica, culminata con le dimissioni del premier Fico e della sua coalizione di governo, ma la cui indagine non ha rivelato i mandanti.  “Molto spesso – conclude Anna Del Freo – i mandanti delle uccisioni di giornalisti o sono mafiosi collusi in modo molto forte con il potere, oppure addirittura si trovano proprio all’interno del governo”. Sia la Federazione europea dei giornalisti, sia la Federazione internazionale della stampa, che quella italiana, hanno quindi lanciato appelli all’Unione europea  “perché non stia in silenzio”, perché non rimanga “ferma” sui vari bavagli, “dalla Turchia, alla Russia”. Sono solo due i Paesi che, finora, hanno adottato piani d’azione per la tutela dei giornalisti, e sono l’Italia e la Svezia.  Decisamente ancora troppo poco.

Osservatore

Santo del Giorno 24 Gennaio

San Francesco di Sales Vescovo e dottore della Chiesa 24 gennaio

Thorens, Savoia, 21 agosto 1567 – Lione, Francia, 28 dicembre 1622

Vescovo di Ginevra, fu uno dei grandi maestri di spiritualità degli ultimi secoli. Scrisse l’Introduzione alla vita devota (Filotea) e altre opere ascetico-mistiche, dove propone una via di santità accessibile a tutte le condizioni sociali, fondata interamente sull’amore di Dio, compendio di ogni perfezione (Teotimo). Fondò con santa Giovanna Fremyot de Chantal l’Ordine della Visitazione. Con la sua saggezza pastorale e la sua dolcezza seppe attirare all’unità della Chiesa molti calvinisti. (Mess. Rom.)

Patronato: Giornalisti, Autori, Scrittori, Sordomuti

Etimologia: Francesco = libero, dall’antico tedesco

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Memoria di san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa: vero pastore di anime, ricondusse alla comunione cattolica moltissimi fratelli da essa separati, insegnò ai cristiani con i suoi scritti la devozione e l’amore di Dio e istituì, insieme a santa Giovanna di Chantal, l’Ordine della Visitazione; vivendo poi a Lione in umiltà, rese l’anima a Dio il 28 dicembre e fu sepolto in questo giorno ad Annecy.
(28 dicembre: A Lione in Francia, anniversario della morte di san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra, la cui memoria si celebra il 24 gennaio nel giorno della sua deposizione ad Annecy).

Il 4 maggio 1959 Giovanni XXIII disse, rivolgendosi ai giornalisti convenuti a Roma: «Vi è (…) una certa stampa che pecca gravemente contro la verità e contro la carità, mentendo per ispirare l’odio; stampa che sembra avere quest’unico programma: avviare a perdizione le anime semplici; ogni giorno travisare il vero (…)».
Oggi la maggior parte della stampa, della Tv e del Web ispira all’odio. Il laicismo sfrenato ha permesso di dire tutto, anche le cose più indegne ed indecenti, a tutti, senza rispetto per nessuno, neppure per la religione, per l’età, lo stato di salute. L’ideologia dell’uguaglianza, inoltre, porta al cinismo abitudinario e alla maleducazione generalizzata: ci si grida in faccia e ci insulta. Verità e carità? Queste sconosciute: il servizio pluralistico dei media è a vantaggio spesso della menzogna e dell’odio.
L’operare di molti giornalisti è sensazionalistico e tutto deve fare spettacolo, anche e soprattutto il dolore. San Francesco di Sales (1567-1622), Patrono degli scrittori e dei giornalisti, ha molto da insegnare al mondo editoriale e pubblicistico di oggi, anche a quello cattolico. Egli fu un predicatore instancabile e scrisse moltissimo, fu autore di libri eccezionali e sue sono più di 30 mila lettere; celebri sono poi i suoi fogli volanti, che faceva stampare per metterli sotto gli usci di casa e affiggerli ai muri di città e paesi. Sfruttò il suo talento di scrittore per diffondere il più possibile gli insegnamenti del Vangelo e spiegare le meraviglie della dottrina e della spiritualità cattolica.
Si fece scrittore per portare la verità e l’ortodossia della fede: fu ponte fra Cristo e la gente, fra Cristo e gli eretici, convertì migliaia e migliaia di calvinisti. Dagli scritti di questo dottore della Chiesa, fra le figure più nobili della Controriforma, esce un oceano di saggezza travasata con dolcezza e serenità. Usa dire: «Meno aceto e più miele», anche nella polemica. È un longanime (con l’animo grande): «è necessario sopportare gli altri, ma in primo luogo è necessario sopportare se stessi e rassegnarsi ad essere imperfetti». Suggerisce di vedere la realtà con oggettività e non soggettivamente: «quel che facciamo per gli altri ci sembra sempre molto, quel che per noi fanno gli altri ci pare nulla».
Il Trattato dell’amore di Dio è una vera e propria summa spirituale, dove l’autore spiega come Dio trae a sé l’uomo con vincoli di amore, cioè di vera libertà: «poiché l’amore non ha forzati né schiavi, ma riduce ogni cosa sotto la propria obbedienza con una forza così deliziosa che, se nulla è forte come l’amore, nulla è amabile come la sua forza» (libro I, cap. VI). I contenuti della fede che comunicherà attraverso i canali comunicativi del suo tempo hanno come fonte originaria la crisi di fede che subisce nel 1587: per sei settimane non mangia, non dorme, piange e si ammala.
Esce dalla notte oscura affidandosi e fidandosi unicamente di Dio: «Io vi amerò, Signore». Lo dice e lo realizza e tutto il mondo conoscerà, proprio con i suoi scritti, la potenza di quell’amore. Dall’incontro con la signora di Charmoisy trarrà spunto per scrivere uno dei libri più letti nell’età moderna, Filotea. Introduzione alla vita devota. E dalla sua profonda comunione spirituale con una personalità d’eccezione, santa Giovanna Francesca di Chantal, nascerà una nuova famiglia religiosa, l’Ordine della Visitazione, caratterizzato, come volle il Santo, da una consacrazione totale a Dio vissuta nell’umiltà, nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie. L’Ordine della Visitazione diffuse la spiritualità del Sacro Cuore di Gesù, soprattutto attraverso le Rivelazioni di Cristo alla visitandina santa Margherita Maria Alacocque, con il conseguente movimento spirituale che trovò terreno fertile in molti oratori filippini.
Lo stesso san Francesco fondò a Thonon un Oratorio, eretto da papa Clemente VIII con la Bolla Redemptoris et Salvatoris nostri (1598). L’anno del suo dies natalis, 1622, corrisponde all’anno della canonizzazione di san Filippo Neri che il Vescovo di Ginevra aveva conosciuto grazie alla biografia dell’oratoriano Gallonio che gli fu donata dall’amico, Vescovo oratoriano e beato, Giovanni Giovenale Ancina. Formatosi dai Gesuiti, fu intrepido difensore della fede e della Chiesa e aveva una dote eccezionale: conosceva il cuore umano. Tale sensibilità fu determinante per essere recepito al meglio.
Le persone, quando lo ascoltavano o lo leggevano, si chinavano ai suoi insegnamenti, perché egli “leggeva dentro”. A santa Giovanna di Chantal, scrisse: «(…) Ecco la regola della nostra obbedienza che vi scrivo a caratteri grandi: fare tutto per amore, niente per forza. (…) Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo» (Lettera del 14 ottobre 1604). Il Vescovo di Ginevra è anche, ricordiamolo, Patrono dei sordomuti.
Nella nostra età, dominata dall’apostasia, possa egli rendere meno sordi alla verità i cattolici e far tacere i bugiardi e gli ingannatori. Disse di lui san Vincenzo de’ Paoli: «coloro che l’ascoltavano pendevano dalle sue labbra. Sapeva adattarsi alle qualità di ognuno e si considerava in debito con tutti. Consultato a proposito di affari importanti, questioni di coscienza o qualsiasi altro argomento, non lasciava andare il suo ospite prima che questi fosse rimasto soddisfatto e consolato». È proprio vero: anche quando si legge qualcosa dello scrittore e giornalista savoiardo si rimane soddisfatti e consolati e si trova nuova energia per essere davvero cristiani in ogni stato in cui ci si trova e in ogni luogo, conformandosi alla volontà di Dio.

Autore: Cristina Siccardi – santiebeati.it

Chiesa & Comunicazione – A Reggio, il 24 gennaio, l’incontro regionale dei giornalisti nella festa di San Francesco di Sales

fonte: http://www.laliberta.info

Giornalisti e operatori della comunicazione dell’Emilia-Romagna si ritroveranno, venerdì 24 gennaio 2014 alle 16 nella sala conferenze del Museo diocesano di Reggio Emilia, per il tradizionale appuntamento in occasione della festa del patrono, san Francesco di Sales. Il convegno – dal titolo “Comunicazione al servizio della cultura dell’incontro”, che riprende il messaggio di Papa Francesco – è proposto dall’Ufficio regionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Emilia-Romagna (Ceer), in collaborazione con quello della diocesi di Reggio Emilia – Guastalla e con la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici).

– SCARICA E CONSULTA IL VOLANTINO/LOCANDINA DELL’EVENTO –

Introdurrà i lavori Edoardo Tincani, direttore del settimanale diocesano La Libertà, e dopo il saluto di monsignor Ernesto Vecchi, delegato per le Comunicazioni Sociali della Ceer, interverranno – coordinati dal sottoscritto – i giornalisti Ignazio Ingrao, del settimanale “Panorama”, e Paolo Rodari, del quotidiano “la Repubblica”. Seguirà il dibattito con le conclusioni di monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, che presiederà poi, alle 18.30, la Messa in Cattedrale.

Continua così il lavoro di coordinamento della pastorale della comunicazione sociale svolto dall’Ucs Emilia-Romagna. Dal 2005 i convegni regionali in occasione della festa del Patrono si sono svolti all’Istituto “Veritatis Splendor” di Bologna, dove nel corso degli anni i giornalisti hanno seguito le lezioni magistrali del cardinale arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, di monsignor Luigi Negri, oggi alla guida della diocesi di Ferrara-Comacchio, e di monsignor Ernesto Vecchi. Agli incontri hanno partecipato anche monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale Comunicazioni Sociali della Cei, e responsabili della Federazione italiana settimanali cattolici – Fisc (fra cui il presidente nazionale Francesco Zanotti), dell’Unione Cattolica stampa italiana – Ucsi, e di altre realtà della comunicazione, oltre al segretario dell’Ucs regionale, don Marco Baroncini, e all’assistente, don Alberto Strumia. L’anno scorso, per testimoniare vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite dal terremoto del maggio 2012 in Emilia, la sede dell’appuntamento è stata Carpi, anche per rendere omaggio alla memoria del carpigiano Odoardo Focherini, il primo giornalista italiano divenuto beato proprio nel 2013. Gli atti dei convegni sono stati pubblicati sulla rivista “Il Nuovo Areopago”.

Un incontro pubblico presso la Sala Conferenze del Museo Diocesano di Reggio Emilia, luogo scelto per l'incontro-convegno di venerdì 24 gennaio 2014, festa di san Francesco di Sales.

Un incontro pubblico presso la Sala Conferenze del Museo Diocesano di Reggio Emilia, luogo scelto per l’incontro-convegno di venerdì 24 gennaio 2014, festa di san Francesco di Sales.

Attraverso questi incontri viene stimolato il lavoro degli uffici diocesani per le Comunicazioni Sociali affinché diventino sempre più luogo di incontro e confronto fra gli operatori delle varie realtà dell’informazione, dei media, presenti nel territorio e venga promossa la formazione, anche attraverso i corsi AniCeC (animatori della Cultura e della Comunicazione) della Cei. Il lavoro di unità, confronto e coordinamento a livello regionale è importante, infatti, per arricchire la motivazione dell’impegno nei media con il richiamo, nella ristrettezza di risorse umane e finanziarie, a superare la frammentazione, a selezionare mezzi e campi di intervento, nell’affascinante e innovativa dimensione digitale, un ambiente, una piazza da abitare sempre di più.

Tutto questo non può avvenire naturalmente solo attraverso una serie di azioni ancorché necessarie, ma va affrontato con un giudizio, un pensiero che affondi le proprie radici nel magistero e nell’approccio alla realtà senza che si resti isolati, autoreferenziali, con il rischio inevitabile di girare a vuoto.
Lo sguardo, invece, va allargato, posto di fronte alla ricchezza presente, e con coraggio, lavorando insieme, si può andare così verso nuove periferie aprendosi agli altri, rinnovando fiducia e speranza comunicando nuovi incontri.

Alessandro Rondoni
direttore Ufficio Comunicazioni Sociali Emilia-Romagna

fonte

Sabato 26 gennaio, alle 15.45, in Seminario: il vescovo incontra giornalisti e comunicatori





San Francesco di Sales
San Francesco di Sales
Sarebbe esattamente il 24 gennaio la festa liturgica di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, morto a Lione il 28 dicembre 1622. La sua festa, data la coincidenza con il tempo natalizio, precisamente con la festa dei Santi Innocenti, nel calendario liturgico è stata fissata il 24 gennaio, giorno in cui il suo corpo venne traslato ad Annecy. Lo stesso 24 gennaio verrà reso pubblico il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali.
Nella diocesi reggiana quest’anno il grande appuntamento annuale con giornalisti e operatori della comunicazione avverrà sabato 26 gennaio in Seminario (viale Timavo 93 a Reggio), alle 15.45. La novità più attesa sarà la presenza del vescovo Massimo Camisasca, ad appena quaranta giorni dal suo ingresso in diocesi. È lui stesso che invita giornalisti, comunicatori e tutti coloro che sono impegnati o desiderano impegnarsi nei vari mezzi della comunicazione. Monsignor Camisasca, autore di molte opere scritte con linguaggio accessibile anche quando affronta temi difficili, lui che dal 1981, per molti mesi, ha tenuto la trasmissione radiofonica Rai Parole di vita, divenendo una delle voci più conosciute della radio italiana, in questo incontro ci offre un’opportunità straordinaria di riflessione sull’importanza e l’uso del mass media.
Ha confidato di avere scoperto fin dalle elementari la magia della parola. Ha letto e scritto moltissimo. Ma oggi, osserva, le parole rischiano di essere cancellate o stravolte dalle immagini e viceversa. Di qui il titolo del suo intervento: Le parole e i fatti, due pilastri fondamentali del giornalismo.
diocesi.re.it