I meccanismi delle frodi sul bonus cultura

Validazione dei buoni per compravendite mai avvenute, passaparola per accalappiare i titolari delle agevolazioni, errata applicazione delle aliquote Iva. I magistrati di Napoli e Catanzaro spiegano il funzionamento degli illeciti legati al 18 App, che potrebbe essere ritoccato in manovra

truffe bonus cultura napoli catanzaro
AGI – Validazione dei buoni per compravendite mai avvenute, ‘reclutamento’ dei titolari del bonus con catene di passaparola per indurli alla spendita illegale e a intascare una percentuale, errata applicazione delle aliquote Iva sui beni acquistati con i voucher: sono alcuni dei meccanismi truffaldini emersi da recenti inchieste della magistratura di Napoli e di Catanzaro sul bonus cultura 18 App. Frodi ai danni dello Stato di importo rilevante, come risulta dagli atti giudiziari in possesso dell’AGI: quasi 600.000 euro a Napoli, e 1,4 mlioni di euro a Catanzaro.

Truffe che “sono state possibili solo con il concorso volontario e consapevole dei neo maggiorenni destinatari del bonus, che si prestavano a negoziarlo in maniera artificiosa e truffaldina”, scrive il Gip di Napoli, Antonio Baldassarre, nella sua ordinanza del 18 maggio 2022 ha disposto l’arresto di varie persone, tra le quali il titolare di un negozio di informatica e telematica e sua moglie, e il sequestro di un importo pari al valore delle somme truffate allo Stato, ovvero 590.152 euro, a carico di 16 indagati.

Il provvedimento del Gip si basa su indagini della Guardia di finanza, che hanno messo in luce, come si legge nell’ordinanza, l’esistenza di “una organizzazione stabilmente destinata all’accettazione e successiva validazione dei buoni del valore di 500 euro ciascuno”, e alla successiva emissione di fattura “giustificandola con la compravendita, in realtà mai avvenuta, di beni funzionalmente destinati alla spendita del bonus”. Un sistema con cui gli indagati, secondo il Gip, “inducevano in errore la Consap”.

L’organizzazione napoletana ruotava attorno al negozio dei due coniugi, e alle figure che il Gip definisce “capo maglia”, ossia il soggetto che si incaricavano “di raccoggliere presso i propri conoscenti i buoni”. Uno di questi “capi maglia”, che utilzava per i contatti con i diciottenni titolari del bonus il cellulare della madre, secondo l’accusa ha guadagnato con le truffe oltre 300.000 euro.

I truffatori si lamentano delle tasse
Agli atti dell’inchiesta ci sono molte conversazioni su WhatsApp tra i truffatori, che negoziavano anche la spartizione: il 70% andava al “capo maglia”, il 30% agli altri. I pagamenti avvenivano con bonifico bancario. In una delle conversazioni su WhatsApp un “capo maglia” e il suo interlocutore si lamentano persino della complessità delle procedure per la validazione e liquidazione dei bonus cultura, e delle tasse “che sono tantissime”, e si lamentano: “questo è lo Stato italiano, benvenuto nello Stato italiano”. Commenti che il Gip stigmatizza come “desolante risentimento nei confronti dello Stato italiano che impone il pagamento delle tasse!”

Il giudice Francesca Rinaldi, del Tribunale Civile di Catanzaro, invece, in un porvvedimento del 19 novembre 2021, dispone il sequestro di somme per 1.440.019 euro, nell’ambito di una causa intentata dal ministero della Cultura contro il titolare di una società accusata di “un sistematico utilizzo del bonus per beni in alcun modo riconducibili nelle categorie previste” dal Dpcm sulla 18 App. In sostanza, venivano negoziati “beni descritti come libro o e-book ma registrati come cessione ad aliquota ordinaria del 22% mentre gli unici beni che la società avrebbe potutto legittimamente cedere con i voucher 18 App sono esclusivamente i beni sottoposti a regime agevolato del 4%”.

In altre parole, spiega il magistrato, la societa’ “ha validato buoni di cui al cosiddetto bonus cultura a fronte della vendita di beni appartenenti a categorie diverse rispetto a quelle per le quali il bonus era invece utilizzabile, con conseguente illecita appropriazione del complessivo importo di 1.440.019,85 euro, pari alle somme versate dal ministero a fronte delle dichiarazioni non veritiere fornite” dalla società.

L’allarme. Assicurazione auto/moto: ogni anno truffati 600 mila italiani

I dati di una ricerca realizzata per Facile.it: 268 euro l’importo medio sottratto. Ma non è il settore dove le frodi sono più frequenti
Assicurazione auto/moto: ogni anno truffati 600 mila italiani

I numeri sono interessanti: l’1,4% degli italiani, vale a dire circa 600mila persone, negli ultimi 12 mesi ha subito una truffa nell’ambito dell’assicurazione auto/moto, per un importo medio sottratto di 268 euro. Sono i dati emersi dall’indagine realizzata per Facile.it dagli istituti mUp Research e Norstat. Non è poco, ma va sottolineato che, sebbene l’Rc auto/moto sia ritenuta da alcuni una delle aree maggiormente a rischio, i dati emersi dalla ricerca, realizzata su un campione rappresentativo della popolazione nazionale, evidenziano come sia, tra i campi analizzati, quello dove in percentuale gli italiani sono caduti in trappola con meno frequenza. Guardando alle altre voci di spesa famigliare, ad esempio, emerge che il 7,1% dei rispondenti ha subito una truffa legata alle utenze luce e gas, il 6,5% nell’ambito delle carte elettroniche e il 5,2% nella telefonia mobile. Considerando le voci di spesa familiare analizzate, gli italiani “beffati” nell’ultimo anno sono complessivamente 8,3 milioni, con un danno economico stimato che supera i 3 miliardi di euro.

Se per l’Rc Auto/moto la truffa media è risultata di 268 euro, l’indagine ha sottolineato come l’importo cambi a seconda della voce di spesa familiare analizzata. Il danno più elevato è stato registrato tra i prestiti personali dove chi è stato frodato ha perso, sempre in media, 1.490 euro, mentre sono 279 euro quelli persi per truffe inerenti ai conti correnti. Nel 45% dei casi (compresi quelli della Rc), le truffe sono passate attraverso un’email, nel 26% tramite Sms (31% nel caso dei conti correnti) e nel 21,5% da siti web fasulli (29% per le carte elettroniche). Va detto, però, che ogni settore ha le sue specificità. Quando si parla di frodi nell’ambito delle utenze luce e gas, ad esempio, tra i canali più usati dai malfattori ci sono i finti call center (44%, molto attivi anche sulle polizze) e le visite porta a porta (31,3%). La nuova frontiera della truffa passa ovviamente anche dai social network, particolarmente usati nell’ambito dei prestiti personali (15,9%), e dalle App di messaggistica istantanea, attraverso cui sono stati truffati circa il 9% dei rispondenti.

Cosa accade dopo la truffa? Purtroppo, il 41,5% di chi cade in trappola non denuncia la frode. Il dato arriva addirittura al 55,1% nella telefonia mobile e al 54,5% nei prestiti personali. Ma per quali motivi non si denuncia? Tra i 3,4 milioni che non hanno denunciato la truffa subita, il 33% ha detto di non averlo fatto perché il danno economico era basso, mentre il 27% perché era certo che non avrebbe recuperato quanto perso. Per circa 800 mila individui, invece, vi è una ragione di natura psicologica: il 15,1% ha detto che si sentiva ingenuo per esserci cascato, mentre il 9% ha dichiarato di non aver denunciato la frode perché non voleva che i familiari/conoscenti lo sapessero. Secondo l’indagine, le vittime predilette dei truffatori sono soprattutto gli uomini (22,5% rispetto al 15,7% del campione femminile) e, a dispetto di quanto si possa pensare, i rispondenti con un titolo di studio universitario (23,3% rispetto al 17% rilevato tra i non laureati). Infine, dal punto di vista anagrafico si nota che, a cadere in trappola, sono più sovente i giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni (31,6% contro il 15% nella fascia 65-74 anni), mentre, a livello territoriale, sono i residenti nel Nord Italia (Nord Est 22,3% – Nord Ovest 21%).

Avvenire