Istat, gran ripresa turismo ’22 ma non a livelli pre-Covid

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– I primi nove mesi del 2022 segnano un forte recupero per il settore turistico, ma le presenze dei clienti negli esercizi ricettivi sono ancora circa 39 milioni in meno rispetto al 2019 (-10,3%).

Lo rileva l’Istat.

Il bilancio da gennaio a settembre si chiude con circa 174 milioni di presenze di clienti italiani e 164 milioni di stranieri: un sostanziale riequilibrio delle due componenti della domanda ma con un calo rispettivamente del 6,7% e del 13,8% rispetto al 2019. Sono circa 196 milioni le presenze turistiche nel trimestre estivo, il 4,7% in meno rispetto alla cifra record pre-pandemia di circa 205 milioni raggiunta nel 2019.
Dalle rilevazioni dell’istituto di statistica emerge anche che le presenze negli esercizi extra-alberghieri sono tornate ai livelli pre-pandemici (136 milioni nei primi 9 mesi del 2022 contro i 139 milioni dello stesso periodo del 2019) mentre negli esercizi alberghieri mancano ancora circa 35 milioni di presenze.
Si fanno inoltre vacanze più brevi: la ripresa degli spostamenti turistici nei primi nove mesi del 2022 è stata trainata dalle vacanze brevi, con soggiorni da una a tre notti, che registrano un incremento del 46,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
C’è poi anche il vulnus occupazione ancora sotto i livelli pre-Covid: nel primo semestre 2022, nell’industria turistica allargata mancano all’appello ancora 88 mila occupati (-4,4%) rispetto al 2019 quando il settore ne contava quasi 2 milioni (circa il 7% dell’occupazione dei Servizi). (ANSA).

Borsa, Hong Kong apre a +2,93% con norme anti-Covid in Cina

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(ANSA) – PECHINO, 05 DIC – La Borsa di Hong Kong balza in avvio di seduta sulle attese di un allentamento ulteriore da parte della Cina della ‘tolleranza zero’ delle norme draconiane di contenimento del Covid: l’indice Hang Seng segna in avvio un rialzo del 2,93%, a 19.221,68 punti.

L’indice Composite di Shanghai sale dello 0,82% a 3.181,92 punti, mentre quello di Shenzhen segna un progresso dello 0,59% a quota 2.056,68.

Censis: ecco l’Italia di oggi, malinconica e con la paura della guerra

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AGI – Un’Italia malinconica, agitata dalla paura della guerra e dall’inflazione, che costringe a erodere i risparmi e pagare le bollette in ritardo. Questo il ritratto che emerge dal cinquantaseiesimo rapporto Censis sulla situazione sociale di un Paese che, si legge nel testo, “vive in uno stato di latenza”.

“Il nostro Paese, nonostante lo stratificarsi di crisi e difficoltà, non regredisce grazie allo sforzo individuale, ma non matura”, sottolinea l’istituto, osservando che “l’Italia non cresce abbastanza o non cresce affatto” e “la macchina amministrativa pubblica è andata fuori giri e così non sarà in grado di trainare la ripresa”.

Un italiano su quattro a rischio povertà o esclusione

Nel 2021 gli individui soggetti al rischio di povertà o di esclusione sociale sono pari al 25,4% della popolazione, ovvero oltre uno su quattro. Gli individui a rischio di povertà o esclusione sociale sono per il 41,2% residenti nel Mezzogiorno (a fronte del 21% nel Centro, del 17,1% nel Nord-Ovest e del 14,2% nel Nord-Est), per il 33,9% sono appartenenti a famiglie in cui il reddito principale è quello pensionistico (a fronte del 18,4% e del 22,4% appartenenti a famiglie con reddito principale da lavoro dipendente o da lavoro autonomo) e per il 64,3% sono membri di famiglie che percepiscono ‘altri redditi’, dei quali 56,6% si qualifica anche come individuo a bassa intensità lavorativa.

Infine viene nuovamente superata la soglia del 40% nel caso di individui appartenenti a famiglie dove almeno un componente non è italiano (42,2%) o dove vivono tre o più minori (41,6%).

Nel 2021 le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta sono più di 1,9 milioni, il 7,5% del totale: un milione in più rispetto al 2019.

L’inflazione aumenta le disuguaglianze

Gli italiani temono la corsa dell’inflazione: oltre il 64% sta già mettendo mano ai risparmi per far fronte all’impatto dei rincari dei prezzi.

La quasi totalità degli italiani, il 92,7%, è convinta che l’accelerata dell’inflazione durerà a lungo e che bisogna pensare subito a come difendersi. Il 76,4% pensa che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari nel prossimo anno, il 69,3% teme che nei prossimi mesi il proprio tenore di vita si abbasserà (e la percentuale sale al 79,3% tra le persone che già detengono redditi bassi) e ben il 64,4% sta ricorrendo ai risparmi per fronteggiare l’inflazione.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, ricorda il Censis, è aumentato nel primo semestre del 2022 del 6,7% rispetto al primo semestre del 2021. Nello stesso periodo, le retribuzioni contrattuali del lavoro dipendente a tempo pieno sono aumentate solo dello 0,7%. Ma l’inflazione non solo colpisce i redditi fissi o comunque tendenzialmente stabili nel medio periodo, aumenta anche la forbice della disuguaglianza tra le diverse componenti sociali: le famiglie meno abbienti si confrontano con un incremento medio dei prezzi pari al 9,8%, mentre per le famiglie più agiate l’aumento è del 6,1%, quasi 4 punti percentuali in meno.

Questo divario discende dalla diversa dinamica dei prezzi dei beni (alimentari e per la casa su tutti) che pesano in particolare sul carrello della spesa delle famiglie meno abbienti. Nell’ultimo periodo, tra il 2012 e il 2021, l’andamento dei prezzi riflette le conseguenze di una fase tendenzialmente deflattiva per l’Italia (in media 0,7% annuo), caratterizzata soprattutto da una moderazione salariale che ha di fatto rimosso qualsiasi rischio di innesco della spirale prezzi-salari. Ma, secondo il Censis, gli attuali livelli di inflazione – con punte di rialzo dei prezzi dei beni alimentari intorno all’11%, senza contare gli incrementi del 50% dei beni energetici – potrebbero incidere profondamente sul potere d’acquisto delle famiglie.

Lo spettro della crisi energetica

La crisi energetica è la principale fonte di preoccupazione per le famiglie italiane, emerge ancora dal rapporto: per il 33,4%, e la percentuale arriva al 43% tra le famiglie in una bassa condizione socio-economica, le più colpite dall’aumento dei costi incomprimibili.

Il 6,5% delle famiglie italiane era in ritardo con il pagamento delle bollette (dato in linea con la media europea) nel 2021. Ancora più numerosi sono coloro che affermano di non riuscire a riscaldare adeguatamente la propria abitazione: l’8,1% delle famiglie, un dato superiore di 1,2 punti percentuali al dato europeo.

Il timore di una guerra mondiale

Il 61,1% degli italiani teme che possa scoppiare un conflitto mondiale e il 57,7% che l’Italia possa entrare in guerra, si legge nel rapporto, secondo il quale il 66,5% degli italiani, 10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid, si sente insicuro.

I principali rischi globali percepiti sono: per il 46,2% la guerra, per il 45,0% la crisi economica, per il 37,7% virus letali e nuove minacce biologiche alla salute, per il 26,6% l’instabilità dei mercati internazionali, dalla scarsità delle materie prime al boom dei prezzi dell’energia, per il 24,5% gli eventi atmosferici catastrofici, come temperature torride e precipitazioni intense, per il 9,4% gli attacchi informatici su vasta scala.

“Finita l’era delle sicurezze, prevale il nichilismo”

“La malinconia definisce il carattere degli italiani, il nichilismo. E’ la fine dell’era dell’abbondanza e delle sicurezze”, ha detto Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, nel corso della presentazione del rapporto. Una malinconia, ha spiegato, che “corrisponde alla coscienza della fine del dominio dell’Io sugli eventi del mondo, l’Io che è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando è costretto a relazionarsi con il mondo”. Situazione che deriva da questi ultimi 3 anni “straordinari” che hanno visto eventi eccezionali che vanno dalla pandemia alla siccità fino al caro bollette e alla guerra, “i grandi eventi della storia che si è rimessa in moto e con cui dobbiamo relazionarci”.

“Se quella del 2020 non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi – ha concluso – oggi invece si paga un prezzo dell’irruzione della storia nelle nostre piccole storie e quei meccanismi proiettivi hanno perso presa sulla società e forza di orientamento nei comportamenti collettivi”.

Parrocchia e sinodo: l’ora della trasparenza economica

Il cantiere dell’ospitalità e della casa, nel cammino sinodale, chiede corresponsabilità e scelte economiche: è il tempo propizio per rendere pubblici i bilanci delle parrocchie

Mentre entra nel vivo l’anno pastorale e, con questo, i ‘cantieri sinodali’ e le riflessioni nate dalla fase diocesana del Sinodo, diviene urgente iniziare a fare piccoli passi concreti nelle comunità cristiane, prendendo sul serio le parole dei documenti che sono stati consegnati come guida per l’itinerario futuro. Uno, in particolare, potrebbe essere realizzato con facilità e in concomitanza con la chiusura dell’anno solare, ovvero fare uno sforzo di trasparenza economica e rendere pubblici i bilanci di ogni singola parrocchia.

In un tempo di fatica, di crisi economica, di inflazione galoppante, di generale impoverimento dei redditi, in un tempo in cui si chiede la condivisione delle risorse, insieme a uno scatto di generosità, dovremmo sentirci interpellati da quanto si legge nel documento relativo alla Sintesi nazionale della fase diocesana:

“La partecipazione e la corresponsabilità hanno bisogno della linfa vitale di una comunicazione trasparente, della condivisione delle informazioni e della cura nel coinvolgere i diversi soggetti parte nei processi. Proprio la mancanza di trasparenza, secondo alcuni, ha favorito insabbiamenti e omissioni su questioni cruciali quali la gestione delle risorse economiche e gli abusi di coscienza e sessuali”.

Partecipazione, corresponsabilità, trasparenza nella gestione delle risorse economiche delle parrocchie: se vogliamo superare un’idea clericale della comunità cristiana (nei fatti, nel concreto, non nella retorica e nei discorsi finti), allora varrà la pena ricordare che anche i denari che circolano nella comunità sono della comunità e che è giusto non demandare solo al consiglio degli affari economici o al parroco (che rimane peraltro, a norma di diritto, responsabile giuridico ed economico della parrocchia) la gestione del bilancio comunitario, a cui molti contribuiscono nella misura personale e su cui tutti dovrebbero essere almeno informati. Così accade in una famiglia sana, dove trasparenza, condivisione, cammino comune siano posti al centro del quotidiano, per cui, se vogliamo vivere il nucleo della ‘casa’, come detto nel documento di sintesi prima citato, sarà opportuno comunicare le entrate e le uscite, le fonti delle entrate e i capitoli di spesa. Si tratta di un passo ‘costoso’, forse, ma non solo simbolico, perché va a toccare la sostanza di molte scelte, siano essere da compiere nell’immediato, siano esse da valutare nel futuro prossimo.
Il ‘cantiere dell’ospitalità e della casa’ pone anche domande sulla corresponsabilità e sulle strutture, da preservare o da abbandonare: l’uomo solo al comando, anche della cassa, deve lasciare il posto alla comunità della casa, dove ci si ascolti, si dialoghi, di decida, si comunichi con coraggio e profezia. La fine dell’anno potrebbe essere un tempo propizio per questo passo di crescita comune. Ne guadagneremmo, probabilmente, in credibilità verso il mondo.

vinonuovo.it

Finanza. Perché Moody’s ha tagliato il giudizio sull’Italia

L’outlook che indica la tendenza del rating scende da “positivo” a “negativo”. Colpa della guerra, della crisi politica e di quella economica. Il ministero dell’Economia replica: “Decisione opinabile”

Il marchio di Moody's davanti agli uffici dell'agenzia di rating a New York

Il marchio di Moody’s davanti agli uffici dell’agenzia di rating a New York – Ansa

Fonte: Avvenire

L’agenzia di rating Moody’s ha comunicato venerdì notte il taglio delle prospettive del suo giudizio sull’Italia: il rating sovrano resta a livello Baa3 con un outlook che scende da “positivo” a “negativo”. L’outlook è l’indicazione della tendenza verso cui va il giudizio dell’agenzia di rating.

Moody’s ha dato tre motivazioni per il taglio dell’outlook dell’Italia:

– l’aumento del rischio che il contesto politico, in vista delle elezioni, ostacoli le riforme strutturali, comprese quelle previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza

– l’aumento del rischio che i problemi di approvvigionamento dell’energia a causa delle tensioni con la Russia rallentino l’economia

– i rischi che la situazione fiscale italiana peggiori per bassa crescita, aumento dei costi di finanziamento e potenziale politica fiscale meno rigorosa.

«Detto questo, i rating Baa3 riflettono i significativi punti di forza economici dell’Italia, tra cui il suo robusto settore manifatturiero, l’elevata ricchezza delle famiglie e il basso indebitamento del settore privato – scrive Moody’s –. Inoltre, bilancia i punti di forza e le sfide delle istituzioni italiane. Infine, il rating riflette l’ipotesi di Moody’s secondo cui i paesi core dell’area dell’euro sosterranno l’Italia in caso di necessità, opinione confermata dal recente annuncio del Transmission Protection Instrument (TPI) da parte della Banca Centrale Europea (BCE)».

A fine luglio anche S&P ha tagliato l’outlook sul rating italiano, portandolo da positivo a stabile con un giudizio BBB (l’equivalente di un Baa2 di Moody’s). Anche Fitch, la terza principale agenzia di rating, ha per l’Italia un giudizio BBB con outlook “stabile”.

Con una nota, il ministero dell’Economia ha definito la decisione di Moody’s «opinabile» rispondendo che «le condizioni economiche dell’Italia non giustificano tale orientamento». Il ministero ha rivendicato la crescita del Pil migliore della media europea e anche delle preivsioni indicate nel Documento di economia e finanza, la discesa del rapporto debito/Pil, l’avanzamento dei progetti del Pnrr.

«L’elevato livello del debito pubblico italiano a confronto con altri paesi è già pienamente riflesso nel rating assegnato all’Italia da Moody’s. Inoltre, il peggioramento delle aspettative economiche segnalato dalle indagini congiunturali di luglio accomuna tutte le economie avanzate – scrive ancora il ministero dell’Economia – . Riguardo ai fattori politici, le elezioni anticipate non costituiscono un’anomalia nel contesto delle democrazie europee. Restiamo fiduciosi che l’attuazione del Pnrr, delle politiche di rilancio degli investimenti e dell’innovazione e della strategia di sicurezza energetica continuerà in modo spedito dopo le prossime elezioni».

La corsa del prezzo del cibo che l’Italia non sente ancora

Il prezzo del cibo ha raggiunto il massimo degli ultimi undici anni. Il Fao Food Price Index, l’indice con cui l’organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura misura l’andamento dei prezzi delle materie prime alimentari, a ottobre è salito per il quarto mese consecutivo fino a raggiungere i 133,2 punti, il 3% più da settembre, 17% in più rispetto a gennaio e il 31,3% in più nel confronto con ottobre 2020. Per trovare un indice dei prezzi alimentari a questi livelli, nota la Fao, bisogna tornare all’estate del 2011. In termini reali, cioè tenendo conto dell’aumento dei costi delle importazioni, l’indice della Fao è però già superiore ai massimi del 2011 e sembra diretto verso il picco storico toccato a metà degli anni ‘70.

L’aumento dei prezzi riguarda, con diversi gradi, tutte le grandi categorie alimentari incluse nell’indice della Fao. Negli ultimi dodici mesi le quotazioni della carne sono aumentate del 22,1%, quelli dei latticini del 15,5%, quelle dei cereali del 22,4%. Sono andati fuori controllo i prezzi degli oli vegetali, aumentati del 73,6% in un anno, mentre quelli dello zucche- ro sono cresciuti del 40,6%. Il rincaro di alcuni prodotti specifici è particolarmente preoccupante. A partire dal grano, le cui quotazioni sono salite del 38,3%: «La disponibilità più limitata sui mercati globali a causa della riduzione dei raccolti nei principali esportatori, in particolare Canada, Russia e Stati Uniti – scrive la Fao – ha continuato a esercitare pressioni al rialzo sui prezzi. La riduzione delle forniture globali di grano di qualità superiore, in particolare, ha esacerbato la pressione, con le qualità premium che hanno guidato l’aumento dei prezzi». Sugli oli vegetali pesa invece la carenza di lavoratori migranti in Malesia, provocata dalle restrizioni per contrastare la pandemia, che ha ridotto drasticamente la disponibilità di olio di palma. Per lo zucchero, che a ottobre ha però registrato la prima discesa mensile da sei mesi, il problema principale è il taglio della produzione in Brasile.

La Fao non lo sottolinea, ma diversi osservatori sì: la corsa dei prezzi del cibo, dieci anni fa, fu tra le cause che scatenarono quella che sui media fu chiamata Primavera Araba, uno dei grandi eventi destabilizzanti del decennio passato. Restringendo lo sguardo sulla sola Italia, quello che preoccupa è che buona parte di questi rincari devono ancora essere “scaricati” sui consumatori finali. Nonostante l’inflazione abbia raggiunto livelli molto elevati (il 2,9% di ottobre è il massimo dal 2012) la crescita dei prezzi degli alimentari (che pesa per quasi un quinto del paniere Istat) è rimasta relativamente contenuta: +1,3% in un anno. Sono pochi i prodotti alimentari che hanno segnato rincari davvero pesanti sul prezzo finale: l’olio di oliva (+4,7%), gli oli di semi (+17,7%), la pasta (+4,6%) e il pesce (+3,1%). Per prodotti come la carne bovina o i salumi (entrambi +1,3%) il rincaro c’è ma non è enorme, il prezzo della frutta risulta in calo dello 0,9%, quello dei vegetali in aumento dello 0,6%. Lungo la filiera è però visibile la tensione tra produttori e distributori su chi deve farsi carico di contenere la crescita dei prezzi finali. Solo nei prossimi mesi si capirà davvero quanto la corsa dei prezzi globali si farà sentire alla cassa dei nostri supermercati. La continua crescita delle vendite dei discount (+6,5% da gennaio, contro il +0,6% dei supermercati tradizionali) conferma però che per molte famiglie il problema dei rincari è già qui.

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Panificatori alla fiera Golosaria a Milano / Fotogramma

Covid accelera sorpasso, la Cina supererà gli Usa nel 2028

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La Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la prima economia al mondo entro il 2028, cinque anni prima di quanto inizialmente stimato. Lo prevede il Centre for Economics and Business Research, secondo il quale il sorpasso avverrà prima del previsto a causa del Covid.

La Cina, secondo le stime, crescerà quest’anno del 2%, l’unica grande economia a crescere. Il Pil americano si contrarrà invece nel 2020 del 5%, consentendo così a Pechino di accorciare le distanze. Complessivamente il Pil mondiale, è la stima del CEBR, calerà quest’anno del 4,4%, in quella che è la maggiore contrazione annuale dalla Seconda guerra mondiale. (ANSA).

Pagamenti elettronici. Ecco il decreto cashback

Tetto di 15 euro ad operazione. Ci sarà anche il superpremio
Ecco il decreto cashback

Ecco il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sul cashback. È l’operazione attraverso la quale chi effettuerà pagamenti con carta di credito o bancomat avrà un rimborso del 10%. Per l’avvio della fase sperimentale – secondo fonti di governo l’8 dicembre – bisognerà attendere la data del Mef vincolata ad alcune convenzioni con la Consap e la società PagoPa.

Fase sperimentale

La fase sperimentale, che si chiuderà il 31 dicembre, prevede che il “ritorno” del 10% scatti dopo 10 pagamenti con una carta. C’è un limite massimo di rimborso di 15 euro per singola operazione (anche se superiore ai 150 euro). È prevista anche un “super-rimborso” da 1.500 euro ai 100mila acquirenti che avranno utilizzato di più la carta. Il rimborso della prima fase sperimentale sarà erogato entro febbraio e toccherà “esclusivamente gli aderenti che abbiano effettuato un numero minimo di 10 transazioni regolate con strumenti di pagamento elettronici”. In questo caso il rimborso è pari al 10% e si fermerà a 15 euro per gli acquisti superiori ai 150 euro. È previsto, in questo caso, anche un tetto complessivo degli acquisti di 1.500 euro. In pratica in totale si potrà ottenere fino a 150 euro.

A regime

Le norme a regime partiranno invece dal 1° gennaio e prevedono la suddivisione in semestri (1° gennaio 2021 – 30 giugno 2021; 1° luglio 2021 – 31 dicembre 2021; 1° gennaio 2022 – 30 giugno 2022) nei quali i meccanismi di rimborso rimangono uguali così come i tetti complessivi, anche se vengono chieste almeno 50 operazioni con la carta. Il rimborso avverrà nei due mesi successivi alla scadenza. Il ‘cashback’ sarà versato direttamente sul codice Iban indicato dall’acquirente. È previsto che il cittadino che vuole aderire a questa possibilità si registri all’APP IO, nella quale dovrà inserire il proprio codice fiscale e gli estremi identificativi di uno o più strumenti di pagamento elettronico utilizzati per gli acquisti. Non valgono gli acquisti effettuati fuori dall’attività di impresa, arte o professione. Per la raccolta dei dati e la gestione del servizio sono previste due convenzioni tra il ministero dell’Economia, da una parte, e la società PagoPa e la Consap dall’altra.

Avvenire

IN ARRIVO CASHBACK DI NATALE, FINO A 150 EURO DI RIMBORSO

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VERSO RINVIO ROTTAMAZIONE TER. IL BLACK FRIDAY NON SLITTERA’ Il governo è al lavoro su uno speciale extra cashback di Natale: un rimborso del 10% fino a 150 euro, aggiuntivo rispetto alle misure già previste, per le spese effettuate con carte e app a dicembre. Lo potrà ottenere entro la fine dell’anno chi a dicembre farà 10 acquisti e il rimborso arriverà sul conto corrente. La viceministra dell’Economia Laura Castelli fa sapere che si sta lavorando “per far ripartire le rateizzazioni decadute, prevedendo le sospensioni della rottamazione ‘ter’, un saldo e stralcio e impostando una rottamazione ‘quater'”. Prevista anche una riforma della riscossione che stralci le vecchie cartelle che non sono più riscuotibili. Tramontata l’ipotesi di uno slittamento del Black Friday.

PIL ITALIA -10% IN 6 MESI, OGGI STIME BRUXELLES

PIL ITALIA -10% IN 6 MESI, OGGI STIME BRUXELLES

BONUS BICI, GIÀ ESAURITE LE RISORSE DEL MINISTERO La nuova ondata di contagi da Covid-19 soffia sull’incertezza che caratterizzerà le previsioni economiche della Commissione europea per i paesi Ue, attese oggi. I dati di Bankitalia vedono nei primi 6 mesi del 2020 un calo del Pil italiano di oltre il 10% su base annua. Oggi alla Camera le comunicazioni di Gualtieri sull’Ecofin del mese scorso. Esauriti intanto in un solo giorno i fondi ministeriali per il bonus mobilità.

Petrolio: ancora giù a 34,3 dollari, tra virus e Libia

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Quotazioni del petrolio ancora in calo sul mercato afte hour di New York dove il greggio Wti, ai minimi da maggio scende ancora del 3,97% a 34,37 dollari al barile. Il Brent scende a 36,3 dollari al barile e cede il 3,4% A spingere in basso i prezzi sia i timori per nuovi lockdown in diversi paesi sia la ripresa della produzione in Libia. (ANSA).

Luna nuova apre raccolta zafferano, oro rosso italiano

(di Alessandra Moneti) (ANSA) – ROMA, 11 OTT – Cambia la Luna e nelle alture di Toscana, Marche, Abruzzo, Sardegna fino alla Calabria i raccoglitori di zafferano si preparano. Un lavoro certosino all’alba, tutto manuale, ed eroico: per fare un Kg di “oro rosso” servono 150mila fiori ancora chiusi poiché la luce del sole potrebbe alterare le caratteristiche organolettiche degli stimmi. Il fragile croco sativus ha una fioritura che può avvenire da oggi al 10 novembre indicativamente, a seconda degli habitat, e per la qualità è importante che dalla raccolta allo spelucchiamento fino all’essiccazione dei pistilli passi meno tempo possibile. Tra i poli emergenti, nell’ambito del progetto Eccellenze di Montalcino, c’è il distretto del vino Brunello e della Val d’Orcia dove Marzio Saladini ha recuperato la tradizione di produzione storicamente attestata nel 1857 da Clemente Santi, padre del Brunello di Montalcino, che descrisse una raccolta all’abbazia di Sant’Antimo. Saladin ha puntato subito sulla certificazione, avviando un restart dopo che la produzione montalcinese si è praticamente interrotta. “In sei anni – sottolinea Marzio Saladini, ideatore di Pura Crocus – è diventata una delle aziende più grandi d’Italia. Noi abbiamo un ettaro e mezzo che è tanta roba in un arcipelago di piccole aziende a conduzione familiare e ne ricaviamo dagli otto ai dieci Kg di zafferano. Per preservare il suolo seguo le buone pratiche abruzzesi espiantando il bulbo dopo un ciclo di tre anni per poi fare rimpianti. Tra le entrate aziendali c’è anche la vendita dei bulbi, richiesti da chi vuol avviare un’attività che richiede mini impianti di essiccazione controllata. Nella zona di Montalcino lo zafferano non è una invenzione. Quando c’era la mezzadria – racconta – i contadini usavano il miele allo zafferano come medicinale e rilassante. E si dice servisse ad avere figli maschi, ma qui siamo alle leggende. Noi produciamo sia il miele di acacia certificato toscano, ma anche le tisane, la birra allo zafferano e i cantucci. Siamo fornitori della Conad ma a correre è la domanda da parte delle case farmaceutiche”. Molte le aziende, dal basso Lazio alla Calabria, a conduzione femminile. A Castiglione Cosentino (Cosenza) l’azienda agricola Linardi, che fa parte della rete degli “Agronauti”, è guidata da due giovani sorelle. “Abbiamo una grande passione – dice la titolare, Maria concetta Linardi – fare agricoltura nella nostra terra preservando la natura e la biodiversità dei nostri territori. Produciamo lo “zafferano del Re”, col simbolo di Re Alarico, con metodi naturali e con l’orgoglio – da vere artigiane – di un processo di lavoro interamente svolto a mano. Abbiamo scelto di realizzare il laboratorio in cui essicchiamo e confezioniamo il prodotto nel centro storico di Castiglione Cosentino perché abbiamo l’obiettivo e la speranza di rivitalizzare i borghi dei nostri territori calabresi”. Anche colossi come Bonifiche Ferraresi guardano con interesse allo zafferano e alla coltivazione di erbe officinali con materia prima italiana a marchio “Le Stagioni d’Italia”. Recente è l’annuncio di investimento in Sardegna per l’inserimentodi linee di produzione ad alto valore aggiunto come appunto lo zafferano biologico, camomilla, echinacea e bardana.

VIA LIBERA CDM A NUOVO SCOSTAMENTO DI BILANCIO DA 25 MILIARDI

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GOVERNO: PROROGARE CIG,FINANZIARE SCUOLA E RIDURRE DEBITO/PIL Via libera del Cdm al nuovo scostamento di bilancio da 25 miliardi. Il Governo vuole prorogare la cig, finanziare la ripartenza della scuola, riprogrammare le scadenze fiscali e dare sostegno agli enti locali. Catalfo parla in particolare di “incentivi per le nuove assunzioni e potenziamento del fondo nuove competenze”. Il Governo conferma l’obiettivo di ricondurre verso la media Euro il rapporto debito/pil. L’accordo sul Recovery fund è stata una vittoria di tutto il Paese, dice Conte

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