FAO: si impenna ancora l’insicurezza alimentare nel mondo; 260 milioni di persone colpite dalla fame

(ONU – Italia – FAO) Nuova impennata del numero di persone che soffrono di fame, insicurezza alimentare acuta e che necessitano di assistenza alimentare urgente, nutrizionale e di sostentamento: secondo le Nazioni Unite è aumentato per il quarto anno consecutivo nel 2022, con oltre un quarto di miliardo di persone che affrontano la fame acuta e persone in sette paesi sull’orlo della fame, secondo l’ultimo Global Report on Food Crises (GRFC).
I DATI
Il rapporto annuale, prodotto dal Food Security Information Network (FSIN), è stato lanciato oggi dal Global Network Against Food Crises (GNAFC) – un’alleanza internazionale delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, agenzie governative e non governative, che lavorano insieme per affrontare le crisi alimentari. Il rapporto rileva che circa 258 milioni di persone in 58 paesi e territori hanno affrontato un’insicurezza alimentare acuta a livelli di crisi o peggiori nel 2022, rispetto a 193 milioni di persone in 53 paesi e territori nel 2021.

Crisi alimentare senza precedenti, 30mln bimbi malnutriti

 © ANSA

– I conflitti armati, gli effetti dei cambiamenti climatici e della pandemia, l’aumento del costo della vita stanno causando una crisi alimentare senza precedenti che ha già portato più di 30 milioni di bambini alla malnutrizione acuta, di cui 8 in forma grave.

È l’allarme lanciato in una nota congiunta da diverse agenzie delle Nazioni Unite: Fao, Unhcr, Unicef, Oms, World Food Programme.

“È probabile che questa situazione peggiori ulteriormente nel 2023.
Dobbiamo garantire l’accessibilità di un’alimentazione sane per i bambini piccoli, le ragazze e le donne in gravidanza e in allattamento”, dichiara il dg della Fao QU Dongyu.
L’allarme riguarda soprattutto quindici Paesi: Afghanistan, Burkina Faso, Chad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Haiti, Kenya, Madagascar, Mali, Niger, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Yemen. Quelle che si stanno verificando oggi, dice la direttrice generale dell’Unicef Catherine Russell, sono delle “crisi a cascata” che “stanno lasciando milioni di bambini malnutriti e hanno reso loro più difficile l’accesso ai servizi essenziali. La denutrizione è dolorosa per il bambino e, nei casi più gravi, può portare alla morte o a danni permanenti della crescita e dello sviluppo”.
Per questo, le agenzie chiedono di accelerare l’applicazione del piano globale contro la malnutrizione infantile (Global Action Plan on Child Wasting): servono “maggiori investimenti a sostegno di una risposta coordinata delle Nazioni Unite che soddisfi le esigenze senza precedenti di questa crisi che tende ad aggravarsi, prima che sia troppo tardi”, scrivono. È necessaria “un’azione decisa e tempestiva per evitare che questa crisi diventi una tragedia per i bambini più vulnerabili del mondo”, concludono. (ANSA).

Ogni minuto nel mondo 11 persone a rischio morte per malnutrizione

Nel mondo ogni minuto 11 persone rischiano di morire di fame, quasi il doppio delle vittime provocate dal Covid 19 che uccide 7 persone al minuto
Ogni minuto nel mondo 11 persone a rischio morte per malnutrizione

Oxfam

Avvenire

Nel mondo ogni minuto 11 persone rischiano di morire di fame, quasi il doppio delle vittime provocate dal Covid 19 che uccide 7 persone al minuto.
È l’allarme lanciato da Oxfam con il rapporto Il virus della fame si moltiplica, che fotografa le cause e le dinamiche dell’aumento esponenziale della fame globale dall’inizio della pandemia: 155 milioni di persone in questo momento sono colpite da insicurezza alimentare o denutrizione, ossia 20 milioni in più rispetto all’anno scorso.

La guerra resta la prima causa della fame: 2 persone su 3 – quasi 100 milioni in 23 Paesi – vivono infatti in aree di conflitto. Oltre mezzo milione di persone in più nell’ultimo anno si trovano sull’orlo della carestia: un numero sei volte superiore rispetto a 12 mesi fa. All’impatto dei conflitti in corso, nonostante l’appello del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di oltre un anno fa per un cessate il fuoco globale, si aggiungono la crisi economica e il progressivo peggioramento dell’emergenza climatica. Il vertiginoso aumento della disoccupazione globale e le prolungate interruzioni nel ciclo della produzione alimentare – che in molti paesi si sono verificate nel corso del 2020 e dall’inizio dell’anno – hanno causato un aumento del 40% dei prezzi globali, il più alto degli ultimi 10 anni.

 

Oxfam

 

“In Paesi come Afghanistan, Etiopia, Sud Sudan, Siria e Yemen, la guerra nell’ultimo anno ha portato a un aumento esponenziale del numero di persone che si trovano a un passo dalla carestia“, ha spiegato Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia, secondo gli ultimi dati 350mila persone nella regione etiope del Tigrai vivono ora in questa condizione, il numero più alto mai registrato dal conflitto in Somalia del 2011, quando morirono di fame oltre 250 mila persone. In Yemen più della metà della popolazione (oltre 15 milioni di persone) è a rischio, a oltre 6 anni e mezzo dall’inizio del conflitto, che ha già causato centinaia di migliaia di vittime”.

Tra i Paesi più colpiti al mondo dall’aumento della fame in questo momento ci sono Brasile, India, Yemen, regione del Sahel, Sud Sudan. “L’emergenza è globale e colpisce soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione, a partire dalle donne, che in molti casi rinunciano al cibo per sfamare i propri figli, ed in molti contesti sono esposte al rischio di abusi e violenze”, ha concluso Petrelli, “lanciamo un appello urgente alla comunità internazionale perché intervenga per il rispetto di un cessate il fuoco globale; ai grandi Paesi donatori perché finanzino al più presto l’appello per la risposta umanitaria delle Nazioni unite nelle più gravi aree di crisi, prima che sia troppo tardi; contribuendo a creare un sistema alimentare più giusto; ai Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu perché intervengano sulle parti in conflitto che continuano a usare la fame che colpisce civili inermi come un’arma”.

 

Oxfam

 

Nonostante la pandemia, la spesa militare globale è aumentata di 51 miliardi di dollari, una cifra sei volte e mezzo superiore al totale dei finanziamenti richiesti dalle Nazioni unite per fronteggiare la crescita della fame a livello mondiale. I conflitti in corso hanno inoltre portato alla cifra record di 48 milioni gli sfollati interni a fine 2020.
La pandemia ha anche aggravato enormemente le disuguaglianze: la ricchezza dei 10 uomini più facoltosi del pianeta l’anno scorso è aumentata di 413 miliardi, ossia 11 volte quanto le Nazioni Unite stimano basterebbe per finanziare l’intera risposta umanitaria globale. Una risposta che deve essere potenziata al più presto per salvare i milioni di persone, che oggi affrontano livelli di insicurezza alimentare senza precedenti in molti aree del mondo.

G7 entro 2030 non più emergenza fame per 500mln persone

L’obiettivo è ambizioso: “Portare cinquecento milioni di persone fuori dalla fame entro il 2030”. E sull’impegno per raggiungerlo si è registrata l’unanimità tra i rappresentati dei Paesi che si sono riuniti per due giorni a Bergamo per il G7 dell’Agricoltura. La sintesi del confronto è la cosiddetta carta di Bergamo che individua “cinque priorità”, ha spiegato il ministro italiano per le Politiche agricole Maurizio Martina a cui è toccato analizzare i risultati del vertice, ma anche “dell’ottimo lavoro preparatorio” del G7 che si è tenuto nel corso del semestre di Presidenza italiana.

La priorità principale è difendere i redditi dei produttori agricoli, soprattutto piccoli, dai disastri climatici. “Per questo, è stato dato mandato alla Fao di studiare azioni e individuare una definizione comune di eventi catastrofici che oggi manca” ha detto il ministro, secondo il quale questo studio, “può partire immediatamente” così da poter portare i risultati “nelle mani dei responsabili del prossimo G7” in Canada nel 2018. Altra priorità: “L’aumento della cooperazione agricola, nel continente africano, dove il 20% della popolazione soffre di povertà alimentare”. Poi l’impegno “a rafforzare la trasparenza nella formazione dei prezzi e nella difesa del ruolo degli agricoltori nelle filiere soprattutto di fronte alle crisi di mercato e alla volatilità dei prezzi”; quello di “battere con nuove politiche gli sprechi alimentari, che oggi coinvolgono un terzo della produzione alimentare mondiale” e, infine, l’adozione di politiche concrete per la tracciabilità e lo sviluppo di sistemi produttivi legati al territorio.

In tutti gli attori del G7 la consapevolezza che “la cooperazione agricola sarà decisiva per raggiungere il traguardo della Fame zero. “Perché la maggioranza delle persone che soffrono la fame vive in aree rurali, ha sottolineato Martina e “la fame è una questione prima di tutto agricola”. Va in questo senso la decisione di aumentare gli sforzi per favorire la produttività sostenibile in particolare in Africa”, presa da Martina, dal viceministro per gli affari internazionali del Giappone, Hiromichi Matsushima, dal ministro dell’agricoltura e dell’agroalimentare del Canada, Lawrence Macaulay, da quelli francese, Stephane Travert, e tedesco, Christian Schmidt, con Thérèse Coffey, segretario di stato per l’ambiente e lo sviluppo rurale della Gran Bretagna, e Sonny Perdue, segretario all’agricoltura degli Stati Uniti, con il commissario europeo, Phil Hogan.

“Ci sono temi – ha sottolineato Martina – sui quali dovremo aumentare ancora gli sforzi, come la protezione dei suoli e la biodiversità, la maggiore trasparenza nella formazione del prezzo del cibo e la riduzione radicale dello spreco alimentare. Su questi fronti serve più consapevolezza, ognuno deve sentire forte la propria responsabilità. Anche per questo abbiamo voluto un G7 aperto, con una settimana dedicata dalla città di Bergamo a decine di appuntamenti sul tema del diritto al cibo, in continuità col lavoro che l’Italia ha fatto con Expo Milano”.

“Da Bergamo – ha concluso Martina – rilanciamo ancora la sfida per garantire davvero il diritto al cibo di ogni essere umano a qualunque latitudine”. (ANSA).